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Ultima Missione Del Movm Emilio Bianchi


Visitatore

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Oggi 15 agosto 2015

E’ partito per l’ultima missione il Capo Palombaro di 1^ Classe M.O.V.M. Emilio Bianchi.
Nato in provincia di Sondrio nel 1912. Eroe dell’impresa di Alessandria nel 1941 e Gibilterra nel 1940.
Prigioniero di guerra degli inglesi, rimase in prigionia sino alla cessazione delle ostilità nel 1945.

Le mie più sentite condoglianze alla Famiglia

:Italy: :Italy:

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Da base artica, marco

Buona navigazione e tranquilli mari.

Condoglianze ai suoi.

 

Onore a chi ha servito la bandiera.

Marco

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Emilio BIANCHI! il "compagno di maiale" di DE LA PENNE! Un altro nostro Eroe che se ne va alla bell' età di 103 anni!

 

Mi unisco a voi nelle condoglianze alla Famiglia.

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E si ... e stato un triste modo per iniziare la giornata di ferragosto per noi Viareggini ...

 

I funerali di stato si terranno nella chiesa di S.Giuseppe , a Torre del Lago Puccini , vicino casa sua.

 

Quando abbiamo festeggiato i suoi 100 anni , lui non e potuto venire , ( non poteva affaticarsi ) , ma era presente la figlia , insieme al Capo di stato Maggiore , C.te di Comsubin ed altre autorità... avevo anche creato un post nella sezione " Uomini " .

 

Se riesco a fare qualche foto durante le esequie , le posterò.

 

Alle prossime

 

OVERTORQUE

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Solo un piccolo appunto ...

 

Perchè una notizia di elevata importanza storica ed umana ,e stata messa in "fuori discussione " e non in " Quadrato Ufficiali " ???

CONCORDO!

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Anche se nell'ordine delle cose, si apprendono queste notizie con infinita tristezza. Condoglianze alla famiglia.

Già al nostro raduno alle foci del Serchio soffriva di qualche problema di salute, anche se fece in modo di esserci vicino comunque.

Non solo l'augurio di ritrovare in compagni in questa ultima missione, ma un immenso grazie per quello che ha fatto e per quanto ci ha lasciato!

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Dopo un anno di assenza riemergo per rendere gli onori a Emilio Bianchi.

Un giovane che ha saputo compiere azioni rischiose senza tremare, con coraggio e determinazione.

E' stato un esempio e lo sarà ancora per le future generazioni.

Per singolare volontà del destino l'Eroe Emilio Bianchi è venuto a mancare nello stesso giorno di un altro Eroe

italiano: Giorgio Perlasca. E' come se gli uomini Grandi e Giusti scegliessero i giorni di festa per lenire il dolore della loro dipartita.

A Emilio Bianchi dedico la quartina finale di una mia poesia sui sommergibilisti. E' l'omaggio più alto che un piccolo poeta come me possa fare

a un grande uomo che se n'è andato.

 

Li chiamano uomini ma son ragazzi

che la guerra ha portato per mare

alto il rischio che il nemico li ammazzi

ma sono eroi, non li puoi fermare.

 

 

Onore ai ragazzi che hanno combattuto per mare!

 

Cav. Antonio d'Abbieri

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Dal rapporto di missione reso dal C° Palombaro Emilio Bianchi al rientro dalla prigionia:

 

"Circa alle ore 20 del 18 dicembre 1941 il Smg. Scirè giungeva in vicinanza della costa egiziana a due o tre miglia a levante del faro di Ras el Tin di Alessandria.

Noi operatori eravamo pronti per iniziare la missione. All'ora stabilita, ore 21 circa, il Smg. affiorava con la torretta e noi operatori iniziammo la fuoriuscita dal boccaporto della torretta e in brevissimo tempo fummo tutti in coperta del battello. Attorno a noi regnava la calma più completa e a distanza nel buio poteva intravedere la costa. Il Smg. Si posò subito sul fondo a circa 15 metri di profondità.

Assieme al mio primo operatore, T. V. de La Penne, mi diressi al cilindro di prua e iniziai a svitare i perni del portello che si apri dopo qualche resistenza. Assieme sfilammo il semovente e appena questo fu libero mi misi a cavalcioni al mio posto.

Sentii il sig. de La Penne manovrare le pompe di assetto e dopo pochi istanti il siluro prese a salire lentamente.

Ad un certo momento, però, l’ascesa si arrestò e t'apparecchio si dispose verticalmente con la prua verso l’alto. Subito intuii che qualcosa tratteneva il S.L.C. per la poppa; infatti filandomi lungo il siluro potei constatare che l'armatura dei timoni si era impigliata nell'aereo del Smg. Riuscii facilmente a liberarlo e poco dopo si affiorò in superficie.

Appena a galla ci unimmo alle altre due coppie e cominciammo la navigazione verso il porto.

Dopo quasi un'ora passammo al traverso del faro di Ras el Tin, che si era acceso nel frattempo, ad una distanza di circa 2 miglia. Poco dopo il sig. de La Penne dispose che si facesse una piccola refezione coi viveri di scorta e lo spuntino lo consumammo continuando la navigazione di avvicinamento all'entrata del porto.

Arrivati circa a metà della diga foranea i piloti dei tre apparecchi eseguirono un 'ulteriore prova di funzionalità degli apparecchi stessi e degli autorespiratori, assumendo l'assetto più conveniente per l'attacco dei bersagli prestabiliti.

Noi ci immergemmo toccando il fondo a circa 20 metri e, dopo costatato che tutto funzionava regolarmente, si ritornò in superficie.

Il nuovo assetto manteneva il S.L.C. appoppato ed io rimasi quindi con l'autorespiratore in funzione e con la testa a circa trenta centimetri dal pelo dell'acqua.

Arrivati in prossimità dell'entrata del porto, dopo aver superato in superficie una ostruzione retale perpendicolare alla diga foranea passando tra due cilindri che la sostenevano, notai, durante la mia saltuaria ispezione a quota occhiali di superficie la sagoma di una a grossa imbarcazione che se ne stava ferma a circa 200 metri dall’imboccatura del porto.

Mi immersi di nuovo e mentre l’apparecchio continuava a navigare sentii una fortissima esplosione subacquea seguita a breve intervallo da altre due o tre. Benché queste esplosioni dessero molta noia, non provocarono nessun danno né agli apparecchi né alle persone.

In questo frattempo, ormai nella zona dell’imboccatura del porto, perdemmo il contatto con gli altri due equipaggi.

Dopo circa cinque minuti, stando in immersione, mi giunse all'orecchio un forte rumore di motori e di eliche e, per rendermi conto della situazione, affiorai e vidi una nave da guerra che, a breve distanza da noi; stava imboccando il canale di accesso al porto. Avvertii subito il 1° pilota, il quale però, avendo già avvertito il pericolo di collisione che incombeva, stava manovrando opportunamente.

Ci fermammo alcuni istanti vicino alla boa con segnale luminoso che delimitava le ostruzioni fisse da quelle mobili; rimosse per consentire l’ingresso in porto di 3 C.T. e non appena le 3 unità furono entrate, ci rimettemmo in moto e sfruttando in pieno l’insperata e fortunosa circostanza, lasciammo alle nostre spalle quello che sulla carta risultava il più scabroso ostacolo da superare.

In porto tutto era calmo. La navigazione di accostamento al bersaglio, a noi assegnato fu regolare ed indisturbata.

Giunti in vicinanza allo sbarramento retale, disposto a protezione della corazzata Valiant, il sig. de La Penne mi ordinò di eseguire una verifica dello sbarramento a circa 30 metri dal punto in cui noi ci eravamo fermati. A nuoto raggiunsi la rete e, dopo aver rilevato attentamente le principali caratteristiche dell'ostruzione, ritornai a riferire.

A sua volta il sig. de La Penne andò a nuoto a ispezionare la rete; dopo poco fu di ritorno e mi disse che aveva deciso di superare l'ostacolo in superficie fra una boa e l'altra.

Dopo esserci accuratamente consigliati sul da farsi rimettemmo in moto e lentamente ci accostammo alla rete in corrispondenza al centro Valiant.

Il sig. de La Penne passò subito dall’altra parte appena il nostro apparecchio fu imboccato al centro di due boe e mentre lui tirava, io spingevo e il mezzo, lentamente, pur strusciando sulla relinga, iniziò bene la fase di disimpegno; ma ad un tratto si bloccò e, malgrado tutti gli forzi per farlo proseguire, rimase fermo. La situazione era quanto mai critica, pur notando che a bordo della Valiant c'era la calma più completa. Malgrado i nostri forzi resta lì saldamente inchiodato: proprio ora, lì, ad un passo dalla preda, rimonta la malasorte che ha funestato le precedenti missioni. Mi ribello alla prospettiva d'un nuovo insuccesso; col cuore in gola e la forza della disperazione, puntai i piedi sulla relinga per abbassarla di quel tanto che era possibile e per sviluppare maggior forza e dopo un paio di strattoni l’apparecchio ricominciò a scivolare verso l'interno […].

Appena libero, salii a cavalcioni al mio posto, altrettanto fece il sig. de La Penne che, messo subito in moto il motore e coi timoni a scendere, iniziò lentamente la fase di attacco.

Pochi istanti ancora e si urtò contro la carena della Valiant ad una profondità di quattro metri.

Come era stato convenuto precedentemente con il sig. de La Penne, io mi portai subito sulla prua del nostro mezzo e tenendomi con una mano al golfare della testa, con l'altra mano ispezionai tutta la parte di carena compresa nel raggio del mio braccio, ma la ricerca fu infruttuosa.

Dopo l’impatto, il siluro si dispose parallelo alla fiancata della nave, prua verso prua, e a lento moto e sempre a contatto dello scafo procedette per circa una ventina di metri. Mentre io continuavo, stando sempre sulla prua del maiale attaccato al golfare, le ricerche tattili dell'aletta di rollio, avvertii anche che l'apparecchio perdeva quota. Infatti poco dopo persi contatto con l'opera viva e immediatamente ritornai al mio posto in attesa delle decisioni che avrebbe preso il sig. de La Penne.

Sentii arrestarsi il motore del nostro mezzo e quasi subito si toccò dolcemente il fondo. L’apparecchio si rimise in moto strusciando sul fondo, poi si fermò nuovamente.

Il sig. de La Penne mi disse di controllare le eliche e che il motore non voleva ripartire.

Dopo aver costatato che tutto era regolare per quanto riguardava gli organi poppieri, andai a riferire; ma mi trovai contemporaneamente a dover fronteggiare una situazione abbastanza critica; forse a causa di un urto contro qualche parte solida, il riduttore di pressione del mio autorespiratore si era guastato, lasciando affluire l'ossigeno nel sacco polmone in quantità eccessiva, tanto da obbligarmi a scaricare la maschera e a dover chiudere e riaprire il rubinetto della bombola in funzione.

In questo frattempo il sig. de La Penne mi chiese l'ascensore per andare a galla a fare una ricognizione; glielo porsi e rimasi in attesa del suo ritorno, che avvenne dopo pochi minuti.

Raccolsi la sagola dell'ascensore stesso sull'apposito rocchetto; poi, forse a causa dell'inconveniente all'autorespiratore, forse per gli sforzi fatti in precedenza e per la lunga permanenza sott'acqua, cominciai ad avvertire un grave senso di malessere. Rimasi fermo qualche istante, poi, accorgendomi che stavo per perdere i sensi, presi a mia volta l'ascensore con l'intenzione di risalire lentamente in superficie per cercare di rimettermi dal malessere e ritornare quindi al mio posto sull'apparecchio per partecipare alla fase conclusiva dell'attacco; ma durante la risalita persi cognizione di ciò che mi accadeva.

Mi ritrovai a galla, disteso supino sull'acqua, e illuminato da un riflettore di bordo. Ero a circa tre o quattro metri dalla fiancata della nave. Le mie sensazioni erano confuse, mi sentivo stordito semicosciente.

Dal castello della Valiant da dove partiva la luce del riflettore, notai movimento di persone e sentii che mi rivolgevano delle domande di cui, non conoscendo l’inglese, non riuscii ad afferrare il significato.

Mi sfilai lentamente le cinghie dell’autorespiratore, apersi il rubinetto di intercettazione posto sulla maschera per consentirne l’allagamento, e lasciai che l’apparecchio se ne andasse a fondo. Mi diressi quindi, nuotando lentamente, verso la boa di ormeggio della Valiant che si trovava verso prua, ma era aderente allo scafo, qualche metro prima del dritto di prua.

Dopo qualche minuto, mentre mi trovavo sulla boa in attesa degli eventi, sempre inquadrato dal riflettore di bordo, vidi spostare il fascio di luce nello specchio d'acqua in corrispondenza ai complessi di prua, a circa una diecina di metri dalla fiancata della nave, ove il sig. de la Penne. dopo aver trascinato il S.L.C. sotto la carena della nave stessa ed ave rimesso in moto le spolette, tentava di allontanarsi a nuoto. Da bordo spararono in acqua una raffica di mitra, ma suppongo lo fecero solo a scopo intimidatorio perché sarebbe stato facile colpire il bersaglio se questa fosse veramente stata la loro intenzione.

Il sig. de La Penne, vistosi scoperto, venne a sua volta verso la boa ove mi trovavo io, e lì, inquadrati dal fascio di luce del solito riflettore, si rimase fino a che vennero a raccoglierci con una motobarca e ci portarono a bordo della Valiant.

Fummo subito sottoposti ad una rigorosa perquisizione e poi, sotto una buona scorta armata, ci portarono a terra.

Erano circa le due. Giunti nei pressi di una baracca militare, fecero subito entrare il sig. de La Penne. Io rimasi fiori sorvegliato da due sentinelle.

Quando finalmente fecero uscire il sig. de la Penne dalla baracca, venni introdotto io. Mo trovai di fronte a due ufficiali inglesi: uno seduto ad una scrivania e l’altro a un tavolino accanto. Iniziò l'interrogatorio che mi rimase impresso per la particolarità delle domande fattemi in perfetto italiano: a volte quasi gentili e bonarie e a tratti sferzanti e minacciose.

Non dissi nulla circa il nostro operato anche quando mi vollero far credere che il sig. de la Penne aveva confessato lo scopo e lo svolgimento della nostra missione, ben sapendo che non poteva essere vero.

Cessato l'interrogatorio mi fecero uscire e mi consegnarono alle sentinelle che sorvegliavano il sig. de la Penne e quindi, con la stessa imbarcazione di prima, ci portarono nuovamente a bordo della Valiant e ci rinchiusero in due cale separate.

Mi sedetti sopra un mucchio di cordami e dopo poco la stanchezza e il sonno ebbero il sopravvento sulle mie emozioni e mi appisolai.

Non ho un preciso ricordo di quanto tempo rimasi in quelle condizioni.

Ad un certo momento una sentinella mi rimise in sesto con un buon bicchiere di rum.

Vidi portare, nello stesso focale ove mi trovavo due autorespiratori e notai anche, con mia grande sorpresa. Uno dei dei due era il mio. Al momento non riuscii comprendere come avessero potuto ricuperare degli autorespiratori affondati, poi riflettendo, mi resi conto che non avendo io chiuso il rubinetto delle bombole prima di lasciarlo cadere verso il fondo, l’ossigeno continuò a defluire nel sacco polmone anche quando l’apparecchio era sul fondo, fino a formare una sacca d'aria sufficiente per farlo riaffiorare.

Qualche istante ancora e si udì a distanza una forte esplosione subacquea.

A un dato momento sobbalziamo per l’effetto di una seconda esplosione, sotto di noi, apocalittica come il tuono di un vulcano, seguita da una vibrazione intensa, sismica, di pochi attimi. Poi un cupo silenzio interrotto a breve da voci concitate e dal tramestio del personale di bordo. Un disordinato andirivieni che non vediamo, ma che possiamo immaginare dallo scalpiccio che ci sovrasta.

Sotto scorta armata venni condotto verso poppa e, appena giunto in coperta, vidi l'altra nave da battaglia attaccata dal sig. Marceglia e Schergat sbandata sulla dritta, con i cannoni brandeggia sul lato opposto, e con più di un metro di opera viva fuori acqua sul lato sinistro.

Vidi il sig. de La Penne anche lui sotto scorta armata. Ci riunirono e fecero imbarcare subito sulla solita imbarcazione di prima, che partì verso terra. Defilando sotto bordo ebbi modo di notare che un'ancora, appennellata proprio sopra alla boa, ove mi ero rifugiato subito dopo essere uscito dall'acqua, era scesa di oltre un metro, indicando in tal modo la misura dell'appruamento assunto dalla nave e si notava già un certo sbandamento sulla sinistra. Queste constatazioni mi dettero la garanzia del buon esito della nostra impresa.

Fummo portati a terra e rinchiusi in due celle separate e dopo qualche ora, con una camionetta militare, ci condussero in un campo di concentramento alla periferia di Alessandria."

 

Onore alla memoria del comandante, M.O.V.M. Emilio Bianchi.

Buon vento!

C.

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Si son svolti a Viareggio i funerali del CF Emilio Bianchi (Capo Palombaro di 3a Classe all'epoca delle eroiche gesta che gli valsero la MOVM), vi rimando all'articolo per il racconto e le immagini della solenne cerimonia: http://www.lagazzettadilucca.it/cronaca/2015/08/emilio-bianchi-l-addio-di-viareggio-all-ultimo-degli-eroi/

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E' stata una Cerimonia molto intima nel solco delle Nostre Tradizioni, sono onorato di averlo accompagnato nel Suo ultimo viaggio terreno...con oggi si chiude un capitolo glorioso iniziato molti anni fa in un luogo molto vicino....quasi che il destino avesse voluto chiudere il cerchio....iniziato al Serchio !!

 

Ciao Emilio :Italy:

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Dicembre 1944? :ph34r:

grazie per le foto, Overtorque, hai un pm, guardaci per favore.

 

aggiungo che sul sito della Marina al link http://www.marina.difesa.it/Notiziario-online/Pagine/20150818_funerale_bianchi.aspx sono disponibili altre foto del funerale e della cerimoni ala cimintero

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Dicembre 1944? :ph34r:

 

...piccolo aneddoto......Il cappellano militare sotto pressione, sia dalle personalità presenti che dal titolare della parrocchia che non seguiva le sue disposizioni, ha chiamato il defunto Eugenio....successivamente appena avuto la parola....si è scusato ..ripetutamente.....

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