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Il Canale Di Pamama - Parte Terza - L'attraversamento Atlantico Pacifico


max42

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Questa descrizione è tratta dal mio “giornale di bordo” tenuto in occasione di un viaggio in Cina attraverso l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico a bordo della portacontainer tedesca ZIM SAN FRANCISCO a cavallo tra il 2009 e il 2010.

È ancora notte quando sale a bordo il pilota che ci guiderà nella chiusa di Gatun . Avevamo dato fondo all’ancora ieri pomeriggio nella Limon Bay, di fronte a Colón e adesso stiamo per iniziare questo interessantissimo percorso che ci porterà, in serata, nelle acque dell’Oceano Pacifico.

Imbocchiamo a lento moto un breve tratto del canale che ci porta alla chiusa di Gatun, dove saliremo i tre “scalini” costituiti dai bacini che ci immetteranno nel Lago di Gatun. Ormai si è fatto giorno, ma persiste quell’atmosfera lattiginosa dovuta all’incredibile tasso di umidità che grava perennemente sull’istmo.

Due rimorchiatori spingono sulle fiancate per allineare la nave all’imboccatura del primo bacino di sinistra.

 

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La ZIM SAN FRANCISCO è allineata sulla porta del bacino in attesa che termini il suo riempimento per consentire alla nave che la precede di passare a quello successivo. Quindi il bacino verrà nuovamente svuotato, la porta verrà aperta ed entreremo a nostra volta. Notare sulla destra un’altra portacontainer che sta entrando nel bacino parallelo assistita da due locomotori che si intravedono in prossimità della prua; altri due (nascosti dalla nave) si trovano sul lato di dritta. Nella seconda conca di destra si vede una nave in procinto di passare nella terza conca per raggiungere il livello del Lago di Gatun. Sul muro che separa le due serie di bacini, all’altezza della nave di cui sopra, si vede la cabina di controllo dell’intera chiusa.

 

Attendiamo che la nave che ci precede passi nel secondo bacino e che venga svuotato il primo, dopodiché potremo accedervi noi. L’operazione si conclude in meno di mezz’ora. La velocità di riempimento e svuotamento dei bacini lascia esterrefatti, considerando che la progettazione è avvenuta oltre un secolo fa: in circa dieci minuti vengono immesse o estratte dalle 100 aperture create sul fondo ben 190.000 tonnellate d’acqua. L’immissione è spettacolare: in superficie si notano solo dei gorgoglii che non provocano quelle turbolenze all’interno del bacino che potrebbero nuocere alla indispensabile immobilità della nave.

Non appena la prua è all’interno dei due moli, ancora prima di oltrepassare la porta che è stata spalancata quando il livello dell’acqua al suo interno si è uniformato a quello del mare, due locomotori a cremagliera – che la gente del Canale ha soprannominato “muli” (mulas) fin dal momento della sua inaugurazione – agganciano la nave poco a poppavia di ciascun mascone con i loro cavi d’acciaio che gli ormeggiatori saliti a bordo assieme al pilota incappellano alle bitte della ZIM SAN FRANCISCO. Ogni locomotore ha rilasciato due cavi che vengono tenuti in tensione da altrettanti verricelli installati sul locomotore stesso. Non appena anche la poppa sarà entrata tra i due moli, altri quattro rimorchiatori compiranno la stessa operazione agganciandola all’altezza del giardinetto.

I locomotori sono essenziali per poter transitare attraverso le chiuse. Si muovono in una sorta di simbiosi con la nave, mantenendola nella mezzeria del bacino durante il suo ingresso e poi tenendola bloccata durante le operazioni di riempimento o di svuotamento. Non svolgono alcuna funzione di rimorchio, in quanto la nave entra nella chiusa con i propri mezzi, facendo girare il motore al regime minimo consentito, ma solo quella di stabilizzatori. Viaggiano su binari a cremagliera che corrono sulla sommità degli argini e per tutta la loro lunghezza, salendo e scendendo agevolmente lungo i piani inclinati, che hanno una pendenza di 45°, posti in corrispondenza dei salti di livello di due conche successive e mantenendo in tensione con i loro verricelli i cavi d’acciaio che li collegano alla nave. Generalmente il secondo locomotore di sinistra a prua ha il compito di coordinare le operazioni di tutto il gruppo per quanto riguarda tesare o allascare i cavi, con il suono di una campana secondo un codice prestabilito. Tutto deve essere svolto con la massima precisione, perché lo spazio tra le fiancate della nave e le pareti del bacino non supera i 50 cm.

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La ZIM SAN FRANCISCO è nel bacino in fase di riempimento. In prossimità della prua si vede il secondo locomotore di dritta. Quando la conca sarà riempita, la porta che si intravede dopo la rampa verrà aperta e la nave procederà nel secondo bacino, tenuta in mezzeria dai locomotori che saliranno la rampa manovrando opportunamente i verricelli per mantenere la corretta tensione dei cavi. A metà della seconda conca si vede la cabina di controllo. Sulla destra nella foto, la MOL ENDEAVOR è già nel secondo bacino, come si nota dalla porta chiusa a pochi metri dalla poppa.

 

I locomotori originali, costruiti dalla General Electric, pesavano 43 tonnellate, erano dotati di un solo verricello e potevano esercitare una forza di trazione di 11.326 kg. alla velocità massima operativa di 3,2 km/h. La velocità massima di ritorno era di 8 km/h. Invece, i locomotori costruiti nel 1964 dalla Mitsubishi pesavano 50 tonnellate e potevano esercitare una forza di trazione di 31.795 kg. alla velocità massima di esercizio di 4,8 km/h e di 14,4 km/h in ritorno. Erano inoltre dotati di due verricelli.

Il peso dei locomotori attualmente in esercizio è di 50 tonnellate, operano con due verricelli da 290 HP ciascuno, rispetto ai 170 HP del precedente modello ed hanno una forza di trazione di 31.795 kg. a 4,8 km/h e di 18.171 kg. a 8 km/h. I nuovi modelli hanno inoltre una velocità di ritorno di 16 km/h. Impieghiamo due ore a superare le tre conche e ci troviamo ora nel Lago di Gatun, 26 metri sopra il livello del mare. Qui dovremo rimanere all’ancora fino alla formazione del convoglio del quale faremo parte. Il pilota e gli ormeggiatori sono sbarcati. Al momento di riprendere la navigazione salirà a bordo il nuovo pilota che ci guiderà lungo il Canale. Per una legge dello stato di Panama, il comando della nave, sia essa mercantile o militare, è assunto dal pilota. Credo che questo sia l’unico caso al mondo, perché il diritto marittimo internazionale definisce il pilota come “consulente” del comandante, al quale compete la responsabilità della navigazione e la decisione ultima sulle manovre da eseguire; per la verità non mi è mai capitato, sia quando navigavo per professione che in questi ultimi anni che l’ho fatto per turismo, di vedere un comandante che contraddice un pilota. Nel caso del Canale di Panama, il comandante resta comunque responsabile del funzionamento della nave e dell’operatività dell’equipaggio.

 

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La cabina di controllo e uno dei locomotori di poppa dopo la salita della rampa. Stiamo gà procedendo verso la terza conca.

Quando entriamo nel Taglio di Culebra, il Canale si stringe ulteriormente ed a vederne le sponde alte e scoscese è inevitabile tornare con la mente all’enorme lavoro compiuto per effettuare il taglio dello spartiacque continentale. Sono ancora visibili gli spiazzi dove avevano sede i vari cantieri ed i terrazzamenti sui quali John Stevens fece posare i binari per i treni che trasportavano alle discariche il materiale estratto, mano a mano che progredivano gli scavi.

 

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Navi all’ancora nel Lago di Gatun in attesa della formazione del convoglio.

La nostra attesa non dura molto, infatti dopo circa un’ora sale a bordo il nuovo pilota, quindi salpiamo l’ancora e ci inseriamo nel convoglio che si sta formando. Inizia la navigazione nel Canale, costituito in questo primo tratto da un sentiero tortuoso delimitato da boe nel Lago di Gatun. Mi colpisce l’intrico della vegetazione della foresta pluviale che ricopre le sponde e le numerose isolette del lago. Il caldo, unito all’elevatissima umidità, è soffocante e il pensiero torna agli immani sacrifici delle decine di migliaia di lavoratori che, in un clima così avverso e con una natura tanto ostile, hanno portato a termine questa opera titanica avvalendosi di una tecnologia primitiva se confrontata con l’attuale.

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Navigazione nel Lago di Gatun.

Appena fuori dal lago, il Canale comincia a stringersi. All’altezza di Gamboa, alla confluenza col Rio Chagres, avviene il cambio del pilota e a poppa si aggancia un rimorchiatore che aiuterà la nave nelle curve più strette del Taglio di Culebra, costituendo inoltre una sicurezza per mantenerla in asse nel caso di un’improvvisa avaria al timone o al motore.

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Navigazione nel Canale all’altezza di Gamboa.

Quando entriamo nel Taglio di Culebra, il Canale si stringe ulteriormente ed a vederne le sponde al-te e scoscese è inevitabile tornare con la mente all’enorme lavoro compiuto per effettuare il taglio dello spartiacque continentale. Sono ancora visibili gli spiazzi dove avevano sede i vari cantieri ed i terrazzamenti sui quali John Stevens fece posare i binari per i treni che trasportavano alle discariche il materiale estratto, mano a mano che progredivano gli scavi.

 

A tratti la Ferrovia di Panama costeggia il Canale. È ben diversa da quella descritta dalle cronache dell’epoca. Ora è completamente elettrificata ed a doppio binario, percorsa da sporadici lunghissimi treni merci, trainati da due locomotori, carichi esclusivamente di container.

 

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Il taglio di Culebra (o di Gaillard). Sulla destra (ma sul lato sinistro del Canale procedendo verso l’Oceano Pacifico perché la foto è stata presa di poppa) è visibile il pendio del Cerro Culebra.

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Una foto storica risalente a pochi mesi dopo l’apertura del Canale. Un mercantile transita nel Taglio di Culebra in direzione Oceano Pacifico. Da notare la larghezza del Canale molto inferiore all’attuale e i terrazzamenti su entrambe le sponde, sui quali erano sistemati i binari dei treni che trasportavano alle discariche i materiali di scavo. I terrazzamenti sul pendio del Cerro Culebra sono visibili ancora oggi.

Poco meno di un’ora dopo arriviamo alla chiusa di Pedro Miguel costituita da un unico bacino. Questa chiusa immette sul Lago di Miraflores, dove sono sistemate delle boe per l’ormeggio delle navi quando le chiuse di Pedro Miguel o di Miraflores sono particolarmente congestionate per il transito simultaneo di navi in entrata e in uscita dal Canale.

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La chiusa di Pedro Miguel e il lago di Miraflores.

Non appena usciti dalla chiusa, attraversiamo il lago in tutta la sua lunghezza senza dover attendere. Sulla destra nella foto si vede una nave ormeggiata alle boe in attesa di entrare nella chiusa in direzione Oceano Atlantico.

Siamo ora alla chiusa di Miraflores dove scenderemo gli ultimi due “gradini” per tornare al livello del mare.

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La chiusa di Miraflores. Sulla sinistra il fabbricato a terrazze è il Visitor Center, sempre affollato di turisti che osservano il passaggio delle navi nella chiusa.

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Un treno di container diretto al porto di Balboa all’imboccatura del Canale sul lato Oceano Pacifico. Dietro la collina sono visibili i grattacieli di Panama City.

Siamo alla fine della nostra navigazione nel Canale di Panama. Dopo il porto di Balboa passiamo sotto il Ponte delle Americhe, che a partire dal 1962 quando fu inaugurato, costituiva l’unico collegamento terrestre tra Nord e Sud America attraverso l’istmo di Panama lungo la Pan American Highway. Nel 2004 è stato aperto al traffico anche il Ponte del Centenario che si trova tra il Taglio di Culebra e la chiusa di Pedro Miguel e sul quale è stata deviata la Pan American Highway.

Eccoci finalmente nell’Oceano Pacifico. Prossimo porto San Francisco.

 

 

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Bella e interessante anche la terza parte, di vita vissuta

Per tornareai miei commenti sulle alternative, il canal seco a cui facevo riferimento non e' quello di Panama, complementare non tanto al traffico interoceanico quanto all' equilibrio ed alla logistica dei terminali containers sviluppati nell' ultimo decennio sulleduebocche del canale, ma a quello molto piu a nord e molto piu lungo del Messico, solo in parteattivato

Si tratta (o si trattava) di un progetto molto piu ambizioso, di interesse fondalmente statunitense per riportare i flussi di traffico in una regione "piu controllabile" con evidenti possibilita' di valore aggiunto in parallelo allo sviluppo logistico

Un percorsostrategicamente di tutto interesse, ma anche piu favorevole come costi e tempi di trasferimento tra le due coste USA, che ne sarebbero i maggiori utenti

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report stupendo Max, grazie mille! certo che gli spazi diponibili oggi sono davvero ridotti ai minimi termini, col gigantismo navale che impera....

(forse c'è qualche frase ripetuta in punti differenti)

 

Mi scuso per le imperfezioni che inevitabilmente ci sono nell'editing. Ho dovuto fare un lavoro piuttosto impegnativo di copia e incolla per inserire le foto nel testo del mio diario e, contemporanemente, modificare parzialmente quanto scritto a suo tempo per renderlo consistente con la storia del Canale. Tra l'altro la gestione del post non è semplice (almeno per me), perchè ogni tanto nel copia e incolla succede qualche pasticcio. L'obiettivo era comunque di far vedere come funziona il Canale di Panama e credo di esserci riuscito, al di là del mio approccio alquanto "naif" alla gestione del post. Mi fa comunque piacere che, nel complesso, ti sia piaciuto.

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Bella e interessante anche la terza parte, di vita vissuta

Per tornareai miei commenti sulle alternative, il canal seco a cui facevo riferimento non e' quello di Panama, complementare non tanto al traffico interoceanico quanto all' equilibrio ed alla logistica dei terminali containers sviluppati nell' ultimo decennio sulleduebocche del canale, ma a quello molto piu a nord e molto piu lungo del Messico, solo in parteattivato

Si tratta (o si trattava) di un progetto molto piu ambizioso, di interesse fondalmente statunitense per riportare i flussi di traffico in una regione "piu controllabile" con evidenti possibilita' di valore aggiunto in parallelo allo sviluppo logistico

Un percorsostrategicamente di tutto interesse, ma anche piu favorevole come costi e tempi di trasferimento tra le due coste USA, che ne sarebbero i maggiori utenti

 

Non avevo capito. Credevo che ti riferissi alla Ferrovia di Panama e ti ringrazio per la precisazione. Mi riesce comunque difficile immaginare che se e quando l'opera verrà completata possa costituire una valida alternativa al trasporto via mare. Quando pensi che le attuali Panamax possono imbarcare container per 5.000 TEU e le Post Panamax possono arrivare a 12.000 TEU (ma si prevede un'ulteriore crescita nei prossimi 10-20 anni delle dimensioni delle portacontainer fino a 25.000 TEU - salvo che si arrivi alla saturazione di mercato o ai limiti posti dalla scarsa flessibilità di impiego di questi veri e propri mostri come accadde per le super petroliere), riesce difficile pensare che i tempi d'attesa nei porti, quelli di carico, scarico e trasporto riescano ad essere competitivi con il tradizionale impiego deicontainer che, per definizione, deve essere estremamente veloce trattandosi di merci di costo elevato o deperibili come quelle stivate nei container refrigerati. Si tratta in ogni caso di scenari a lungo termine, di cui riesace difficile oggi immaginarne gli sviluppi. Secondo me, attualmente questo tipo di transhipment nel canal seco resta un'alternativa di nicchia, valida per i trasporti al''interno degtli USA coast to coast.

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