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Affondamento Del Sommergibile Tarantini - Epilogo


max42

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Nell’anno accademico 1961-62 ero Allievo ufficiale di complemento presso l’Accademia Navale di Livorno, nella sezione Capitanerie di Porto. Eravamo un gruppo molto ristretto: solamente diciotto allievi e gli otto mesi di corso, caratterizzati da una ferrea disciplina, da un severo ciclo di studi e da un’intensa attività ginnico-sportiva, erano stati per noi allievi gli elementi aggreganti di qualcosa di più di una profonda amicizia, una sorta di affratellamento.

Massimo Iaschi era uno di noi, un ragazzo dai lineamenti nobili ed una fervida intelligenza; fu uno dei pochi volontari che, sottraendo tempo prezioso allo studio, seppur in vista degli esami di fine corso, si dettero un gran da fare per realizzare il libro del Mak π 100 del Complemento.

Sulla manica destra del maglione della divisa da casa e su quella della divisa ordinaria portava cucito lo stemma di “Orfano di guerra”. Un giorno, in uno dei rari momenti di pausa delle attività degli allievi, mi raccontò l’episodio che segnò per sempre la sua vita.

Il padre di Massimo, capitano di corvetta Alfredo Iaschi, comandava il sommergibile Capitano Tarantini di base a Betasom.

Il 15 Dicembre 1940, al termine della sua seconda missione in Atlantico, il Tarantini stava accingendosi ad imboccare l’estuario della Gironda per rientrare a Bordeaux.

La mamma di Massimo, giunta a Bordeaux dopo mille peripezie di viaggio nell’Europa sconvolta dai bombardamenti, attendeva in albergo l’arrivo del Tarantini alla Base. Era ansiosa di riabbracciare il marito e di comunicargli che era in attesa di un bambino. Avrebbero trascorso insieme a Bordeaux la breve licenza prima che il battello riprendesse il mare per una nuova missione in Atlantico. Ma purtroppo l’attesa fu vana, perché un sommergibile inglese postosi sulla scia del Tarantini, lo colpì con un siluro esattamente a poppa distruggendola e provocando l’affondamento immediato del nostro sommergibile che si adagiò su un basso fondale. Si salvò solo il personale di guardia in torretta sbalzato in mare dall’esplosione e Massimo non conobbe mai suo padre, rimasto imprigionato nella camera di manovra. Probabilmente, come altri membri dell’equipaggio che non si trovavano nella zona poppiera, era ancora vivo perché i palombari italiani e tedeschi giunti sul posto per tentare di soccorrere i sopravvissuti, purtroppo senza ottenere alcun risultato a causa delle proibitive condizioni del mare e delle fortissime correnti di marea, udirono per due giorni battere disperatamente sulle lamiere dello scafo, poi più nulla.

SalutoComteCassissa_zpsafc3f773.jpg

Il Comandante dei Corsi di complemento capitano di fregata Mario Cassissa saluta i neo Aspiranti delle Capitanerie di Porto che stanno per lasciare l’Accademia Navale al termine dell’anno accademico. Massimo Iaschi stringe la mano al Comandante. Alla sua sinistra, lo scrivente.

 

 

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