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Museo Dell' Araba Fenice - Parma


malaparte

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E' un museo nato esclusivamente dalla passione di una persona, Renzo Catellani, che fin da bambino si era incuriosito sulle storie di certi reperti che la gente buttava via: berretti militari, fotografie, vecchie giberne, roba che nelle case di qualche decennio fa, con il massuccio inurbamento, "ingombrava" (io non mi permetto di emettere giudizi negativi su chi si disfa di questi materiali: è comprensibile che il normale appartamento medio di due camere-sala-cucina, più cantina-garage non possa materialmente accogliere la vita e i ricordi di intere generazioni).

Avendopne le possibilità, anche economiche, Catellani ha deciso di realizzare uno dei suoi sogni (l'altro è il restauro di aerei d'epoca...fate un po' voi...): un museo che ridia senso a quanto è riuscito e riesce a raccogliere della vita militare di PERSONE che hanno indossato le stellette.

La leggendaria Araba Fenice era un uccello mitologico che rinasceva dalle proprie ceneri e prendeva nuova vita: così da vecchi bauli, da mercatini, da soffitte, riemergono oggetti, divise, documenti che danno di nuovo un senso e un ricordo concreto delle persone che li hanno indossati ed utilizzati.

Il Museo si trova a Parma, nel "Castello dei Diritti", un antico convento che fino a pochi anni fa era in stato di miserevole abbandono, e che il nuovo proprietario ha pregevolmente restaurato

 

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Non è un'esposizione di uniformi: è un'esposizione di storie. Le uniformi hanno senso perché c'è stato qualcuno che le ha indossate, qualcuno che ha avuto una vita, ha compiuto atti, ha vissuto momento storici che Catellani conosce minuziosamente. Non gli interessano gli oggetti, gli interessano le persone che hanno indossato quelle divise. Non sono pezzi di stoffa dietro una vetrina: sono "abiti" che hanno avuto dei proprietari, e ne documentano un pezzo di vita, quella militare, che è stata ricercata, rintracciata, ricostruita.

 

 

 

(Ecco, di nuovo Photobucket fa le bizze... Scusate, continuerò quando sarò riuscita a risolvere il mistero di questo strano comportamento...)

 

Riprendo (è mai possibile che ogni tre per due debba fermarmi per caricare daccapo Adobe Flash Playere? Boh...)

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Dalla sala dell'800 si passa a quella seguente, sulla 1 G.M... le foto sono tante, le storie che mi sono state narrate anche, non posso riportare tutto...accontentavi di qualche assaggio per incuriosirvi..

 

(Uffa, ci risiamo con Adobe... :angry: Photobucket non carica più...)

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La divisa al centro (quella col pugnale) apparteneva al Magg. Luigi Freguglia degli Arditi, che con una sua azione nei pressi del Piave (gli Arditi passarono il Piave nuotando con il pugnale tra i denti ed attaccarono, "neutralizzandoli" , i nidi di mitragliatrici che avrebbero dovuto supportare l'attacco della fanteria austriaca) fece sì che il simbolo degli Arditi fosse modificato: il già macabro teschio venne modificato in "teschio con pugnale".

 

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Particolarmente indicativa la storia del gen. Armando Bachi, che ebbe il comando della Divisione Po per tre giorni: dopo tre giorni dall'assunzione del comando entrarono in vigore le leggi razziali, che lo espulsero in quanto ebreo. Si ritirò a vita privata nel suo appartamento di Parma, finchè un giorno del gennaio 44 venne prelevato dalle SS e portato ad Auschwitz, da dove non tornò. Dopo decenni Catellani, sempre alla ricerca di storie, si recò, così, tanto per vedere, per cercare magari di rintracciare qualche informazione dai vicini di casa, nel condominio dove Bachi abitava al momento della deportazione. Con sorpresa ed emozione, nel solaio rintracciò un baule con, in perfetto stato di conservazione, le divise del generale.

 

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Questa uniforme è dedicata allo zio del proprietario del museo, bersagliere reduce dalla Russia da dove riuscì a rientrare ma perse i piedi, amputati per congelamento...

 

Non manca un settore dedicato alle uniformi coloniali:

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Come forse avete notato, accanto a quasi tutti i manichini ci sono le foto delle persone che hanno indossato quelle uniformi, e di cui Catellani sa la storia, la vita, i fatti, perché è questo che dà senso al museo;

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(Posto prima che questa bislacca connessione mi salti....)

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Naturalmente, data l'altra passione del collezionista, figurati se mancava la sala aviazione...

 

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E infine, la Biblioteca, ricavata dalla luminosa cappella del convento, che contiene una parte dei circa 10.000 libri che Catellani ha raccolto sul tema militare, salvando qua e là intere biblioteche che stavano andando al macero:

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Da una biblioteca di un ufficio dismesso della Croce Rossa, ha salvato dalla distruzione e valorizzato gli Albi d'Oro che raccolgono i nomi di tutti i 650.000 caduti della Grande Guerra:

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Avrete notato che non esistono vetrine: le uniformi sono letteralmente "a portata di mano", così come dovrebbe essere la storia di chi le ha indossate; anche se ovviamente questo comporta un ulteriore sforzo per assicurarne la pulizia (non c'è nè polvere, nè odore di stantio) e la conservazione. Il tutto senza un euro di intervento pubblico.

Un' ultima doverosa annotazione: Catellani con l'aiuto di pochi amici sta svolgendo un lavoro mastodontico: la digitalizzazione e archiviazione dell'immensa mole di dati conservata nella biblioteca. "Be', lo so che è un lavoro immane: però intanto da qualche parte bisogna pur cominciare, no?"

 

Questo il sito del Museo per prendere contatti e fissare una visita http://www.museodellarabafenice.org/

 

Renzo Catellani è coautore di "Soldati d'Africa" di cui (all'apoca ancora non lo conoscevo) avevo parlato qui https://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=42529

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Malaparte, ribadisco quanto ti ho detto a voce: Modena non è distante da Parma: perchè non informare "ufficialmente" l'Accademia? potrebbe organizzare quanto meno una visita per i cadetti!

E aggiungo: l'anno prossimo ci saranno anche in Emilia-Romagna (ci saranno????) le celebrazioni dell'anniversario della entrata nel primo conflitto mondiale dell'Italia: perchè non informare le autorità locali della possibilità di vedere da vicino molte uniformi dell'epoca, organizzando visite guidate a questo splendido esempio di iniziativa privata?

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  • 1 month later...

Insomma, sono passate più di 24 ore, ma un cincino di commozione resta ancora, ovvia!!!!!: Ieri ho donato al Museo parecchia roba di mio padre (divise ed altri cimeli), convinta che sarà una sede opportuna.

Però di Marina non c'era (credo , e per ovvie ragioni da parte mia) un tubo!! :biggrin: Qualcuno semmai intervenga! :wink: Qualche donazione di divise d'epoca, con consulenza Betasom... :rolleyes:

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  • 3 months later...

be', l'espressione "condividere" non mi piace...esiste, da prima di Internet, la parola "comunicare".

Oggi Renzo Catellani mi ha comunicato moltissime informazioni: ha ricostruito, con passione , indagini archivistiche e conoscenze pregresse (Ufficiale in congedo....) buona parte della storia militare (che io non conoscevo!) di mio padre. Mi ha saputo ricostruire , letteralmente, ma su basi probabilissime e documentabili, dove era il suo carro durante la battaglla di Bir A kheim e nei giorni immediatamente seguenti! Mi ha detto che gli serve

ancora qualche serttimana per completare il quadro.

 

Ho avuto la contezza si portarmi dietro mia figlia.... la passione con cui sa comunicare verbalmente le storie su cui indaga è....da Nobel!!!! (traduco: commovente)

 

Alcune divise del babbo, nella sistemazione (provvisoria) attuale:

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Anche il baule era, se non proprio del babbo, di apparteneneza "babbo"... (credo che glielo abbiano inviato in Italia dopo la ferita...)

Quel che mi ha più emozionato è che quello blu, che io consideravo un semplice "giubbotto da fatica"... era, in base ai suoi calciol dei tempi, delle uniformi in uso, dei possibili adeguamenti di divise ecc....quello che indossava quando fu ferito..., insomma, sarebbe stato lì sul carro...

Be', insomma, son imdecisa se postare il tutto o cancellarlo.

No, tanto non è esibizionismo: non è che Betasom sia l'ANSA. Vado

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