Vai al contenuto

U-Boot Rotta Su Tokyo - Edwyn Gray


Messaggi raccomandati

TITOLO: U-BOOT ROTTA SU TOKYO (titolo originale Tokyo torpedo)

Autore: Edwyn Gray

Editore: Longanesi

Anno: 1978

Formato: tascabile, 192 pagine

Reperibilità: facile (usato in rete)

Costo: da 10 euro in su.

 

2ypg5cg.jpg

 

 

Dopo un periodo passato lontano dal mare e destinato agli alti comandi, a Konrad Bergman viene ordinata una nuova missione speciale: si tratta di arrivare fino in Giappone per farsi consegnare dai giapponesi i piani del loro formidabile siluro da 610 mm. Impresa più facile a dirsi che da portare a termine, complici un equipaggio tutto da addestrare e la proverbiale ritrosia giapponese anche verso i propri alleati. Senza contare che l’ufficiale è sempre nel mirino della Gestapo…. Ma il protagonista riuscirà comunque a rendere la missione fruttuosa anche se dovrà ordinare ai propri uomini: se vedete una nave o un aereo, è sicuramente ostile.

Tra le pagine del romanzo si respira l’aria dell’avventura in mari lontani, con echi ‘conradiani’, anche se la guerra non manca di affacciarsi con la sua brutalità. Un omaggio ai battelli (tedeschi e italiani) che compirono la lunga e pericolosa rotta per il Sol Levante.

 

Il romanzo è contenuto anche nella raccolta I Dannati della guerra edito da Mondadori.

 

Ecco un piccolo assaggio del romanzo:

 

Bergman abbassò lo sguardo su una tavoletta che Kosch gli aveva spinto da­vanti. “Ha visto i rapporti meteorologici, comandante?”. Il capitano si accigliò e lo trafisse con uno sguardo. “E’ sicuro che siano giusti, nostromo?”. “Sì, co­mandante. Li ho mostrati a Muecken e lui mi ha consigliato di passarli subito a lei”. Erich Muecken era il secondo nostromo dell'U 885. Riservista richiamato in Marina nel 1939, era un marinaio professionista e aveva servito nella compagnia di navigazione Amburgo-Sciangai prima della guerra. Sebbene fosse soltanto un sottufficiale, Bergaman aveva fatto ricorso più di una volta alla sua conoscenza della zona. “Ho già visto bollettini simili, comandante – confermò con calma, era molto serio – saprà che cosa significano, credo”. “Una tempesta con i fioc­chi – disse Bergman con noncuranza – non ho mai visto la pressione cadere così in fretta, nemmeno nell'Atlantico settentrionale”. “Più che una tempesta, comandante”. La sala di manovra si fece improvvisamente silenziosa, mentre gli uomini asocltavano. Muecken era un vecchio “marinaio cinese”. “Allora?”. “È un tifone, comandante”. […]

A sud e a sudest, l'orizzonte era coperto da turgidi nembi neri che si dilatavano con sordi brontolii nell'azzurro del cielo. Le acque livide si gonfiavano minac­ciose, e un vento sempre più forte strappava lembi di spuma dalla cresta delle onde. “Sarà un bel ballo” commentò Von Schroeder, accennando con il capo alla tempesta che si addensava più avanti. “Assumo io la comandata” disse secca­mente Bergman, “Voglio quattro uomini esperti di vedetta … e faccia rinforzare il Kaiten con altri cavi”. Il comandante in seconda salutò e scese nel boccaporto. “E mi mandi su Badenholt” aggiunse Bergman. Nel mare ribollente, la prora dell'U 885 cominciò a compiere tuffi più profondi . L'avanzata inesorabile del cielo nero aveva una sua terribile imponenza. La visibilità scemava rapidamente, e raffiche violente spazzavano l'U-boot mentre il vento si faceva impetuoso. Il viso di Badenholt comparve ne boccaporto […]

Bergman gli scoccò un'occhiata in silenzio . “Vede quella roba capo? È un ti­fone, se non ci immergiamo ci lasceremo la pelle!” […]

La vista del tifone fu una specie di scossa per Badenholt […]“Finiremo di avvolgere l'armatura in immersione, comandante. Posso mettere in funzione il motore di babordo entro un quarto d'ora”. […]

Bergaman non sprecò parole, c'era solo il tempo per l'azione. L'aria si era pauro­samente raffreddata, e le reti metalliche già cominciavano a sibilare sotto la furia del vento. Un pulviscolo di schiuma bianca sprizzava dalle creste delle onde, e tutto l'orizzonte era un oscuro drappo di nembi in movimento che torreggiavano come montagne, venandosi di sangue quando passavano davanti al sole. [..]

La prora dell'U 885 piombò in una valle d'acqua, e il mare si gonfiò sulla parte prodiera della coperta per scatenare la sua furia contro l'incrollabile baluardo della torretta. Rifluendo con un ruggito, prese lo slanciò e scaricò una montagna d'acqua contro la plancia. Bergman si aggrappò alla battagliola mentre l'U-boot gli rollava sotto i piedi, e scrollò la testa per liberarsi gli occhi dalla spuma salata. […]

L'U 885 si piegò rigidamente sotto la forza del vento e affondò la prora nel mare ribollente, dalla bassa tolda dell'U-boot era impossibile vedere a più di cento me­tri, e le onde si ergevano in solide muraglie d'acqua intorno alla beccheggiante imbarcazione che ardiva sfidarle. Non si vedeva altro che la terribile furia della tempesta. […]

La bianca superficie schiumante del mare saliva e scendeva con agghiacciante fe­rocia, quasi digerisse la vittima inerme. L'U 885 si coricò bruscamente a babordo, quando un'altra montagna d'acqua gli franò sopra con un boato terrificante. Nel fragore Bergman udì uno schiocco secco, come un colpo di pistola. Aguzzò gli occhi nella pioggia sferzante. Uno dei cavi d'acciaio che assicuravano il Kaiten alla tolda era saltato sotto la tensione, e la poppa del siluro di Tokio ondeggiava grottescamente per il beccheggio e il rollio dell'U 885 investito dalla furia del ti­fone. Un'altra ondata come l'ultima lo avrebbe scagliato tra i flutti inabissandolo per sempre. Bergman non aveva nessuna intenzione di lasciarsi sottrarre la sua preda. Era disposto ad affrontare qualsiasi rischio pur di conservarla. […]

“Allagare le casse. Immersione” comunicò a Von Schroeder “So che è rischio­so, ma non possiamo restare in superficie con i motori fermi. Eseguite tutte le manovre e aprite il boccaporto”. L'U 885 era alla mercè degli dei marini. Sbal­lottato e impotente, investito dal vento e squassato da montagne d'acqua, si torceva nel mare schiumante come una balena mortalmente ferita. Bergman non poteva fare altro per salvarlo. Era questione di secondi, se l'U-boot fosse riuscito ad allagare le casse e a immergersi prima che il tifone lo facesse capovolgere e affondare. [..]

“Dieci metri, comandante”. “scendere ancora”. Anche a dieci metri, la turbolen­za dell'acqua rifletteva la tremenda forza del tifone in superficie, ma se non altro la violenza vi giungeva smorzata. Il rollio e il beccheggio dell'U 885 erano as­sai meno accentuati. Bergman aveva appena sollevato il ricevitore del telefono, quando sentì le lamiere del ponte vibrare sotto i piedi. “Comandante?” Baden­holt fece capolino nel vano della porta a tenuta stagna. “Sì capo?”. I motori sono

in funzione, comandante”. “Si può sapere perché ci avete messo tanto tempo?” […] Di nuovo nel suo vero elemento, gli abissi del mare, l'U 885 riprese ad avanzare con sicurezza, mentre in superficie il tifone sconvolgeva l'Oceano Pa­cifico in un parossismo di rabbia impotente. Per la prima volta in tre ore, Berg­man si permise il lusso di una pausa, seduto in una delle speciali poltroncine di canapa alle spalle del timoniere. Aveva le mani tagliuzzate, il viso escoriato, gli occhi pesti ed iniettati di sangue per la furia del mare. Eppure, mentre sollevava i piedi dal ripugnante guazzabuglio che ondeggiava sul ponte, le sue labbra erano increspate in uno dei suoi rari sorrisi. Aveva lottato e vinto contro gli elementi. Si sentiva soddisfatto di se stesso.

Modificato da Massimiliano Naressi
Link al commento
Condividi su altri siti

Pur ringraziandoti per aver recensito il libro e per averne ricopiato un brano, devo ammettere che l'estratto non mi ha dato molta voglia di leggerlo. Sento parecchio Ian Fleming e poco mare in questo passaggio. La tensione è costruita artificialmente, con tutte quelle domande apprensive attorno alla natura della perturbazione, come se un sommergibile fosse vulnerabile al maltempo come un brigantino, e con azioni spettacolari contrarie alla logica; la descrizione del maltempo si basa sulla retorica più che sulla restituzione dell'atmosfera del momento. I personaggi mi sembrano stereotipati, i tedeschi non possono essere che di poche parole e dallo sguardo durissimo. Vi sono fatti irrealistici, come la riparazione degli avvolgimenti di un motore di propulsione in navigazione (ma l'autore avrà mai visto dov'era il motore elettrico in un U Boot, e quanti aggeggi sotto tensione bisognava smontare per arrivarci?) e il siluro giapponese che, dato che tutti i giapponesi sono Kamikaze, non è un comune tipo 93 ma un Kaiten, la sua versione con pilota suicida.

Alla fine mi sembra una testimonianza interessante di un'altra epoca, quando si voleva più avventura e meno romanzo storico; non so se un lavoro così retorico e fantasioso avrebbe motivo di esistere al giorno d'oggi.

Link al commento
Condividi su altri siti

Ritengo i romanzi di E. Gray potabili, anche se inevitabilmente datati e figli di un'altra epoca. Sono delle pagine di avventura ed evasione con tutti le caratteristiche del romanzo, dove l'azione 'deve' andare in un certo modo, anche se ciò comporta qualche forzatura o imprecisione (Dan Brown docet!). Il ricercatore, per quanto esperto, difficilmente può rendere la reale atmosfera degli u-boot, soprattutto se manca di una vera esperienza sul mare.... Anche Andy McNabb (per citare un autore noto e recente) produce pagine diverse passando dalla descrizione di azioni reali a quelle immaginarie di un romanzo, pur essendo superesperto del suo settore.

La mia recensione vuole solo dare le coordinate di base per conoscere il romanzo, senza togliere a chi ne ha voglia il piacere di leggerlo e di scoprire come vada a finire.

Link al commento
Condividi su altri siti

Un pò a malincuore mi associo al parere non del tutto favorevole del C.te Marchetti (a malincuore perchè, leggendo le altre recensioni di libri dello stesso autore, stavo considerando l'idea di procurarmene una copia).


Non giudico la bontà della storia romanzata (anche se le osservazioni su certi stereotipi, espresse nel post precedente, sono condivisibili) quanto la qualità della traduzione, che a mio parere abbassa notevolmente l'appeal dell'opera.


Mi riferisco al ripetuto utilizzo di parole come "tolda" e "babordo", e, per sottolineare un argomento che ho già considerato in un mio post recente (https://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=43010), anche "secondo nostromo" è un termine che non mi convince.



Penso comunque che questo tipo di problemi derivi soprattutto dall'epoca in cui i libri sono stati scritti (e tradotti).



EDIT: solo dopo aver postato mi è comparso il precedente commento del C.te Naressi, quindi ho involontariamente ripetuto un concetto già espresso: "Ritengo i romanzi di E. Gray potabili, anche se inevitabilmente datati e figli di un'altra epoca"


Modificato da bezukhov
Link al commento
Condividi su altri siti

Penso comunque che questo tipo di problemi derivi soprattutto dall'epoca in cui i libri sono stati scritti (e tradotti).

Purtroppo, il problema delle traduzioni è - ahimè - ancora ben presente ai nostri giorni.

Duole riesumare questa mia recensione:

https://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=33267

la cui seconda parte, dedicata alla traduzione di un volume posto in commercio nel 2010, è purtroppo sintomatica di un malcostume tuttora vigente e imperante.

Link al commento
Condividi su altri siti

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Visitatore
Rispondi a questa discussione...

×   Hai incollato il contenuto con la formattazione.   Rimuovi formattazione

  Sono ammessi al massimo solo 75 emoticon.

×   Il tuo link è stato automaticamente aggiunto.   Mostrare solo il link di collegamento?

×   Il tuo precedente contenuto è stato ripristinato.   Pulisci l'editor

×   Non è possibile incollare direttamente le immagini. Caricare o inserire immagini da URL.

Caricamento...
  • Statistiche forum

    • Discussioni Totali
      45k
    • Messaggi Totali
      521,7k
×
×
  • Crea Nuovo...