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L'attentato Al Faro Di San Domino


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Mio figlio, appena tornato dalle Tremiti, mi ha prima raccontato e poi fatto avere l'articolo sottostante sulla distruzione del faro di San Domino, avvenuta nel 1987.

Per la vulgata, fu un attentato ordinato da Gheddafi.

Mi ero persa la notizia e mi domando: la notizia è vera?

Ma il faro non era della Marina Militare? Com'è possibile che non fosse presidiato?

E, soprattutto, se fosse vera, come mai è passata sotto silenzio?

 

Faro delle Tremiti, 23 anni di abbandono - Dalla bomba al degrado: agonia di un luogo dimenticato
All’interno del rudere non recintato le tracce di bravate (da: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/notizie/cronaca/2010/26-luglio-2010/faro-tremiti-23-anni-abbandono-1703460678247.shtml)

ISOLE TREMITI - Il braccio di un bambolotto, un libro per ragazzi dedicato a Cristoforo Colombo, l’antidolorifico con scadenza 1986. Nelle stanze del faro dell’isola di San Domino, alle Tremiti, è come se il tempo fosse ancora fermo a quell’8 novembre del 1987 quando l’esplosione di una bomba sconvolse Punta del Diavolo e la pace autunnale delle Diomedee.

Sono passati quasi 23 anni e nessuno ha ancora potuto metterci mano. Al massimo qualche vandalo, che ha aggiunto devastazione a devastazione. All’interno di questo rudere non recintato e pericolante, si possono scorgere le tracce di qualche bravata da ragazzi: graffiti, bottiglie rotte di birra, tracce di falò. Tutto a portata di turista. Basta seguire il sentiero che parte dal centro del paese, e il degrado si può toccare con mano. Si inizia con i resti di un’auto bruciata subito dopo quel che resta del cancello d’ingresso. Non c’è nessuna recinzione: nell’edificio sarebbe vietato entrare - o almeno così dice un cartello - ma è così facile che la tentazione è quasi irresistibile. E quindi ecco quello che doveva essere il soggiorno, con lo scheletro del televisore; la camera da letto, con i vestiti ancora nell’armadio, l’ossatura dei letti; il bagno con i sanitari divelti; le scale che portavano al fanale crollate.

Quello che successe quel novembre 1987 non è mai stato chiarito. Per fortuna il faro quel giorno era disabitato. Nell’esplosione perse la vita uno dei due attentatori svizzeri. L’altro, fermato, riuscì a far perdere presto le proprie tracce. Un attentato ordinato dal colonnello Gheddafi che in quel periodo reclamava le Tremiti, o la mossa di servizi segreti esteri in funzione anti-libica come sostiene l’attuale sindaco Giuseppe Calabrese? Un mistero di cui si è persa traccia e memoria. Intanto, senza che nessuna indicazione ricordi l'accaduto, a San Domino nel pieno della stagione turistica, il degrado del faro fa bella mostra di sé. «Noi non possiamo metterci mano - sostiene Calabrese - la proprietà è del demanio e stiamo trattando per entrare in possesso sia del faro di San Domino che di quello di Capraia. La nostra idea sarebbe quella di farne la sede di un centro di ricerca di biologia marina del Mediterraneo. Magari coinvolgendo anche la Libia».

 

La notizia era stata data su Repubblica in questo modo: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/11/08/decapitato-da-una-bomba-nel-faro-delle.html e poi seguita da:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/01/13/intrighi-internazionali-dietro-attentato.html

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Per la vulgata, fu un attentato ordinato da Gheddafi.

Mi ero persa la notizia e mi domando: la notizia è vera?

Ma il faro non era della Marina Militare? Com'è possibile che non fosse presidiato?

E, soprattutto, se fosse vera, come mai è passata sotto silenzio?

Intrigante e curioso, ma come sempre ci faccio la tara. Negli anni 80 in effetti in Italia è successo "di tutto e di più".

Credo che nessuno possa dire se la notizia (quale?) è vera. Certo, se si vede un faro distrutto, è vero che è stato distrutto. E ci si chiede perché.

A Gheddafi hanno addebitato "di tutto e di più". Non so. Per citare uno delle mie parti..."chi sa, parli!" ( in quel caso, venne silurato lui....)

 

Le tracce si perdono nell' 89, ma non dovrebbe essere diffucile, visto che si parla di Corte d' Assise di Foggia, trovarne tracce archivistiche.

Quanto al fatto del presidio in quanto MM... non saprei, ma intanto non ho capito se al momento era ancora in funzione. Del resto, in giro per l' Italia, nel mio piccolissimo, ho trovato parecchi siti nominalmente interdetti in quanto delle FFAA...

 

Ho capito, ho capito....voi segugi... :wink:

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Ma il faro non era della Marina Militare? Com'è possibile che non fosse presidiato?

Se il faro in questione era uno di quelli chiusi, è facile che non fosse presidiato.

 

A proposito di GHEDDAFI, mi par di ricordare che le sue mire sulle Tremiti partissero dal fatto che durante la ns colonizzazione, vi confinammo molti ribelli Libici

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La mia impressione di storico è che quanto successo alle Tremiti si in qualche modo mischiato con i missili su Lampedusa.

 

Inoltre, personalmente, non vedo una logica militare nè una geostrategica nel rivendicare con un attentato delle isole assolutamente intenibili (dalla Libia si arriva alle Tremiti solo passando di fronte a Taranto prima e poi Brindisi... anche considerando che il fu colonnello alla fine ha ignorato le ovvie implicazioni dell' avere contro le due marinerie con le massime conoscenze dell' interdizione Navale nel mediterranneo centrale, non mi sembra una rivendicazione territoriale seria...

 

Saluti,

dott. Piergiorgio.

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Se non ricordo male, proprio negli anni 80 il sindaco delle Tremiti, vista la mancanza dello Stato sul suo territorio, volle provocare la "dirigenza" italiana chiedendo alla Libia annessione delle Tremiti allo Stato africano.

Vi ricordate questo aneddoto?

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Inoltre, personalmente, non vedo una logica militare nè una geostrategica nel rivendicare con un attentato delle isole assolutamente intenibili ...

"L' illogicità" era una delle peculiarità del bizzarro Colonnello. R.I.P.

 

Se non ricordo male, proprio negli anni 80 il sindaco delle Tremiti, vista la mancanza dello Stato sul suo territorio, volle provocare la "dirigenza" italiana chiedendo alla Libia annessione delle Tremiti allo Stato africano.

Vi ricordate questo aneddoto?

Mi pare proprio che sia così! :doh: Cioè che la cosa partì come provocazione da parte del Sindaco delle Tremiti e che poi solo un personaggio come GHEDDAFI abbia colto la palla al balzo.

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Storia intrigante..... :ph34r:

Dall'archivio storico de la Stampa di Torino:

«DAL NOSTRO INVIATO GINEVRA Spuntava la luna nuova. Arrivare alla Punta del Diavolo non era stato agevole: il sentiero si snodava scosceso e JeanLouis Nater aveva preferito tener spenta la torcia elettrica. Lavorò in fretta e in silenzio. Sistemò la carica sotto la torre poligonale del faro, a strapiombo 16 metri dal mare, dette un'ultima occhiata al timer. Ma non ebbe il tempo di allontanarsi: fu decapitato dall'esplosione anticipata. Anche il faro dell'isola di San Domino, nelle Tremiti, rimase semidistrutto. Nessuno, in quella notte del 7 novembre 1987, udì l'esplosione. Alla corte d'assise di Foggia oggi Samuel Albert Wampfler, 47 anni, viene processato per introduzione illegale d'esplosivo e per l'attentato al faro numero 3844 «con finalità di terrorismo-. Era sull'isola con Nater. Partiti insieme da Ginevra per quel viaggio fuori stagione alle Tremiti, si erano portati i timer, passando da Milano si sarebbero procurati l'esplosivo. Negli archivi della polizia cantonale sono conservati i loro dossier: truffe, furti, rapine. Insomma, niente che apparentemente li legasse al terrorismo. Ma sul passaporto di Wampfier spiccava il visto per il Libano. «Dovevo andare a Beirut per acquistare pezzi di ricambio-, ha detto. In realtà era il braccio destro di un francese, William Favre, 33 anni, noto tempo fa come costruttore di copie della Ferrari 250 GTO: breve fama e un processo intentato dalla casa Ferrari per concorrenza sleale. Ma quali legami univano realmente l'intraprendente francese con i due dell'isola di San Domino? Si dice che fosse «l'ufficiale pagatore», i giudici avrebbero voluto interrogarlo ma Favre, il 27 ottobre scorso, è stato trovato morto nell'appartamento ammobiliato che occupava a Ferney-Voltaire, appena oltre la frontiera francese. Suicida, è stato detto, forse per debiti. Anche Jean-Louis Nater, 39 anni, un gigante di oltre un metro e 90, è morto senza lasciare un soldo alla moglie Nadine. Si sussurra, però, di alcuni conti intestati a suo nome razziati da qualcuno non appena rimbalzata la notizia deU'«incidente»: denaro arrivato da chissà dove, perché le quotazioni di Nater alla Borsa del crimine non erano troppo elevate. La sua ultima impresa nota, nel 1980: una rapina alla Reds Jewellery S.A., a Ginevra, vittima Hassan Dib, un libanese assai attivo nella compravendita di preziosi. Tre anni dopo Nater e un suo complice, Jean-Pierre Perrier. furono condannati. Nater non aprì bocca, ma l'altro raccontò che erano stati ingaggiati da Hassan Dib e da suo fratello Tarek per simulare l'aggressione e truffare i Lloyd's. I due ebbero uno sconto di pena e un'inchiesta sui fratelli libanesi si concluse con un'archiviazione. Ora Hassan Dib dovrebbe essere ascoltato dai giudici italiani, ma non sembra avere intenzione di andare a Foggia: «Perché mai dovrei farlo? Per dire che non c'entro con questa storia?-. Il giudice istruttore Anto¬ nio Baldi lo definisce, al pari di Wampfier, "personaggio inquietante». E inquietanti sono i mandanti dell'attentato, "personaggi rimasti avvolti nel mistero-, sottolinea il magistrato. Tutto parte da qui, da Ginevra. Si indaga fra i gruppi libanesi definiti mollo attivi- già dal 1975: drusi, sciiti, integralisti d'ispirazione iraniana, sunniti, falangisti filo-israeliani. Alleati o nemici fra loro. Commerciano con tutti e di tutto: comprano e vendono preziosi; fra i più intraprendenti all'epoca del gran souk delle armi, quando c'era concorrenza spietata per accaparrarsi le commesse di Iraq e Iran in guerra; secondi a nessuno nel riciclaggio dei narcodollari. E per i traffici più inconfessabili si servirebbero di una mano d'opera presa nel sottobosco della criminalità, gente non specializzata che non sempre dà garanzie ma che, in compenso, costa relativamente poco. Cellule che i servizi segreti elvetici controllano assai da lontano. Dice Roland Hauenstein, il portavoce del Ministero Pubblico: "Indaghiamo. Non possiamo aggiungere altro per non compromettere persone precise, allo stato attuale-. Ed è come dire: "Abbiamo scoperto tutto, andatevene via». Da Beirut, ma confermato qui sulle rive del Lemano, sarebbe partito l'ordine per gli attentati avvenuti a Parigi nel settembre 1986: morti e feriti per forzare la mano alla giustizia francese e liberare il terrorista libanese George Ibrahim Abdallah. Ginevra è meno puritana di quanto voglia far credere. Nelle notti silenziose avvengono incontri, scambi, proposte, rendez-vous, contatti d'ogni tipo. Al Pickwick Pub di rue Lausanne 80, sotto un appartamento dove, a lungo, hanno avuto sede gli uffici della Cia, e al Jimmy's Bar del quai du Mont Blanc 19, il segretario alla Difesa americano designato John Tower ha bruciato i momenti più intensi del suo soggiorno europeo e, forse, la propria carriera. Vezzeggiato, richiesto, conteso dalle avvenenti spie del Deuxième Bureau e del KGB. I russi ora minimizzano e Michail Boriskine, portavoce del consolato sovietico, dice: «Che sciocchezza. Ve l'immaginate spie dalle lunghe trecce bionde nascoste dietro alla Pravda che si gettano sul primo americano che entra nel bar? In ogni modo non si può scherzare su cose del genere-. Ma i giochi proibiti sono anche altri. Nater e Wampfier furono mandati alle Tremiti forse per essere uccisi, si lascia capire. O soltanto uno doveva morire. E quella bomba avrebbe dovuto gettare sulla Libia un'ennesima colpa, visto che, poco prima. Gheddafi aveva rivendicato la sovranità sulle isole. E si dice pure che l'idea dell'attentato non sarebbe nata qui a Ginevra né a Beirut, ma in un appartamento del centro di Tel Aviv, ispirata dagli uomini del Mossad infiltrati nei gruppi libanesi. La pista mediorientale è sottolineata dagli inquirenti italiani mentre gli svizzeri, molto attenti a non rovinare gli instabili equilibri con i libanesi, puntano l'indice sulla Libia. E così viene posto in luce l'anello di una catena altrimenti spezzata: i fratelli Dib sarebbero legati ad Ali Hijazi. Costui ha residenze in Libano e Tripoli ma spesso soggiorna a Ginevra: nel 1948 faceva il tassista in una Beirut ancora splendida. Poi ha cambiato, è diventato finanziere con interessi dall'Africa alla Francia. E' stato presidente deU'United African Airlines (UAA), una compagnia aerea libica usata dai servizi segreti di Tripoli. Traffici con tutti. Un biglietto da visita della segretaria di Hyazi è stato trovato addosso ad un pilota dei contras abbattuto dai nicaragueni. Ancora, n 17 gennaio '87, a Beirut, fu sequestrato il tedesco Rudolf Cordes e. alla fine dell'anno, il quotidiano libanese An Nahar pubblicò che Hijazi trattava e l'ostaggio sarebbe tornato libero "entro breve-. Il finanziere si affrettò a smentire a Parigi, a Le Monde: "Non c'entro. Sono soltanto un uomo d'affari-, n tedesco tornò libero, il riscatto fu pagato a Ginevra. Ma si sussurra di altri sequestri, altre trattative, altri misteri qui in riva al lago. Wampfier ha detto quanto sapeva, cioè poco. Il resto è ancora da «leggere». Vincenzo Tessandori»

 

Ciao,

C.

Modificato da chimera
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Caspita!

Sembra la trama di un romanzo di spionaggio!

Purtroppo non è un romanzo, è (stata) una storia vera, di quelle di cui si sa poco e per giunta in modo contraddittorio. Eì più che probbile che siano intervenuti i nostri servizi per mettere a tacere la vicenda, anche se non credo ne sapremo mai il motivo. La mia curiosità era (ed è) però di sapere se il faro era della Marina e perchè non era presidiato, anche ai minimi livelli. Per quel che ho potuto vedere in giro per l'Italia (da ultimo, il faro di santa Maria di Leuca), il sito è recintato e presidiato da personale della MMI. Forse il faro di san Domino non era poi importante e se ne prevedeva la dismissione?

Come curiosità, la notizia fu data nel 1987 persino dal Manila Standard (!!!!) (http://news.google.com/newspapers?nid=1370&dat=19871110&id=jWcVAAAAIBAJ&sjid=agsEAAAAIBAJ&pg=3714,588325), sposando subito la tesi che il mandante fosse Gheddafi, mentre l'Associated Press ritenne di darla solo due anni dopo, senza però nominare il rais libico:

Swiss Man Convicted in Bombing

AP , Associated Press

Mar. 21, 1989 8:36 PM ET

FOGGIA, ITALY FOGGIA, Italy (AP) _ A criminal court convicted Swiss citizen Samuel Wampfler of terrorist sabotage on Tuesday and sentenced him to 10 years in prison for a 1987 bomb explosion at a military lighthouse.

Wampfler, 47, of Geneva, was found guilty of possession of an explosive device and sabotage of a military structure for terrorist purposes. He was acquitted of bringing the bomb into Italy.

Wampfler was accused of acting with a Swiss friend, Jean Louis Nater, in setting off the crude bomb on Nov. 7, 1987, on the Adriatic island of San Domino, part of the Tremiti Islands. Nater died in the blast, and the lighthouse was damaged.

Investigators never determined the motive.

Wampfler, who denied any role in the bombing, was also ordered to pay damages to the navy, which runs the lighthouse, and the local community.

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La mia curiosità era (ed è) però di sapere se il faro era della Marina e perchè non era presidiato, anche ai minimi livelli.

Attualmente non tutti i fari sono presidiati. Molti sono automatizzati e remotizzati. Bisognerebbe scoprire se, nel 1987, il faro di S. Domino fosse presidiato o meno o se fosse ancora in uso o meno. Allego un filmato interessante sui fari trovato su youtube:

Altra cosa interessante sarebbe sapere se gli atti del processo all'attentatore sopravvissuto siano stati versati dal tribunale all'archivio di Stato di Foggia. Si può indagare.....

Buona domenica,

C.

Modificato da chimera
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Correzione: il faro era presidiato, ma, fortunatamente, il farista e la sua famiglia erano in paese al momento dell'esplosione:

http://anordest.corrieredelveneto.corriere.it/articoli/2010/07/punti_cardinali_e_bombe_diment.html

Ciao,

C.

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M' incuriosisce il nome del link... sarò arcaico come forma di dietrologia ma "punti cardinali" (termine che non è connesso all' articolo vero e proprio) richiama alla mente la vicenda della Rosa dei Venti, ma sono il primo a comprendere la notevole improbabilità di una voluta allusione....

 

Saluti,

dott. Piergiorgio.

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L'idea di Chimera di verificare l'esito del processo di Foggia è interessante, occorrerebbe trovare però qualcuno disposto ad andare di persona. Proverò a vedere se c'è qualche avvocato disponibile.

Che alle Tremiti fossero stati confinati oltre 1100 libici tra il 1911 ed il 1912 è un dato di fatto.

Che Gheddafi volesse tentare azioni eclatanti può essere possibile, come sembrerebbe anche da quest'altra curiosa notizia, riportata, con ricami di tipo politico, da Felice Laudadio di Repubblica:

"Nel 1987 il dito minaccioso di Gheddafi puntava contro le Tremiti. Le isole come risarcimento per i crimini di guerra degli italiani nel 1911, a suo dire. Vi sono morti dei connazionali prigionieri, sono libiche, tuonava il raìs. La richiesta fece rumore ed ottenne una risposta stizzita dal sindaco: è la Libia che deve risarcirci per le epidemie portate dal deserto sulle isole, replicò più o meno il primo cittadino di allora. A parte le sparate propagandistiche, nelle Diomedee i libici sono stati deportati davvero e in gran parte ci sono rimasti. Le autorità contarono almeno 200 deceduti a San Nicola, per bronchite, polmonite, epidemie esantematiche, anche colera e virus influenzali. Due anni dopo – non potendo ancora contare sull’amicizia con Berlusconi, che, chissà, avrebbe messo in pericolo le isole pugliesi – Gheddafi tentò addirittura lo sbarco di 846 presunti parenti, che dicevano di voler visitare i luoghi dove gli avi erano stati torturati dagli italiani colonialisti. Vennero respinti a Napoli, per intervento dello scaltro Andreotti, che raffreddò poco a poco il focoso leader beduino.

Si disse persino che Gheddafi fosse interessato ad acquistare Pianosa: http://archiviostorico.corriere.it/2009/marzo/28/Tremiti_isola_vendita_Gheddafi_vuole_co_8_090328027.shtml

E fu fatto persino un test del DNA di una trentina di abitanti, test che escluse che vi fossero discendenze libiche:

http://torremaggiore.blogolandia.it/2008/11/03/test-dna-ad-abitanti-delle-tremiti-isole-non-sono-libiche/

Tutto questo però assume sempre più l'aria di un bel polverone. Non credo che ne uscirà nulla circa l'attentato e le mancate eventuali responsabilità di chi avrebbe dovuto proteggere il faro. Resterà uno dei tanti misteri d'Italia

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L'idea di Chimera di verificare l'esito del processo di Foggia è interessante, occorrerebbe trovare però qualcuno disposto ad andare di persona. Proverò a vedere se c'è qualche avvocato disponibile.

Ho controllato sul sito dell'Archivio di Stato di Foggia: hanno solo i fondi del Tribunale di commercio e del Tribunale civile e comunque i versamenti arrivano fino al 1965.

Gli atti sono quindi ancora presso l'archivio del Tribunale penale.

Ho verificato anche come fare per avere accesso agli atti. Bisogna consegnare un modulo di richiesta e, dopo un tempo non bene specificato (si parla di dieci giorni), si possono visionare i documenti e, eventualmente, averne copia. Non è quindi possibile fare niente da casa. Bisogna purtroppo andarci di persona. E neanche una volta sola!

Però mi è venuta un'altra idea: Il compianto senatore Andreotti è stato ministro degli Esteri dall'83 all'89 e, successivamente, Presidente del Consiglio. Ho letto da qualche parte che l'archivio "Andreotti" sarà (o è giá) consultabile.

Provo a fare una riceca.

Ciao,

C.

Modificato da chimera
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Ma il leggrndario archivio Anreotti non è da pubblicare a non ricordo quandi decenni post mortem? :ohmy: O è solo il diario?

Non penso. È stato versato alla fondazione Don Sturzo nel 2007. Lo stanno catalogando a quel si dice nei vari articoli su internet. Dietro specifica autorizzazione è gia consultabile dai privati. C'è anche un sito internet ma non si apre.

Questo è un articolo sull'archivio. Ma ce ne sono molti altri perchè la notizia è dell'ANSA e molti l'hanno ripresa:

http://www.huffingtonpost.it/2013/05/06/giulio-andreotti-larchivio-in-un-caveau-blindato-dellistituto-don-sturzo_n_3222290.html

C.

Modificato da chimera
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Io invece penso sì!!! "Salvo particolare autorizzazione"....partciolare quanto?

600 mt. lineari di archivio. Ma che razza di casa/ufficio aveva????!! Per tenere in otdine un archivio così serviva anche una segretaris/archivista leggendaria!....la famosa Enea!

 

 

http://www.huffingtonpost.it/2013/05/06/giulio-andreotti-larchivio-in-un-caveau-blindato-dellistituto-don-sturzo_n_3222290.html

 

http://www.daw-blog.com/2013/05/09/larchivio-segreto-di-giulio-andreotti/

Modificato da malaparte
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