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LA MARINA DOPO L'8 SETTEMBRE


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di Gianluca Bucilli

 

http://www.analisidifesa.it/numero12/st-marina.htm

 

Il 3 Settembre 1943 a Cassabile, piccolo paese della Sicilia sudorientale, il Generale Castellano ed il Generale Smith, su delega dei rispettivi governi, firmarono un accordo, col quale venivano poste le basi per l’interruzione delle ostilità tra l’Italia e le potenze alleate. In tale occasione al rappresentante italiano furono consegnati due documenti supplementari, il primo dei quali, noto come Memorandum di Quebec, conteneva le condizioni generali di armistizio, mentre il secondo, detto Promemoria Dick, era relativo alle istruzioni per il trasferimento delle Unità navali italiane, sia militari che mercantili, a determinate destinazioni. Nel complesso i documenti prevedevano disposizioni abbastanza generiche per Esercito ed Aeronautica, a differenza di quelle molto specifiche e dettagliate riservate alla Marina; gli Alleati, infatti, sapevano bene come il complesso delle Unità combattenti fosse in condizioni di sostanziale efficienza e potesse ancora esprimere un pericoloso potenziale bellico. Per gli anglo-americani, quindi, era fondamentale che la Flotta Italiana si consegnasse, facendogli ottenere il duplice risultato di privare, di fatto, l’Asse dello strumento navale nel Mediterraneo e, conseguentemente, acquisire piena libertà d’azione in tale bacino.

 

 

 

L’armistizio venne ufficializzato l’8 Settembre 1943, divenendo così esecutivo. La necessità di obbedire fu pienamente compresa dagli Stati Maggiori e dagli Equipaggi e portò alla leale applicazione delle clausole armistiziali, con la partenza delle Unità della Squadra Navale dai porti della madrepatria per la presentazione a Malta. La reazione nazista non si fece attendere e dal Tirreno all’Egeo scoppiarono ovunque violenti combattimenti. La corazzata Roma fu affondata il 9 Settembre da aerei tedeschi; tra i 1200 caduti perse la vita il Comandante delle Forze Navali, Ammiraglio Bergamini, Medaglia d’Oro al Valor Militare. Lo stesso giorno furono perse anche la corvetta Berenice ed il posamine Pelagosa, affondati, a Trieste ed a Genova, dal fuoco di batterie costiere mentre i cacciatorpediniere Da Noli e Vivaldi incapparono in mine fra la Corsica e la Sardegna e furono poi finiti dal tiro di artiglierie terrestri. A Bastia, sempre il 9 settembre, l’avviso scorta Aliseo e la corvetta Cormorano affondarono sette unità tedesche. Il giorno dopo, nel canale di Piombino, le corvette Folaga, Ape e Cormorano attaccarono cinque motozattere, affondandone una e costringendo le altre ad incagliarsi. L’11 settembre, a Ragusa, la torpediniera T8 fu affondata da bombardieri; il cacciatorpediniere Quintino Sella fu colpito a morte, davanti a Venezia, da una motosilurante.

 

Alla Maddalena, nei combattimenti per la difesa della base navale, cadeva, alla testa di un gruppo di marinai e di soldati il Capitano di Vascello Avegno; a Castellammare di Stabia, il Capitano di Corvetta Baffigo, respinti gli assalti nemici al Cantiere ed alla Corderia, scompariva in circostanze sconosciute dopo essersi recato a parlamentare con gli avversari. A Cattaro l’impari lotta durò due giorni e si concluse con pesanti perdite da ambo le parti. A Piombino il Comandante del Comando Marina, Capitano di Fregata Capuano, ordinava alle proprie batterie di aprire il fuoco sui tedeschi che tentavano d’impadronirsi del porto, affondando 2 torpediniere, 4 motozattere ed un piroscafo nemici. A Portoferraio la resistenza si protrasse per diversi giorni e fu piegata solo con pesanti bombardamenti, che provocarono numerose vittime anche fra la popolazione civile. A Cefalonia il Capitano di Fregata Mastrangelo, sgombrato il nostro naviglio, combatté con i propri uomini a fianco dell’Esercito, venendo fucilato assieme a 20 Ufficiali e 29 tra Sottufficiali e Marinai quando l’isola, il 22 settembre, cadde. A Rodi la resistenza della guarnigione italiana durò fino al giorno 11; a Lero, sotto la guida dell’Ammiraglio Mascherpa, la lotta si protrasse per 50 giorni. Nei tragici e caotici momenti che seguirono l’armistizio, l’atto di disciplina della Squadra Navale e l’atteggiamento dei Reparti a terra, che compattamente si opposero all’occupazione di basi ed installazioni, contribuirono a trasformare l’iniziale diffidenza alleata in un sentimento di fiducia e già il 23 settembre

 

 

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