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Alpini in Libia


GM Andrea

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...e la nave s'accosta pian piano

 

Parrà strano ma la più antica canzone alpina, nata cent'anni fa in Libia, inizia con questa parole marinare.

 

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Il titolo originale era "Vascello di Savoia" . Questo il testo

 

E la nave s'accosta pian piano, salutando Italia sei bella al vederti mi sembri una stella, o morosa ti debbo lasciar. Allora il capitano mi allungò la mano sopra il bastimento, mi vuol salutare, e poi mi disse: i turchi son là. E difatti si videro spuntare, le nostre trombe si misero a suonare le nostre penne al vento volavano tra la bufera e il rombo del cannon. E a colpi disperati mezzi massacrati dalle baionette i turchi fuggivano gridando: alpini abbiate pietà. Sulle dune coperte di sabbia i tuoi alpini, o Italia, morivano ma nelle veglie ancor ti sognavano, con la morosa e la mamma nel cuor. E col fucile in spalla caricato a palla sono ben armato, paura non ho; quando avrò vinto ritornerò!

(dal sito ANA di Milano http://www.coroanamilano.it/public/canto.asp?cod=8 in cui si riportano anche i cenni storici all' occasione in cui è nato durante la guerra di LIbia: Approdava alle sponde africane Il Vascello di Savoia (titolo originale) ed un anonimo alpino del battaglione Saluzzo già accennava le prime battute narrative di questo canto, legato alla storica impresa di Uadi Derna (fiume nei pressi della città omonima) ove gli alpini, strappati da un bizzarro destino alle montagne native e gettati in un deserto sconosciuto di oltremare, inflissero una dura sconfitta all'emiro Enver Bey.

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  • 3 weeks later...

 

 

non dimentichiamo che alpini vi sono stati pure in eritrea e etiopia.

 

 

E' piuttosto noto, e riportato anche in testi di fonte anglofona (v. Michela Wrong, I didn't do it for you) lo scambio di battute tra un ufficiale inglese ( a volte identificato addirittura in PLatt) e un suo subalterno durante la tremenda battaglia di Cheren che durò dai primi di febbraio alla fine di marzo del 41.:

 

" Son forse capre quelle ombre che vedo saltellare sul monte?"

" Ehm...No, signore. Sono soldati. Quei soldati che gli italiani chiamano Alpini"

 

Per la precisione, erano il battaglione Uork Amba.

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da base artica, marco

 

http://www.coroanamilano.it/public/canto.asp?cod=8

Cenni storici

Approdava alle sponde africane Il Vascello di Savoia (titolo originale) ed un anonimo alpino del battaglione Saluzzo già accennava le prime battute narrative di questo canto, legato alla storica impresa di Uadi Derna (fiume nei pressi della città omonima) ove gli alpini, strappati da un bizzarro destino alle montagne native e gettati in un deserto sconosciuto di oltremare, inflissero una dura sconfitta all'emiro Enver Bey. è questo uno dei rarissimi brani dove l'alpino si concede, contro le abitudini, un pizzico di tracotante trionfalismo, subito però mitigandone il tono con accenti più umani e commoventi. Discendenti da questa, che (con l'africana Mamma mia vienimi incontro) è fra le più antiche e nobili cante epiche alpine, sono le altre nate nella seconda guerra mondiale: La bersagliera (ove la meta è nientemeno che il Giappone) e Col fucile sulla spalla della campagna di Grecia.

Testo

E la nave s'accosta pian piano, salutando Italia sei bella al vederti mi sembri una stella, o morosa ti debbo lasciar. Allora il capitano mi allungò la mano sopra il bastimento, mi vuol salutare, e poi mi disse: i turchi son là. E difatti si videro spuntare, le nostre trombe si misero a suonare le nostre penne al vento volavano tra la bufera e il rombo del cannon. E a colpi disperati mezzi massacrati dalle baionette i turchi fuggivano gridando: alpini abbiate pietà. Sulle dune coperte di sabbia i tuoi alpini, o Italia, morivano ma nelle veglie ancor ti sognavano, con la morosa e la mamma nel cuor. E col fucile in spalla caricato a palla sono ben armato, paura non ho; quando avrò vinto ritornerò!

 

 

consiglio:

http://www.afronine....la-memoria.html

 

 

Creati per combattere sulle Alpi, gli Alpini sostennero il loro primo combattimento in Africa.

Nella tragica battaglia di Adua, il 1° marzo 1896, il Battaglione "Alpini d'Africa" ebbe oltre 400 caduti su 550 effettivi.

Caddero anche il Comandante Ten. Col. Menini ed il Capitano Cella, prima medaglia d'oro degli Alpini.

IL BATTESIMO DEL FUOCO Verso la fine del XIX secolo anche l'Italia venne colta dal "mal d'Africa" sospinta dalla brama di cercare alla pari di altre potenze europee nuovi "spazi vitali". Il "battesimo del fuoco" delle truppe Alpine avvenne durante la campagna d'Eritrea. Per cancellare la cocente sconfitta dell'agguato di Dogali dove nel 1887 caddero 413 soldati italiani su 500, il Presidente del consiglio Francesco Crispi spedì un secondo contingente di Alpini in Eritrea nell'inverno 1895/'96, dopo che gli insuccessi dell'Amba Alagi e di Macallé indussero Crispi a mandare i rinforzi richiesti al generale Oreste Baratieri, governatore della colonia.

« Lo facciamo tanto per prova »

Queste furono le parole con cui Francesco Crispi giustificò quell'impegno un po' improprio degli Alpini. Nato per la difesa dell'arco alpino, questo corpo di fanteria da montagna ebbe il suo battesimo nella battaglia di Adua in Etiopia, durante la quale patirono indicibili sofferenze nonostante l'iniziale fiducia nell'impresa, e dove all'alba del 1º marzo 1896 i 15.000 soldati del generale Oreste Baratieri, di cui facevano parte anche 954 alpini, vennero travolti dagli oltre 100.000 guerrieri di Menelik II. Dei 954 alpini partiti dall'Italia sotto il comando del tenente colonnello Davide Menini, ne rimasero vivi solo 92 e lo stesso Menini fu decorato con la medaglia d'argento alla memoria. Il primo Alpino a cui venne assegnata la medaglia d'oro al valor militare fu il capitano Pietro Cella, nato a Bardi, anch'egli morto in quella mattina ad Adua. Un epilogo onorevole nonostante la sconfitta fosse l'inevitabile conclusione di una missione organizzata male e frettolosamente.

 

 

guerra italo turca --

Le truppe alpine parteciparono alla campagna libica con un numeroso contingente: 13 batterie da montagna e i battaglioni "Saluzzo", "Edolo", "Mondovì", "Feltre", "Vestone", "Ivrea", "Fenestrelle", "Verona", "Susa" e "Tolmezzo"[34]. Questi non furono impiegati come unità autonoma, ma aggregati a reparti di fanteria, prendendo parte a tutti i combattimenti significativi, da Ain Zara (4 dicembre), a Sidi Said (26-28 giugno), a Zuara (luglio 1912). Dopo la firma del trattato di Ouchy, rimasero in Libia i battaglioni "Feltre", "Vestone", "Susa" e "Tolmezzo" con tre batterie da montagna riuniti nell'8º Reggimento alpini "speciale" al comando del colonnello Antonio Cantore[33].

Dopo un periodo di allenamento alla marcia, il reggimento dovette adattarsi a combattere tra le dune contro le tribù berbere o contro i musulmani della Cirenaica o nell'entroterra tripolino[34] in una guerra più lunga del previsto tanto che i primi contingenti che sbarcarono a Tobruch nell'ottobre 1911 come l'8º Reggimento alpini "speciale", nel maggio 1915 quando l'Italia entrò in guerra contro l'Austria, si trovavano ancora impegnati a difendere Tripoli e Homs dalle azioni di guerriglia della popolazione indigena[34].

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La guerra d'Etiopia e la campagna d'Albania:

Gli anni 1935-'36 videro gli alpini ancora impegnati in Africa e precisamente in Etiopia[53], dove sbarcarono a Massaua da dove gli alpini della 5ª Divisione alpina "Pusteria" parteciparono alle operazioni di guerra, con le battaglie di Amba Aradam e dell'Amba Alagi. Il 31 marzo ci fu la battaglia finale di Mai Ceu, dove le truppe di Hailé Selassié furono costrette a ripiegare[54] e per l'imperatore di Etiopia fu la sconfitta. Per la colonna italiana formata da mille automezzi la strada verso Addis Abeba era spianata, e la "Pusteria", con sole 220 perdite[55], rientrò nell'aprile del 1937[56].

Dopo le operazioni in Albania durante la Grande Guerra, meno di vent'anni dopo gli alpini sbarcarono di nuovo sulle coste di Durazzo e Valona il 7 aprile 1939 per volere del Duce, che volle riequilibrare la mossa dell'alleato tedesco in Austria di pochi mesi prima. Fu una spedizione all'insegna della disorganizzazione, tanto che gli stessi muli imbarcati senza basto, finimenti e cavezza al momento dello sbarco cominciarono a scappare dal porto invadendo le strade di Durazzo[57]. Nella città gli alpini rimasero un paio di settimane, poi si sparpagliarono nel paese attraverso le montagne che sono raggiungibili grazie alle strade costruite in quell'occasione dal genio militare[58].

L'estate fu particolarmente calda e l'inverno particolarmente rigido, le perdite per malaria raggiunsero il 30% degli effettivi, e gli alpini dovettero anche subire l'umiliazione delle leggi razziali fasciste che nel giugno 1940 imposero ai reparti l'allontanamento degli ufficiali e dei soldati di origine slava e non solo quelli provenienti dalle zone annesse nella guerra del '15/'18[59], ma anche dalle terre incorporate settant'anni prima. Solo le forti proteste del generale Visconti Prasca impedirono alla Divisione Julia di essere seriamente indebolita da tale provvedimento[60].

Modificato da bussolino
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E' piuttosto noto, e riportato anche in testi di fonte anglofona (v. Michela Wrong, I didn't do it for you) lo scambio di battute tra un ufficiale inglese ( a volte identificato addirittura in PLatt) e un suo subalterno durante la tremenda battaglia di Cheren che durò dai primi di febbraio alla fine di marzo del 41.:

 

" Son forse capre quelle ombre che vedo saltellare sul monte?"

" Ehm...No, signore. Sono soldati. Quei soldati che gli italiani chiamano Alpini"

 

Per la precisione, erano il battaglione Uork Amba.

 

 

da base artica, marco

 

da http://digilander.li.../41/africao.htm

 

 

Il battaglione Alpini "Uork Amba" fu un reparto dalla vita breve ed intensa. Nato nel dicembre del 1935 come VII battaglione complementi della divisione PUSTERIA, viene impiegato subito nella campagna etiopica. In questa guerra, ha modo di mettersi in rilievo nella conquista del monte "Amba Uork" (27 febbraio 1936) che darà il nome al battaglione stesso. Nell’ottobre del 1936, a Feltre viene costituito un altro VII battaglione complementi destinato a rinforzare gli ormai pochi uomini del "Uork Amba". Il battaglione è quindi impiegato nella lotta ai ribelli etiopi e sotto la guida del maggiore Peluselli, diventa un reparto a marcato spirito Alpino; accanto al vestiario coloniale vengono distribuiti vestiti in grigioverde, il cappello con la piuma e il sacco Alpino. Inoltre, nei pressi di Addis Abeba, tra le montagne della zona, viene istituita una "palestra alpina" per l’allenamento alpinistico degli uomini del battaglione. Dopo il rimpatrio, nel 1937, della divisione PUSTERIA, il Battaglione Speciale "Uork Amba" è l’unico rappresentante degli Alpini a restare in A.O.I.: i suoi componenti sono tutti reduci o richiamati ( classi 1900-1917) per mobilitazione e provengono da tutte le regioni di arruolamento Alpino . All’inizio della guerra, il "Uork Amba" è inquadrato nel 10° Rgt. Granatieri come terzo battaglione. Tenuto come riserva nella zona della capitale etiope, nel gennaio 1941 è inviato nella zona di Cheren (Keren), per sbarrare la strada ad alcuni reparti inglesi ed indiani in avanzata verso Asmara. Agordat e Barentù erano state perse, le nostre truppe coloniali, investite dalla superiorità numerica e d’armamento dei Britannici si stavano ritirando: la difesa dei monti attorno Cheren era diventata un fattore chiave per la tenuta dell’intera A.O.I.. Presso cima Forcuta e la gola del Dologodoroc si tennero degli asprissimi combattimenti che videro gli Alpini del "Uork Amba" coprirsi d' atti d'eroismo individuale. Per 56 giorni, attorno a Cheren, gli Alpini lottano duramente contro i mezzi corazzati e le soverchianti truppe britanniche per mantenere le posizioni su cima Forcuta. La resistenza fu così tenace che anche Churchill dovettero ammettere la sua preoccupazione per la lentezza con cui i suoi uomini stavano avanzando in Eritrea. Il 26 marzo, il Comando Superiore italiano è costretto a porre fine alla resistenza nella zona di Cheren. Tre medaglie d’oro, 500 morti e centinaia di feriti attestano il sacrificio del battaglione sulla cima Forcuta e sul Dologorodoc. I resti del "Uork Amba", un centinaio di uomini e due ufficiali, per sottrarsi alla cattura percorsero 100 Km di zona montana per arrivare ad Asmara. Da qui proseguono su Massaua dove combattono l'ultima battaglia. È aprile 1941. Su una forza complessiva di 1000 uomini, dopo due mesi di combattimenti ne rimasero incolumi solo 130 mentre oltre 300 furono i caduti

 

 

 

 

Il battaglione Alpini "Uork Amba" fu un reparto dalla vita breve ed intensa. Nato nel dicembre del 1935 come VII battaglione complementi della divisione PUSTERIA, viene impiegato subito nella campagna etiopica. In questa guerra, ha modo di mettersi in rilievo nella conquista del monte "Amba Uork" (27 febbraio 1936) che darà il nome al battaglione stesso. Nell’ottobre del 1936, a Feltre viene costituito un altro VII battaglione complementi destinato a rinforzare gli ormai pochi uomini del "Uork Amba". Il battaglione è quindi impiegato nella lotta ai ribelli etiopi e sotto la guida del maggiore Peluselli, diventa un reparto a marcato spirito Alpino; accanto al vestiario coloniale vengono distribuiti vestiti in grigioverde, il cappello con la piuma e il sacco Alpino. Inoltre, nei pressi di Addis Abeba, tra le montagne della zona, viene istituita una "palestra alpina" per l’allenamento alpinistico degli uomini del battaglione. Dopo il rimpatrio, nel 1937, della divisione PUSTERIA, il Battaglione Speciale "Uork Amba" è l’unico rappresentante degli Alpini a restare in A.O.I.: i suoi componenti sono tutti reduci o richiamati ( classi 1900-1917) per mobilitazione e provengono da tutte le regioni di arruolamento Alpino . All’inizio della guerra, il "Uork Amba" è inquadrato nel 10° Rgt. Granatieri come terzo battaglione. Tenuto come riserva nella zona della capitale etiope, nel gennaio 1941 è inviato nella zona di Cheren (Keren), per sbarrare la strada ad alcuni reparti inglesi ed indiani in avanzata verso Asmara. Agordat e Barentù erano state perse, le nostre truppe coloniali, investite dalla superiorità numerica e d’armamento dei Britannici si stavano ritirando: la difesa dei monti attorno Cheren era diventata un fattore chiave per la tenuta dell’intera A.O.I.. Presso cima Forcuta e la gola del Dologodoroc si tennero degli asprissimi combattimenti che videro gli Alpini del "Uork Amba" coprirsi d' atti d'eroismo individuale. Per 56 giorni, attorno a Cheren, gli Alpini lottano duramente contro i mezzi corazzati e le soverchianti truppe britanniche per mantenere le posizioni su cima Forcuta. La resistenza fu così tenace che anche Churchill dovettero ammettere la sua preoccupazione per la lentezza con cui i suoi uomini stavano avanzando in Eritrea. Il 26 marzo, il Comando Superiore italiano è costretto a porre fine alla resistenza nella zona di Cheren. Tre medaglie d’oro, 500 morti e centinaia di fer Forcuta lla e sul Dologorodoc. I resti del "Uork Amba", un centinaio di uomini e due ufficiali, per sottrarsi alla cattura percorsero 100 Km di zona montana per arrivare ad Asmara. Da qui proseguono su Massaua dove combattono l'ultima battaglia. È aprile 1941. Su una forza complessiva di 1000 uomini, dopo due mesi di combattimenti ne rimasero incolumi solo 130 mentre oltre 300 furono i caduti

Modificato da bussolino
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da base artica, marco

 

, investite dalla superiorità numerica e d’armamento dei Britannici

 

 

 

 

 

Il battaglione Alpini "Uork Amba" fu un reparto dalla vita breve ed intensa. Nato nel dicembre del 1935 come VII battaglione complementi della divisione PUSTERIA, viene impiegato subito nella campagna etiopica. In questa guerra, ha modo di mettersi in rilievo nella conquista del monte "Amba Uork" (27 febbraio 1936) che darà il nome al battaglione stesso. Nell’ottobre del 1936, a Feltre viene costituito un altro VImplementi destinato a rinforzare gli ormai pochi uomini del "Uork Amba". Il battaglione è quindi impiegato nella lotta ai ribelli etiopi e sotto la guida del maggiore Peluselli, diventa un reparto a marcato spirito Alpino; accanto al vestiario coloniale vengono distribuiti vestiti in grigioverde, il cappello con la piuma e il sacco Alpino. Inoltre, nei pressi di Addis Abeba, tra le montagne della zona, viene istituita una "palestra alpina" per l’allenamento alpinistico degli uomini del battaglione. Dopo il rimpatrio, nel 1937, della divisione PUSTERIA, il Battaglione Speciale "Uork Amba" è l’unico rappresentante degli Alpini a restare in A.O.I.: i suoi componenti sono tutti reduci o richiamati ( classi 1900-1917) per mobilitazione e provengono da tutte le regioni di arruolamento Alpino . All’inizio della guerra, il "Uork Amba" è inquadrato nel 10° Rgt. Granatieri come terzo battaglione. Tenuto come riserva nella zona della capitale etiope, nel gennaio 1941 è inviato nella zona di Cheren (Keren), per sbarrare la strada ad alcuni reparti inglesi ed indiani in avanzata verso Asmara. Agordat e Barentù erano state perse, le nostre truppe coloniali, investite dalla superiorità numerica e d’armamento dei Britannici si stavano ritirando: la difesa dei monti attorno Cheren era diventata un fattore chiave per la tenuta dell’intera A.O.I.. Presso cima Forcuta e la gola del Dologodoroc si tennero degli asprissimi combattimenti che videro gli Alpini del "Uork Amba" coprirsi d' atti d'eroismo individuale. Per 56 giorni, attorno a Cheren, gli Alpini lottano duramontro i mezzi corazzati e le soverchianti truppe britanniche per mantenere le posizioni su cima Forcuta. La resistenza fu così tenace che anche Churchill dovettero ammettere la sua preoccupazione per la lentezza con cui i suoi uomini stavano avanzando in Eritrea. Il 26 marzo, il Comando Superiore italiano è costretto a porre fine alla resistenza nella zona di Cheren. Tre medaglie d’oro, 500 morti e centinaia di fer Forcuta lla e sul Dologorodoc. I resti del "Uork Amba", un centinaio di uomini e due ufficiali, per sottrarsi alla cattura percorsero 100 Km di zona montana per arrivare ad Asmara. Da qui proseguono su Massaua dove combattono l'ultima battaglia. È aprile 1941. Su una forza complessiva di 1000 uomini, dopo due mesi di combattimenti ne rimasero incolumi solo 130 mentre oltre 300 furono i caduti

 

vabbè, sull' argomento ho letto un po', e non stiamo a farla lunga, che qua si parla di sommergibili :wink: . Ma digilander è peggio di Wikipedia. La superiorità numerica era indubbiamente a vantaggio nostro.

Peccato che noi avessimo fucili, loro aerei da bombardamento.

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Beh, basta leggere cosa diceva nelle sue memorie il generale Nasi, colui che guidò l'ultima resistenza in Africa Orientale Italiana contro gli inglesi circa le dotazioni delle sue truppe:

 

 

L’alto ufficiale italiano, che aveva allestito un perimetro difensivo articolato sul ridotto centrale di Gondar-Azozò e sui caposaldi esterni di Blagir-Celgà, Tucul-Dinghià, Ualag, Culqualber-Fercaber, Debre Tabor e Uolchefit-Debarech, era lucidamente consapevole del disperato compito che lo attendeva. Nelle sue memorie infatti egli ricorda che il suo sistema difensivo era costituito «da fortificazioni campali, senza scavi in roccia, senza calcestruzzo, quasi senza reticolato e con magri campi minati. Non tanto il tempo era mancato, quanto ferro, cemento, filo di ferro spinato, martelli perforatori, esplosivo». E la situazione non era certo più rassicurante in relazione allo stato degli uomini e, soprattutto, degli armamenti: per quanto riguardava l’artiglieria, a parte «una batteria moderna da 104, per altro con munizioni contate, si trattava di una vera collezione da museo», avente per di più una dotazione di munizioni di preda bellica austriaca che spesso non esplodevano. Niente affatto migliore era la situazione dell’aviazione, costituita da pochissimi caccia e bombardieri, mentre del tutto inesistente si presentava la componente corazzata.

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