Vai al contenuto

Traversata A Vela Nel Tirreno In Tempesta


Marpola

Messaggi raccomandati

Questo è il racconto di un marinaio... il racconto di un'esperienza che anche se lontana nel tempo resterà per sempre scolpita nella mia memoria...

Quella volta che... Traversata a vela nel Tirreno in tempesta.

 

25 ottobre - 1° novembre 1972 – Mare Tirreno

 

Ero partito dal porto di Taranto il 25 ottobre alle 13:35 con destinazione La Spezia, dove dovevo arrivare al massimo entro una settimana, per poter sistemare la barca e portarla a Genova in tempo per poter essere esposta al XII° Salone Nautico Internazionale, che apriva il 1° dicembre. Avevamo scelto la via mare perché, oltre ad essere l’elemento naturale della barca, era sicuramente il modo più economico rispetto ad un trasporto in nave o via terra.

La “barca” era il “Sagittario”, uno scafo in lamellare di mogano fasciato di 15,45 metri di lunghezza fuori tutto, disegnato dall’architetto Carlo Sciarelli e costruito nel famoso cantiere di Mariano Craglietto a Trieste. Varato l’11 Aprile del 1972, il “Sagittario” era uno yacht da regata della Ia classe I.O.R. di proprietà della Marina Militare italiana, con una superficie velica di 94 mq. e un armamento a cutter, con genoa e trinchetta. Con questa barca il capitano di vascello Franco Faggioni aveva partecipato alla O.S.T.A.R. ’72, la quarta edizione della “Regata Transatlantica in Solitario”, impiegando poco più di 28 giorni di navigazione per coprire le quasi 4.000 miglia che separano Plymouth in Gran Bretagna da Newport negli Stati Uniti, passando per la rotta delle Azzorre. La regata O.S.T.A.R. del ’72 fu vinta dal francese Alan Colas, su un trimarano di 22 metri, il mitico “Pen Duick IV”, che impiegò meno di ventuno giorni per compiere la traversata su di una rotta molto più a Nord di quella percorsa dal C.V. Faggioni. La barca della M.M. italiana, che era un vero e proprio outsider, fece comunque un’ottima figura, arrivando settima in tempo reale sui 59 iscritti alla regata e terza tra i monoscafi, oltre che prima tra le quattro barche italiane partecipanti a quella edizione della O.S.T.A.R.. Visto il risultato prestigioso ottenuto, la Marina italiana decise di esporre la sua barca, in assetto da regata in solitario, al XII Salone Nautico di Genova, in modo che potesse essere ammirata dalle migliaia di visitatori appassionati di nautica.

Non c’era molto tempo però. Il Salone di Genova avrebbe aperto i suoi battenti il 1° dicembre e la barca si trovava completamente in disarmo a Taranto. In fretta e furia Marivela Roma (il comando degli Sport Velici della M.M.) decise di allestire un piccolo equipaggio che avrebbe dovuto portare al più presto il “Sagittario” a Genova via mare, dato che era la soluzione più economica.

Approfittando delle conoscenze di mio padre, io riuscii ad essere inserito nell’equipaggio che avrebbe dovuto trasferire la barca fino a La Spezia, per allestirla in modo da poter essere esposta al Salone Nautico. L’equipaggio era estremamente ridotto per una barca da regata così grande e impegnativa: solo cinque persone. Oltre al sottoscritto e al comandante C.C. Ferruccio Romanello e al nostromo Capo Simonelli di Marivela, c’erano solamente due marinai nocchieri di leva, Salvatore e Giovanni. Io ero parecchio emozionato. Un po’ per l’occasione unica di navigare su di una barca così famosa nell’ambiente velico internazionale e un po’ per l’idea di dover navigare in autunno per oltre 700 miglia, in mari difficili come lo Ionio e il Tirreno, facendo turni di guardia piuttosto pesanti, dato che l’equipaggio era ridotto all’osso.

 

Arrivai al porto di Taranto il 23 ottobre mattina. Ero partito in treno da La Spezia la sera precedente e, una volta arrivato alla Sezione Velica della M.M. di Taranto, fui subito impegnato in un lavoro frenetico assieme agli altri miei compagni, per allestire la barca in un paio di giorni e metterla in condizioni di navigare. Il “Sagittario”, infatti, una volta terminata la regata in solitario, era stato disarmato ed era stato imbarcato nella stiva di una nave che l’aveva riportato in Italia dagli Stati Uniti. La barca era in acqua completamente disarmata. L’albero di 16 metri e le sartie erano appoggiati in terra sulla banchina accanto allo yacht e, internamente, lo scafo non era assolutamente attrezzato per una traversata con un equipaggio completo. L’interno era totalmente spoglio: tutti gli arredi, che sarebbero stati del peso inutile durante la regata, erano stati rimossi. C’erano solamente due cuccette (che avremmo utilizzato a turno), alcune amache e una piccola cucina basculante, mentre tutto il resto era stato trasformato in una grande officina per le riparazioni durante la navigazione e in una cala per i moltissimi sacchi di vele.

Terminati i lavori di adattamento, armato l’albero e imbarcate le provviste e i rifornimenti necessari, partimmo da Taranto alle 13:35 di mercoledì 25 ottobre con rotta verso Sud e arrivammo al porto di Messina la mattina del giorno 27, dopo 230 miglia di navigazione fatta quasi tutta a vela e piuttosto tranquilla. Giusto il tempo di rifornirci Di nafta, acqua e viveri e, alle 15:45, ripartimmo da Messina con rotta verso Nord, decisi a non fermarci più sino all’arrivo a La Spezia.

Il cielo nello stretto di Messina era piuttosto cupo e spirava un vento moderato da N-NE con mare forza 3. Alle 24:00 del 27 ottobre, mentre eravamo al traverso dell’isola di Stromboli, ricevemmo alla radio un avviso di burrasca nel Basso Tirreno, ma la navigazione proseguì tranquilla per tutta la notte. Alle 10:45 del giorno successivo ci trovavamo 60 miglia al traverso di Capo Palinuro, con vento da NE sui 20 nodi e mare forza 4 in aumento. La barca continuava a macinare miglia, mantenendo un buon passo sui 7 nodi. Alle 20:45 eravamo arrivati già 40 miglia al traverso dell’isola di Capri, con un vento sui 30-35 nodi e mare forza 6. Ci aspettava una notte piuttosto dura, con il vento dritto sul naso che rinforzava sempre di più e delle onde di 5-6 metri che spazzavano la coperta della barca inzuppandoci completamente. Avevamo già ridotto la velatura, ma, nonostante navigassimo di bolina con una mano di terzaroli alla randa e il solo fiocco yankee a prua, la nostra velocità era di 8 nodi costanti. La burrasca forza 7 preannunciata dal Meteomar si stava avvicinando molto rapidamente.

A mezzanotte del sabato la burrasca ci aveva colpito in pieno. Avevamo percorso circa 190 miglia da quando avevamo lasciato il porto di Messina e ci trovavamo a circa 20 miglia a SW dell’isola d’Ischia. C’erano raffiche di vento a 40 nodi, ma la barca riusciva ancora a bolinare discretamente. Quello che ci preoccupava di più era il mare. Le onde ripidissime di 7-8 metri di altezza facevano saltare la barca come impazzita. Tutto l’equipaggio era in pozzetto ed era completamente fradicio e intirizzito dal freddo. Le cime e le scotte bagnate ci segavano le mani. Le manovre erano diventate molto faticose, a causa del freddo pungente e delle cinture di sicurezza che ci limitavano nei movimenti. Sotto coperta era un vero disastro. Durante un cambio di vela durato un po’ troppo a lungo, un’onda si era riversata all’interno dall’osteriggio di prua aperto per cambiare il fiocco e aveva allagato il quadrato. Alcuni dei paglioli di legno si erano spezzati per i grossi colpi ricevuti sotto alla chiglia della barca e galleggiavano sul pavimento allagato. Lo scafo, progettato per le onde dell’Atlantico, stava mostrando i suoi limiti strutturali nell’affrontare le onde corte e ripide del Mediterraneo e, ogni volta che cadeva giù da un’onda, prendeva un colpo tremendo che ne metteva in crisi la struttura. Toccò proprio a me, che ero il più giovane a bordo e non soffrivo il mal di mare, scendere sotto coperta a cercare di riparare i danni. Armato di chiodi e martello, cercai di rimettere a posto alcuni paglioli, in modo da poter camminare più agevolmente all’interno della barca senza mettere i piedi nella sentina allagata. Intanto le pompe di sentina elettriche e manuali, pur essendo azionate ininterrottamente, facevano una gran fatica a smaltire tutta l’acqua entrata all’interno dello scafo. Confesso che, data la mia poca esperienza, credetti che si fosse aperta una falla nello scafo...

Dopo alcune ore, dato che la navigazione era diventata davvero dura, decidemmo di riparare nel porto di Ischia, facendo rotta 215 gradi, perché tentare di contrastare quel vento e quel mare in prua sarebbe stato assolutamente da incoscienti. Oltretutto, guadagnavamo ben poca strada al vento. Impiegammo oltre quattro ore a percorrere le poche miglia che ci separavano dall’isola. Facevamo una bolina stretta e avevamo issata poca tela a riva. A prua avevamo solo lo yankee da 12 mq., mentre alla randa da 33 mq. avevamo preso solo due mani di terzaroli, ma la barca, pur essendo parecchio sbandata, faceva ancora una discreta bolina. Il vento ormai soffiava costantemente sui 40-45 nodi, con raffiche che facevano schizzare verso l’alto la lancetta dell’anemometro. Fu una navigazione molto dura. Arrivammo stremati alla banchina del porto alle 04:30 del mattino di domenica 29 ottobre e non ricordo neppure di essere andato a dormire, perché verso le nove del mattino mi svegliai infreddolito con ancora la cerata addosso e i vestiti fradici. Misi la testa fuori dal tambuccio e vidi che sulla banchina c’era una piccola folla di curiosi attorno al “Sagittario”. Lo yacht da regata, con ancora il numero velico 58 assegnatogli per la traversata atlantica dipinto sulle fiancate, era sicuramente un’attrazione, ma, il fatto che fosse arrivato in porto di notte con quel tempo da lupi, destava sicuramente stupore e ammirazione. Alcuni pescatori, che all’alba non erano potuti uscire dal porto a causa del mare in burrasca, ci dissero più tardi di aver seguito da terra le nostre peripezie per centrare l’imboccatura del porto sotto vela e poi, una volta ammainata la tela, di aver ammirato la difficile manovra per accostare al molo dove c’eravamo ormeggiati. Quando gli dicemmo che eravamo della Marina Militare e non dei semplici diportisti, capirono che non eravamo stati solamente fortunati quella notte...

Passammo tutta la domenica ad Ischia e, approfittando della bella giornata di sole con il vento che andava calando (una situazione tipica del mese d’ottobre in Mediterraneo, dopo una tempesta), stendemmo sulla battagliola ad asciugare tutte le vele, i sacchi a pelo e i nostri vestiti: all’interno della barca non c’era più niente d’asciutto! Ci ricordammo che erano quasi ventiquattro ore che non si mangiava qualcosa di caldo e, alle dieci e mezza di mattina ci mangiammo un chilo di penne all’arrabbiata come solo il nostromo Simonelli di Marivela sapeva cucinare, mentre alcuni isolani ci portarono del pane fresco e dell’ottimo vino bianco fatto in casa. La solidarietà, che in questi casi lega tutti i marinai di qualunque mare del mondo, venne fuori anche in quella occasione…

Dopo aver pranzato io cercai un barbiere. Questi si stupì non poco vedendomi entrare nel suo negozio piuttosto malconcio e con la faccia incrostata di sale. Io gli chiesi soltanto di farmi un doppio shampoo e la barba e lui ci rimase abbastanza male per non avermi potuto tagliare i capelli, dato che a quell’epoca li portavo piuttosto lunghi sulle spalle.

La sera ci concedemmo una ricca cena di pesce in un localino dell’isola e la mattina seguente, alle 08:30, salpammo da Ischia decisi a coprire le ultime 300 miglia nel più breve tempo possibile. Il mare era sceso a forza 3 e il vento sui 15-20 nodi che aveva girato a Maestro ci permise di dare tutta la tela di cui disponevamo: randa, genoa 2 e trinchetta per oltre 90 mq di vela!! Il “Sagittario” aveva ripreso a volare sull’onda, con punte di 11 nodi di bolina!

Purtroppo il vento durò soltanto fino alla sera, quando ci trovammo al traverso di Fiumicino. Fu la classica quiete dopo la tempesta. Una bonaccia tremenda che ci costrinse a proseguire a motore alla velocità di 5-6 nodi fino a La Spezia, in totale calma di mare e di vento. Finalmente arrivammo alla Sezione Velica della M.M. di La Spezia. Erano le 11:05 di mercoledì 1° novembre. Era trascorsa una settimana da quando avevamo lasciato il porto di Taranto ed avevamo percorso 730 miglia in poco più di 155 ore di navigazione. A terra ad aspettarmi c’era l’ammiraglio (mio padre…), che mi disse "Bravo ragazzo!"... che per un figlio capellone di venti anni figlio del “Sessantotto” non era certamente un complimento da poco!!

Ma l’avventura non era ancora terminata. Alcuni giorni dopo rimettemmo il “Sagittario” nel suo assetto da "navigazione in solitario" e, dopo averlo tirato a lustro, domenica 19 novembre lo portammo al Salone Internazionale della Nautica di Genova in una bella giornata di vento fresco, che ci permise di coprire le 55 miglia tra La Spezia e Genova in meno di 8 ore di navigazione a vela.

Passai il fine settimana del 2 e 3 dicembre a Genova a bordo del “Sagittario” che, nel frattempo, era stato tirato in secco e, completamente armato con le vele a riva, faceva bella mostra di sé su di un’insellatura fuori del padiglione G del Salone Nautico, con tanto di passerella per i visitatori che facevano la fila per vedere l’interno della famosa barca che aveva partecipato alla regata transatlantica in solitario. Molte visitatrici del Salone mi chiedevano spiegazioni e informazioni sulla barca e io, come ogni marinaio che si rispetti, raccontavo un sacco di balle, come di "quella volta che...".

 

(tratto da libro "Da solo nel relitto" di M. Polacchini, Magenes Editoriale, Milano 2009)

 

PS Sono passati quasi quarant'anni da allora, ma... il ricordo di quella traversata nel Tirreno resta ancora tra i miei ricordi più belli... :s01:

 

mki25f.jpg

Il Sagittario nel mare in tempesta

 

2cf4cbb.jpg

Piano velico del Sagittario

 

1znbok0.jpg

Sotto spinnaker, in una bella giornata di sole

Modificato da Marpola
Link al commento
Condividi su altri siti

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Visitatore
Rispondi a questa discussione...

×   Hai incollato il contenuto con la formattazione.   Rimuovi formattazione

  Sono ammessi al massimo solo 75 emoticon.

×   Il tuo link è stato automaticamente aggiunto.   Mostrare solo il link di collegamento?

×   Il tuo precedente contenuto è stato ripristinato.   Pulisci l'editor

×   Non è possibile incollare direttamente le immagini. Caricare o inserire immagini da URL.

Caricamento...
  • Statistiche forum

    • Discussioni Totali
      45k
    • Messaggi Totali
      521,7k
×
×
  • Crea Nuovo...