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Mettersi Alla "cappa"


Anteo

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Mettersi alla cappa, già nel parlarne, mi immagino dei velieri che lottano per sopravvivere alla tempesta.

Conosco il significato dell'operazione, però mi sfuggono alcuni particolari e mi piacerebbe avere dei chiarimenti.

Sembra che si possa fare con: a secco di vele, o con una certa velatura.

Non capisco come si possa fare senza vele.

Inoltre chiedo lumi anche sulla zona tranquilla (remora)

Grazie, buona domenica da una Firenze con il "cappotto"

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  • 1 month later...

Anche se il post è un po vecchio provo a risponderti io. :s10:

 

Dunque manovrare alla cappa, è una particolare manovra che si effettua in casi di cattivo tempo e mare, con un vento magari abbastanza forte da poter compromettere velatura, albero e perchè no, scafo. Si fa in condizioni molto brutte, quando si è magari in alto mare e si preferisce aspettare che il tempo migliori per poi tornare in navigazione.

Di solito viene fatta in questo modo: si riduce la velatura al minimo cercando di prendere il vento a proravia del traverso, così facendo le vele non "lavoreranno" completamente, la barca si sposterà quindi di pochissimo in avanti, ma scarroccerà notevolmente. Ricordiamoci che con la cappa si vuole cercare, come appunto dicevo prima, di proteggere l'imbarcazione: la barca scarrocciando lascerà sopravvento la sua scia (appunto la rèmora) che la protegge da eventuali ondate "violente", la rèmora non è altro che una zona "calma" di mare dove anche le onde più "cattive" si trasformano in mare morto o in un onda lunga, quindi senza provocare danni.

La cappa secca invece, è un altro tipo di manovra, la si effettua quando vento e mare sono troppi forti e allora si ha paura di riportare gravissimi danni all'albero e alla velatura, e quindi si ammainano completamente le vele, si mette la barca di traverso alle onde e vento, si lega la barra del timone sottovento in modo che la barca tende ad orzare, quindi ad andare verso il vento. Il vento e il mare (onde) tenderanno a far poggiare la barca, il timone al contrario tenderà ad orzare, quindi la barca rimarrà più o meno in equilibrio.

 

Ovviamente in entrambi i modi, ma in particolare nel secondo, si avrà moltissimo scarroccio, e di conseguenza si rischierà di andare fuori rotta di parecchio, ora è vero che se siamo in mare aperto, in una lunga traversata, la cosa è relativa, ma quando magari dobbiamo rimanere in una certa zona, vengono in nostro aiuto le ancore galleggianti, che hanno appunto il dovere di far diminuire lo scarroccio. :s20:

 

Un mio piccolo parere personale, questa manovra veniva effettuata molto dai velieri o cmq da grandi navi a vela, quando dovevano effettuare lunghe traversate e dovevano mantenere intatte le alberature, sartiame, velature, scafo ecc ecc (si pensi alle navi della Compagnia delle Indie, che stavano in mare per mesi interi). Oggi con le moderne barche a vela, dotate la maggior parte di motori entrobordo, in cattive condizioni si ammainano le vele e si va di motore. E' inutile stare ad aspettare in mezzo al mare fino a quando non calma la tempesta. Personalmente (e sono 20 anni che vado in barca a vela) nel mar tirreno e mari ligure, non ho mai navigato alla cappa.

Viene invece molto utilizzata nelle traversate oceaniche, dove il vento può toccare i 50 nodi ( !!! ) e le onde possono arrivare fino a 10 mt di altezza... :s45: :s45: :s45:

 

Spero di aver risolto i tuoi dubbi, anche se un po in ritardo... :s10:

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Il bello è che anch'io ringrazio Dimitri per la chiara (perfino per me) spiegazione.

E così ho capito l'origine , o meglio la continuità, dell'espressiione "avere delle rèmore" (cioè indugi, esitazioni): rèmora in latino è un'esitazione: le onde incontrando la rémora "esitano, ritardano" la loro azione.... da lì all'espressione metaforica è un passo...pardon, una bracciata...

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Sulle derive è un'operazione molto comune, quasi un'andatura a pieno titolo. Ci si mette alla cappa virando, ma senza mollare il fiocco che così resterà a collo, ovvero bloccato sul lato sopravvento, non portando più e neutralizzando anche una buona metà della randa. Il fiocco a collo spinge la barca alla poggia, ovvero ad allontanarsi dalla direzione del vento, e per questo il timone va tenuto tutto all'orza.

Di solito la barca alla cappa mantiene una caratteristica andatura ondivaga: tende a poggiare sotto la spinta del fiocco, cosicché la parte alta della randa torna a portare. Questo fa riprendere un poco di velocità, ma subito il timone tutto all'orza respinge la barca controvento, fin quando il fiocco non la rimanda alla poggia, e si riprende per un altro stacchetto. Naturalmente tutta questa spinta non sfruttabile per l'avanzamento (perché il fiocco e la randa agiscono come un muro, non sviluppano portanza) si traduce in altrettanto scarroccio: ci si illude che stando alla cappa si possa stare fermi, in realtà si viaggia eccome.

Di solito ci si mette alla cappa quando c'è bisogno di un momento di tranquillità a bordo, per riposare fra due regate o per le piccole riparazioni eventuali, ma la spinta del vento e la penna della randa sempre in portanza fanno sì che la barca debba comunque essere in parte equilibrata dal peso dell'equipaggio, e se il vento aumenta oltre i 20 nodi è anche inutile tentare, si otterrebbe solo di mettersi la barca per cappello.

Mettersi alla cappa è un atto naturale, è ciò che fanno non intenzionalmente tutti gli allievi ad ogni virata per due settimane almeno, in quanto basta virare senza mollare il fiocco: restarci però richiede un poco di tatto da parte del timoniere che non deve mandare la barra all'orza subito dopo la virata: la velocità residua della barca la farebbe rivirare. Deve così aspettare che la barca abbia rallentato abbastanza e che il fiocco cominci a spingere la barca alla poggia.

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Sulle derive è un'operazione molto comune, quasi un'andatura a pieno titolo. Ci si mette alla cappa virando, ma senza mollare il fiocco che così resterà a collo, ovvero bloccato sul lato sopravvento, non portando più e neutralizzando anche una buona metà della randa. Il fiocco a collo spinge la barca alla poggia, ovvero ad allontanarsi dalla direzione del vento, e per questo il timone va tenuto tutto all'orza.

ehhh, già...ovvio.

 

Di solito la barca alla cappa mantiene una caratteristica andatura ondivaga: tende a poggiare sotto la spinta del fiocco, cosicché la parte alta della randa torna a portare. Questo fa riprendere un poco di velocità, ma subito il timone tutto all'orza respinge la barca controvento, fin quando il fiocco non la rimanda alla poggia, e si riprende per un altro stacchetto. Naturalmente tutta questa spinta non sfruttabile per l'avanzamento (perché il fiocco e la randa agiscono come un muro, non sviluppano portanza) si traduce in altrettanto scarroccio: ci si illude che stando alla cappa si possa stare fermi, in realtà si viaggia eccome.
No me lo dica...quante illusioni....

 

 

Di solito ci si mette alla cappa quando c'è bisogno di un momento di tranquillità a bordo, per riposare fra due regate o per le piccole riparazioni eventuali, ma la spinta del vento e la penna della randa sempre in portanza fanno sì che la barca debba comunque essere in parte equilibrata dal peso dell'equipaggio, e se il vento aumenta oltre i 20 nodi è anche inutile tentare, si otterrebbe solo di mettersi la barca per cappello.

Mettersi alla cappa è un atto naturale,

lo faccio sempre anche io.

 

 

è ciò che fanno non intenzionalmente tutti gli allievi ad ogni virata per due settimane almeno, in quanto basta virare senza mollare il fiocco: restarci però richiede un poco di tatto da parte del timoniere che non deve mandare la barra all'orza subito dopo la virata: la velocità residua della barca la farebbe rivirare. Deve così aspettare che la barca abbia rallentato abbastanza e che il fiocco cominci a spingere la barca alla poggia.

 

Però io c'avevo capito di più da Dimitri....

(intendiuamoci: non ho alcuna intenzione di veleggiare sul serio!)

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E' che in fondo, Signora, la cappa delle derive è come la vita: pensiamo di andare avanti, mentre andiamo per traverso, col vento dritto sul muso o troppo favorevole, e quando invece vorremmo stare fermi per cogliere l'occasione si cammina, in un attimo ci si ritrova ad un chilometro dalla linea di partenza e quando danno i cinque minuti (il preavviso prima di una partenza: alle giurie prendono spesso i cinque minuti) è troppo tardi per recuperare e tornare sulla linea, si fa bolina durissima sacramentando ma non serve, si parte ultimi o non si parte del tutto. E basta un colpetto di barra di troppo che ci si mette la baracca a gambalaria.

 

Per esplicitare meglio, che è un peccato lasciare le cose a metà: la cappa per una deriva ha lo scopo di far camminare la barca il meno possibile più che di proteggersi dalla furia degli elementi; per far ciò bisogna che l'azione traente delle vele sia annullata, ed il solo modo per ottenerlo è appunto quello di fare un volontario errore di manovra lasciando di bolina (l'andatura in cui si fa il minimo angolo col vento, quello che permette alle vele di funzionare come ali) il fiocco sul lato sbagliato.

Quando il fiocco è a segno, sul lato della barca opposto a quello da cui proviene il vento, esso agisce come un'ala; se invece resta a collo, sul lato da cui proviene il vento, agisce come un sacco perché cambia l'angolo col quale il vento lo investe. E copre, ovvero toglie il vento, anche una parte della randa, in quanto le sta davanti, facendole arrivare solo correnti d'aria vorticose che non possono generare portanza. Resta a prendere vento pulito e col giusto angolo solo la parte alta della randa libera dall'ombra del fiocco, che quindi genera un poco di trazione verso l'avanti.

La spinta laterale del fiocco tende a volgere la barca, che fa perno sulla deriva, lontano dalla direzione di provenienza del vento, tantopiù che la randa messa in ombra contrasta solo minimamente questa spinta. Ci vuole dunque l'azione contrastante del timone perché la barca resti di bolina, altrimenti andrebbe a poggiare (allontanarsi dal vento) finendo col vento in poppa e poi chissà dove. Dato che la vela spinge a poggiare, il timone deve essere volto ad orzare (andare verso il vento). Appena la barca, poggiando, riprende un poco di velocità per effetto della parte alta della randa che porta, il timone la riporta nella giusta direzione, che è appena appena discosta dal letto del vento.

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sembra difficile Valeria, con tutte queste strane parole... in realtà bastano 10 minuti su una piccola barca a vela perchè si apra un mondo nuovo e affascinante. certo sul forum è un po difficile da realizzare.

 

Lucio, forse una sorta di dizionario semplificato per introdurre queste cose potrebbe essere utile. se, infatti, il concetto di portanza è relativamente conosciuto anche se si tende a non applicarlo alla vela, che la "penna" sia il "triangolino superiore di una vela" potrebbe sfuggire ai non adetti (era un esempio, ovviamente)

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Be', sostanzialmente ho capito. Ovvio che non garantisco affatto di saperlo spiegare ad altri, nè, a dire il vero, garantisco di ricordarlo, ma sostanzialmente ho capito.

Forse, più che un dizionarietto (o ad integrazione di un dizionarietto) sarebbero utili, per chi ha voglia di imparare i nomi, i "disegnini", tipo

 

vele.jpg

 

da http://www.accademiadellavela.it/corso_vela_adv/index.html

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Il bello è che anch'io ringrazio Dimitri per la chiara (perfino per me) spiegazione.

E così ho capito l'origine , o meglio la continuità, dell'espressiione "avere delle rèmore" (cioè indugi, esitazioni): rèmora in latino è un'esitazione: le onde incontrando la rémora "esitano, ritardano" la loro azione.... da lì all'espressione metaforica è un passo...pardon, una bracciata...

 

 

Dice ? No so ... io avrei qualche rèmora ...

 

 

la spinta del vento e la penna della randa sempre in portanza

 

 

Non so che cappa faccia tu, ma, se fai quella che faccio (facevo) io, a portare dovrebbe essere la penna del fiocco, che sta murato "a sacco" (come giustamente dici) ma la cui balumina svergola comunque e quindi finisce per presentarsi correttamente al flusso.

La randa sbatte come uno straccio, prende il vento da tutti i pizzi e si limita a rimbecillire l'equipaggio col fracasso che fa (é questo il motivo per cui di cappa ne facevo poca: dieci minuti di cappa tolgono sei mesi di vita alla tua randa).

Comunque a 20 nodi la cappa la puoi fare, senza metterti la barca per cappello. Anzi: se non la fai a 20 nodi, quando sennò ?

In ogni caso io sono oramai fra quelli a cui prendono (come ancora saggiamente dici) i "cinque minuti". E siccome quelli che stanno in calesse non capiranno mai quelli che viaggiano a piedi (per quanto a piedi abbiano di fatto camminato sino all'altrieri) effettivamente mi gratto la cucuzza ogni volta che vedo qualcuno mettersi alla cappa un quarto d'ora prima della presunta partenza, scarrociare a mezzo miglio sottovento, e tre o quattro minuti dopo l'issata del preparatorio risolversi a compiere l'impresa della vita di di risalire mezzo miglio d'acqua a trentadue nodi d'andatura.

Tuttavia (per darti prova che non ho mai dimenticato di avere arrancato anch'io a piedi) uno dei miei ricordi più nitidi é quello di una regata a Napoli (partenza sotto Casel dell'Ovo, diciotto nodi, mia moglie appesa al trapezio, io alle cinghie e sedere che prendeva portanza surfando sull'onda ), quando, mentre percorrevo a tutta birra la linea per scegliere il lato su cui partire, uno della classe che partiva dopo nell'incrociarmi mi gridò: "Signurì, dovesse servire, i tuoi, con rispetto parlando, sono partiti da tre minuti".

Modificato da marat
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Bè ovviamente io non ho un deriva, ma uno Show 34. Quindi le cosette cambiano un po...Le derive sono molto più frenetiche e per certi versi anche divertenti...Quante scuffiate con il laser... :s68:

 

Quando andiamo a largo, spesso e volentieri, per fare un bagnetto rapido, senza dover togliere le vele, mettiamo a collo il genoa e molliamo la randa, timone sottovento, la barca scarroccerà leggermente ma è possibile fare il bagno in tutta sicurezza...A volte si lega una cima con all'estremità un parabordo, in modo da non star tutti appesi alla scaletta...

Spesso mi diverto a fare i tuffi da prua per rimontare poi a poppa... :s03: :s03: :s03:

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Non so che cappa faccia tu, ma, se fai quella che faccio (facevo) io, a portare dovrebbe essere la penna del fiocco, che sta murato "a sacco" (come giustamente dici) ma la cui balumina svergola comunque e quindi finisce per presentarsi correttamente al flusso.

La randa sbatte come uno straccio, prende il vento da tutti i pizzi e si limita a rimbecillire l'equipaggio col fracasso che fa (é questo il motivo per cui di cappa ne facevo poca: dieci minuti di cappa tolgono sei mesi di vita alla tua randa).

 

Qui in Liguria, prima di togliere un minuto di vita alla randa, si preferisce perdere noialtri sette anni di vita ed il posto in paradiso con le madonne invocate per tener dritta la barca prima di lascare la randa al punto di farla sbattere. Sentiamo le frustate delle vele in bando come se ci staffilassero la carne viva. Le vele ce le dobbiamo passare di generazione in generazione: sto attrezzando il mio gozzo con una randa di Dinghy che avrà pressapoco quarant'anni. E son sicuro che, da qualche parte fra i ravatti di mio padre, ci debba essere una vela latina in fibre naturali che fu già di mio nonno :s03:

Quando non son più buone per le regate, passano alle barche della scuola vela, e su queste sono usate per lustri, fino al punto in cui cominciano a cadere a brandelli; dopo, se ne fanno teli copribarca o tendalini per il sole; praticamente non le buttiamo, si disfano in spiaggia per decomposizione naturale.

 

La nostra cappa si distingue dunque per il fatto che manteniamo la randa a segno quasi come se fossimo di bolina regolare per non farla sbattere: per quello non la si può fare se il vento sale troppo, all'atto della virata introduttiva si otterrebbe la scuffia conclusiva.

 

La mia specialità in partenza era dare i numeri del lotto: raramente riuscivo a prendere il tempo e così, per evitare discussioni ed arronzate, davo il tempo che stimavo corretto dopo aver consultato per finta l'orologio, ma fingendo la massima serietà e concentrazione. Nessuno s'è mai accorto della differenza.

 

Da quando al timone ci sto io, mi limito a girare in tondo sul lato della linea su cui c'è meno gente fino a che non vedo scintillare i canini dei timonieri che cominciano ad abbiaiarsi l'un l'altro, segno che è stato dato l'ultimo minuto: la partenza è una faccenda volgarissima e sanguinosa, credo che un vero sportsman debba lasciarsene coinvolgere il meno possibile.

 

Edit: la censura non mi passa un termine marinaresco :s03:

Modificato da Secondo Marchetti
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