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La Marina Militare Italiana Dal 1971 Al 1980


BUFFOLUTO

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1971÷1980 LE NUOVE COSTRUZIONI

 

Cacciatorpediniere classe “"Audace"”

 

 

 

Dopo l’entrata in servizio delle unità della classe “Impavido”, fu avviato lo studio per una nuova classe di cacciatorpediniere lanciamissili dotati di migliore capacità antisom, rispetto a quella precedente, grazie all’adozione di un ponte di volo ed di un hangar per consentire l’imbarco di elicotteri. Nel programma erano previste quattro unità: Ardito, Audace, Animoso ed Ardimentoso; l’urgenza della costruzione delle prime due, effettuata con bilancio ordinario, fu determinata dalla necessità di sostituire nell’immediato futuro la classe “Impetuoso”, giacché non essendo stata sottoposta ad adeguati lavori di aggiornamento dell’elettronica e dell’armamento, se ne prevedeva l’uscita dal servizio verso la fine degli anni ‘70; la costruzione delle altre due unità, per motivi di bilancio, furono invece rimandate a data da destinarsi.

 

Audace ed Ardito, entrati in servizio rispettivamente nel 1972 e nel 1973, dal punto di vista progettuale e costruttivo erano considerate unità di transizione in quanto derivavano dagli “Impavido” e furono le ultime unità ad essere dotate di apparato motore tradizionale, costituito da quattro caldaie Foster & Wheeler e due gruppi turboriduttori Tosi con una potenta totale di 73.000 hp ed una velocità massima di 33 nodi; i moderni materiali adottati, il tipo di armamento imbarcato e la superiorità tecnologica dell’elettronica imbarcata costituirono, d’altra parte, una nuova base per le costruzioni successive. Il ponte era del tipo flush deck, con accentuato cavallino prodiero, che poi si raccordava gradatamente fino ad estrema poppa; la prora molto slanciata ed elegante era dotata di bulbo di dimensioni moderate; la poppa larga simile a quella della classe “Doria” accoglieva il ponte di volo e la zona sottostante era riservata alle operazioni d’ormeggio; la necessità di armonizzare in maniera più equilibrata le tre capacità: antiaerea, antinave ed antisom, in previsione anche di un futuro miglioramento delle capacità operative delle unità, aveva reso necessario un aumento delle dimensioni e del dislocamento; diverso si presentava quindi, rispetto alla classe “Impavido”, l’aspetto delle sovrastrutture; la parte prodiera era dedicata alle artiglierie di medio calibro in funzione a.a. ed a.n. costituite da due torri singole OTO Melara da 127/54 mm, alle spalle delle quali sorgeva un blocco, costituito dai locali di comando e controllo e gli alloggi principali; fumaiolo prodiero ed albero erano fusi nella configurazione mack, che sosteneva le antenne dei radar di scoperta aeronavale R.C.A. AN/SPS-12 e di navigazione S.M.A. MM/SPQ-2; sul cielo del blocco prodiero trovavano posto la prima delle tre centrali di tiro Selenia Argo NA-10 ed in posizione più sopraelevata l’antenna del sistema Face Standard TACAN (nota 1); un secondo blocco sorgeva nella zona di centro-poppa, che iniziava con il secondo mack, in questo caso di fattura molto simile a quelle delle unità dell’U.S.Navy, costituito da un fumaiolo piuttosto evidente su cui era innestata una mensola con sostegno, per sorreggere l’antenna del radar 3D per la scoperta aerea Hughes AN/SPS-52; a poppavia del secondo fumaiolo, sul cielo della struttura, trovavano posto i due radar guida missili Raytheon AN/SPG-51 e la rampa singola Mk. 13 per il lancio dei missili superficie-aria General Dynamics RIM-24 Tartar, che avevano anche secondaria capacità antinave; immediatamente a poppavia del secondo blocco con un’altezza leggermente superiore c’era l’ampio hangar, che poteva ospitare due elicotteri medi tipo AB-212 oppure un elicottero medio-pesante tipo ASH-3D; il calibro a.a. secondario era costituito da quattro torri singole OTO Melara Compatto da 76/62 mm, sistemate direttamente sul ponte di coperta, appaiate su ciascun lato a mezza nave e asservite da due centrali di tiro Selenia Argo NA-10, collocate ai lati del mack poppiero; la capacità antisommergibile era assicurata dall’adozione di un sonar attivo AF a scafo CWE-610, due impianti trinati per tubi lanciasiluri da 324 mm, due tubi laciasiluri da 533 mm, utilizzabili anche in funzione a.n., collocati all’interno della zona poppiera con i fori di uscita sullo specchio di poppa; naturalmente la migliore garanzia per la difesa antisom era assicurata dalla componente ad ala rotante, costituita da due elicotteri Agusta Bell AB-212ASW oppure da un esemplare dell’ Agusta Sikorsky ASH-3D; in considerazione di quanto precedentemente scritto le due unità avevano ottenuto un sensibile miglioramento delle proprie capacità antinave, grazie alla possibilità di adattare per questa funzione le artiglierie di medio calibro, il sistema missilistico ed i due lanciasiluri da 533 mm, che dopo l’ammodernamento delle due unità negli anni ’80 furono giudicati inutili e quindi rimossi. Nonostante tutto, due furono le critiche mosse nei riguardi delle due unità: la mancanza di un comando, controllo e comunicazioni integrato nel ruolo di guida di un gruppo di scorta d’altura e l’assenza di un idoneo sistema di difesa antinave, basato su missili superficie-superficie; quando le unità entrarono in servizio erano ancora in fase di sperimentazione il sistema Teseo, che fu imbarcato sull’aliscafo Sparviero nel 1974 ed adottato dalle fregate della classe “Lupo” a partire dal 1977.

 

 

 

nota 1: per un breve periodo di tempo sul cacciatorpediniere Ardito fu installata, tra la D.T. NA-10 e il TACAN l’antenna del radar SPQ-5B, denominato “Sarchiapone”; che grazie alla sua elevata sensibilità fu adottata, in relazione al progetto “Sirio”, per la ricezione satellitare nella banda UHF durante la crociera di circumnavigazione del globo effettuata nel 1979-’80 dall’Ardito ed dal Lupo,inquadrati nel6° Gruppo Navale

 

 

 

Glossario:

 

(la decisione d’inserire nella discussione termini tecnici non italiani non è pura ostentazione di conoscenza specifica dell’argomento, ma semplicemente mira a mettere in condizione coloro che iniziano ad interessarsi dell’argomento ad affrontare, con l’aiuto del glossario, una lettura più comprensibile di opere di più alto profilo divulgativo)

 

 

a.n. (anti nave)

 

3D (acronimo per tridimensionale)

 

flush deck (ponte continuo tipico delle unità dell’U.S.Navy)

 

mack (“mast” albero più “stack” gruppo di camini)

 

R.C.A. (Radio Corporation of America)

 

RADAR (RAdio Detecting And Ranging)

 

S.M.A. (Segnalamento Marittimo Aereo)

 

SONAR (SOund Navigation And Ranging)

 

UHF (Ultra High Frequency)

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Caro Marcello

 

complimentandoti per il meraviglioso lavoro che stai portando avanti sulla nostra Marina, una ricompliazione a livello di manuale di rapida consultazione che sopperisce all’ eccessiva frammentazione delle informazioni disponibili ed aiuta a fissare i ricordi per chi come me ha vissuto quell’ epoca e servito la Marina con passione, vorrei aiutarti su alcuni punti specifici, in particolare per le unita’ alla cui progettazione o costruzione ho partecipato

Sebbene alla base di Ardito ed Audace, ci fossero gli impavido, dal punto di vista progettuale e costruttivo si tratto di unita’ completamente nuove, salvo una certa continuita’ per l’ apparato motore, riguardo al quale vorrei entrare in dettaglio

L’ apparato motore deve considerarsi tradizionale, in quanto a vapore, ma assolutamente innovativo relativo al telecomando degli stessi, s le caldaie erano una evoluzione del disegno Foster & Wheeler, ma i due gruppi turboriduttori non erano TOSI ma rispettivamente CNR e d ANSALDO, con una potenza alle prove ben superiore a 73000 HP, con un balzo tecnologico importante rispetto ai turboriduttori TOSI che furono adottati sulle unita’ del primo programma navale,

va anche notato che la Tosi era uscita da tempo dal mercato navale, ed in particolare delle motrici ed era rimasta attiva solo sugli ausiliari, e – anche a seguito di alcuni inconvenienti relativi agli ausiliari – turboventilatori – del Veneto, per gli Audace la partecipazione Tosi fu marginale

 

va ricordato che in sede progettuale bisognava optare per un’ apparato motore di elevata potenza che sopperisse all’ aumento di dislocamento ed unisse elevata affidabilità a consumi ridotti, rapidità di manovra e flessibilità di risposta ad una grande autonomia; il dibattito al riguardo fu accesso, con la Marina che prendeva in considerazione “anche” la soluzione con TAG o mista (valutando le contemporanee e divergenti tendenze inglesi, con apparati misti, e statunitensi con appari “tutto gas”, gli Spruance) e l’ industria nazionale, cantieristica in particolare, che propendeva e premeva, anche con argomenti insoliti e speciosi, per un apparato motore abbastanza tradizionale a vapore. Argomenti insoliti e speciosi perché parte (e solo parte) dell’ industria nazionale disponeva già di licenze e possibilità di sviluppo di AM con turbine a gas (anche senza comprenderne implicazioni e prospettive. La lobby industriale, ed un malinteso senso di assistenzialismo attraverso le commesse militari, portarono cosi all’ adozione di un AM apparentemente tradizionale, con un compromesso di automazione che fu una sfida per l’ epoca (l’ era digitale non era pensabile e tutto fu basato su sistemi pneumatici ed elettrici, con una sofisticazione che solo la preparazione del personale riuscì a sfruttare per i lunghi anni di servizio delle unità). Tutte le componenti, in particolare le caldaie, erano “tirate” al limite, e per le differenze di costruzione (che risaliva alle classi precedenti) l’ affidabilità degli apparati risultò diversa tra le due navi gemelle, con un paragone nettamente favorevole all’ Ardito

 

Non tutti queste esigenze furono soddisfatte completamente, ma la classe fu il miglior compromesso possibile e certamente il picco di sviluppo piú elevato – quasi a livello mondiale- delle unità con AM a vapore e dall’ automazione di tali apparati, a livello di ogni Marina, mirabile come risultati pensando a quanto é durato e quanto, essendo azionato e gestito ad aria compressa, fosee di diffide regolazione e gestione e tanto lontano fosse dall’ era digitale a cui siamo ormai abituati.

 

Certamente l’ Ardito, pur con delle carenze costruttive di piattaforma rispetto all’ Audace (non dimentichiamo che per riuscire a completare l’ allestimento l’ unità si trasferì a la Spezia), alla lunga risultò piú affidabile dell’ Audace grazie alle diverse soluzioni adottate per il suo apparato motore, in particolare per le turbine ed il sistema di comando delle stesse.

va anche ricordato che le unita’ entrarono in servizio utilizzando “bunker leggero” (per chi e’ stato imbracato in quegli anni il famoso e tradizionale Navy twenty point e furono poi convertite a combustibile leggero, combustibile unico per la MMI)

 

Un caro saluto

PELLICANO :s20:

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Ringrazio il Comandate Pellicano per il suo intervento in relazione alle parole di apprezzamento espresse, ma soprattutto per le informazioni fornite, da parte di chi ha avuto la possibilità di vivere direttamente esperienze nella Marina militare; prendo atto dalla sua personale testimonianza per quanto riguarda la fornitura dei turboriduttori per la classe "Audace", pregherei comunque si chiarire meglio cosa intenda per CNR ed Ansaldo, in quanto Ardito ed Audace furono rispettivamente realizzati a Castellammare di Stabia e nei Cantieri del Tirreno Riuniti di Riva Trigoso; non potevo naturalmente fare a meno di controllare la fonte, che attribuiva i turrboriduttori di fornitura Tosi; si tratta del saggio, inserito nella bibliografia di questa discussione, di Michele Cosentino "Lo sviluppo della Marina Militare dal 1945 al 1975", che ritengo di eccezionale rilevanza storica e che rappresenta un importante punto di riferimento.

 

 

 

Marcello Risolo

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Caro Marcello

 

i piu cari saluti e perdonami se ho dato per scontati alcuni passaggi, soprattutto in merito a sigle un po ostiche ed in alcuni casi ormai desuete o dimenticate

 

CNR sta per Cantieri Navali Riuniti, il gruppo nato in ambito IRI dalla crisi che colpi a fine anni 60 il gruppo Piaggio, che aveva in portafoglio i Cantieri del Tirreno e Riuniti, con stabilimenti meccanici e Cantieri a Riva Trigoso, Genova, Palermo ed Ancona. Quella dei CNR e’ una storia poco nota, e brillante per le partecipazioni statali: quello che avrebbe essere il liquidatore di un gruppo in crisi divenne il promotore del rilancio del Gruppo, facendolo diventare il polo dell’ industria vanale (militare) e del “melara Club”: e’ sa sottolineare she sino a quell’ epoca la Marina comprava separatamente la piattaforma (la nave funzionate) ed i sistemi d’ arma, con grandi problemi di integrazione; con la nuova visione si arrivo’ al concetto di “chiavi in mano”, che frutto’ ampi successi di esportazione.

Tra l’ altro a partire dal 1973 il cantiere di Riva Trigoso fu radicalmente ristrutturato, passando al concetto di navi costruite a blocchi preallestiti (le prime furono le Lupo)

Il CNR era un gruppo integrato, in quanto non solo costruiva lo scafo, ma aveva un importante stabilimento meccanico, a Riva Brigoso, che produceva tutti i componenti dell’ apparato motore, Turbine, riduttori, caldaie ed ausiliari.

La catena di produzione era poi facilitata da una logistica che – lavorando lo stabilimento meccanico in testa di scalo – non aveva alcun problema per la consegna e l’ imbarco di grandi componenti, come ad esempio le caldaie (logistica che era uno dei problemi degli altri cantieri)

A fine anni 60/inizi 70 la cantieristica italiana pubblica, controllata dalla finanziaria Fincantieri sub holding dell’ IRI, era pertanto divisa in due gruppi, CNR ed Italcantieri (le difficoltà le lascio solo immaginare)

 

Le due unità in questione furono quindi affidate a due diversi gruppi, portatori in un certo modo due filosofie di costruzione (e soprattutto di montaggio degli AM)

I CNR erano un gruppo integrato, responsabile in toto ed in proprio della piattaforma, mentre l’ Italcantieri, da cui dipendeva il Cantiere di Castellamare (erano tre i cantieri, Trieste, Sestri Ponente e Castellamare, con un quarto sempre in sospeso, il Muggiano, tutti reduci da realta’ e culture diverse, CRDA, Ansaldo, Navalmeccanica) comprava da terzi l’ apparato motore, nel caso specifico l’ AMN, Ansaldo Meccanico Nucleare.

L’ Ansaldo Meccanico Nucleare a sua volta, nato dallo scorporamento di attività del Gruppo Ansaldo, e va notato facente capo ad un’ altra finanziaria IRI, la Finmeccanica, partito con la produzione di apparati motori marini (diesel, a vapore ed anche, come precursore, Turbine a gas) progressivamente si disimpegno’ dal settore navale per dedicarsi a gruppi terrestri (i diesel già dalla fine degli anni 60, l’ Ardito fu l’ ultimo apparato militare, e dopo pochi anni cesso’ anche la produzione di apparati a vapore mercantili).

Per noi appassionati del settore va anche segnalato come uno dei piu’ brillanti ed affidabili progettisti dell’ AMN era Augusto Nani, un nome che fa venire i brividi tra gli “amanti” delle navi..

 

Per venire alle nostre due navi ( a me particolarmente care pecche segnarono una svolta della mia vita, professionale e non) i due apparati motori erano veramente poco simili nelle componenti fondamentali, seguendo una tradizione consolidata che veniva dai precedenti Doria e Duilio, Impavido e Intrepido (il Veneto, esemplare unico, era un “misto”, con forniture principali AMN, ausiliari sia CNR che Tosi, l’ ultima volta in cui la Tosi forni componenti a vapore per navi militari)

 

Mentre i riduttori, del tipo locked-train a doppia riduzione, avevano certe similitudini di progetto (ma profonde differenze per le modalita’ di montaggio e messa a punto, anche in relazione alle linee d’ assi) le turbine principali erano di tipo diverso, ed avevano sistemi totalmente diversi di adduzione del vapore (con alcuni inconvenienti per il tipo CNR) che portarono ad alcuni incidenti a bordo e l’ Audace ad essere protagonista a Tolone di uno speronamento in banchina, molto grave, di una fregata francese.

Gli ausiliari erano invece comuni alle due navi, tutti – per quanto riguarda le turbomacchine – di fornitura CNR.

Anche le caldaie, seppur ambedue sviluppo di licenze Foster Wheeler erano simili ma non identiche tra le due navi, anche se le differenze erano meno marcate .

 

Per non dilungarmi troppo in questa discussione, se fosse di interesse, potremmo poi aprire un topic (e certamente Varo 5 potra’ dire molto dal suo lato…) sulle “Divisioni Navi Militari” , eredi degli antecedenti “uffici Marina Militare” di ambedue i gruppi di cantieri, e sulla loro evoluzione e metodi (.. le descrizioni di varo 5 sono molto colorite, ma vi assicuro profondamente veritiere, soprattutto quanto ricorda la navalmeccanica di Castellamare di Stabia .. un vero luogo di perdizione..)

Non voglio contraddire e mettere in dubbio l’ autorevolezza delle fonti, pero’ esiste piu’ che un’ imprecisione uno scarso approfondimento per quanto riguarda gli AM del saggio, inserito nella bibliografia di questa discussione, "Lo sviluppo della Marina Militare dal 1945 al 1975", ma sono partecipe e diretto testimone di una realtà un po’ diversa, ovviamente per quanto riguarda questi particolari.

PELLICANO

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Ringrazio il mio omonimo per le belle foto delle "mie navi": Corsaro II e Stella Polare.

Ricordi bellissimi mi legano a quelle unità.

 

Se trovi altre foto ne sarò felice.

Grazie!

Marcello Polacchini

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1971-1980 LE NUOVE COSTRUZIONI

 

Fregate lanciamissili classe "Lupo"

 

Fin da tempi remoti l'artiglieria fu utilizzata allorché si rese necessario armare le navi mercantili per difendersi dalla pirateria ed,

in caso di conflitto, dall'attacco delle navi nemiche; il progresso tecnologico consentì di realizzare tra il XIX ed il XX secolo armi

sempre più efficienti e sofisticate, in virtù della circostanza che in definitiva l'artiglieria navale era l'unico tipo di armamento dell'epoca

valido e disponibile con funzioni offensive e difensive.

L'introduzione del siluro come arma di offesa portò una sostanziale novità nella guerra navale; la capacità di questo nuovo ordigno bellico

fu particolarmente sfruttata dai primi MAS italiani e dai sommergibili tedeschi nel corso della prima guerra mondiale, mentre nel secondo

conflitto mondiale divenne un'arma micidiale, sganciata ed indirizzata verso il bersaglio da aerei particolarmente attrezzati, gli aerosiluranti;

in conseguenza di questi positivi risultati fu abbastanza logico adottare anche le unità di superficie di tubi lanciasiluri; c'è comunque da notare

che i successi ottenuti dalle piccole e veloci unità siluranti, dai sommergibili e dagli aerosiluranti non si ebbero con le navi di superficie con

compiti di squadra, per cui l'imbarco di tali armi sulle grandi navi finì per rappresentare esclusivamente un valido deterrente, in quanto sebbene

un solo siluro non fosse in grado di affondare una nave da battaglia o un incrociatore, un unico lancio andato a segno poteva determinare

danni tali da penalizzare la velocità ed il governo della nave colpita; in considerazione di quanto detto quindi l'artiglieria era considerata

il dispositivo antinavale principale fino all'inizio della seconda guerra mondiale, durante la quale però, soprattutto nel corso delle battaglie

navali in Pacifico, si verificò senz'ombra di dubbio che la supremazia delle navi da battaglia fu surclassata dalle portaerei, che grazie

all'impiego degli aerei imbarcati, potevano aggredire la formazione navale avversaria a novole distanza rispetto alla gittata dei grossi calibri.

L'esperienza bellica ebbe un effetto indiscutibile sul futuro delle unità da guerra a partire dagli anni '50; venne a mancare la necessità delle

artiglierie di grosso e medio calibro, eccetto per necessità legate al tiro controcosta, e si affermò, in seguito al progresso tecnologico in materia

di automatismo di caricamento e tiro, l'artiglieria di medio e piccolo calibro con prevalente funzione antiaerea.

Il notevole sviluppo della minaccia offerta dalle unità subacquee e dai veloci aerei a reazione, aveva determinato una particolare attenzione

nella capacità antisom ed antiaerea di tutte le nuove unità della Marina italiana, trascurando la difesa antinave, perché affidata esclusivamente

alla dotazione aerea presente a bordo di portaerei; in questo contesto s'inserì la polemica nei riguardi degli incrociatori Doria, Duilio e

Vittorio Veneto, per la loro scarsa propensione offensiva verso unità di superficie e solamente dopo l'affondamento del cacciatorpediniere israeliano

Eilat, da parte di un'unità egiziana classe "Komar" di costruzione sovietica, fu chiaro che si rendeva necessario perseguire l'unica strada

idonea per la risoluzione del problema, ossia l'impiego di missili superficie-superficie.

La progettazione e la realizzazione delle fregate della classe "Lupo" (Lupo, Sagittario, Perseo, Orsa), che pare inizialmente fossero state classificate

cacciatorpediniere per la loro spiccata capacità antinave, fu sottoposta alle sollecitazione di tre diverse esigenze: quella di natura economica a causa

della criticità del bilancio di quel periodo; l'urgenza di colmare il vuoto con unità dotate di capacità antinave e la necessità di dotarsi di un idoneo

sistema missilistico a medio raggio superficie-superficie; tutte le esigenze furono brillantemente risolte ed in particolare il bilancio ordinario, in attesa

dell'approvazione della Legge Navale per il finanziamento straordinario decennale 1975-1984, fu interamente riservato alle esigenze prioritarie

della Marina Militare, che oltre al miglioramento economico per il personale erano costituite dalla realizzazione di due cacciatorpediniere classe "Audace",

quattro fregate classe "Lupo", due sommergibili classe "Sauro", l'aliscafo Sparviero, il rifornitore di squadra Stromboli, la nave idrografica

Ammiraglio Magnaghi, una serie di navi cisterna e rimorchiatori portuali.

Il Lupo entrò in servizio nel 1977, il Sagittario nel 1978 e Perseo ed Orsa nel 1980; il progetto delle unità fu affidato ai tecnici dei CNR, che erano

vincolati da una serie di specifiche richieste della Marina militare: dimensioni e dislocamento limitato; ottima tenuta al mare; alta manovrabilità; elevato

standard di abitabilità; elevata velocità massima; elevata autonomia ad andatura di crociera; prevalente armamento antinave; alta tecnologia elettronica,

con eccellenti capacità di autodifesa in qualsiasi condizioni di tempo. Disclocamento, dimensioni e forma dello scafo risultarono molto simili alle precedenti

unità della classe "Alpino", da cui le nuove unità derivavano; la tenuta al mare fu migliorata adottando una prora più alta e più slanciata e bulbo prodiero

di dimensioni ridotte; la continuità del ponte di coperta, tipo flush deck, dotato di accentuato cavallino, era interrotta da una estesa tuga, che copriva

tutta la larghezza dello scafo, per poi terminare con uno specchio di poppa piuttosto largo; la tuga era sormontata da un blocco prodiero costituito dalla plancia,

la C.O.C. e sormontato da un albero di trinchetto per il sostegno dell'antenna del radar di scoperta di supeficie ed aerei a bassa quota SMA MM/SPQ-2F

in banda X associato all'interrogatore IFF MM/UPC-718; sul cielo della plancia trovava posto la Direzione di tiro Selenia SPG-70 con centrale

Argo NA 10 Mod. 2 e radar Orion RTN 10X per il calibro principale e per il sistema missilistico Sea Sparrow; su di un trespolo metallico in posizione

elevata era sistemata l'antenna del radar di navigazione SMA MM/SPN 703; il secondo blocco, collegato con il primo tramite una tughetta, accoglieva il sistema

di presa d'aria dell'apparato motore ed un vistoso ed ampio fumaiolo di forma squadrata, a proravia del quale era montato un albero di sostegno

(all'inizio il Lupo ne era sprovvisto) per l'antenna OA-3 del radar di scoperta aeronavale Selenia MM/SPS-774 (RAN-10S), che aveva una

portata di circa 150 Km; a poppavia del fumaiolo trovavano collocazione, uno su ciascun lato, due radar di direzione del tiro Selenia SPG-74 con centrale

Argo NA 20 e radar Orion RTN 20X per il sistema CIWS Breda Dardo; sul cielo del secondo blocco trovavano posto un'antenna HF,

il radar guida missili Raytheon Mk. 95 ed infine il lanciatore ad otto celle per i missili superficie-aria NATO Sea Sparrow, che rappresentava

il sistema principale per il contrasto aereo lontano; alle spalle del secondo blocco c'era l'hangar di tipo telescopico a due sezioni; a differenza della classe

"Alpino", il cui ponte di volo era in posizione sopraelevato, su queste unità era costituito dalla parte finale del ponte di coperta, costituita da un'area

rettangolare di circa 24x10 metri.

La capacità antinave delle unità era affidata a otto lanciatori singoli per missili superficie-superficie OTOMAT Mk. 1; le celle di lancio trovavano

collocazione in posizione simmetrica sulle due fiancate; quattro sistemate sulla tuga del primo blocco; le altre quattro su apposite mense ai lati

del secondo blocco; con la realizzazione della classe "Lupo" fu modificata la tipologia dell'artiglieria in quanto fu adottato un calibro principale,

costituito da una singola torre, in posizione prodiera da 127/54 mm OTO Melara in funzione antiaerea e con migliore capacità antinave

rispetto al 76/62 mm; furono reimbarcate le mitragliere, che erano state bandite sulle unità in costruzione negli anni '60 a causa della scarsa capacità

antiaerea delle vecchie Breda-Bofors; la scelta cadde sull'impianto binato da 40/70 mm Breda integrato nel sistema di difesa CIWS Dardo;

i due complessi binati adottati furono posizionati direttamente lungo il ponte di coperta subito dopo i due lanciatori poppieri OTOMAT; con una

cadenza di tiro per canna di circa 300 colpi al minuto, furono preferite alle torrette Oerlikon-OTO da 35/90 mm con cadenza di tiro per canna di circa 550

colpi al minuto, per il minor peso (5 t contro le 8 t delle Oerlikon-OTO), per la maggiore gittata (12 Km contro gli 8 Km) e per il costo inferiore;

il sistema missilistico supeficie-aria adottato fu il NATO Sea-Sparrow , al cui programma di sviluppo l'Italia aveva dato la propria disponibilità; questa fu

la ragione perché fu preferito al sistema Albatros, di progettazione italiana, già disponibile ed imbarcato sulle unità classe "Lupo" destinate al mercato estero;

i due lanciarazzi Breda da 105 mm per chaff, integrati nel sistema SCLAR erano posizionati simmetricamente sulla tuga prodiera ai lati del primo blocco;

l'armamento e le apparecchiature per la lotta antisommergibili erano esclusivamente destinate per la propria difesa dalla minaccia subacquea: due impianti trinati

Mk. 32 da 324 mm per il lancio di siluri filoguidati e guida acustica attiva/passiva sistemati su ciascun lato al termine della tuga centrale;

il sonar a scafo Raytheon TE 1160 B.

Le unità erano dotate di TCS Selenia IPN 20, che aveva il compito di visualizzare la situazione tattica e controllare e coordinare i vari sistemi d'arma

e le informazioni ricevute da tutti i sensori; in merito alla loro vocazione antinave, la presenza a bordo dell'elicottero per le unità destinate alla Marina italiana

non era prevista; considerando comunque la valutazione del progetto per quelle proposte per il mercato estero, ci fu un ripensamento da parte della

Marina militare, che considerò utile l'impiego di un vettore sia in funzione ASW sia in quella AsuW, con la possibilità, di poter dirigere e controllare,

dopo il lancio, i missili lungo la curvatura terrestre; la tipologia dell'hangar adottato per la classe "Lupo" era diversa dalle unità costruite per Perù e

Venezuela; le unità italiane adottarono la soluzione telescopica mentre le altre avevano hangar fisso; nel secondo caso il vantaggio di poter ottenere

migliori benefici per la componente elicotteristica, con l'utilizzo di ponte di volo più ampio, si contrapponeva allo svantaggio di non poter ricaricare

il lanciatore del sistema Albatros, che poteva utilizzare solo i missili contenuti nelle otto celle.

Per la propulsione le unità adottavano il sistema CODOG, costituito da due TAG FIAT/G.E. LM 2500 con una potenza complessiva di 50.000 hp,

due diesel GMT A 2320 SS da 7.800 hp totali; quattro gruppi elettrogeni GMT 236 SS generavano circa 3.000 Kw di potenza elettrica;

erano dotate di due assi con eliche LIPS a passo variabile e reversibile; le prestazioni consentivano una velocità massima di oltre 35 nodi e

quella massima continuativa di circa 30 nodi; con i soli diesel la velocità massima consentita era di 21/22 nodi; autonomia di 5.500 miglia a 16 nodi;

l'equipaggio poteva variare da 185 a 205 effettivi, con la possibilità di poter operare per breve periodi su due turni con una forza di soli 134 uomini.

Non si può concludere con la classe "Lupo" senza accennare al successo che le unità guadagnarono sul mercato estero; prima ancora che la prima

unità italiana costruita fosse in grado di dimostrare la validità del progetto, Perù, Venezuela ed Iraq avevano ordinato in totale 14 unità, dimostrando

la fiducia nei riguardi della cantieristica italiana, ma soprattutto consapevoli dell'urgenza di poter disporre nel più breve tempo possibile di unità navi

valide contro la minaccia di unità di superficie.

 

Glossario:

(la decisione d'inserire nella discussione termini tecnici non italiani non è pura ostentazione di conoscenza specifica dell'argomento,

ma semplicemente mira a mettere in condizione coloro che iniziano ad interessarsi dell'argomento ad affrontare, con l'aiuto del glossario,

una lettura più comprensibile di opere di più alto profilo divulgativo)

 

ASW (Anti Submarine Warfare)

 

ASuW (Anti Surface Warfare)

 

Chaff (crusca) è una contromisura per confondere i radar avversari; rappresenta una tecnica EA (Electronic Attack) passiva.

 

CIWS (Close In Weapon System) in italiano difesa del punto rappresenta un sistema per la difesa antiaerea ed antimissile

in grado di assicurare l'ingaggio e la distruzione del missile nei suoi ultimi secondi di volo, nel caso abbia superato il sistema di difesa a grande distanza.

 

CNR (Cantieri Navali Riuniti) il gruppo nato in ambito IRI dalla crisi che colpi a fine anni 60 il gruppo Piaggio, che aveva in portafoglio

i Cantieri del Tirreno e Riuniti, con stabilimenti meccanici e Cantieri a Riva Trigoso, Genova, Palermo ed Ancona.

 

C.O.C. (Centrale Operativa di Combattimento)

 

CODOG (Combined Diesel Or Gas)

 

flush deck (ponte continuo tipico delle unità dell'U.S.Navy)

 

GMT (Grandi Motori Trieste)

 

HF (High Frequency)

 

IFF (Identification Friend or Foe) Identificazione Amico o Nemico

 

LIPS Società costruttrice di eliche navali

 

OTOMAT (OTO Matra) consorzio italo-francese

 

TAG (Turbina A Gas)

 

TCS (Tactical Control System) apparato di controllo e visualizzazione della situazione tattica.

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1971-1980 LE NUOVE COSTRUZIONI

 

Fregate lanciamissili classe "Lupo"

 

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Le immagini della collezione di Stefano Cioglia, che ringrazio sempre con calore

per la sua gentile collaborazione, mettono bene in evidenza la diversità del progetto

tra le unità italiane e quelle estere; si possono anche apprezzare alcune differenti

esistenti tra le fregate peruviane e quelle venezuelane.

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1971-1980 LE NUOVE COSTRUZIONI

 

Sommergibili classe “Sauro” 1ª serie

 

Nazario Sauro 518

 

cantiere: Italcantieri - Monfalcone

impostazione: 26 giugno 1974

varo: 9 ottobre 1976

consegna M.M.: 1 marzo 1980 (fonte Turrini: 12 novembre 1980)

riserva: 1 gennaio 2001

disarmo: 30 aprile 2002

radiazione:

motto: “Per undas ad victoriam”

 

Carlo Fecia di Cossato 519

 

cantiere: Italcantieri - Monfalcone

impostazione: 15 luglio 1976 (fonte Turrini: 15 novembre 1975)

varo: 16 novembre 1977

consegna M.M.: 1 marzo 1980 (fonte Turrini: 5 novembre 1979)

disarmo:

radiazione:

motto: “Nobis ardua”

 

 

I sommergibili della classe “Sauro” sono battelli a semplice scafo con casse di zavorra sistemate all’estrema prora e all’ estrema

poppa e cassa emersione nella falsa torre; per la realizzazione dello scafo resistente fu scelto l’ HY 80, un acciaio studiato negli

Stati Uniti appositamente per gli scafi di sommergibili destinati ad operare ad alte profondità; la sigla HY 80 significa High Yield

80.000 libbre su pollice quadrato, che in misure italiane corrisponde ad acciaio ad elevato snervamento (56 Kg/mm2), mentre lo

scafo leggero è stato realizzato in Fe 52.

L’ impianto oleodinamico è stato progettato dalla ditta Calzoni, che ha ideato degli alberi telescopici per il sollevamento delle antenne

(radar, ESM, periscopi e Snorkel), non passanti cioè all’ interno dello scafo resistente.

L’ impianto di condizionamento è costituito essenzialmente da due centrali frigorifere a Freon 12 per una potenza complessiva di 130.000 frigorie/ora.

L’ impianto di rigenerazione ha la funzione di mantenere nei locali abitati del battello una concentrazione di CO² non superiore all’ 1%;

a tale scopo è stato installato un impianto a perossido di potassio (KO²), che è in grado di assorbire la CO² e di erogare in proporzione

praticamente corrispondenti alla CO² emessa dalla respirazione dell’equipaggio ed allo assorbito dalla respirazione.

L’acqua di zavorra è contenuta in due casse zavorra prodiere, due poppiere e nella cassa emersione; inoltre esiste la cassa snorkel che

corrisponde alla cassa di rapida immersione dei vecchi sommergibili: questa deve essere normalmente vuota e viene allagata temporaneamente

durante la manovra di disimpegno rapido; la verifica dell’eccellente manovrabilità dei primi due battelli ha indotto la Marina Militare a

dimezzare la capacità della cassa sui due battelli della seconda serie e sulla terza serie sarà completamente eliminata in quanto è stato

dimostrato che con il semplice appruamento ed incremento di velocità si ottiene una rapida variazione di quota.

L’ apparato motore è costituito da tre gruppi diesel-generatori, una batteria di accumulatori, un motore elettrico di propulsione, una linea d’assi,

un complesso di quadri di manovra, un quadro di controllo diesel, un impianto snorkel.

GRUPPI DIESEL-GENERATORI: i tre diesel sono del tipo GMT 210.16 NM, a quattro tempi, semplice effetto, aspirazione naturale.

Ciascun motore ha 16 cilindri a V (50°) ed eroga una potenza continuativa di 720 KW.

BATTERIA DI ACCUMULATORI: è composta da 296 accumulatori al piombo ad elevata capacità suddivisi in due sottobatterie di 148 elementi ciascuna.

Le due sottobatterie sono sistemate in due locali separati a prora e a poppa della camera di manovra.

MOTORE ELETTRICO DI PROPULSIONE: si tratta di un motore a corrente continua, a doppio indotto, costruito dalla Marelli, che comanda

direttamente l’ asse dell’ elica e può essere alimentato dalle due sottobatterie in immersione oppure da una o più dinamo durante la

navigazione a snorkel o in superficie ed è in grado di assorbire una potenza massima continua di 2.400 Kw

LINEA D’ASSI: è costituita da un albero portaelica in acciaio fucinato, da un cuscinetto reggispinta tipo Michell e da un giunto smorzatore

tipo Vulcan; l’ elica è costruita in Sonoston (materiale con elevate capacità insonorizzanti) che ha sette pale con una forma particolare

definita “adatta alla scia” ( con questa forma si riducono al massimo possibile le vibrazioni delle pale).

IMPIANTO SNORKEL: quest’ impianto è uno dei più qualificanti dei sommergibili “Sauro”; esso si compone di due impianti distinti:

uno di scarico ed uno di aspirazione; l’impianto di scarico è del tipo tradizionale e consta di due valvole denominate “A” e “B” applicate

direttamente allo scafo resistente e di un collettore che convoglia i gas di scarico fino alla parte superiore della falsa torre; in cima al

collettore è sistemato un diffusore che ha la funzione di disperdere il gas di scarico sotto la superficie e quindi di minimizzare la possibilità

che il sommergibile venga localizzato dal bollore prodotto tradizionalmente dai gas di scarico.

L’impianto di aspirazione, più sofisticato e meno tradizionale, è costituito da una canna telescopica che viene alzata durante i preparativi

per la navigazione a snorkel; alla cima della canna di aspirazione è applicata la classica valvola di testa che si chiude automaticamente

quando l’onda la investe; la valvola di testa è uno dei punti deboli del sommergibile a propulsione convenzionale, perché è radarabile

nonostante tutti gli accorgimenti inventati, come ad esempio i rivestimenti a mezzo di speciali pitture; il pericolo non è tanto sensibile

durante la navigazione con mare calmo in quanto il sommergibile può mantenere una quota perfettamente regolata tale da far sporgere

il minimo bersaglio e neppure con mare grosso in quanto il radar viene disturbato da molti falsi echi; il pericolo è particolarmente sensibile

con “mare lungo” e con forza 2-3; in questo caso la quota deve essere regolata in funzione della cresta dell’onda, ma quando passa il cavo,

la parte esposta, e quindi radarabile, della canna diventa notevole (la canna esposta può superare il metro d’altezza); il problema è stato

affrontato dalla Calzoni in collaborazione con la Marina Militare. mediante l’adozione di una testa snorkel definita “fluttuante” che si adatta

all’onda lunga del mare; essa ha un’escursione massima di circa un metro: sulla sua estremità prodiera è stato sistemato un particolare

sensore sensibile al livello dell’acqua, che è tarato per restare semibagnato; per cui se l’onda tende a sommergerlo allora esso comanda

un circuito oleodinamico che fa sollevare la testa fluttuante alla ricerca della posizione ottimale; viceversa se l’onda cala, il sensore si sente

asciutto e comanda lo stesso circuito, questa volta in discesa, per riportare la testa nelle condizioni ideali.

SOTTOSISTEMA RADAR/10C: è composto dai seguenti impianti: radar SMA MM/BPS-704 dotato di antenna montata su albero telescopico;

un impianto trasponditore, un impianto di navigazione e tracciamento SACTIS della SMA-Datamat connesso ai principali sensori di bordo ed

adatto a svolgere le funzioni di navigazione, tracciamento, designazione, rappresentazione radar, tracciamento raggi sonori e previsioni delle

portate acustiche; due periscopi Kollmorgen (sui primi quattro battelli i periscopi erano della Barr & Stroud) dei quali uno di esplorazione e

l’altro di attacco; il periscopio di esplorazione sarà dotato di antenna ESM di allarme, di sestante periscopico, di tubo di intensificazione di luce,

di adattamento per la ripresa fotografica e televisiva, di antenna ricetrasmittente radio; il periscopio di attacco sarà invece essenzialmente

un’antenna ottica e sarà dotato di intensificatore di luce, di misuratore di distanza a laser e di adattamento per la ripresa fotografica e televisiva.

SOTTOSISTEMA GUERRA ELETTRONICA: è costituito da un impianto ESM della Elettronica S.p.A. tipo MM/BLD 727 capace di ricevere ed analizzare

emissioni radar; l’impianto è dotato di antenna montata su apposito albero telescopico e di antenna omnidirezionale montata sulla sommità

del periscopio di esplorazione.

SOTTOSISTEMA DI SCOPERTA E COMUNICAZIONI SUBACQUEE: è composto dai seguenti impianti: un complesso integrato di sensori elettroacustici

tipo IPD/70-S della USEA in grado di svolgere le seguenti funzioni: scoperta e localizzazione passiva (idrofono), scoperta e localizzazione

(ecogoniometro), intercettazione segnali ecg, comunicazioni telefoniche subacquee in fonia e grafia; un impianto bativelocigrafo tipo AN/BQH-IB

per la misura della velocità nell’acqua; un impianto telefonico subacqueo di emergenza; impianto risponditore acustico per sommergibili sinistrati;

un impianto rivelatore di rumore proprio e di cavitazione; impianto misuratore passivo di distanza.

SOTTOSISTEMA DATI NAVE: è composto da: un impianto di girobussole gemelle; un impianto solcometro; impianto ecoscandaglio.

SOTTOSISTEMA TLC DELLA ELMER: è composto dai seguenti impianti: un impianto ricevitore HF; impianto ricevente VLF/MF/HF; impianto ricetrasmittente HF;

impianto ricetrasmittente VHF/UHF; un impianto di centralizzazione; impianto di radionavigazione Omega Transit che ha lo scopo di calcolare e rappresentare

automaticamente la posizione geografica dell’unità mediante l’elaborazione dei segnali provenienti da satelliti Transit e dai segnali Omega.

ANTENNE: due antenne a stilo tubolare ricetrasmittenti; un’antenna a stilo ricevente; un’antenna UHF/IFF; un’antenna Loop VLF

(estratto dell’articolo dell’allora C.F. (G.N.) Alessandro Turrini sulla Rivista Defence Today n° 75-76)

 

Il programma sviluppato negli anni ’70, nacque come nuova alternativa al proseguimento della classe “Toti”, che comportò la progettazione completa

di un nuovo tipo di battello di dimensioni e dislocamento maggiori e con caratteristiche innovative tali da rendere questa classe di unità eccellentemente

riuscita; a parte le dimensioni, le principali differenze rispetto ai precedenti “Toti” sono le seguenti: l’utilizzo per lo scafo resistente dell’acciaio HY 80,

in modo da consentire una profondità operativa di 300 m con coefficiente di sicurezza 2; l’inserimento del trasduttore del sonar nella parte prodiera

dello scafo leggero; l’adozione di un elica a 7 pale con forma particolare per diminuire al massimo il rumore ed i fenomeni di cavitazione; l’adozione

di timoni orizzontali posizionati sulla vela, per ridurre i disturbi nella parte prodiera dello scafo e attribuendo nello stesso tempo una vocazione

sottomarina ai battelli; l’adozione di due periscopi, uno per la ricerca e l’altro per l’attacco; una velocità d’immersione massima superiore, pari a 19 nodi

per 1 ora di navigazione; l’adozione di un governo del battello del tipo OMC (One Man Control, che associa in un’unica stazione tutti e tre gli organi

di governo TV, TO/AV, TO/AD), con autopilota elettromeccanico Ferranti asservito alla girobussola per il controllo di rotta. In considerazione di quanto

esposto i battelli della classe “Sauro” possono essere classificati sottomarini.

 

Caratteristiche tecniche battelli 1^ serie (Sauro, Di Cossato)

 

Lungh. f. t.: 63,85 m

Largh. max: 6,83 m

Imm. media: 5,66 m

Disloc. in sup. (dosato): 1.460 t

Disloc. in imm.: 1.646 t

Riserva di spinta: 11%

Apparato motore: 2 gruppi elettrogeni da 1.210 CV; 1 motore elettrico Marelli da 2.585 Kw; 1 elica a 7 pale

Velocià max in sup.: 11 nodi

Velocità max in imm.: 20 nodi

Auton. in sup.: 3.000 miglia a 11 nodi

Auton. in imm.: 250 miglia a 4 nodi

Quota operativa max.:

Coeff. di sicurezza:

Equipaggio: 7 ufficiali e 36 sottufficiali e comuni

Armamento

6 tubi lanciasiluri da 533 mm a prora

12 siluri di riserva

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1971÷1980 LE NUOVE COSTRUZIONI

 

 

 

 

 

Aliscafo Sparviero

 

 

 

Quanto opportuno risultò l’annullamento della costruzione delle motocannoniere Dardo e Strale, certamente vissuto con disappunto da parte delle maestranze di Taranto che si videro così svanire il rilancio dell’Arsenale ionico, aggravato dal successivo annullamento della costruzione delle unità da sbarco della classe “Quarto”, fu chiaramente evidente nel corso della seconda metà degli anni ’70, allorché l’aliscafo P 420 iniziò a dimostrare la validità del progetto e della realizzazione.

 

Denominato in maniera convenzionale Sword, ma ufficialmente riconosciuto come P 420, impostato nel 1971 ed entrato in servizio nel 1974, anno in cui divenne Sparviero, era stato realizzato per provare la possibilità dell’impiego di piccole e veloci unità a condurre incursioni contro unità di superficie, utilizzando come arma principale il missile superficie-superficie.

 

Nel 1964 si costituiva in Italia la società Advanced Marine Systems-Alinavi con capitale misto Finmeccanica e Cantieri Rodriquez di Messina e partecipazione azionaria di maggioranza (60%) della Boeing, che aveva costruito a Seattle tra il 1966 ed il 1968 l’aliscafo PGH 2 Tucumcari per conto della U.S.Navy; si trattava di un’unità destinata a banco di prova e dotata di armamento leggero, che alla fine del ciclo valutativo fu radiata nel 1973. L’interessamento della M.M.I. nei riguardi di questo nuovo tipo di unità, caratterizzato da notevoli doti di velocità, si manifestò verso la metà degli anni ‘60 in conseguenza della rinuncia alla costruzione di Dardo e Strale; fu commissionato quindi un prototipo sperimentale realizzato secondo le esigenze e le richieste della Marina italiana, del quale in caso di valutazione positiva al termine delle prove si sarebbe avviata una costruzione di serie. L’aliscafo poteva navigare in due distinte configurazioni: quella tradizionale a scafo immerso e quella definita “in volo”, ossia in condizioni di sostentamento dovuto all’azione portante delle pendici alari; lo Sparviero era quindi dotato di due apparati motori; il primo, necessario per il pattugliamento a moto lento e per le manovre in porto, utilizzava un motore diesel General Motors 6 V-53 da 160 hp con 6 cilindri a V collegato con giunto elettromagnetico ad un gruppo poppiero Schottel Werf SRP-100, che azionava un’elica su supporto retrattile e orientabile su 360° e consentiva una velocità massima di 8 nodi ed un’autonomia di 1.050 miglia; il sistema propulsivo principale era costituito da un motore a getto d’acqua, azionato da una turbina a gas Rolls-Royce Proteus 15 M/333 da 4.550 hp accoppiata sull’asse di una pompa centrifuga a due giranti a doppia aspirazione, prodotta dalla Byron & Jackson; la velocità massima in questo caso era di 50 nodi e l’autonomia in volo variava da 350 a 750 miglia in funzione della velocità. Notevole importanza ai fini operativi dell’unità, in considerazione della stabilità del mezzo, che poteva essere compromessa dal moto ondoso, era il sistema di sostentamento, che era del tipo submerged foils, con superfici portanti completamente immerse, particolarmente adatto ad ottenere migliore stabilità in presenza di moto ondoso; con mare forza 4 la velocità massima era limitata a 41 nodi. Il sistema di sostentamento dello Sparviero era caratterizzato da tre alette, nella configurazione canard: una prodiera che sopportava circa un terzo del carico e due posteriori; ciascuna di esse era dotata di flaps sul bordo d’uscita e ciascuno dei due piloni laterali era dotato di presa di acqua, che serviva per alimentare la turbopompa e generare così il violento getto di reazione, che veniva espulsa da due eiettori sistemati sotto la carena leggermente a proravia dello specchio di poppa, che aveva un foro centrale per lo scarico della turbina a gas; la navigazione in galleggiamento in acque basse era effettuata con i piloni delle ali completamente ruotati di 180°, in maniera da emergere completamente dalla superficie del mare. Notevole importanza era attribuita al sistema di controllo dell’assetto; essendo completamente impossibile affidare ad un controllo manuale il mezzo, a causa dei numerosi fattori prevedibili e imprevedibili da tenere sotto controllo in condizioni di volo; la navigazione in sostentamento quindi era affidata ad un calcolatore di assetto, il cui compito era quello di analizzare tutti i dati dei numerosi sensori, a disposizione dell’unità: giroscopi ed accelerometri per misurare rollio, beccheggio, imbardata, velocità angolare di virata e spostamenti verticali della nave in corrispondenza dei piloni alari, due coppie di altimetri ultrasonici per il controllo della quota di volo, l’anemometro per la misura della direzione de della velocità del vento, in funzione soprattutto dell’eventuale pericolo di forti raffiche laterali. Tutti questi dati elaborati e processati si rendevano quindi necessari per apportare le correzioni, mediante servomeccanismi, a tutti gli organi di governo della nave; è interessante notare come in caso di onda lunga la navigazione fosse automaticamente regolata ad una quota costante rispetto alla superficie del mare; in caso di onde brevi invece la quota era riferita all’altezza media del moto ondoso. Il punto di forza dell’aliscafo Sparviero era costituito da un armamento di degno rispetto per un’unità con dislocamento di appena 63 t a pieno carico; a prora era collocato un impianto singolo dell’ OTO Melara Compatto da 76/62 mm, con giostrina di alimentazione e 80 colpi pronti al tiro, insieme ad altri 30 colpi di riserva e a disposizione su di una rastrelliera; l’imbarcabilità del pezzo a bordo di navi di limitate dimensione era esclusivamente merito della leggerezza dell’impianto, realizzato con leghe leggere ed al freno di bocca, che riduceva in maniera notevole le sollecitazione di rinculo; il completo automatismo dell’alimentazione e del sistema di direzione in aggiunta all’alta cadenza di tiro lo rendevano particolarmente adatto al contrasto antiaereo ed antimissili. La capacità antinave era assicurata da due lanciatori singoli di missili superficie-superficie, che in un primo momento dovevano essere costituiti dai Sea Killer Mk.2, con gittata fino a 20.000 metri; si optò invece per gli OTOMAT Mk. I. La componente elettronica si basava su: direzione e controllo del tiro Selenia/Elsag Argo NA 10 mod. I con radar Orion RTN 10X ed integrato da dispositivi ottici per il cannone da 76/62 mm; una consolle SMA per il lancio dei missili; radar di navigazione e scoperta di superficie SMA 3M17-250B; sistema di navigazione per il calcolo e la rappresentazione di rotta, velocità e posizione dell’unità; apparecchiatura IFF accoppiato al radar; apparati di telecomunicazioni HF (AN/ARC-102) ed UHF (AN/ARC-109).

 

 

 

 

 

Glossario:

 

 

Canard (dalla lingua francese “anatra”) sistema di stabilizzazione orizzontale spesso utilizzato in aeronautica, che prevede l’utilizzo di alette predisposte a prora rispetto al baricentro dell’aereo; il Piaggio P 180 ne è un valido esempio.

 

HF (High Frequency)

 

IFF (Identification Friend or Foe) Identificazione Amico o Nemico

 

PGH (Patrol Gunboat Hydrofoil)

 

SMA (Segnalamento Marittimo Aereo)

 

Sword (dalla lingua inglese “spada”)

 

UHF (Ultra High Frequency)

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1971-1980 LE NUOVE COSTRUZIONI

 

 

Navi ausiliarie

 

 

Nel corso degli anni '50 e '60 non si adottò per il naviglio ausiliario quello sforzo economico che invece fu intrapreso per garantire, con nuove costruzioni, la sostituzione delle unità combattenti più obsolete; la pura realtà è che nulla fu fatto per migliorare la consistenza di questa tipologia di navi, ad eccezione della realizzazione di quanto segue: due posareti Alicudi e Filicudi, finanziati con fondi MDAP ed entrati in servizio nel 1955, due yawl a due alberi Corsaro II e Stella Polare nel 1961 e 1965, nave da sbarco Quarto nel 1968, nave soccorso Paolucci nel 1970, rimorchiatori: Capo Rizzuto (1958), Circeo (1956), Porto d'Ischia (1970), Riva Trigoso (1969), Tavolara (1956), Sperone (1954), San Biagio (1957), San Daniele (1957), Sant'Antonio (1957); un totale quindi di 15 unità, costruite nel corso di venti anni, con un dislocamento complessivo di appena 4.143 t equivalente a quello di un rifornitore della nuova classe "Stromboli".

 

Il quadro che si presentava alla soglia degli anni '70 era alquanto preoccupante, aggravato oltretutto dalla prima crisi del petrolio del dopoguerra, che si era affacciata in quel periodo sulla scena mondiale e resa più onerosa dai numerosi compiti che la Marina italiana era chiamata ad assolvere; i problemi del naviglio ausiliario non erano causati tanto da scarsa consistenza numerica, bensì dalla obsolescenza di unità impegnate con continuità per l'assolvimento dei seguenti compiti:

 

 

- forza da sbarco; il ritardo con cui fu risolto questo specifico problema verso la fine degli anni '80 non fu determinato solamente da problemi economici; un lungo periodo di riflessione, dopo l'annullamento del programma "Quarto", fu necessario per formulare i requisiti necessari richiesti dalla Marina militare per poter procedere alla progettazione di unità adatte da realizzare.

 

- unità d'altura per il rifornimento di squadra; le vecchie unità ancora in servizio: Stromboli, Vesuvio, Etna e Sterope non potevano considerarsi adatte allo scopo per diversi motivi: nessuna di esse era stata progettata per assolvere questo specifico compito e del resto non potevano garantire più di 14-15 nodi di velocità massima per poter operare con la squadra navale in missioni lontane;

 

- servizio idrografico della Marina; la principale unità adattata e destinata a questo compito era nave Staffetta, entrata in servizio nel 1953 e posta in disarmo nel 1972, in anticipo di tre anni rispetto all'ingresso in servizio del Magnaghi; altre unità che dal 1951 fino al 1970, dopo gli opportuni lavori di adattamento, furono poste alle dipendenze dell'Istituto Idrografico della Marina furono: Daino, DV 408, DV 409, Mirto e Pioppo; le campagne idrografiche erano anche promosse dal CNR, che contribuiva con la nave oceanografica Bannock;

 

- salvataggio in mare; il compito era assolto esclusivamente dalla vecchia nave Proteo;

 

- appoggio in mare; compito assolto da nave Cavezzale;

 

- trasporto costiero; a questo compito erano destinate le vecchie motozattere italiane e quelle di provenienza tedesca, utilizzate soprattuttoper esigenze del Battaglione San Marco;

 

- navi servizio fari e navi officine; erano ancora in servizio alcuni ex LCT britannici;

 

- navi cisterna acqua e carburanti; numerose unità di tipologia, dislocamento e provenienza diversa di origine bellica e prebellica, una parte delle qual impegnate, come compito istituzionale, nel rifornimento idrico delle isole minori, prive di acqua potabile;

 

- rimorchiatori; su circa 100 unità pochissime erano quelle appartenenti alla stessa classe; tipologia, dislocamento e provenienza diverse di origine prebellica, bellica e postbellica.

 

 

 

Conseguenza di questa situazione critica fu la necessità di ricorrere ancora una volta a distanza di un periodo di cento anni (nota 1) ad una alienazione delle unità più anziane, che per quanto riguardava il naviglio ausiliario assunse una consistenza massiccia, anche se diluita nell'arco del decennio; nel 1972 furono posti fuori servizio Stromboli e Vesuvio; Sterope nel 1975 ed Etna nel 1977; per affrettare i tempi si rese quindi necessario utilizzare il bilancio ordinario, già stanziato e disponibile, per la costruzione del primo rifornitore di squadra Stromboli, che entrò in servizio nel 1975; il Vesuvio, prima unità realizzata con il finanziamento straordinario della Legge Navale del 1975, iniziò la sua attività nel 1978.

 

Il disarmo dello Staffetta nel 1972 determinò un'altra emergenza d'affrontare tempestivamente; solamente nel 1975 la nave idrografica Magnaghi, finanziata con bilancio ordinario, entrò in servizio.

 

La longevità di Proteo e Cavezzale, rimasti in servizio fino al 1993, non determinò urgenza di realizzazione per la nuova nave salvataggio Anteo, entrata in organico nel 1980 e seconda unità costruita con la Legge Navale del 1975.

 

Per la prima volta, dal termine dell'ultima guerra mondiale, furono progettate e costruite cinque navi cisterna per acqua, dal 1971 al 1974, per sostituire le numerose unità radiate e consentire quindi alla Marina Militare il compito istituzionale di rifornire l'acqua potabile alle isole minori.

 

Infine le numerose unità portuali messe in disarmo, furono sostituite da dodici moderni ed omogenei rimorchiatori, entrati in sevizio tra il 1972 ed il 1975.

 

 

Rifornitori di squadra classe "Stromboli"

 

 

Poca importanza viene generalmente attribuita alla logistica nelle questioni di carattere militari, sempre orientate a discussione di carattere strategico e tattico; molti forse si rendono conto che forze combattenti ben armate e ben addestrate possono vincere tutte le battaglie, ma pochi sanno che la guerra è vinta dalla logistica; bene lo sapevano gli antichi romani, che di battaglie ne hanno perse tante, ma mai una guerra.

 

Il concetto del rifornimento in mare è vecchio; a tale proposito sono storicamente interessanti alcune immagini del 1907 della vecchia nave Sterope mentre riforniva di carbone un'unità della squadra; da quello che si può capire dalla foto i sacchi di carbone venivano trasferiti tra le due unità, navigando in linea di fila, mediante un sistema funicolare.

 

Naturalmente si trattava di tentativi per valutare la fattibilità di determinate operazione, perché impensabile era all'epoca l'idea che unità ausiliarie fossero aggregate alla squadra navale durante la condotta di guerra; in seguito alle esperienze dell'ultimo conflitto mondiale, soprattutto in base a quelle acquisite dagli Stati Uniti durante la guerra in Pacifico e in conseguenza del mutamento avvenuto nella storia contemporanea, caratterizzata da una miriade di piccoli conflitti locali sparsi sull'intero globo, si rende attuabile questa possibilità, purché si adottino giusti criteri di scelta.

 

Per rifornitore di squadra s'intende un'unità militare, di caratteristiche mercantili, progettata e realizzata con i criteri tipici delle unità combattenti idonea al trasporto e alla capacità di trasportare in zona operativa in maniera veloce tutti i materiali necessari alle esigenze della squadra navale; inoltre l'unità rifornitrice vede essere dotato di un sistema veloce ed agevole per il trasferimento di detto materiale ad altre unità; è chiaro quindi che la velocità di navigazione è un requisito indispensabile al fine di adeguarsi alla normale andatura andatura di crociera dei lunghi trasferimenti ed eventuali spostamenti veloci.

 

I presupposti su cui si è basato la progettazione e la costruzione della classe "Stromboli", sono stati i requisiti richiesti dalla Marina Militare:

 

 

- trasporto di circa 4.700 t di combustibili e carichi solidi, destinati al rifornimento in mare;

 

- velocità massima non inferiore ai 19 nodi (14-15 nodi era la velocità massima dei trasporti degli anni '50 e '60)

 

- un impianto per il rifornimento laterale di combustibili e carichi solidi contemporaneo con due unità in navigazione affiancata;

 

- capacità di decollo ed appontaggio, anche notturno, e di rifornimento rapido per elicotteri.

 

 

Lo scafo delle unità è caratterizzato da un castello di prora, che ospita un cannone da 76/62 mm OTO Melara , a poppavia del quale, posizionato su una struttura, sormontata da un alberetto, c'è il sistema radar/direzione di tiro Selenia SPG-70 / RTN 10X Argo NA 10; la parte centrale del ponte di coperta è riservata all'impianto e alle attrezzature per il rifornimento bilaterale in navigazione; il ponte di comando, albero e fumaiolo sono inserite in una struttura piuttosto limitata, a poppavia della quale c'è il ponte di volo per il rifornimento VERTREP, privo però di hangar di ricovero; l'apparato propulsivo, costituito da due motori diesel collegati ad un unico riduttore e singola elica a cinque pale orientabili, è collocato ad estrema poppa; le cisterne per il combustibile sono a centro nave e al di sotto di queste ci sono le casse della zavorra; le stive dei carichi solidi sono a proravia delle cisterne. L'impianto di erogazione di gasolio, carburante avio ed acqua dolce è del tipo Hepburn e la gestione del pompaggio delle sostanze liquide avviene in un'unica stazione, presidiata da due operatori, che in maniera indipendente possono provvedere al rifornimento simultaneo di due unità affiancate; la dotazione radar all'entrata in servizio era costituita da un apparecchio di scoperta di superficie SMA MM/SPQ-2F.

 

 

Nave idrografica Ammiraglio Magnaghi

 

 

Entrata in servizio nel 1975 la nave idrografica Ammiraglio Magnaghi, terza unità a prendere il nome del primo Direttore dell'Istituto Idrografico della Marina, è stata la prima della sua categoria ad essere stata appositamente progettata e costruita per la ricerca scientifica sottomarina; dotata di ponte di volo e di hangar dispone di alloggi per 125 membri dell'equipaggio e 15 ricercatori; è attrezzata con laboratori e strumenti idonei a eseguire rilievi batimetrici, batitermici, idrologici, gravimetrici e magnetometrici, prelievo di campioni e sedimenti del fondo marino, misura delle correnti, studio della meteorologia marina.

 

 

Nave salvataggio Anteo

 

 

Moderna unità appositamente progettata e costruita per il soccorso alle unità subacquee in difficoltà e per l'assistenza alle attività degli operatori subacquei della Marina militare e delle altre Forze Armate dello Stato; lo scafo dotato di prora alta e slanciata ha un ponte di coperta che si estende per circa 2/3 della lunghezza complessiva, la cui parte terminale è riservata al ponte di volo e l'hangar di tipo telescopico; la sovrastruttura posta nella zona centro-prodiera si raccorda al castello di prua per tutta la larghezza dell'opera morta ed è sormontato da un mack, nella configurazione, divenuta ormai classica, di una struttura che associa fumaiolo ed albero di sostegno antenne radar e TLC; la zona poppiera dell'Anteo è predisposta al ricovero, messa a mare e recupero di un minisommergibile di soccorso, mediante un bacino allagabile ed un portellone con apertura oleodinamica; è previsto anche l'utilizzo di campana McCann e un impianto per l'immissione di aria all'interno dei battelli in difficoltà. Il sistema propulsivo adottato permette di garantire massima precisione di posizionamento sulla verticale del mezzo da soccorrere: motore diesel-elettrico, energia elettrica generata da tre gruppi diesel principali, due ausiliari e due d'emergenza; elica propulsiva pentapala a passo fisso azionata da un motore elettrico; due eliche intubate a passo variabile, disposte a poppa e a prora, sono azionate da due propulsori elettrici trasversali; al fine di consentire un posizionamento stabile sul punto fisso prescelto l'unità è dotata di 5 ancore; per l'assistenza alle unità di superficie l'unità è munita di impianti antincendio per il lancio di acqua e schiuma a lunga distanza.

 

 

(nota 1) Nel 1873 il Ministro della Marina, ammiraglio Di Saint Bon, trovandosi nella medesima situazione del periodo di cui si sta trattando, presentò un progetto di legge per promuovere l'alienazione di un numero consistente di unità ritenute non adatte perché in legno e quindi inutili per una moderna flotta, mettendo in rilievo la necessità di provvedere con nuove costruzioni, se non si voleva rischiare che la forza navale fosse rappresentata solamente delle dalle due corazzate Duilio e Dandolo, entrate da poco in servizio ; le ventisei unità in elenco furono radiate all'approvazione della legge nel 1875.

 

 

Glossario

 

 

CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche)

 

Hepburn Ditta Hepburn Engineering Inc. di Toronto (Canada) che ha

progettato, costruito e fornito gli impianti di rifornimento in mare

 

LCT (Landing Craft Tank)

 

mack ("mast" albero più "stack" gruppo di camini)

 

TLC (abbreviazione di Teleconunicazioni)

 

VERTREP (Vertical Replenishment) metodo per rifornire via mare unità in navigazione, impiegando elicotteri per il trasporto di carichi sporgenti per mezzo di apposite reti.

 

yawl Imbarcazione a due alberi, con quello di mezzana (ovvero quello più a poppa) posto più a poppavia dell'asse del timone così che la randa di mezzana contribuisce alla stabilità di rotta.

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IL MEZZO AEREO NELLA LOTTA ANTISOM

 

Il contributo dato dal mezzo aereo alla lotta antisommergibile non è storia recente e risale al battesimo del fuoco che la componente subacquea ottenne nella prima guerra mondiale; poiché dirigibili e primi biplani venivano utilizzati nella ricognizione sia terrestre che marittima, risultò subito evidente che i sommergibili erano facilmente individuabili dall’alto grazie alla scarsa quota operativa (la profondità di collaudo nei battelli più evoluti dell’epoca di tipo Holland non superava gli 80 m) sia in navigazione che nelle zone d’agguato e fu proprio durante il corso della Grande Guerra che fu colto il primo successo da parte dell’aviazione antisom; il 15 settembre 1916 il sommergibile francese Foucault, mentre navigava in immersione lungo la costa dalmata, fu individuato da due idrovolanti Löhner e danneggiato dalle bombe scoppiate nelle vicinanze; il battello fu costretto ad emergere e il suo equipaggio dovette arrendersi in seguito all’ammaraggio dei due aerei; è facile cogliere il ruolo che la fortuna ebbe nell’azione descritta, ma la lezione imparata fu assolutamente chiara: a causa della scarsa quota d’immersione di quell’epoca il sommergibile era completamente esposto, senza alcuna possibilità di difesa, alla ricognizione ed all’attacco portato dall’aria.

 

La rapida evoluzione del mezzo subacqueo, con le maggiori profondità raggiunte con i battelli impiegati nel corso della seconda guerra mondiale, diminuì sensibilmente la possibilità di attacco da parte degli aerei durante la navigazione e l’agguato in immersione.

 

La capacità di rendere efficace il contributo dell’Aviazione della Marina nella lotta contro sommergibili immersi nel secondo dopoguerra fu determinata da due distinti fattori: la necessità di contrastare efficacemente i sommergibili a propulsione nucleare, che potevano operare con tempi estremamente lunghi in immersione, e lo sviluppo della tecnologia postbellica, che poteva permettere al mezzo aereo non solo la possibilità d’individuare battelli immersi, ma anche quella di proporsi in azioni offensive utilizzando la stessa arma da sempre impiegata dagli stessi sommergibili: ossia il siluro.

 

Oggigiorno nella lotta antisom sono impiegati sia velivoli ad ala fissa sia quelli ad ala rotante; la suddivisioni dei compiti tra aerei ed elicotteri è netta, in quanto distinte sono le caratteristiche ed il modo di operare dei due mezzi; l’aereo impiegato in fase di ricognizione non ha possibilità di stabilire un contatto diretto con l’elemento marino giacché non può filare il sensore SONAR in mare; possiede comunque il vantaggio della velocità e della sua capacità di poter imbarcare un gran numero di apparecchiature ed attrezzature alternative che gli permettono comunque di penetrare nella profondità marina; la grande autonomia e la velocità gli permettono di esplorare vaste aree in tempi limitati; l’elicottero ha caratteristiche e modo di operare completamente diversi in quanto la possibilità dell’hovering gli consente di stabilire un contatto diretto e quindi più sensibile con l’elemento marino ed ha possibilità di operare in maniera tempestiva decollando dalle unità preposte alla lotta antisommergibile.

 

 

 

I VELIVOLI AD ALA FISSA NELLA LOTTA ANTISOM

 

In un’epoca in cui le unità subacquee raggiungono quote operative intorno ai 300 m e velocità d’immersione sull’ordine dei 20 nodi per quelli a propulsione convenzionale e di 30-35 nodi per quelli a propulsione nucleare, sarebbe inconcepibile affidare l’avvistamento dei sommergibili esclusivamente all’occhio umano; anche se le cupole d’avvistamento non sono state affatto abolite a bordo di questi mezzi, la capacità di poter percepire la presenza di un’unità in immersione è affidata quasi esclusivamente a sofisticate apparecchiature, appositamente realizzate grazie alla possibilità della moderna tecnologia.

 

L’aereo rispetto alle unità navali ed all’elicottero non ha possibilità di stabilire un contatto diretto con la superficie del mare per poter penetrare in profondità; vediamo ora come l’ostacolo sia stato superato e quali siano i vantaggi del suo impiego:

 

- invulnerabilità da parte di armi subacquee almeno fino all’ingresso in servizio del dispositivo SLAM

 

- migliori condizioni di visuale radar con minori problemi di disturbi provocati da clutter

 

- facilità di comunicazioni che permettono di integrare e correggere i propri dati provenienti da altri velivoli o unità in mare

 

- autonomia e facilità di rapidi spostamenti

 

 

 

I mezzi di scoperta

 

BOE SONORE

 

Il sistema principale su cui si basa la fase di ricerca ed agganciamento di un sottomarino da parte di un velivolo ad ala fissa sono le boe sonore ed il relativo ricevitore, associato a due elaboratori: il primo per l’analisi dei dati captati ed il secondo per permettere la visualizzazione della situazione riscontrata; le boe sonore, che sono i sensori del sistema SONAR, hanno due distinte modalità d’impiego: nella prima in condizione passiva la boe è abilitata a funzionare come idrofono, ponendosi in ascolto per captare eventuali rumori sospetti; nella seconda condizione la boa funziona come ecogoniometro ed è quindi in condizioni di emettere segnali acustici e ricevere eventuali echi di ritorno; ciascuna boa è lasciata cadere in acqua per mezzo di appositi tubi di espulsione denominati SLT e posti nella parte inferiore della fusoliera del velivolo. Le boe sonore sono costituite da due parti: una dotata di camera galleggiante che contiene il trasmettitore utilizzato per inviare all’aereo le informazioni acquisite; l’altra, che contiene il sensore, dotata di zavorra affonda ad una determinata profondità restando vincolata alla parte galleggiante con un cavo, che ha anche lo scopo di trasferire i dati al trasmettitore.

 

Una tipica tecnica d’impiego delle boe sonore nella modalità passiva è quella denominata Jezebel, consiste nel seminare in un’area piuttosto vasta un notevole numero di boe sonore e quindi porsi in condizione d’ascolto; i dati rivelati ed elaborati possono dare in maniera grossolana la posizione dell’eventuale bersaglio.

 

Un’altra tecnica denominata Julie è in grado di dare risultati più precisi; in un primo passaggio si posizionano tre boe sonore attivate come ricevitori acustici; nel secondo passaggio si sgancia una piccola bomba, che esplodendo in mare funge da sorgente sonora; agli idrofoni arriveranno sia il rumore diretto dell’esplosione sia l’eco dal sottomarino immerso; l’analisi dei dati ricevuti ed elaborati può determinare una più precisa conoscenza della posizione del bersaglio.

 

Le boe sonore costituiscono certamente l’elemento più valido e più completo per condurre la caccia a unità subacquee nemiche; attraverso l’analisi dei suoni sospetti captati e memorizzati è possibile, con l’ausilio di una banca dati, che raccoglie campioni registrati dei rumori emessi da numerose unità navali sia amiche che nemiche, conoscere l’identità del battello; in assenza di elementi certi di comparazione lo si dovrà considerare sicuramente nemico.

 

ETI

 

Solamente un accenno viene dedicato al sistema ETI, detto comunemente sniffer, costituito da un sensore in grado di rilevare tracce di gas di scarico; nell’area mediterranea non è più utilizzabile a causa dell’alto tasso inquinante, che satura i sensibili sensori.

 

FLIR

 

Il sistema FLIR invece può essere utilizzato per qualsiasi categoria di battelli, in quanto è in grado di percepire, con un notevole grado di sensibilità, l’emissioni nella banda dell’infrarosso, generate abbondantemente da sottomarini a propulsione nucleare e naturalmente anche quelli a propulsi da motori termici.

 

MAD

 

E’ un sistema che possiede la capacità di poter rilevare piccole variazioni del campo magnetico terrestre, dovute a perturbazioni causate dalla presenza di grandi masse di materiale dotato di permeabilità magnetica; è in grado quindi di poter individuare la presenza o il recente passaggio di sottomarini, ad eccezione naturalmente di quelli costruiti con leghe di titanio; per merito della elevata sensibilità del sensore del MAD, che deve essere posto a distanza da eventuali fonti di disturbo, generalmente viene preferita la soluzione con asta estensibile caudale.

 

RADAR

 

Nonostante la consapevolezza che le possibilità d’individuare un sommergibile per mezzo del radar siano molto piccole, non è possibile rinunciare ad esso nella lotta antisom; a causa dell’ottima visibilità radar dei velivoli, dovuta alla posizione elevata che riduce anche i disturbi causati dallo stato del mare, la presenza a bordo di aerei ed elicotteri dell’apparecchiatura radar costringe qualsiasi sottomarino ad evitare nei limiti del possibile la pur minima esposizione alla superficie del mare.

 

OSSERVAZIONE OTTICA

 

La certezza assoluta del contatto con un’unità subacquea la può stabilire solamente l’occhio umano; è per questo che i velivoli antisom ancora oggi sono dotati di vari punti d’osservazione costituiti dalle classiche bolle di plexiglas.

 

 

 

Le armi antisom

 

Un antico detto recita: “non esiste arma che non possa essere usata contro chi l’ha inventata”; in un certo senso è proprio quello che è accaduto nei riguardi del mezzo subacqueo, che ha sempre avuto la prerogativa di considerare il siluro la sua principale arma di offesa e difesa; sebbene nella storia navale sono tanti gli episodi di sommergibili affondati da siluro, occorre sottolineare che i siluramenti erano avvenuti in condizioni di emersione e da parte di torpedini lanciate da battelli in agguato.

 

Nell’ultimo dopoguerra il veloce progresso tecnologico dei sottomarini a propulsione nucleare ha reso completamente non idonee le armi nate in seguito all’esperienza bellica; la stessa tecnologia che ha avvantaggiato l’arma subacquea ha reso possibile recarle minaccia nel suo elemento naturale, mediante l’impiego di un’arma intelligente, capace di braccare la preda in maniera inesorabile nella profondità dei mari.

 

Il siluro è diventato quindi l’unica arma (il missile antisom una volta in acqua ha caratteristiche e comportamenti del tutto analoghi) che può avere probabilità di successo nella lotta contro unità subacquee; tenendo conto della possibilità che possa essere agevolmente trasportato da aerei ed elicotteri, il siluro antisom viene sganciato a bassa quota (anche 30-40 m), con l’ausilio del paracadute frenante, allo scopo di permettere che l’impatto con la superficie del mare avvenga sulla verticale stimata del mezzo subacqueo intercettato. Una volta in acqua l’arma assume una traiettoria a spirale secondo un programma elaborato al sistema dei sensori di ricezione; in questa fase la testa acustica del siluro entra in funzione come ecogoniometro e dopo aver agganciato il bersaglio si dirige verso di esso assumendo i necessari aggiustamenti di rotta con previsioni del futuro punto d’incontro con l’obiettivo prescelto; lo scarto di velocità, stimato in 15 m/sec, tra siluro e bersaglio, è comunque in grado di offrire un periodo di tempo, prima dell’impatto, sufficiente per permettere all’unità subacquea di intraprendere i necessari provvedimenti per evitarlo, generalmente utilizzando tecniche d’inganno, mediante la creazione di falsi echi, che possano confondere e portare fuori rotta l’ordigno, che naturalmente a sua volta è in grado di utilizzare la propria tecnologia per riconoscere l’identità dell’eco del bersaglio per mezzo di particolari analisi spettrale FFT, da cui si riesce a separare il particolare timbro prodotto dal sommergibile; nelle tecniche di lotta è utilizzabile anche quella di lanciare due siluri da posizione distinte in modo da insediare il bersaglio da due direzioni diverse.

 

MEZZI DI SUPPORTO

 

Meno enfatizzati ma non meno importanti sono i mezzi di supporto, che hanno il compito di permettere l’accentramento dei dati, in arrivo dai numerosi sensori, l’elaborazione di tutte le informazioni che possono rivelarsi utili per la condotta operativa; a questo processo concorrono il sistema di comunicazione UHF con le boe sonore, la piattaforma inerziale e l’elaboratore per l’interpretazione dei dati CTS.

 

Marcatori fumogeni e radar sono utilizzati per segnalare la zona di localizzazione del presunto bersaglio, per marcare otticamente o a mezzo radar la zona del contatto.

 

 

 

I VELIVOLI AD ALA ROTANTE NELLA LOTTA ANTISOM

 

La procedura d’impiego degli elicotteri, a causa della diversa tipologia e dimensioni del mezzo impiegato nella lotta antisom, è completamente diverso e rappresenta una valida integrazione all’attività di pattugliamento dei velivoli ad ala fissa che possono operare a grandi distanze, ma che sono comunque sottoposti a lunghi tempi di trasferimento; gli elicotteri possono operare direttamente nella zona operativa decollando dalle proprie unità e coordinando direttamente con loro la lotta antisom.

 

I mezzi ad ala rotante non hanno bisogno d’imbarcare le boe sonore ed il sofisticato sistema di ricezione ed elaborazione dei dati; sono dotati invece di un SONAR da immersione di caratteristiche passive utilizzato come idrofono ed attive come ecogoniometro; il sensore acustico è calato in acqua a profondità varabile per mezzo di un verricello; la condizione essenziale per non compromettere l’ascolto e salvaguardare l’integrità dello stesso sensore è la capacità dell’aeromobile a mantenere la posizione, che in termini tecnici viene definito hovering; questo avviene non per capacità del pilota ma grazie ad un sofisticato sistema di controllo, che permette di correggere velocemente qualsiasi variazioni rispetto al corretto posizionamento dell’elicottero.

 

Elicotteri di medio pesanti, dotati di maggiore autonomia di quelli medi generalmente imbarcati sulle unità antisom, operano da basi a terra e possono integrare in un’area più limitata l’attività dei velivoli ad ala fissa e coordinare con essi le operazioni di ricerca.

 

 

 

glossario

 

clutter (dalla terminologia anglosassone confusione, disordine) disturbo provocato dall’eco di ritorno dal mare, di caratteristiche e intensità estremamente variabile in funzione del moto ondoso del mare che si sovrappone all’eco prodotto dalle unità navali rendendolo difficilmente estraibile ed analizzabile.

 

CTS (Central Tactical System) elaboratore che predispone e visualizzare le tracce fornite dai sensori

 

FLIR (Forward looking infrared) tecnologia di visione che si basa sulla rivelazione delle emissioni sulla lunghezza d’onda dei raggi infrarossi.

 

G.E. (Guerra Elettronica)

 

ETI (Exhaust Trail Indicator) sensibile dispositivo che risale alla seconda guerra mondiale atto ad analizzare la purezza dell’aria e rilevare eventuali tracce di gas di scarico

 

EW (Electronic Warfare)

 

FFT (Fast Furier Transform)

 

MAD (Magnetic Anomaly Detector)

 

SLAM (Submarine Launched Air Missile)

 

SLT (Sonobuoy Launch Tube) tubi per l’espulsione delle boe sonore e delle bombette Julie, posti nella parte inferiore della fusoliera

 

SONAR (Sound Navigation Ranging)

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IL MEZZO AEREO NELLA LOTTA ANTISOM

 

Il contributo dato dal mezzo aereo alla lotta antisommergibile non è storia recente e risale al battesimo del fuoco che la componente subacquea ottenne nella prima guerra mondiale; poiché dirigibili e primi biplani venivano utilizzati nella ricognizione sia terrestre che marittima, risultò subito evidente che i sommergibili erano facilmente individuabili dall’alto grazie alla scarsa quota operativa (la profondità di collaudo nei battelli più evoluti dell’epoca di tipo Holland non superava gli 80 m) sia in navigazione che nelle zone d’agguato e fu proprio durante il corso della Grande Guerra che fu colto il primo successo da parte dell’aviazione antisom; il 15 settembre 1916 il sommergibile francese Foucault, mentre navigava in immersione lungo la costa dalmata, fu individuato da due idrovolanti Löhner e danneggiato dalle bombe scoppiate nelle vicinanze; il battello fu costretto ad emergere e il suo equipaggio dovette arrendersi in seguito all’ammaraggio dei due aerei; è facile cogliere il ruolo che la fortuna ebbe nell’azione descritta, ma la lezione imparata fu assolutamente chiara: a causa della scarsa quota d’immersione di quell’epoca il sommergibile era completamente esposto, senza alcuna possibilità di difesa, alla ricognizione ed all’attacco portato dall’aria.

 

La rapida evoluzione del mezzo subacqueo, con le maggiori profondità raggiunte con i battelli impiegati nel corso della seconda guerra mondiale, diminuì sensibilmente la possibilità di attacco da parte degli aerei durante la navigazione e l’agguato in immersione.

 

La capacità di rendere efficace il contributo dell’Aviazione della Marina nella lotta contro sommergibili immersi nel secondo dopoguerra fu determinata da due distinti fattori: la necessità di contrastare efficacemente i sommergibili a propulsione nucleare, che potevano operare con tempi estremamente lunghi in immersione, e lo sviluppo della tecnologia postbellica, che poteva permettere al mezzo aereo non solo la possibilità d’individuare battelli immersi, ma anche quella di proporsi in azioni offensive utilizzando la stessa arma da sempre impiegata dagli stessi sommergibili: ossia il siluro.

 

Oggigiorno nella lotta antisom sono impiegati sia velivoli ad ala fissa sia quelli ad ala rotante; la suddivisioni dei compiti tra aerei ed elicotteri è netta, in quanto distinte sono le caratteristiche ed il modo di operare dei due mezzi; l’aereo impiegato in fase di ricognizione non ha possibilità di stabilire un contatto diretto con l’elemento marino giacché non può filare il sensore SONAR in mare; possiede comunque il vantaggio della velocità e della sua capacità di poter imbarcare un gran numero di apparecchiature ed attrezzature alternative che gli permettono comunque di penetrare nella profondità marina; la grande autonomia e la velocità gli permettono di esplorare vaste aree in tempi limitati; l’elicottero ha caratteristiche e modo di operare completamente diversi in quanto la possibilità dell’hovering gli consente di stabilire un contatto diretto e quindi più sensibile con l’elemento marino ed ha possibilità di operare in maniera tempestiva decollando dalle unità preposte alla lotta antisommergibile.

 

 

 

I VELIVOLI AD ALA FISSA NELLA LOTTA ANTISOM

 

In un’epoca in cui le unità subacquee raggiungono quote operative intorno ai 300 m e velocità d’immersione sull’ordine dei 20 nodi per quelli a propulsione convenzionale e di 30-35 nodi per quelli a propulsione nucleare, sarebbe inconcepibile affidare l’avvistamento dei sommergibili esclusivamente all’occhio umano; anche se le cupole d’avvistamento non sono state affatto abolite a bordo di questi mezzi, la capacità di poter percepire la presenza di un’unità in immersione è affidata quasi esclusivamente a sofisticate apparecchiature, appositamente realizzate grazie alla possibilità della moderna tecnologia.

 

L’aereo rispetto alle unità navali ed all’elicottero non ha possibilità di stabilire un contatto diretto con la superficie del mare per poter penetrare in profondità; vediamo ora come l’ostacolo sia stato superato e quali siano i vantaggi del suo impiego:

 

- invulnerabilità da parte di armi subacquee almeno fino all’ingresso in servizio del dispositivo SLAM

 

- migliori condizioni di visuale radar con minori problemi di disturbi provocati da clutter

 

- facilità di comunicazioni che permettono di integrare e correggere i propri dati provenienti da altri velivoli o unità in mare

 

- autonomia e facilità di rapidi spostamenti

 

 

 

I mezzi di scoperta

 

BOE SONORE

 

Il sistema principale su cui si basa la fase di ricerca ed agganciamento di un sottomarino da parte di un velivolo ad ala fissa sono le boe sonore ed il relativo ricevitore, associato a due elaboratori: il primo per l’analisi dei dati captati ed il secondo per permettere la visualizzazione della situazione riscontrata; le boe sonore, che sono i sensori del sistema SONAR, hanno due distinte modalità d’impiego: nella prima in condizione passiva la boe è abilitata a funzionare come idrofono, ponendosi in ascolto per captare eventuali rumori sospetti; nella seconda condizione la boa funziona come ecogoniometro ed è quindi in condizioni di emettere segnali acustici e ricevere eventuali echi di ritorno; ciascuna boa è lasciata cadere in acqua per mezzo di appositi tubi di espulsione denominati SLT e posti nella parte inferiore della fusoliera del velivolo. Le boe sonore sono costituite da due parti: una dotata di camera galleggiante che contiene il trasmettitore utilizzato per inviare all’aereo le informazioni acquisite; l’altra, che contiene il sensore, dotata di zavorra affonda ad una determinata profondità restando vincolata alla parte galleggiante con un cavo, che ha anche lo scopo di trasferire i dati al trasmettitore.

 

Una tipica tecnica d’impiego delle boe sonore nella modalità passiva è quella denominata Jezebel, consiste nel seminare in un’area piuttosto vasta un notevole numero di boe sonore e quindi porsi in condizione d’ascolto; i dati rivelati ed elaborati possono dare in maniera grossolana la posizione dell’eventuale bersaglio.

 

Un’altra tecnica denominata Julie è in grado di dare risultati più precisi; in un primo passaggio si posizionano tre boe sonore attivate come ricevitori acustici; nel secondo passaggio si sgancia una piccola bomba, che esplodendo in mare funge da sorgente sonora; agli idrofoni arriveranno sia il rumore diretto dell’esplosione sia l’eco dal sottomarino immerso; l’analisi dei dati ricevuti ed elaborati può determinare una più precisa conoscenza della posizione del bersaglio.

 

Le boe sonore costituiscono certamente l’elemento più valido e più completo per condurre la caccia a unità subacquee nemiche; attraverso l’analisi dei suoni sospetti captati e memorizzati è possibile, con l’ausilio di una banca dati, che raccoglie campioni registrati dei rumori emessi da numerose unità navali sia amiche che nemiche, conoscere l’identità del battello; in assenza di elementi certi di comparazione lo si dovrà considerare sicuramente nemico.

 

ETI

 

Solamente un accenno viene dedicato al sistema ETI, detto comunemente sniffer, costituito da un sensore in grado di rilevare tracce di gas di scarico; nell’area mediterranea non è più utilizzabile a causa dell’alto tasso inquinante, che satura i sensibili sensori.

 

FLIR

 

Il sistema FLIR invece può essere utilizzato per qualsiasi categoria di battelli, in quanto è in grado di percepire, con un notevole grado di sensibilità, l’emissioni nella banda dell’infrarosso, generate abbondantemente da sottomarini a propulsione nucleare e naturalmente anche quelli a propulsi da motori termici.

 

MAD

 

E’ un sistema che possiede la capacità di poter rilevare piccole variazioni del campo magnetico terrestre, dovute a perturbazioni causate dalla presenza di grandi masse di materiale dotato di permeabilità magnetica; è in grado quindi di poter individuare la presenza o il recente passaggio di sottomarini, ad eccezione naturalmente di quelli costruiti con leghe di titanio; per merito della elevata sensibilità del sensore del MAD, che deve essere posto a distanza da eventuali fonti di disturbo, generalmente viene preferita la soluzione con asta estensibile caudale.

 

RADAR

 

Nonostante la consapevolezza che le possibilità d’individuare un sommergibile per mezzo del radar siano molto piccole, non è possibile rinunciare ad esso nella lotta antisom; a causa dell’ottima visibilità radar dei velivoli, dovuta alla posizione elevata che riduce anche i disturbi causati dallo stato del mare, la presenza a bordo di aerei ed elicotteri dell’apparecchiatura radar costringe qualsiasi sottomarino ad evitare nei limiti del possibile la pur minima esposizione alla superficie del mare.

 

OSSERVAZIONE OTTICA

 

La certezza assoluta del contatto con un’unità subacquea la può stabilire solamente l’occhio umano; è per questo che i velivoli antisom ancora oggi sono dotati di vari punti d’osservazione costituiti dalle classiche bolle di plexiglas.

 

 

 

Le armi antisom

 

Un antico detto recita: “non esiste arma che non possa essere usata contro chi l’ha inventata”; in un certo senso è proprio quello che è accaduto nei riguardi del mezzo subacqueo, che ha sempre avuto la prerogativa di considerare il siluro la sua principale arma di offesa e difesa; sebbene nella storia navale sono tanti gli episodi di sommergibili affondati da siluro, occorre sottolineare che i siluramenti erano avvenuti in condizioni di emersione e da parte di torpedini lanciate da battelli in agguato.

 

Nell’ultimo dopoguerra il veloce progresso tecnologico dei sottomarini a propulsione nucleare ha reso completamente non idonee le armi nate in seguito all’esperienza bellica; la stessa tecnologia che ha avvantaggiato l’arma subacquea ha reso possibile recarle minaccia nel suo elemento naturale, mediante l’impiego di un’arma intelligente, capace di braccare la preda in maniera inesorabile nella profondità dei mari.

 

Il siluro è diventato quindi l’unica arma (il missile antisom una volta in acqua ha caratteristiche e comportamenti del tutto analoghi) che può avere probabilità di successo nella lotta contro unità subacquee; tenendo conto della possibilità che possa essere agevolmente trasportato da aerei ed elicotteri, il siluro antisom viene sganciato a bassa quota (anche 30-40 m), con l’ausilio del paracadute frenante, allo scopo di permettere che l’impatto con la superficie del mare avvenga sulla verticale stimata del mezzo subacqueo intercettato. Una volta in acqua l’arma assume una traiettoria a spirale secondo un programma elaborato al sistema dei sensori di ricezione; in questa fase la testa acustica del siluro entra in funzione come ecogoniometro e dopo aver agganciato il bersaglio si dirige verso di esso assumendo i necessari aggiustamenti di rotta con previsioni del futuro punto d’incontro con l’obiettivo prescelto; lo scarto di velocità, stimato in 15 m/sec, tra siluro e bersaglio, è comunque in grado di offrire un periodo di tempo, prima dell’impatto, sufficiente per permettere all’unità subacquea di intraprendere i necessari provvedimenti per evitarlo, generalmente utilizzando tecniche d’inganno, mediante la creazione di falsi echi, che possano confondere e portare fuori rotta l’ordigno, che naturalmente a sua volta è in grado di utilizzare la propria tecnologia per riconoscere l’identità dell’eco del bersaglio per mezzo di particolari analisi spettrale FFT, da cui si riesce a separare il particolare timbro prodotto dal sommergibile; nelle tecniche di lotta è utilizzabile anche quella di lanciare due siluri da posizione distinte in modo da insediare il bersaglio da due direzioni diverse.

 

MEZZI DI SUPPORTO

 

Meno enfatizzati ma non meno importanti sono i mezzi di supporto, che hanno il compito di permettere l’accentramento dei dati, in arrivo dai numerosi sensori, l’elaborazione di tutte le informazioni che possono rivelarsi utili per la condotta operativa; a questo processo concorrono il sistema di comunicazione UHF con le boe sonore, la piattaforma inerziale e l’elaboratore per l’interpretazione dei dati CTS.

 

Marcatori fumogeni e radar sono utilizzati per segnalare la zona di localizzazione del presunto bersaglio, per marcare otticamente o a mezzo radar la zona del contatto.

 

 

 

I VELIVOLI AD ALA ROTANTE NELLA LOTTA ANTISOM

 

La procedura d’impiego degli elicotteri, a causa della diversa tipologia e dimensioni del mezzo impiegato nella lotta antisom, è completamente diverso e rappresenta una valida integrazione all’attività di pattugliamento dei velivoli ad ala fissa che possono operare a grandi distanze, ma che sono comunque sottoposti a lunghi tempi di trasferimento; gli elicotteri possono operare direttamente nella zona operativa decollando dalle proprie unità e coordinando direttamente con loro la lotta antisom.

 

I mezzi ad ala rotante non hanno bisogno d’imbarcare le boe sonore ed il sofisticato sistema di ricezione ed elaborazione dei dati; sono dotati invece di un SONAR da immersione di caratteristiche passive utilizzato come idrofono ed attive come ecogoniometro; il sensore acustico è calato in acqua a profondità varabile per mezzo di un verricello; la condizione essenziale per non compromettere l’ascolto e salvaguardare l’integrità dello stesso sensore è la capacità dell’aeromobile a mantenere la posizione, che in termini tecnici viene definito hovering; questo avviene non per capacità del pilota ma grazie ad un sofisticato sistema di controllo, che permette di correggere velocemente qualsiasi variazioni rispetto al corretto posizionamento dell’elicottero.

 

Elicotteri di medio pesanti, dotati di maggiore autonomia di quelli medi generalmente imbarcati sulle unità antisom, operano da basi a terra e possono integrare in un’area più limitata l’attività dei velivoli ad ala fissa e coordinare con essi le operazioni di ricerca.

 

 

 

glossario

 

clutter (dalla terminologia anglosassone confusione, disordine) disturbo provocato dall’eco di ritorno dal mare, di caratteristiche e intensità estremamente variabile in funzione del moto ondoso del mare che si sovrappone all’eco prodotto dalle unità navali rendendolo difficilmente estraibile ed analizzabile.

 

CTS (Central Tactical System) elaboratore che predispone e visualizzare le tracce fornite dai sensori

 

FLIR (Forward looking infrared) tecnologia di visione che si basa sulla rivelazione delle emissioni sulla lunghezza d’onda dei raggi infrarossi.

 

G.E. (Guerra Elettronica)

 

ETI (Exhaust Trail Indicator) sensibile dispositivo che risale alla seconda guerra mondiale atto ad analizzare la purezza dell’aria e rilevare eventuali tracce di gas di scarico

 

EW (Electronic Warfare)

 

FFT (Fast Furier Transform)

 

MAD (Magnetic Anomaly Detector)

 

SLAM (Submarine Launched Air Missile)

 

SLT (Sonobuoy Launch Tube) tubi per l’espulsione delle boe sonore e delle bombette Julie, posti nella parte inferiore della fusoliera

 

SONAR (Sound Navigation Ranging)

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Il mezzo aereo nella lotta antisom

 

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Un AB-212ASW della Marina Militare in hovering durante la fase di ascolto

con trasduttore acustico calato in mare.

 

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A causa delle anguste dimensioni del Grumman S2-A Tracker, l’alloggio sul retro della gondola motore era

riservato alla collocazione di dieci tubi di espulsione SLT, otto riservati alle boe sonore e due alle bombette Julie;

in alcuni esemplari in seguito a modifica della carenatura delle gondole era possibile una dotazione di sedici boe.

 

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Grumman S2-A Tracker

 

All’inizio degli anni ’70 l’arrivo dei primi BR-1150 Atlantic consentì la graduale radiazione dei Tracker S2-A;

tra febbraio e luglio 1973 sette esemplari vennero radiati per raggiunti limiti delle ore di volo; altri dodici

subirono la stessa sorte il 1° luglio 1975 e gli ultimi 16 furono posti fuori servizio negli anni successivi.

 

 

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  • 2 weeks later...

Breguet BR-1150 Atlantic

 

Nel 1958 la NATO effettuò una specifica richiesta di un nuovo pattugliatore marittimo, che avrebbe dovuto sostituire il

Lockheed P2V Neptune; il progetto del Breguet BR-1150 Atlantic fu giudicato il più idoneo tra quelli esaminati e la

Société anonyme des ateliers d'aviation Louis Breguet, vincitrice della gara e progettista della cellula, divenne capo

commessa di un consorzio europeo, a cui aderirono alcune nazioni interessate per proprie esigenze al nuovo progetto,

che furono: Francia, Paei Bassi, Germania Ovest, Belgio; la Gran Bretagna s’interessò esclusivamente della fornitura dei

motori a turboelica Tyne Rolls Royce; il consorzio diede vita il 2 ottobre 1961 alla Société d'Étude et de Construction de

Breguet Atlantic (SECBAT), che stabilì la suddivisione della partecipazione di tutte le ditte associate: la tedesca Dornier,

incaricata di produrre la parte inferiore dell'aeromobile; la olandese Fokker si occupò delle parti interne delle ali;

la francese Sud Aviation (poi Aerospatiale) fu coinvolta nella produzione delle estremità alari; le francese Snecma,

la tedesca MTU Aero Engines, la britannica Rolls Royce e la belga FN furono incaricate dei motori; la francese Ratier,

produttrice delle eliche; la britannica Hispano Suiza, responsabile dei carrelli di atterraggio.

Il 21 ottobre 1961 il prototipo numero uno effettuò il primo volo; il secondo prototipo, dopo aver effettuato con successo

il volo il 25 febbraio 1962, andò perduto il 19 aprile, senza conseguenze per l’equipaggio, durante un volo dimostrativo

sull’aeroporto di Le Bourget a Parigi; i successivi due prototipi furono dotati di fusoliera più lunga ed ali rinforzati ed ebbero

rispettivamente il battesimo dell’aria a febbraio del 1963 e a settembre del 1964.

L’interesse dell’Italia per un valido sostituto del Grumman Tracker si destò nella metà degli anni ’60, nel pieno del dualismo

tra il Lockheed P-3C Orion ed il BR-1150 Atlantic, il primo dei quali scelto e naturalmente sponsorizzato dagli Stati Uniti;

l’opzione italiana per il bimotore europeo fu certamente buona e fu determinata non per demerito del pattugliatore

americano, dotato certamente di capacità operative superiori, ma piuttosto per le caratteristiche del biturbina europeo

considerate più adatte all’area strategica mediterranea e per le esigenze nazionali; il 25 ottobre del 1968 l’Italia entrò nel

consorzio con la partecipazione di Aeritalia ed Alfa Romeo, firmando un ordine di diciotto velivoli, appartenenti al secondo

lotto e posti in produzione a partire da gennaio del 1972.; il primo dei BR-1150 destinati all’Aeronautica Militare arrivò

presso l’aeroporto di Sigonella il 27 giugno 1972; tutti gli altri vennero consegnati tra il 1972 ed il 1974 e schierati su due

aeroporti; nove esemplari costituirono il 41° Stormo di Catania Sigonella formando l’88° Gruppo; altrettanti esemplari,

inquadrati nell’86° Gruppo, furono assegnati al 30° Stormo di Cagliari Elmas costituito il 1° gennaio 1973. (nota 1)

Si può desumere Il salto di qualità ottenuto con l’adozione dei nuovi pattugliatori, esaminando le quattro missioni

tipiche a cui erano destinati:

 

- Ricerca e salvataggio SAR con possibilità di trasporto dei mezzi di soccorso

- Sorveglianza ed attacco sia in funzione antisom che antinave nell’area assegnata con mantenimento del contatto dell’obiettivo

- Posa di mine trasportate nel vano bombe

- Trasporto di undici persone, oltre ai componenti dell’equipaggio, in cabina pressurizzata con ricambi e materiali di servizio stipati nella stiva

 

Il pattugliatore Atlantic è caratterizzato da una cella a forma di 8, la cui zona superiore, pressurizzata e climatizzata,

è destinata all’attività operativa del personale; quella inferiore, priva di pressurizzazione, contiene le apparecchiature e

la strumentazioni necessarie per le missioni di volo; l’ala bassa possiede un’apertura di 36,30 m e sostiene i propulsori

costituiti da due turbolelica Rolls Royce Tyne – RTy da 6.000 HP; l’equipaggio in condizione di missione tipica è costituito

da 13 persone.

La legge n. 968 del 7 ottobre 1957 fu promulgata per porre fine al contenzioso tra la Marina e l’Areonautica per quanto

riguarda l’impiego dei velivoli ad ala fissa antisom ed impone, con tipica soluzione salomonica, la suddivisione in parti

pressoché uguali di oneri e compiti tra le due Armi. L’Aviazione Antisommergibile è quindi organicamente parte

dell’Aeronautica Militare, mentre la responsabilità operativa è di competenza della Marina Militare; l’integrazione si rende

manifesta dalla diversa tipologia del personale impiegato, costituito da una forza paritetica proveniente in percentuale

uguale dalle due Forze Armate; la competenza dell’Aeronautica Militare riguarda l’assunzione in organico dei velivoli,

inquadrati nei propri reparti di volo, e la manutenzione e l’efficienza degli stessi; in virtù di queste competenze il

comando di Stormo viene sempre affidato ad un ufficiale dell’Aeronautica; la Marina Militare detiene il controllo

operativo dei velivoli, esercitato per delega del CSMM dagli Alti Comandi Periferici e dal Comando in Capo della

Squadra Navale (CINCNAV); nello Stato Maggiore della Marina esiste anche l’Ufficio dell’Ispettore dell’Aviazione per

la Marina (UIAV), il cui preposto è un Generale di Divisione Aerea, che svolge quelle funzioni che permettono ai

Gruppi di operare: efficienza della linea di volo, modifiche tecniche di miglioramento, ottimizzazione della logistica,

relazione con il personale, addestramento e soluzioni di tutte quelle problematiche attinenti l’impiego operativo

dei reparti ed i risultati da raggiungere.

I compiti operativi del BR-1150, in conseguenza del mutato clima militare e politico dell’aera mediterranea e grazie

alle maggiori possibilità operative del velivolo, sono più complesse rispetto a quelli che potevano essere eseguiti dal

Tracker, dotato di capacità operative sensibilmente inferiori; Il Long Range Maritime Patrol (LRMP) riguarda tutti i

compiti che possono essere eseguiti da questo tipo di velivoli in ambiente aero-marittimo attraverso operazioni d’area

e di sostegno diretto; condotte in forma autonoma, possono essere operazioni effettuate in aree nemiche o presunte tali;

in questo caso i voli sono dedicati all’interdizione aerea, che possono essere necessari per proteggere, con un’azione

chiamata “difesa di profondità”, eventuali formazioni navali amiche operanti nell’area interessata; l’attività è sotto il

comando diretto della Marina Militare, che può passare in caso di necessità alla NATO; l’attività del tipo Tactical Air S

upport to Maritime Operations (TASMO) riguarda invece il supporto che gli Atlantic possono offrire ad altri velivoli

amici d’attacco e d’interdizione, effettuando inoltre operazioni antisom ed antinave insieme ad elicotteri ed aliscafi;

oltre ai compiti di ricerca e soccorso in mare occorre segnalare anche quello della posa di mine per la difesa dei

porti e dei passaggi obbligati nazionali.

Ogni Stormo ha un Ufficio Operazioni di Base, comandato da un ufficiale superiore dell’AM, un Ufficio Operazioni di Stormo,

comandato da un ufficiale pari gradi della MM, il comando dello Stormo spetta sempre all’Aeronautica, il personale del

Gruppo di volo è suddiviso a metà da “aviatori” e “marinai”; ogni Atlantic in missione di volo è composto da un equipaggio

di 13 persone: il comandante della missione con compiti di Tactical Coordinator (TacCo); due piloti; due operatori ai

sensori acustici; quattro operatori elettronici addetti al radar, agli apparati ESM e MAD ed alla comunicazioni HF;

due navigatori, un motorista, un meccanico di bordo con compiti di vedetta; per sfruttare al massimo l’efficienza

del personale, le missioni sono limitate a dodici ore, pur essendo l’autonomia del velivolo di diciotto ore. La Marina Militare

si occupa dell’addestramento tattico-operativo del personale, con corsi formativi presso Maricentadd di Taranto;

l’Aeronautica Militare si cura della formazione dei piloti, che raggiungono Sigonella e Elmas dopo aver conseguito il

brevetto presso la Scuola Plurimotori, attualmente sede del 70° Stormo.

La caratteristica fusoliera dell’Atlantic a forma di 8 divide lo spazio in due distinte sezioni: la superiore è pressurizzata

e climatizzata e vi opera l’equipaggio; quella inferiore, non pressurizzata, è costituita dalla stiva idonea a contenere un

massimo di 3.000 Kg di carico bellico. I velivoli italiani possono impiegare bombe, razzi aria superficie, cariche di

profondità di vario tipo, siluri Mk 44 e Mk 46; nel primo periodo di vita operativa degli Atlantic italiani non era prevista

la possibilità d’impiegare missili aria-aria ed aria superficie.

L’apparato MAD, estensibile e posto in posizione caudale è il Crouzet DHAX-1.

L’apparato ESM, costituito da un pod subalare, è costituito da un sistema adatto alle intercettazioni di emissioni

elettromagnetiche, che si stima provengano da fonti nemiche; attraverso l’analisi dei dati ricevuti ed elabotari

è possibile risalire al mezzo che le sta emettendo.

 

(Nota 1) Il 30° Stormo sarà sciolto il 31 luglio 2002 e gli Atlantic trasferiti al 41° Stormo.

 

 

GLOSSARIO

 

CINCNAV (Comando In Capo Navale)

CSMM (Capo di Stato Maggiore Marina)

ESM (Electronic Support Measures)

HF (High Frequency)

LRMP (Long Range Maritime Patrol)

MAD (Magnetic Anomaly Detecto)

SAR (Search and Rescue)

TacCo (Tactical Coordinator)

TASMO (Tactical Air Support to Maritime Operations)

 

 

 

Caratteristiche tecniche

 

 

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Numerazione identificativa assegnata

 

 

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1971-1980 LE NUOVE COSTRUZIONI

Fregate lanciamissili classe "Lupo"

 

Caro Marcello

 

Ancora una volta i piu’ cari saluti ed i ringraziamenti per un lavoro enciclopedico: non si sprecano lodi, valgono solo i riconoscimenti per un’ opera di ricompilazione di riferimento per tutti gli appassionati.

Sempre come testimone diretto di una certa fase di sviluppo della nostra Marina, vorrei aggiungere una altro “pezzo di vita vissuta”, molto poco noto, sulla progettazione ed evoluzione delle Lupo: perdona solo il ritardo nell’ inserirmi, ma i miei impegni di lavoro ed i continui viaggi impediscono una mia partecipazione puntuale.

 

Come ho gia´accennato le LUPO segnarono il debutto dei CNR, con un nuovo cantiere centrato sulla prefabbricazione in moduli e la possibilità di realizzazioni “in serie”, diventando il polo dell’ industria navale (militare), che si espresse nel “Melara Club”, con l’ adozione della formula “chiavi in mano” che segno´ il ritorno, ed il successo, della cantieristica militare sui mercati esteri.

 

Le LUPO rappresentarono, anche a livello mondiale un’ importante evoluzione, dettata anche dalla diretta esperienza dei CNR e della MMI sul disastroso incidente del Belknap al largo di Napoli: si scelse infatti di realizzare le sovrastrutture in acciaio e non in lega di alluminio, , pur riuscendo a contenere il dislocamento ed una opportuna distribuzione dei pesi. Una scelta oculata, al momento tecnologicamente difficile per le lavorazioni di lamierini di acciaio di tipo automobilistico, seguita molto in ritardo da altre marine; una scelta vincente che fu comprovata dai disastrosi risultati alle Falkland delle (allora) concorrenti (sul mercato internazionale) fregate inglesi Tipo 21, le AMAZON, che avevano sovrastrutture in lega di alluminio e minori predisposizioni antimissile, sia attive sia passive, di sicurezza (va anche ricordato che nel tempo le Tipo 21 presentarono anche fenomini di fatica dello scafo, che si dovette rinfore).

Le LUPO che furono progettate, ed addirittura impostate, erano completamente diverse sia da quelle che poi furono varate, e poi quasi subito modificate (riflettendo anche sui miglioramenti apportati per le contemporanee commesse per l´estero, sulla stessa piattaforma): non si tratto’ solo dell’ aggiunta dell’ albero di maestra e della ridistribuzione dell’elettronica, ma della radicale modifica di concetti operativi.

 

Provo ad allegare il profilo originale, di commessa ed inizio della costruzione, gia’ in una prima ipotesi del prolungamento del ponte di volo all’ estrema poppa (e cerchero di caricare l’ immagine appena sapro’ e potro’ destreggiarmi con gli strumenti del caso).

 

Nel concetto di sviluppo delle LUPO per la prima volta dalla fine della 2^GM si penso’ di abbandonare il concetto della polivalenza, piu´ o meno spinta, che aveva caratterizzato la rinascita della Marina Italiana.

Parte fu filosofia operativa, parte fu la lobby cantieristica che – un po’ distante da veri concetti strategici – puntava sulla moda del momento, di unita´squisitamente di attacco, uscendo dalla dilagante moda del momento delle FPB di ridotto tonnellaggio offrendo un’ unita’ di altura.

 

Non dimentichiamo che le LUPO furono progettate e commesse prima dell’ approvazione della Legge Navale, del 1975, (che porto´alle piu´ equilibrate MAESTRALE) e furono concepite per fornire un valido deterrente, di altura, in termini missilistici (l´OTOMAT, alla fine della sua gestazione) ed artiglieresco, tiro di appoggio navale (con il 127/54). Le LUPO non solo si discostavano (ma solo inizialmente) dalla tradizionale attenzione nella capacità antisom ed antiaerea di tutte le piu’ recenti unità della Marina italiana, ma esaltava l’ impiego antinave, con una proiezione offensiva verso unità di superficie con l'impiego di missili superficie-superficie e di un cannone moderno, utilizzabile anche in operazioni di tiro contro costa.

Spiccata capacità antinave, relativa economicita’ con la costruzione modulare ed in serie, che permetteva anche di colmare in tempi ridotti il vuoto di unita´di attacco di altura.

Solo in parte le LUPO si possono considerare uno sviluppo degli ALPINO, a parte le dimensioni esterne si cerco’ di contenere il dislocamento, pur migliorando la tenuta al mare ed adottando nuovi standard di abitabilità; con un salto deciso verso la propulsione a gas, e soprattutto con l´oculata scelta delle TAG LM2500 , si assicuro’ una elevata velocità massima, continuativa e non di solo spunto, necessaria soprattutto per la spiccata vocazione offensiva.

Per l´armamento esistevano ancora dubbi e riserve sullo sviluppo dell’ ASPIDE e si preferì optare per il consolidato ed immediatamente disponibile NATO Sea Sparrow (anche se a scapito dell’ industria nazionale erano evidenti i vantaggi di standardizzazione e logistica in ambito NATO ed i ridotti tempi di messa a punto): la componente elicotteristica fu considerata inizialmente un optional e cosi si ipotizzo´un compromesso, eliminando sistemazioni elicotteristiche complete, limitandosi ad una superficie (ponte volo) ridotta e condivisa, verso proravia con il lanciatore Sea Sparrow. Il ponte di volo non era completo sino a poppa, che risultava simile, per lo spazio di manovra, alla soluzione degli Alpino, anche se in forma piu’ ridotta per l’ assenza del VDS

Tale configurazione fu mantenuta sino ad una fase abbastanza avanzata della costruzione, e complessa e costosa risulto’ la modifica del secondo blocco delle sovrastrutture e quella correlata del ponte di volo, comunque successiva a quella delle sovrastrutture, anche se l´operazione fu facilitata dal parallelo sviluppo delle specifiche richieste dalla Marina Peruviana e dalle trattative con le Marine Venezuelana ed Argentina. Anche questo fu un tasto dolente: dopo un contratto praticamente acquisito per 6/10 ulteriori unita´ per l´Argentina, i disordini al Cantiere del Muggiano in occasione della visita dei vertici della Marina Argentina portarono all’ annullamento delle intese gia definite, ed alla successiva scelta da parte Argentina delle MEKO. Solo molto piu´ tardi, e con esiti rivelatisi poi negativi anche come procedure di contrattazione, la commessa argentina fu compensata dalla commessa irakena, permettendo di “stabilizzare la linea di montaggio” del nuovo cantiere su 18 unita’ simili. Va ricordato che le Fregate da 2400 tonn (questa ra la definizione della classe) venivano offerte sul mercato internazionale in versione da attacco (distinguibile a primo acchito per l’ installazione di 8 OTOMAT) ed in versione elicotteristica/polivalente, distinguibile per l’ allestimento con soli 4 OTOMAT (quelli anteriori)

La modifica delle sovrastrutture poppiere, a partire dal secondo blocco, permise l´installazione di un hangar di tipo telescopico a due sezioni, lo spostamento del complesso Sea Sparrow in posizione elevata, per assicurare un ponte volo rettangolare di circa 24 metri, per tutta la larghezza nave ed esteso sino a poppa estrema. Certamente, a parte l´agibilità del ponte volo non limitata dal VDS, le sistemazioni elicotteristiche delle LUPO furono meno complete e piu´ sacrificate di quelle di Alpino e Carabiniere.

La modifica delle sovrastrutture poppiere, e le esperienze gia’ di costruzione, delle unita´peruviane, porto’ poi alla modifica ed ottimizzazione dei sensori, in fase di lavori di fine garanzia, con l´aggiunta dell’ albero di maestra

 

Un´ultima osservazione, oltre alle motivazioni gia´da te tratteggiate: la scelta – rivelatasi accertata e valida nel corso degli anni – per gli impianti binati da 40/70 mm Breda, integrato nel sistema di difesa CIWS Dardo, rispetto ai complessi Oerlikon-OTO da 35/90 (che si stavano montando sulle corvette WADI destinate alla Libia), fu motivata dalla maggiore efficacia antimissile, con un’ alta flessibilità ed efficienza del munizionamento, non ultimo il fatto che il munizionamento Breda utilizzava sia proiettili a dispersione (sferette particolarmente efficaci nel tiro antimissile) sia spolette di prossimità, al contrario di quello OERLIKON (oltre ad altri problemi operativi di un´arma nata per istallazioni ed impieghi terrestri e non navali).

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Credo che sia ormai abbastanza chiaro il metodo utilizzato per presentare le mie discussioni,

privilegiando essenzialmente la componente fotografica, arricchita comunque da una serie

d'informazioni di diversa natura e provenienza, opportunamente sintetizzate per non appesantire

il lavoro e stimolare l'approfondimento su altre fonti di livello sicuramente superiore a quello da

me proposto; il mio unico rammarico è di non avere personale esperienza sull'argomento,

per cui ricorro a notizie ed informazioni già note ed ampiamente documentate; è per questa

ragione che apprezzo molto l'intervento del comandante Pellicano, che grazie alla sua

personale esperienza diretta di fatti riguardanti le fregate della classe "Lupo" ha potuto

confermare alcune notizie ed aggiungerne altre, di cui non ero a conoscenza; è venuto

incontro alla mia personale intenzione di stimolare approfondimenti su fatti poco noti,

che potrebbero inesorabilmente sfuggire attraverso le larghe maglie del tempo.

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Caro Marcello

 

Ancora una volta hai dato nel segno: per molto tempo, dai tentativi pionieristici di “Le Vie del Mare” che videro gli esordi di Giorgerini e Nani a fine anni 50 (e con un mezzo, la rivista che non permetteva l’ interazione) mancava chi proponesse una rivisitazione della storia recente, ma soprattutto della vita vissuta nella Marina ed intorno alla Marina che solo la documentazione fotografica che tu hai raccolto e messo a disposizione poteva dare

Il tuo lavoro e’ certamente risuscito a stimolare un lavoro di gruppo e la messa in comune di informazioni che erano un geloso tesoro di molti, ma non patrimonio di tutti: occorre secondo me continuare su questa strada che tu non solo hai aperto e non solo stai stimolando, ma coordinando nella maniera piu’ opportuna ordinando e catalogando le informazioni, arricchendole e facendole arricchire ad ogni momento.

E’ responsabilità di chi come me ha risorse (e riserve di caccia e di ricordi) metterle in comune, porle all’ attenzione ed a disposizione di chi ha saputo tracciare non uno cammino, ma dare un contributo concreto a quella scuola di pensiero che tanto e’ mancata al nostro pensiero navale.

Non devi avere nessun rammarico, l’ amore che tu dimostri per la nostra Marina, e la capacita’ di proporre, vanno ben oltre e valgono molto di piu’ di personali, specifiche e puntuali esperienze

Credo che in Betasom si sia raccolta e si stia ampliando una platea di appassionati ed esperti, via via piu’ esperti, che non si spaventano per gli approfondimenti, che certamente non costituiscono un appesantimento, cosi come ritengo che questo foro sia piu’ che maturo, grazie anche a persone come te, per stimolare dibattiti, in tempi reali come sono questi topics, dove possono interagire persone con diversi livelli e settori di conoscenza, a beneficio di un patrimonio comune

Grazie ancora

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Elicottero Sikorsky SH-34G/J (HSS-1/1N)

 

Nel 1971 il 1° Gruppo elicotteri, costituito dagli esemplari rimasti in servizio degli SH-34G/J, fu trasferito dall’aeroporto

di Catania Fontanarossa all’eliporto di Luni a La Spezia; non più utilizzati nella lotta antisom furono prevalentemente

impiegati per le esigenze del Comsubin (Comando Subacquei Incursori) e del Battaglione San Marco.

 

 

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Elicottero Agusta Bell AB-204AS/ASV

 

L’1 marzo 1976 veniva ufficialmente costituito presso l’aeroporto di Grottaglie, che all’epoca era gestito dall’Aeronautica

Militare, il 4° Gruppo Elicotteri al comando del C.F. pilota Ernesto Pellegrino; alla Marina Militare era stata destinata una

piccola aerea adiacente alla Strada Statale 7 “Appia” tra San Giorgio Jonico e Grottaglie; il Gruppo iniziò ad operare con

il primo AB-204 (esemplare 3-31), preso in carico contabile il 12 aprile 1977; il 1° marzo 1979 veniva invece costituita

Maristaeli Grottaglie. La decisione di tenere due gruppi di volo: il 5° a La Spezia ed il 4° a Grottaglie era dettata

dall’esigenza di creare due nuclei operativi di volo molto vicini a ciascuna delle due divisioni delle principali basi navali

della Marina, con il compito di provvedere alla logistica ed alla manutenzione dei mezzi imbarcati.

La sostituzione degli AB-204 con gli AB-212 nel corso degli anni ‘70, fu dettata dalla necessità da parte della Marina Militare

di dotarsi di una macchina di caratteristiche più adatte per i compiti da assolvere, soprattutto in virtù dell’adozione di due

propulsori, che accrescevano notevolmente la componente di sicurezza del nuovo mezzo. Sette esemplari degli AB-204

furono persi nel corso della loro breve vita operativa; quindici furono ceduti al Ministero degli Interni ed utilizzati nella

lotta antincendio dai Vigili del Fuoco; il resto continuò ad operare in altri compiti ed utilizzati per le esigenze del Comsubin

e del Battaglione San Marco; cinque fortunati esemplari sono rimasti a testimonianza della loro presenza nella storia

dell’Aviazione della Marina come cimeli e custoditi in diversi aeroporti italiani.

 

Glossario

Maristaeli (Marina Stazione Elicotteri)

Comsubin (Comando Subacquei Incursori)

 

 

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Elicottero Agusta-Sikorsky SH-3D/SH-3H

 

L'origne dell'elicottero medio-pesante SH-3, che nella versione civile è conosciuto come S-61,

risale al 1957, allorché la U.S.Navy commissionò all'industria aeronautica Sikorsky lo studio e lo sviluppo di

un velivolo ad ala rotante del tipo hunter-killer per l'impiego antisommergibile ogni-tempo e dotato di buona

autonomia e capacità di neutralizzazione dei battelli nemici; il progetto fu sviluppato dal monoturbina S-62,

che nella versione militare aveva dato origine all'HH-52, adottando alcune soluzione per venire incontro

alle richieste della committente: fusoliera di maggiori dimensioni, adozione di due turbine, rotore pentapala;

denominato secondo la vecchia nomenclatura HSS-2, il primo prototipo XHSS-2 (147137) ebbe il battesimo

dell'aria l'11 marzo 1959 e a giugno del 1961 iniziarono le consegne dei primi esemplari, che a partire dal 6 luglio 1962

ricevettero la nuova designazione SH-3A. Si trattava indubbiamente di una macchina assolutamente valida, che diede

origini a diverse versione, la cui licenza di costruzione fu richiesta da diverse industrie aeronautiche, che ne permisero

una notevole diffusione sia sul continente europeo che quello asiatico. Essendo ormai improragabile per la Marina italiana

la necessità di rinnovare la linea di volo degli elicotteri medi, costituita dagli ormai inadeguati Sikorsky SH-34J,

giacché le caratteristiche operative del modello G erano ancora più carenti, spinse l'emergente industria italiana

Agusta ad acquisire nel novembre del 1965 la licenza di costruzione dell'SH-3D; la conseguenza di questa importante

iniziativa fu la sottoscrizione da parte della Marina Militare di un primo ordine di 24 esemplari. Nel 1969 il primo nucleo

di piloti si recò negli Stati Uniti per acquisire l'abilitazione alla nuova macchina e le consegne dei primi elicotteri furono

effettuate nel 1969 e furono distribuiti tra i due nuovi Gruppi di volo da poco costituiti; il 3° Gruppo che iniziò ad operare

a Catania Fontanarossa nel maggio 1968 ed il 5° Gruppo nato il 1° novembre 1969 sull'eliporto di Luni Sarzana a La Spezia.

Grazie alle caratteristiche operative del nuovo elicottero fu possibile utilizzare il Sea King in due distinti ruoli,

diventando l'anello di congiunzione mancante tra l'Atlantic, di nuova assegnazione, e l'elicottero medio costituito

dall'AB-204 prima e dall'AB-212 poi; la capacità di carico e l'autonomia di sei ore con un raggio

d'azione di 1.000 Km rendeva possibile l'SH-3D/H di poter operare da basi a terra per il pattugliamento marittimo,

con procedure analoghe ai BR-1150, per cui era stato dotato, oltre al sonar da immersione a profondità variabile,

anche di boe sonore; contemporaneamente poteva essere impiegato a bordo delle unità maggiori, dotate di hangar

adatto per il ricovero, con le stesse procedure degli elicotteri medi.

 

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L' SH 3D SEA KING è stato (e lo è ancora!) un gran elicottero! SEA KING di nome e di fatto!

 

:s20: GRAZIE, BUFFOLUTO, :s20: per questa monumentale rassegna fotografica delle nostre navi e mezzi aerei: sicuramente la più completa che attualmente si trovi in Internet! :s20:

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  • 2 weeks later...
L' SH 3D SEA KING è stato (e lo è ancora!) un gran elicottero! SEA KING di nome e di fatto!

 

:s20: GRAZIE, BUFFOLUTO, :s20: per questa monumentale rassegna fotografica delle nostre navi e mezzi aerei: sicuramente la più completa che attualmente si trovi in Internet! :s20:

 

Dopo aver incassato i complimenti Alfabravo 59, che ringrazio, con rinnovata carica mi accingo alla stretta finale di questa discussione.

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Elicottero Agusta-Bell AB 212

 

Dalla cella del monoturbina B-205 Huey, l’industria aeronautica Bell sviluppò un nuovo modello dotato di due propulsori,

denominato B-212 Twin Huey e particolarmente adatto al trasporto medio sia civile che militare; la modifica principale,

rispetto al modello base, era rappresentata dall’adozione di un gruppo motopropulsore Turbo Twin Pack PT6T-3,

costruito dalla United Aircraft of Canada Ltd, formato da due turbomotori montati affiancati ed accoppiati ad un

unico riduttore; nel 1968 fu il prototipo effettuò il primo volo.

 

La Società Agusta di Cascina Costa vanta invece il merito di aver sviluppato la versione antisom di questo nuovo

elicottero biturbina; per venire incontro alla decisione della Marina italiana di sostituire l’AB-204 e per le esigenze

militari di altre nazioni interessate al progetto, nel 1969 acquisì la licenza per la costruzione del B-212 ed avviò

il programma di adattamento per una versione antisommergibili; nel 1972 il prototipo dimostrativo, iscritto nel

registro dell’Aviazione Civile come I-AGUR, che fin dal 1971 aveva iniziato voli di prova, fu allestito nella versione

antisom ed iniziò un’intesa attività promozionale a beneficio delle nazioni interessate alla sua acquisizione;

il velivolo fu infine adottato dalle Marine: italiana, spagnola, greca, venezuelana, peruviana e turca.

 

A partire dal 1974 la MMI acquistò 67 macchine utilizzate nelle seguenti versioni:

 

AB-212 ASW

per l’impiego antisom, equipaggiato con radar di scoperta SMA MM/APS-705 e risponditore di bordo MM/UPC-719;

sonar ad immersione Bendix AQS-13B(D); MAD a rimorchio AN/ASQ-81; 16 boe sonar; radar Doppler di navigazione;

FLIR STAR SAFIRE II; sistema di controllo automatico del volo AFCS; due siluri A-244 (oppure del tipo Mk. 44-Mk 46).

 

AB-212 ASuW

per l’impiego antinave, armato con due missili aria/superficie AS-12.

 

AB-212 ECM/ELINT Gufo

dopo l’acquisizione cinque esemplari (7-47,7-53, 7-54, 7-55, 7-56) degli ultimi due lotti furono trasformati nella

versione ECM/ELINT Gufo; considerandolo lo specifico ruolo assegnato a questa categoria di velivoli, la cortina

di segretezza che li avvolge è impenetrabile; per avere una semplice idea dei compiti da assolvere è sufficiente

analizzare il significato degli acronimi ECM ed ELINT:

 

L’acronimo ECM indica un dispositivo elettrico od elettronico designato ad ingannare o deludere radar, sonar e vari

dispositivi di scoperta del tipo ad raggi infrarossi o laser; può essere utilizzato in funzione offensiva e difensiva per

negare informazioni riguardo la propria posizione al nemico; è possibile per esempio dare impressione all’avversario

di essere in presenza di molti bersagli separati oppure rendere la propria posizione evidente o nascosta ed in posizioni

diverse con modalità randomica; è usato per proteggere il velivolo da missili guidati; in fase offensiva può creare Jamming,

costituito da dispositivi in grado di disturbare i segnali radio del nemico sovrapponendone un altro con identica frequenza

e con la stessa modulazione; in fase difensiva lo stesso Jamming può disturbare il sistema di autoguida di un missile

durante l’avvicinamento finale.

 

L’acronimo ELINT rappresenta un sistema molto più complesso da spiegare e tenuto ancor più segreto; si tratta di

raccogliere ed analizzare dati di natura elettronica utili in caso di conflitto, che non siano quelli inerenti le comunicazioni

per il quali s’interessa il COMINT; la metodologia di lavoro prevede che i segnali vengano identificati e catalogati,

confrontando i parametri raccolti con quelli inseriti nella banca dati; emittenti con parametri differenti da quelli archiviati

vengono classificate come nuove; lo scopo principale delle attività ELINT è quello di acquisire dati utili in caso di conflitto,

individuando l’esatta posizione di batterie di missili, artiglieria antiaerea, postazioni radar ed altro; conoscendo

caratteristiche e posizione di questi sistemi è possibile pianificare azioni in modo da evitare le aree più critiche e

dotarsi delle contromisure elettoniche e Jamming più adatti; gli elicotteri destinati alla versione Gufo sono stati privati

delle apparecchiature ASW e ASuW e dotati del sistema ESM/ECM ELT-165.

 

AB-212 NLA

Otto macchine sono state trasformate nella versione NLA in supporto al Battaglione San Marco; sbarcati tutti i sistemi

ASW e ASuW i velivoli furono dotati di apposita corazzatura, predisposti per il volo con navigatore, dotati di due

mitragliatrici MG; razzi da 70 mm HL 19-70 e mitragliatrici Browning da 12,7 mm.

Ufficialmente il Nucleo Lotta Anfibia venne ufficialmente costituito il 1° febbraio 1994 ed aggregato

al 4° Gruppo elicotteri di Grottaglie.

 

Glossario

 

AFCS (Automatic Flight Control Systema)

AS (Anti Submarine) sostituita dalla sigla ASW

ASV (Anti Surface Vessels) sostituita dalla sigla ASuW

ASW (Anti Submarine Warfare)

ASuW (Anti Surface Warfare)

COMINT (Communications Intelligence)

ECM (Electronic Countermeasures)

ELINT (Electronic Intelligence)

FLIR (Forward Looking InfraRed)

MAD (Magnetic Anomaly Detector)

NLA (Nucleo Lotta Anfibia)

 

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Armi navali periodo 1971-1980

 

Missile superficie aria RIM-2 Terrier

 

Il missile RIM-2 Terrier, di tipo SAM e della categoria “T” (Talos, Terrier, Tartar), fu il primo missile superficie-aria ad entrare in servizio;

era un’arma a medio raggio e dotato di struttura aerodinamica molto evoluta grazie alle alette che la percorrevano per tutta la sua lunghezza

e le superfici di controllo in coda; il missile era dotato di razzo d’accelerazione con una gittata iniziale di 18 Km. ma le ultime versioni raggiunsero i 74 Km.

Il prototipo venne designato SAM-N-7 Terrier, montato per la prima volta nel novembre 1949 e lanciato il successivo 16 febbraio al poligono di China Lake.

Il nuovo missile fu sviluppato in fretta, approntato nel 1953 e denominato BW-1; sperimentato nel 1954 a bordo della corazzata Mississipi nel 1956

entrò per la prima volta operativo a bordo degl’incrociatori, appositivamente trasformati, Camberra e Boston; la costruzione del misile venne affidata

alla Convair, in seguito confluita nella General Dynamics.

La prima versione costruita in serie fu il RIM-2C; il missile era caratterizzato da una struttura in acciaio tubolare con la punta non eccessivamente

appuntita, come quella relativa agli armamenti terrestri, tipica dei MIN-14 Nike Hercules.

Il sistema di guida era costituito da un fascio direttore radar, naturalmente molto stretto, al centro del quale il vettore era guidato verso il bersaglio

entro cui poteva effettuare le opportune manovre per tenersi al centro del fascio radar.

Il Terrier aveva struttura alare cruciforme, che si estendeva per circa la metà della lunghezza del corpo e caratterizzata da ridotta apertura, in maniera

da ridurre la resistenza aerodinamica, ma dotata di notevole portanza.

Altre quattro alette cuneiforme e disposte a croce nella zona inferiore servivano per le manovre di direzione.

La maggiore gittata rispetto all’analogo Tartar era assicurata dall’adozione di un booster di accelerazione, con diametro maggiore del corpo del missile

e quattro grandi alette stabilizzatrici e un razzo a propellente solido; la testata a frammentazione pesava circa 100 Kg ed era sistemata nella parte centrale dell’arma.

La rampa di lancio più impiegata fu il modello Mk 10, stabilizzata contro rollio e beccheggio e dotata di due bracci per ospitare una coppia di missili,

che potevano essere lanciati e guidati simultaneamente sullo stesso bersaglio o su bersagli diversi, grazie alla guida svincolata di due illuminatori radar;

il caricamento era effettuato dal deposito sottostante, che conteneva 60 missili stipati verticalmente con una cadenza di lancio di 4 ordigni al minuto.

La prima versione era il SAM-7-N BW-0 poi RIM-2A; BW sta per Beam riding Wing controlled, il cui termine spiegava letteralmente in maniera molto

semplice che il missile cavalcava il fascio e controllava e correggeva la rotta con l’ausilio di sensori che trasmettevano alle alette le opportune correzioni.

La seconda versione BT-2 divenne poi RIM-2B ed era in grado d’ingaggiare solo aerei subsonici.

Il BT-3, divenuta poi RIM-2C, fu la prima versione effettivamente operativa entrata in servizio nel 1956; dotato di motore più potente in grado di sviluppare

una velocità di mach 3, con struttura aerodinamica rimaneggiata, con portata fino a 27 Km.

La versione BT-3A, poi RIM-2D, entrata in servizio nel 1958, introdusse una novità in quanto poteva essere utilizzato contro unità di superficie,

a patto che fossero visibili ai radar guida-missili; la portata era di 37 Km.

La BT-3(N) poi RIM-2(N) era la versione nucleare della RIM-2D; aveva una carica a fissione W45 da 1 Kt.

Una nuova versione del Terrier chiamata prima HT-3 e poi RIM-2E era caratterizzata da una guida semiattiva (H sta per Homing, ossia capacità di

autoguidarsi sul bersaglio), sviluppata subito per il Tartar; la gittata era di circa 37 Km.

La successiva versione HTR-3 (R stava per retrofit), poi RIM-2F, era caratterizzata da una gittata di 75 Km.

 

Specchio riassuntivo:

 

(SAM-N-7)BW-0/RIM-2A versione base; guida su fascio; mach 1,8; tangenza 1.500-12.000m; gittata 19 Km.

(SAM-N-7)BW-1/RIM-2B miglioramento della versione precedente

(SAM-N-7)BT-3/RIM-2C prima versione operativa entrata in servizio nel 1956; mach 3; gittata 27 Km

(SAM-N-7)BT-3A/RIM-2D anche capacità antinave in servizio dal 1958; gittata 37 Km

(SAM-N-7)BT-3(N)/RIM-2(N) versione nucleare con basso potenziale con caratteristiche uguali al RIM-2D

(SAM-N-7)HT-3/RIM-2E guida radar semi-attiva, che permetteva migliori prestazioni a bassa quota

(SAM-N-7)HTR-3/RIM-2F retrofit del RIM-2E con motore di sostentamento e batterie potenziati con gittata di 74 Km, prodotto fino al 1966

 

nota: la designazione SAM-N-7 non veniva mai indicata; la nuova designazione RIM-2 venne introdotta nel 1963

 

 

Missile superficie aria RIM-24 Tartar

 

Il RIM-24 Tartar della General Dynamics (Convair) era un missile SAM (superficie aria) a medio raggio per uso navale; fu il terzo della generazione

denominata 3T dopo il RIM-2 Terier e il più vecchio RIM-8 Talos.

Entrato in servizio nel 1962, fu sviluppato per la necessità di un sistema più leggero, per essere impiegato su unità più piccole rispetto agli incrociatori;

in effetti è semplicemente un RIM-2C Terrier senza il booster secondario; il Tartar non ha mai avuto la designazione SAM-N-x ed era conosciuto come

Mk 15 fino al 1963 (nota 1); la caratteristica principale del Tartar rispetto al Terrier era il sistema radar di autoguida semi attiva, che permetteva

l’ingaggio di velivoli a bassa quota; la velocità di mach 1,8.

Fu impiegato con rampe di lancio binate Mk 11, Mk 13 ed Mk 22, mentre sui cacciatorpediniere italiani le rampe erano singole; i programmi di miglioramento

si fermarono al RIM-24C perché ulteriori aggiornamenti furono cancellati in seguito all’avvento dello Standard RIM-66.

Il primo prototipo fu lanciato nel 1958 e dopo un lento e difficile periodo di valutazione il RIM-24A fu dichiarato operativo nel 1962, era dotato di doppio

propulsore alimentato con combustibile solido; poteva raggiungere un’altitudine tra 15 e 15.000 m (50-50.000 ft) e una gittata tra 1,8 e 14 Km (2.000 yds – 7,5 nm).

La versione migliorata RIM-24B, prodotta tra il 1961 ed 1l 1963, ebbe un nuovo sistema di ricerca, un radar a scansione elettronica ec una testata più letale;

un nuovo propulsore gli permetteva di raggiungere un’altitudine massima di 20.000 m (65.000 ft) ed un raggio di 30 Km (16 nm).

Molti missili furono modificati con il programma TRIP e furono designati RIM-24C; essi avevano elettronica a stato solido ed un migliore sistema ECCM

e capacità di ingaggiare bersagli multipli, che naturalmente dava possibilità di tenere sotto controllo più di un bersaglio per poi optare per quello più conveniente;

furono conosciuti anche come ITR; l’esigua riduzione di peso, ottenuta con la nuova tecnologia, comportò comunque un aumento della gittata a 32 Km (17,5 nm);

tutti i missili Tartar ebbero capacità superficie-superficie con effettiva gittata di circa 18 Km (20.000 yds)..

 

Nota 1 Il 6 luglio 1962 il Dipartimento della Difesa degli U.S.A. unificarono la designazione del materiale militare Army-Navy-Air Force.

 

BW (Beam riding, Wing controlled)

ECCM (Electronic Counter Counter Measures)

ITR (Improved Tartar Retrofit)

SAM (Surface to Air Missile) definizione del missile superficie aria

SARH (Semi-Active Radar Homing) sistema di autoguida semi attiva

TRIP (Tartar Reliability Improvement Program)

 

Fonti consultate: wikipedia.org, designation-system.net

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