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Angerà I Ricordi Di Un Prigioniero Di Menelik


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Titolo: Angerà i ricordi di un prigioniero di menelik

Autore: Giovanni TEDONE

Casa editrice: Giordano Editore

Anno di edizione: 1964

Pagine: 240 con 2 cartine e numerose foto ft

Dimensioni: 21,5 X 15 (8°)

Prezzo originario: Lire mancante

Prezzo: Euro 35

Reperibilità: molto rara

Sinossi: l’angerà, che fornisce il titolo al libro di memorie di Giovanni Tedone è il pane etiope. Un pane amaro, perché viatico della prigionia in quella remota terra. Sergente dei bersaglieri Tedone partecipa alla giornata di Adua del I marzo 1986.

« I ricordi di un prigioniero di Menelik », nell'edizione originale curata dal periodico di vita militare «Il Sottufficiale Italiano », non furono accolti da un sensibile interesse di critica e di lettori, nel 1915 le vicende africane erano alle spalle e l’intervento nella I guerra mondiale imminente.

Il libro racconta vissuto e sofferenze di quei nove mesi. Il combattimento risolto in una carneficina; i compagni visti cadere ad uno ad uno; i morti evirati; gli ascari mutilati di un piede e di una mano; la regina Taitù in corteo dopo la vittoria. Poi, la lunga marcia con l'esercito del Negus, ribollente torrente umano, fino ad Addis Abeba; il continuo peregrinare, i paesaggi, la fame, le belve, i costumi locali, le donne; la giustizia amministrata sotto l'albero del sicomoro, col giudice che sbrigativo ordina al boia di mozzare la testa all'imputato. Infine, la lunga attesa della liberazione; gli incontri tra i prigionieri che avvengono per spazi immensi, come dilatati in una dimensione fantastica; e il ritorno in patria, dolente, amaro, con le polemiche sulla disfatta e il perché e il come i prigionieri fossero vivi e non morti.

Il libro è nato da questa esperienza, tutta umana, affidata a qualità di scrittura non catalogabili certamente in alcun schema letterario. In un'epoca di facili esotismi, non indulge alla meraviglia, alla eccezionalità dei luoghi e degli avvenimenti.

Adua, difatti, che il Tedone con tanta puntigliosa precisione rievoca, è stata ben più di una disfatta militare. Il naufragio, piuttosto, di una politica coloniale incerta, avventurosa, a volte persino infantile. La notizia del massacro aveva sconvolto l'Italia. Crispi s'era dimesso senza neppure osare di affrontare il parlamento in subbuglio; nelle strade c'erano stati scontri sanguinosi tra i lavoratori, con alla testa i primi socialisti, e le truppe regie; Barattieri, il generale della sconfitta, era stato giudicato da una corte militare. Assolto, sì, ma non senza l'ombra di un grave biasimo. Una pagina che la classe dirigente aveva poca convenienza certamente a riaprire.

Un libro denso quello di Tedone lontano ma attuale, che richiama il nostro passato coloniale ma anche le missioni italiane all’estero dei nostri giorni.

 

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Un'immagine della battaglia di un pittore etiope

"falcia, falcia mitraglia il grano che l'Italia piantò in Eritrea venne Menelik e lo donò agli uccelli"

recitavano i cantastorie sulle piazze delle città e dei villaggi.

Modificato da dieblaureiter
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