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Il Conte Grande E Il Turismo Transatlantico


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Riporto integralmente l’articolo del luglio1928 del mensile “Le vie d’Italia” (Rivista mensile del Touring Club Italiano) sull’entrata in servizio del piroscafo transatlantico « CONTE GRANDE». Se questo tipo di comunicazioni ci portano in un passato oramai remoto. I passi legati agli svaghi e ai confort a bordo richiamano le moderne navi da crociera cui queste navi nulla hanno da invidiare. Nei prossimi giorni collocherò altro materiale d’epoca sull’argomento.

 

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VEDUTA DI NEW YORK DALL'INGRESSO DEL PORTO (NORTH RIVER).

 

NOTE DI TURISMO TRANSATLANTICO

GENOVA - NAPOLI - NEW YORK

 

Genova - Napoli - New York e viceversa.

QUESTE note traggono motivo dal recente viaggio inaugurale del « Conte Grande », nuovo magnifico piroscafo del « Lloyd Sabaudo » che ripete le linee e i pregi del già famoso « Conte Biancamano », e vogliono essere una gradita constatazione del sempre più largo predominio che la marina mercantile italiana va acquistando nei trasporti fra l' Europa e gli Stati Uniti. Esamineremo in seguito le ragioni di questa vittoriosa affermazione. Vivissimo è intanto il nostro compiacimento nel rilevare come le più alte personalità del mondo politico e finanziario nord-americano preferiscano ormai indirizzarsi ai nostri porti, su navi nostre, anziché a Cherbourg, Southampton, Amburgo, con transatlantici stranieri che pure vantano una stazza maggiore e una maggior velocità.

La rotta di questi, svolgentesi a nord, verso la Manica, è più breve di quella meridionale che, attraverso lo stretto di Gibilterra, conduce a Napoli ed a Genova. Per arrivare a questi ultimi porti occorrono da venti a quarant'ore di navigazione in più: ma il tempo maggiore è spesso compensato dal migliore stato del mare, dalle migliori condizioni atmosferiche.

È compensato, in fine e sempre, dal punto d'arrivo. Quale altro porto può, dal lato pittoresco, paragonarsi coi nostri porti mediterranei? E non è, di per se stessa, una singolare prerogativa di queste linee di navigazione l'unire fra loro, senz'alcuno scalo intermedio, terre così difformi e di consentire ai viaggiatori un confronto diretto fra due città, d'arrivo e di partenza, che non potrebbero essere più rappresentative di due razze diverse, di due opposti mondi?

Talvolta questi nostri piroscafi delle linee del Nord passano fra le isole Azzorre, talvolta piegano verso il sud per toccare Madera: e, mentre normalmente si fermano per brevi istanti nella rada di Gibilterra, qualche volta invece costeggiano il continente africano, facendo scalo a Tangeri o a Ceuta o ad Algeri. Quelle traversate hanno, allora, eccezionalmente, il carattere di crociere: e raccolgono una clientela speciale che spesso non compie nemmeno tutto l'intero percorso.

Ben di rado sono turisti quelli che dalla nostra penisola muovono verso la terra americana. Lo sono al contrario, in grandissima maggioranza, i passeggieri di classe che, saliti sul piroscafo a New York dal pier dell' Hudson River, ne scendono al molo dell'Immacolatella a Napoli o al Ponte dei Mille in Genova. A questi è consentito un trapasso di visioni senza uguali nel mondo: ed è in questo contrasto di panorami, ripeto, una delle attrattive più apprezzate dall'elemento intellettuale americano.

 

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L'ARRIVO A NEW YORK DI UN PIROSCAFO ITALIANO.

 

Genova è veramente una città superba. Dal mare l'occhio non sa distinguere dove possano essere segnati i confini del suo recentemente ingrandito territorio comunale; sulla dirupata riva come sul verde declivio delle colline è un ininterrotto succedersi di case e di ville dai vividi colori; i sobborghi sembrano spingersi da un lato sin dopo Voltri e dall'altro sin quasi al promontorio di Portofino. Il nucleo centrale della città racchiude e quasi nasconde in sè il pur vasto specchio dell'antico porto, e appare veramente, come dice il Poeta, un « marmoreo gigante » che si erige

 

Da quegli scogli onde Colombo infante

Nuovi pe 'l mar vedea mondi spuntare.

 

Genova, com'è noto, è il porto d'armamento di gran parte dei nostri transatlantici: ne è il punto di partenza e di approdo finale. I viaggiatori americani, però, sono spinti nei loro abituali itinerari a trascurarla, scendendo a Napoli. Si calcola che a Napoli sbarchi normalmente il 95 per 100 dei viaggiatori, di qualsiasi classe, provenienti dagli Stati Uniti. Ciò si spiega col fatto che di là i tu-risti possono più agevolmente iniziare un viaggio attraverso tutta l'Italia, e poi ancora con un altro rilievo statistico : l'emigrazione italiana nel Nord-America, e quindi anche il ritorno temporaneo o definitivo di nostri connazionali, è in prevalenza di meridionali. Una statistica ufficiale americana precisava che, nel 1920, di 97.880 emigranti italiani sbarcati a New York, 84.882 provenivano dalle nostre provincie meridionali.

 

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IL GRANDE CAMINO NELLA SALA DEI FUMATORI DEL « CONTE GRANDE».

 

Le due metropoli.

Non istituiremo noi, italiani, un confronto fra i nostri due massimi porti. Un confronto lo fanno istintivamente i viaggiatori fra Napoli e New York, le due metropoli poste a 4000 miglia marine di distanza, sullo stesso identico parallelo.

A chi viene d'oltre Oceano l'Italia non potrebbe presentarsi, del resto, in modo migliore. Sia che il piroscafo passi tra l'isola di Capri e la penisola Sorrentina, sia che costeggi la vulcanica isola d’Ischia col suo fiero castello aragonese che ospitò Vittoria Colonna, l' isola minore di Procida, il capo Miseno e la punta di Posillipo, risonante nei ricordi musicali di tutti gli uomini d'ogni emisfero, difficile è dire l'emozione che provoca in tutti lo sconfinato panorama di quella città cui sovrasta il fumigante cono del Vesuvio. È una visione che varia secondo le luci del giorno e la trasparenza dell'aria: e raramente è guastata da nebbie o vapori. Talvolta, nell'ore pomeridiane, lo sfolgorio del sole sembra avvolgere la città in un pulviscolo d'oro; e chi così l'ha vista, non può sognare un incanto maggiore. Aggiungete a tanta bellezza di natura il ricordo del grande passato storico, dei tesori d'arte racchiusi ne' suoi musei, della festosità istintiva de' suoi abitanti, e comprenderete la letizia che tutti prende nell'appressarsi a un tal lido.

A New York non si arriva con uno spirito uguale. La portentosa metropoli stupisce per l'insolita mole della sue costruzioni; la si ammira per questi suoi ardimenti e per l'intensità del traffico che d'ogni parte vi si rivela: ma la si avvicina con qualche trepidanza quasi che il turbine di vita che vi circola possa malamente investirci e travolgerci.

Al principio del secolo New York era ancora una città piatta e bassa, quasi invisibile dal largo. La statua della Libertà giganteggiava veramente all'ingresso del suo porto. L'imponenza di questo moderno colosso di Rodi è oggi alquanto sminuita. Quando, al termine della traversata atlantica, si avvista l'America, le prime..., montagne ad apparire sono i grattacieli: poi, a quella statua mastodontica si passa vicino quasi senz'avvedersene.

I grattacieli sembrano immensi alveari umani; ed anche nell'interno le stanze hanno l’uniformità dei favi. Vi si giunge per corri doi oscuri, dopo essere saliti nella cassa di ascensori, cui si accede da anditi senza finestre. Dappertutto, per tutte le ventiquattr'ore del giorno, luce elettrica. Nei negozi, specialmente di mode, non si è sentita forse la necessità di procurarsi una luce di sole artificiale? In tanta stranezza di forme edilizie la vita non può essere simile alla nostra, e non lo è. Le case si costruiscono così perché così sono richieste dai bisogni del luogo e dell'ora. Si dice che i grattacieli sono edifici che non potranno sfidare i secoli: si dice anzi che già ne è previsto l'abbattimento dopo un certo numero d'anni. L'America lavora per il presente, non per i posteri. Fa bene o fa male? Chi lo sa? Noi, per tradizione, amiamo le opere destinate a durare.

Le amiamo tanto che a Napoli le cose più preziose son quelle rinvenute sotto le ceneri di antiche eruzioni. E siamo tanto attaccati ai ricordi, anche visivi, delle nostre bellezze naturali da comprendere come qualcuno possa aver pianto quando, in uno de' suoi ultimi spasmi eruttivi, il Vesuvio perdette il cono terminale e apparve mozzo, con una vetta meno puntuta e ardita della precedente.

 

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IL MAESTOSO SALONE DA PRANZO DEL «CONTE GRANDE».

 

Ma le due metropoli, che sono agli estremi della linea di navigazione presa qui in esame, hanno differenze ben più profonde di quel che si deduca da un primo sguardo complessivo della loro postura e dei loro monumenti. Non diremo che Napoli rappresenti il passato di fronte a New York, che riassume in sé in forma quasi parossistica tutte le tendenze della civiltà moderna. La Napoli d'oggigiorno è già differente assai da quella che conoscemmo qualche lustro fa; eppure anch'essa, in forma forse esagerata e paradossale, può rappresentare, agli occhi del turista americano, quella che è la filosofia della vita della nostra antica razza.

Fra il popolo che lavora in modo frenetico, senza posa, per amor di lucro rapido e copioso, e quello che non vuol rendere meccanica la sua opera, che si accontenta del poco guadagno e sa concedersi un onesto riposo nella contemplazione del suo cielo, c'è di mezzo ben altro che il mare. Non peseremo i pregi dell'uno e dell'altro popolo: non indagheremo quale dei due possa considerarsi realmente il più felice: né oseremo dire quale sia in definitiva la concezione filosofica della vita destinata a trionfare nel futuro. Molto hanno da apprendere i nostri giovani che attraversano l'Atlantico; ma la saggezza dei nostri vecchi ha dettato, pei vicini e pei lontani, insegnamenti ancora insuperati.

 

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«CONTE GRANDE» - UN ANGOLO DELLA SALA DI RITROVO E DI CONVERSAZIONE.

 

Il turista americano.

In generale si ha degli americani, e intendiamo dire degli americani che viaggiano, un'idea assai imprecisa. Si giudicano ancora da molti, in massa, sulla falsariga di una farsesca letteratura francese. Nulla di più errato. Come fisicamente riuscirebbe pressoché impossibile desumere e precisare un tipo caratteristico fra tanto incrocio di razze diverse, così moralmente permangono vive e profonde in loro le differenziazioni di gusti e di tendenze. Quel che li accomuna tutti, forse, è il desiderio di emozioni forti e intense: abituati a concepire tutto su vasta scala, in grandi proporzioni, fra un traffico farraginoso, son resi quasi incapaci di valutare la bellezza di un'opera d'arte isolata, il pregio di un oggetto minuto, la poesia di un paesaggio romito. Per questo, scesi a terra, si soffermano di preferenza nelle grandi città, dove sanno di trovare più larga scelta di svaghi. Gli americani che vengono in Italia sono tutti mossi prevalentemente da un desiderio d'ordine intellettuale; ma chi può dar torto a loro se, insieme al soddisfacimento di tale sete culturale, essi cercano poi altri generi di divertimento? Tutti ripartono dall'Italia ammirati. Tutti, però, ad una voce, soggiungono che vi ci si diverte poco. A noi pare che per gli italiani i divertimenti siano sufficienti: vi si sono aggiunti persino, da qualche tempo, senza che però ce ne rallegriamo, le partite di boxe, lo sport che tanto piace agli americani e che, per diritto o per rovescio, fa capolino in tutte le loro produzioni teatrali e cinematografiche!

Non potrà, però, dire di essersi annoiato durante la traversata chi sia stato sul « Conte Grande » ! Di buon mattino il giovane yankee che avesse voluto tenere in efficienza i muscoli delle braccia poteva esercitarsi, nella sala ginnica, al punching-ball o collo sculling-exerciter, apparecchio questo per remare.., a secco. Chi amava cavalcare, aveva a sua disposizione cavallo e cammello elettrici. Due amici ciclisti avrebbero potuto cimentarsi in una gara di garretti nel circoscritto velodromo di bordo. E dopo tanti sudati sforzi ecco vicinissimo il refrigerio delle docce e della gran vasca da nuoto! Di questa riparleremo ancora, ché lo merita.

 

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«CONTE GRANDE» - ALTRA VEDUTA DELLA SALA DI RITROVO E DI CONVERSAZIONE.

 

I yankees meno giovani amano gli sports all'aperto: ed ecco il ponte superiore tutto affollato di gente che gioca alle piastrelle, ai dischi, al tennis di bordo (senza palle e senza racchette, per chi ama saperlo, ma con anelli di corda che si debbono gettare da giocatore a giocatore, sopra la rete).

Giochi di carte — bridge e patiences — trattengono gli anziani al bar e nelle varie sale dei ponti sottostanti.

Quando poi risuonano le prime note del jazz-band, ecco tutti, uomini e donne, giovani, maturi, vecchi e stravecchi, accorrere nel salone da ballo e darsi tutti al piacere della danza. Il ballo è la gran passione degli americani, non conoscono per esso limiti d'età. Ballerebbero ad ogni ora e in ogni luogo. Non è forse significativo che una grande compagnia di navigazione americana abbia fatto riprodurre, ne' suoi affissi murali, anziché qualche fotografia delle sue navi o qualche segno o simbolo marinaresco, una bella coppia di ballerini?

 

I piroscafi italiani.

I piroscafi italiani non hanno bisogno di questi richiami. Essi vanno incontro ai de¬sideri della loro clientela, che, ripetiamo, è per nove decimi americana, anche con altre prestazioni, con ben altre e più essenziali provvidenze.

Il « Conte Grande » — e le magnifiche illustrazioni che corredano questo articolo potrebbero dispensarci dal farne qualche dettagliata descrizione — è l'ultima delle unità navali entrate a far parte del nostro naviglio mercantile per il traffico col Nord-America e riassume in sé le caratteristiche principali che per quel traffico sono richieste.

 

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« CONTE GRANDE » - LA GALLERIA ESTERNA DELLA SALA DA BALLO.

 

Sembrava che la gara fra le varie compagnie di navigazione nella costruzione di piroscafi sempre più grandi non dovesse arrestarsi più. Invece, oltre alle ragioni economiche che possono aver consigliato per ora un fermo, si nota una reazione del pubblico, che comincia a trovare qualche inconveniente nelle proporzioni troppo vaste di alcuni di quegli alberghi galleggianti.

Il « Conte Grande » ha una stazza lorda di circa 26.000 tonnellate, che è fra le mag¬giori, pur senza raggiungere le massime. E deve ritenersi che saggiamente si siano ripetute in esso tutte le misure già sperimentate sul « Biancamano ».

La mole poderosa del piroscafo offre ogni preventiva garanzia che esso saprà tenere bene il mare, come in effetto lo tiene. E il numero dei passeggeri, che può raggiungerei 332 nelle cabine di lusso e complessivamente, per tutte le classi, un massimo di 1718, non è tale da impensierire quelli che temo¬no le confusioni e forse più ancora il disconoscimento della propria personalità.

I viaggiatori amano vedere il comandante, amano d'incontrarlo spesso e di esserne a contatto diretto: la sua presenza ispira fiducia anche ai più pavidi. Per quanto breve poi possa essere il tragitto, tutti gli ospiti della nave desiderano conoscersi reciprocamente per potersi affiatare e accompagnare coi più affini.

Nei piroscafi troppo colossali il comandante rimane come un nume inaccessibile e invisibile. A moltissimi passeggieri infine spiace l'ignorarsi a vicenda e il restare per lunghi giorni estranei gli uni agli altri.

Nulla rende infatti più gradevole una traversata di un rapido affiatamento che subito si stabilisca, in modo cordiale, anche se riservato, fra tutta la comunità di bordo. Questo avviene assai più di frequente sui piroscafi italiani che su quelli stranieri : ed è un pregio inestimabile, il cui merito spetta tanto a chi ha costruito la nave, quanto a coloro che vi prestano l'opera.

 

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« CONTE GRANDE » - LA GRANDIOSA SALA DA BALLO.

 

Certe sale da pranzo di piroscafi tedeschi sono, ad esempio, così tetre, pesanti e barocche da far scappare l'appetito anche al più famelico ghiottone. Nel « Conte Grande » invece l'architetto Brasini di Roma ha disegnato una sala da pranzo, arditissima ne' suoi richiami agli stili, ai colori e ai marmi antichi, che è tutto un poema di vivacità e d'allegrezza. Non meno gaio è il salone da ballo, ideato dall'architetto Coppedè di Firenze, con una fantasmagorica policromia di stucchi, di vetri e di specchi e in cui di fronte al palco per l'orchestra s'apre una magnifica uccelliera, popolata di variopinti uccelli canori, che, spesso e volentieri, quasi a scorno degli esotismi oggi in voga, rispondono coi loro trilli argentini ai gutturali singulti sincopati del saxofono!

Iniziata questa rassegna di benemerenze, sarebbe ingiusto non nominare anche l'architetto Pulitzer, della Casa Stuart, di Trieste. Si deve a lui il disegno della sobria, sevéra, indovinatissima sala di scrittura, in istile elisabettiano: e a lui si deve pure il progetto di quello che è l'ambiente più nuovo e caratteristico di tutto il bastimento, la grande piscina, in istile giapponese. Si tratta di una vasca da nuoto, d'insolite proporzioni (ben sedici metri e mezzo per cinque e mezzo) con un largo ballatoio pavimentato in graniglia all'ingiro, su cui s'aprono numerosi spogliatoi. Da un lato vi è un ponte con la ringhiera interrotta perché possa servire da trampolino per i tuffi. Dal lato opposto, dietro un'artistica balaustrata di maiolica, una spaziosa nicchia, dalle pareti laccate, accoglie il bar, l'orchestra e i tavolini per il té. Quando vi è folla di bagnanti, non mancano nemmeno gli spettatori: e tutti passano là ore gioconde. L'acqua vi è debitamente riscaldata: e l'aria di continuo rinnovata. L'illuminazione, fatta per via indiretta, attraverso un velario che sembra riparare dal sole, ci dà l'illusione d' essere all' aperto, mentre in effetto si è nella parte più bassa dello scafo, quasi a contatto della chiglia, verso la prua.

Ma tronchiamo queste descrizioni, ché saremmo tentati di parlare anche delle altre classi, a cui si è propagato ormai qualche lusso non comune.

 

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« CONTE GRANDE » - IL BAR PRESSO LA PISCINA.

 

Passiamo all'altro elemento indispensabile per la buona riuscita di un'impresa marinara, all'elemento-uomo.

Anche il soggiorno in una bella casa può riuscire sgradito se il proprietario o chi lo rappresenta o qualcuno di quelli che per suo incarico ci devono servire non entra nelle nostre simpatie.

Non è il caso di parlare qui dell'alto personale direttivo: l'ufficialità italiana ci è invidiata da tutte le altre marine mercantili. Tocchiamo, invece, e in via del tutto generica, del personale di bordo, specialmente di quello così detto di mensa. Esso esplica una funzione di primissima importanza perché è risaputo che in navigazione ci si mette a tavola non meno di quattro volte al giorno. Il viaggiatore novellino le prime volte quasi si spaventa della profusione delle vivande che gli è presentata: e pensa che a bordo debbano finir tutti per mangiare a crepapancia. Dopo un po' ci si accorge che è la vita stessa di mare che spinge ad una superalimentazione, e ci si accorge anche che occorre per soddisfare i gusti di tutti una grande maestria in chi prepara i piatti come in chi li deve servire in tavola. Gli italiani conoscono quest'arte come pochi: e la prova la si ha nei transatlantici stranieri dove la cucina normale è, per voce concorde, trascuratissima e cattiva così che i viaggiatori di maggior conto prendono i loro pasti al restaurant, riparto speciale che è il più delle volte precisamente esercito e gestito da italiani.

Sul « Conte Grande », come in altri grandi piroscafi, non v'è restaurant o grill-room; v'è una mensa unica con libera scelta delle pietanze. Vi sono salottini separati per quelle famiglie o quei gruppi di amici, che desiderassero appartarsi; una è abolita quell'antipatica divisione segnata fra chi si accontentava della « minestra del convento » e chi voleva mangiar meglio. I camerieri non devono fare distinzioni, debbono servire tutti collo stesso impegno. Per gli americani, che sanno i triboli e le difficoltà quasi insormontabili di trovar domestici per le case private e che anche negli esercizi pubblici vedono diffondersi il sistema dei self-serving, di ristoratori cioè dove ci si serve da sé, il trovare a bordo un servizio di cabina e di mensa organizzato con larghezza, con disciplina e, aggiungiamo pure, con tanta distinzione, è cosa che altamente li soddisfa.

 

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« CONTE GRANDE » - L'ORIGINALISSIMA PISCINA.

 

E quando ci si trova in sale così bene accoglienti e serviti tanto a dovere, si comprende come la vita a bordo dei piroscafi italiani risulti gaia e lieta: e come anche solo per tal motivo molti preferiscano i piroscafi nostri a quelli che impiegano nella traversata qualche ora di meno.

 

La vita a bordo.

Non si creda, perché tanto abbiamo parlato di mensa e di cucina, che si esauriscano nella gola le soddisfazioni della vita marinara. La sedentarietà, ch'era una volta uno degli incubi di chi doveva viaggiar per mare, specialmente delle signore per la paura che favorisse la pinguedine, non è più cosa forzata sui moderni bastimenti. Per chi vuol passeggiare vi è un ponte spazioso che misura in tutto il suo giro quasi un quarto di chilometro.

Molti per natura che poco passeggiano, preferendo starsene seduti sulle sedie a sdraio, assorti nella lettura di riviste e di romanzi, li vedi però diventare irrequieti e frenetici all'ora della danza e non rinunciare ad un solo fox-trot.

Certamente la lettura è una delle più gradite e generali occupazioni per chi viaggia: e noi vediamo con vero compiacimento molti americani studiare i primi elementi di lingua italiana o prepararsi ai futuri viaggi nella penisola sulle pagine di nostre guide. Le biblioteche di bordo (quella del « Conte Grande » ha più di 1500 volumi) sono ricche di libri in varie lingue, scelti con opportuno criterio per soddisfare tutti i gusti, tutte le esigenze degli intellettuali.

Ogni giorno la tipografia di bordo pubblica un « Corriere dell'Atlantico » colle più importanti notizie dei due emisferi. Sono notizie pervenute radiotelegraficamente. E per quanto fra queste le più attese e interessanti siano per molti passeggieri le quotazioni della Borsa di New York, è indicibile il senso di solidarietà che provoca questa giornaliera prova di contatto colla vita del resto del mondo. Essa ci fa perdere il senso dell’isolamento.

Altro svago di bordo è il cinematografo: e con molta opportunità, alle scene romanzesche o comiche, sono inframmezzate spesso riproduzioni di paesaggi italiani, gradito ricordo a chi da noi si allontana ed utile iniziazione per chi si predispone a visitare le nostre città con tutti i loro decantati tesori.

A bordo, come si vede, non c'è tempo di annoiarsi. A bordo dei nostri piroscafi si sa, con molto tatto, fare buona opera di propaganda nazionale.

 

Un lembo di patria.

La nave stessa appare, per molti, un lembo di patria galleggiante ed ambulante. Si domandi ai connazionali d'oltremare che fanno il viaggio di ritorno, se a loro non sembri già di essere un poco in Italia appena mettono piede sopra uno dei nostri bastimenti! E non è forse un analogo sentimento che spinge i nostri connazionali ad affollarsi al porto appena arriva una nave che batta bandiera italiana?

Meglio ancora: i bastimenti sono divenuti il luogo preferito per le riunioni e le celebrazioni patriottiche delle lontane colonie.

Durante la stia prima permanenza nel porto di New York il « Conte Grande » non solo fu visitato da una folla enorme (trentamila persone in una sola giornata), ma tra banchetti, tè d'onore e feste da ballo non ebbe un minuto di tregua e di riposo. In codeste varie cerimonie passò a bordo quasi tutta la colonia italiana e si può dire che in nessun altra occasione, in nessun altro luogo la colonia sentì di potersi meglio radunare a riaffermare i vincoli della propria solidarietà nazionale.

I piroscafi moderni esplicano dunque una funzione doppiamente patriottica: mantengono viva l'italianità fra i nuclei dei nostri emigrati nel mentre invitano a viaggiare verso i nostri lidi quanti subiscono il fascino delle antiche civiltà. La terra di Colombo non ha dato all'America soltanto lustrascarpe o figurinai: oggi ha nome e cuor d'italiano qualche suo preminente banchiere. Ma recatevi sulle rive dell'Hudson e passatevi in rassegna i transatlantici attraccati, dai nomi più famosi della marina mercantile mondiale. Fate i confronti, ed ascoltate i giudizi e i confronti altrui. Vedrete e sentirete, con vostra intima gioia, che la marina mercantile italiana non è seconda ad alcuna.

 

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IN APERTO OCEANO - L'INCONTRO DI DUE « CONTI »

 

E là dove una bella nave nostra, ferma al molo, porta inalberata al sole la bandiera tricolore, vi parrà veramente che faccia capo una via d'Italia.

DORO ROSETTI.

 

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