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I Nostri Amici Libici


Corto Maltese

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E bravo il sindaco, un colpo al cerchio e uno alla botte, e poi di corsa a vedere gli ultimi sondaggi.

 

(se avessi la mail del Mullah Omar, gli girerei tutta la rassegna stampa italiota, giusto per rincuorarlo e per strappargli una risata)

Sicuramente fa parte di quelle "correnti politiche" di cui parlava LT Melekhin, da considerare "mandanti", se non altro morali, di chi fischiava!

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Sono state divulgate ufficialmente le disposizioni a cui deve attenersi il personale italiano imbarcato su unità libiche? Non so di che tipo fosse la motovedetta in questione ma si può supporre comunque una velocità almeno doppia rispetto a quella del peschereccio: come può essere spiegato un inseguimento di così lunga durata? Il peschereccio italiano ha segnalato subito quanto stava accadendo? E se si, in 5 ore non avrebbe potuto essere raggiunto da qualche nostra unità navale/aerea? E nello stesso periodo si sono attivati i canali di collegamento tra Libia e Italia?

Modificato da Charlie Bravo
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Sono state divulgate ufficialmente le disposizioni a cui deve attenersi il personale italiano imbarcato su unità libiche? Non so di che tipo fosse la motovedetta in questione ma si può supporre comunque una velocità almeno doppia rispetto a quella del peschereccio: come può essere spiegato un inseguimento di così lunga durata? Il peschereccio italiano ha segnalato subito quanto stava accadendo? E se si, in 5 ore non avrebbe potuto essere raggiunto da qualche nostra unità navale/aerea? E nello stesso periodo si sono attivati i canali di collegamento tra Libia e Italia?

Qualche risposta ai tuoi quesiti, nell'articolo che riporto dal link seguente: http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articol...olo491186.shtml .

 

 

18/9/2010

 

Gdf in Libia, "non siamo ostaggi"

 

Comandante: "Rispetto reciproco"

 

"Operiamo in una realtà complessa", ma "non siamo ostaggi". Per la prima volta da domenica, quando una motovedetta libica, su cui c'erano anche militari della Guardia di Finanza, ha aperto il fuoco contro un peschereccio italiano, il tenente colonnello Antonello Maggiore, comandante del contingente della Gdf in Libia, parla per spiegare il contesto in cui opera. "Lavoriamo fianco a fianco con militari di quel Paese con assoluto rispetto reciproco".

 

Maggiore non vuole entrare nel merito di quanto è accaduto, perché la vicenda è oggetto di accertamenti da parte della magistratura. L'ufficiale non si trovava a bordo della motovedetta, ma nella sede di Zuwarah e da lì, informato di quanto stava accadendo, e ancora prima che i libici iniziassero a sparare, ha avvisato le autorità militari italiane che si era creata una situazione difficile, girando le segnalazioni al comando aeronavale della Finanza di Pratica di Mare.

 

E' stato lui a ordinare di astenersi da ''comportamenti attivi'' - l'eventuale uso di armi - ai suoi uomini sulla vedetta, che da parte loro hanno tentato di dissuadere i libici dal farlo. Elementi, questi, che risultano anche dalla relazione di servizio stesa dai finanzieri dopo l'accaduto. "Parlo a nome di tutti i militari che nell'arco di circa un anno e mezzo si sono alternati sotto la mia responsabilità a Zuwarah. Ogni giorno, da quando ha avuto inizio la missione in territorio libico, lavoriamo fianco a fianco con militari di quel Paese, con assoluto rispetto reciproco", ha spiegato.

 

Maggiore comanda la missione in Libia da quando è stata avviata, un anno e mezzo fa e in quest'arco di tempo ha avuto la responsabilità di una sessantina di uomini che si sono alternati, a scaglioni di venti per volta, ogni sei mesi. Oggi i militari delle Fiamme Gialle di stanza a Zuwarah sono 22. Le domande in giacenza di quanti hanno chiesto di poter andare in Libia sono circa 300 e vengono via via selezionate.

 

"Durante questo periodo - prosegue Maggiore -, nel corso del quale addestriamo, a terra e in mare, i militari libici e abbiamo svolto e svolgiamo compiti di 'osservatori' e tecnici, secondo le norme del Trattato firmato dal nostro Governo, ci confrontiamo quotidianamente con i militari libici, i quali sono ben consci di quanto importanti e preziose siano l'esperienza e la conoscenza che trasmettiamo".

 

L'ufficiale tiene comunque a sottolineare un aspetto: la scelta di operare in Libia è volontaria. "Viviamo - dice - in condizioni dignitose con assoluta libertà di movimento, non solo all'interno della struttura alberghiera che ci ospita, ma anche all'esterno e senza alcun limite che non sia il rispetto delle leggi di quel Paese e delle norme del trattato. Fino ad oggi non ci sono state difficoltà. Mai nessuno si e' sentito ostaggio, mai qualcuno si è sentito costretto, anche perché la nostra presenza qui è su base volontaria, e non avremmo nessuna difficoltà a richiedere il nostro rientro in Italia".

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Guardi che tutti i Paesi del mondo, in ultima analisi, sacrificano all'altare degli interessi economici. Non è filosofia del bottegaio, ma semplice real politik. Nessuno è disposto a sacrificare le proprie comodità (normalmente chiamate "benessere") in nome di astratti princìpi morali. Chiediamo ad altri di farlo, ma quasi nessuno di noi è dispobile a dare per primo il buon esempio.
Quasi -ormai- trenta anni fa, gli Argentini arrivarono su uno scoglio senza alcun valore, su cui sventolava l'Union Jack; che ammainarono. La risposta fu l'invio immediato dell'intera flotta di Sua Maestà Britannica, invocato a gran voce da TUTTE le correnti politiche (destre, sinistre, centristi, ecologisti, neomonarchici, operai, dirigenti, casalinghe, militari, studenti, immigrati di tutti i colori, etnie e fedi religiose, più atei/agnostici vari).

Una guerra costata milioni di sterline in combustibili, armi, stipendi e soprattutto vite umane, più quattro navi da guerra affondate, non si fa per interesse economico, ma per orgoglio nazionale, che evidentemente in UK abbonda.

Quando a capo di uno stato ci sono gli statisti, si manda l'intera flotta da guerra dall'altra parte del mondo a riprendersi uno scoglio.

Quando a capo di uno stato ci sono i bottegai, invece... :s06:

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Una guerra costata milioni di sterline in combustibili, armi, stipendi e soprattutto vite umane, più quattro navi da guerra affondate, non si fa per interesse economico, ma per orgoglio nazionale, che evidentemente in UK abbonda.

Quando a capo di uno stato ci sono gli statisti, si manda l'intera flotta da guerra dall'altra parte del mondo a riprendersi uno scoglio.

Quando a capo di uno stato ci sono i bottegai, invece...

 

 

Secondo alcuni quegli scogli (invero un po' grandicelli, circa la metà della Sicilia) non erano assolutamente privi di valore economico, secondo altri il governo britannico cavalcò il nazionalismo mandando il Paese in guerra per interessi politici (esattamente come Galtieri aveva invaso le Falklands per calcoli di natura strettamente politica, pur cavalcando il nazionalismo machista locale), secondo altri ancora fu una pura e semplice pazzia. E secondo altri accadde solo per una serie di errori: la solita CIA aveva avvertito, non creduta gli inglesi, altri avevano messo in guardia Buenos Ayres dal passo falso, nessuno ascoltò le Cassandre e si fece una guerra tutto sommato grottesca, coi comunisti occidentali che parteggiavano per una dittatura fascista solo perché vendeva carne e cereali alla loro amata URSS.

 

Le opinioni sono tante quante le teste, chi può dire quale sia quella giusta? La sua, la mia, quell'altra...

 

E parliamo comunque di fatti di 30 anni fa, oggi non so se Corporate godrebbe del medesimo plauso dell'opinione pubblica.

 

Buffo infine notare come un tempo fosse la Perfida Albione a essere definita nazione di bottegai. Bottegai che, peraltro, sono stati democraticamente eletti dal popolo, e questo glielo dice uno che Berlusconi lo manderebbe al muro.

Modificato da Boomer 1
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Secondo alcuni quegli scogli (invero un po' grandicelli, circa la metà della Sicilia) non erano assolutamente privi di valore economico ...

Se non erro, si pensa che al largo delle Falkland vi siano dei giacimenti petroliferi; tu, forse, ne sai qualcosa, no?!

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Ritorno sui fischi di Livorno, riportando, dal link http://www.iltempo.it/interni_esteri/2010/..._contagio.shtml , un articolo da me del tutto condiviso.

 

 

20/09/2010

 

Insulti ai caduti, c'è il rischio contagio

 

Il parà eroe morto in Afghanistan e denigrato allo stadio. Non basta la sola condanna: fischi e fumogeni uniscono nell'odio ultras e anarcoidi.

 

Se io fossi un cittadino di Livorno proverei umiliazione, forse addirittura vergogna per la mia città, per i fischi che sabato si sono levati dalla curva nord dello stadio durante il minuto di raccoglimento in memoria di Alessandro Romani. E questo, per chi conosca minimamente l’orgogliosa fierezza di cui i livornesi si fanno vanto, sarebbe già un paradosso.

 

Se fossi stato in quello stadio intitolato ad Armando Picchi, il primo vero capitano della Nazionale, ed avessi con i miei applausi cercato di coprire quei fischi, comprenderei quanto invece il battimani, certamente della maggioranza dei presenti, non abbia fatto che amplificare l'oscenità dell'oltraggio. Se fossi il sindaco di Livorno, che da sempre è un esponente del Pci ed oggi del Pd, dopo la condanna pronta e netta, rifletterei su questo virus morale che prolifera, non da oggi, in una città, in una regione, in una società per tanti altri aspetti evoluta e civile. E soprattutto porrei all'attenzione della politica, e in primo luogo della mia parte, cioè della sinistra, il problema di come combattere la malattia ed evitare il contagio.

 

Alessandro Romani era un paracadutista del Col Moschin, i nostri reparti speciali, che a Livorno aveva scelto di vivere, benché nato nella Capitale. Quella del rapporto tra la più rossa delle città italiane e le forze armate è una storia ultradecennale, fatta di antagonismo ma anche di ambiguità. Il che può dire molto; al di là delle apparenze, delle condanne e delle indignazioni. A Livorno ha sede la Folgore, la brigata di El Alamein. C'è l'Accademia Navale. E c'è, a Camp Darby, la principale base logistica americana. Negli anni Sessanta una lite da bar provocò una guerra urbana di tre giorni che venne risolta solo con l'intervento, da Roma, di Palmiro Togliatti. La Folgore adottò il basco amaranto, il colore di Livorno e della squadra di calcio, e i livornesi finsero di andare d'accordo con i parà. Salvo fischiare nel 2003, sempre allo stadio, i caduti di Nassirya; e nel 2007 un altro paracadutista, Daniele Paladini, ucciso anche lui in Afghanistan. Naturalmente anche in quei casi gli applausi della maggioranza «coprirono» insulti e fischi: ma il problema non sono appunto le maggioranze, di destra o di sinistra (in questo caso di sinistra), quanto le minoranze.

 

Stessa storia con la base Usa. Le marce antiamericane del periodo della Guerra Fredda sono state rimpiazzate dal boicottaggio dei portuali all'imbarco di materiale bellico per i marines impegnati in Iraq, in Afghanistan e prima ancora nel Kosovo. Boicottaggio, però, rientrato quando da Washington si è minacciato di ridimensionare la base, o di trasferirla altrove, con grave danno dell'economia cittadina, e dei portafogli di quei portuali che da sempre costituiscono la «nobiltà» della Livorno rossa, compresi molti ultras di curva.

 

Del resto se Livorno, come tutta la Toscana, è rossa e fiera, un tempo era stata nerissima: all'epoca dei Ciano, per esempio, i potenti gerarchi fascisti che dopo i Medici ed i Lorena sono stati i veri mecenati dei livornesi, del suo porto, del suo cantiere. Non è un caso isolato: se guardiamo all'Emilia dei Luigi Federzoni e dei Dino Grandi. Ma ciò che conta è l'oggi. Ed è, se si può usare un termine come questo, la «qualità» delle proteste. Negli Stati Uniti la guerra del Vietnam, prima ancora di quella del Golfo, ha provocato un'ondata antimilitarista ed anti-establishment che fa impallidire i nostri fischiatori da weekend. Film come Apocalypse Now ed Il Cacciatore, i romanzi di Philiph Roth e Saul Bellow hanno segnato l'America ed i costumi mondiali più di qualsiasi contro-operazione della Cia. Ma a Washington il Vietnam Memorial sorge non distante dal Cimitero di Arlington. Lungo il suo muro di granito nero si accumulano piccole bandiere a stelle e strisce e dolenti poesie di protesta. Vecchi reduci in tenuta hippy, con coda e chopper d'ordinanza, si affollano quotidianamente: per ricordare, mai per insultare. Gli Usa sono notoriamente il paese più diseguale del mondo, ed anche quello dei contrasti politici più duri: ma a nessuno, dalla California alla Georgia, sia egli democratico o repubblicano oppure anarcoide, verrebbe in mente di accogliere un caduto con i fischi. Se accadesse, verrebbe in qualche modo espulso dalla sua comunità: una contea, una città, uno Stato, un gruppo di amici.

 

Stessa cosa in Francia, in Spagna, in Gran Bretagna. Perché da noi non è così? Perché si consente che all'idiozia congenita di molte curve di stadio si unisca l'odio dei centri sociali e l'insulto ai caduti? I fischi di Livorno, sabato, non sono stati isolati: anche ai tifosi dell'Empoli in trasferta ad Ascoli è venuta la stessa idea. C'è indubbiamente un problema di Toscana non così felix come appare dalle cartoline e da molte graduatorie del Sole-24 Ore. Ma prima di quei fischi c'era stato il lacrimogeno tirato a Raffaele Bonanni a Torino, le bandiere bruciate e naturalmente le pallottole. La sinistra e il sindacato, che negli anni di piombo hanno saputo coraggiosamente combattere il terrorismo, oggi devono farsi carico di questo problema. Nessuno si sogna di accusare i partiti che siedono democraticamente in parlamento: ma l'idea di unire «tutte le sinistre», magari nel nome della Costituzione, può nascondere parecchie insidie. Può fornire alibi e dare poteri di ricatto proprio a coloro che vanno isolati. Quando i caduti di Nassirya rientrarono a Roma il sindaco di allora fece tappezzare di tricolori la via Ostiense: quel sindaco si chiamava Walter Veltroni. Non è dunque impossibile; basta non fermarsi alla condanna di una domenica.

 

Marlowe

 

20/09/2010

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Il problema è che i soldi vanno sempre agli stessi (vedi Impregilo)...

 

I vantaggi non sono solo direttamente economici, e, comunque, anche se sfiorano appena l'uomo della strada, siamo sicuri che la cosa sia per lui negativa? O che intenda rinunciarvi in nome di qualche ideale utopistico? Facile (s)parlare di bottegai, ma sono quelli che ti mettono la bistecca (o l'insalatina, se siete vegan), nel piatto. I grandi ideali, che poi i politici tradiscono appena ne hanno l'occasione, non hanno mai riempito le pance.

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Ritorno sui fischi di Livorno, riportando, dal link http://www.iltempo.it/interni_esteri/2010/..._contagio.shtml , un articolo da me del tutto condiviso.

20/09/2010

Insulti ai caduti, c'è il rischio contagio

Il parà eroe morto in Afghanistan e denigrato allo stadio. Non basta la sola condanna: fischi e fumogeni uniscono nell'odio ultras e anarcoidi.

Se io fossi un cittadino di Livorno proverei umiliazione, forse addirittura vergogna per la mia città, per i fischi che sabato si sono levati dalla curva nord dello stadio durante il minuto di raccoglimento in memoria di Alessandro Romani. E questo, per chi conosca minimamente l’orgogliosa fierezza di cui i livornesi si fanno vanto, sarebbe già un paradosso.

Se fossi stato in quello stadio intitolato ad Armando Picchi, il primo vero capitano della Nazionale, ed avessi con i miei applausi cercato di coprire quei fischi, comprenderei quanto invece il battimani, certamente della maggioranza dei presenti, non abbia fatto che amplificare l'oscenità dell'oltraggio. Se fossi il sindaco di Livorno, che da sempre è un esponente del Pci ed oggi del Pd, dopo la condanna pronta e netta, rifletterei su questo virus morale che prolifera, non da oggi, in una città, in una regione, in una società per tanti altri aspetti evoluta e civile. E soprattutto porrei all'attenzione della politica, e in primo luogo della mia parte, cioè della sinistra, il problema di come combattere la malattia ed evitare il contagio.

Alessandro Romani era un paracadutista del Col Moschin, i nostri reparti speciali, che a Livorno aveva scelto di vivere, benché nato nella Capitale. Quella del rapporto tra la più rossa delle città italiane e le forze armate è una storia ultradecennale, fatta di antagonismo ma anche di ambiguità. Il che può dire molto; al di là delle apparenze, delle condanne e delle indignazioni. A Livorno ha sede la Folgore, la brigata di El Alamein. C'è l'Accademia Navale. E c'è, a Camp Darby, la principale base logistica americana. Negli anni Sessanta una lite da bar provocò una guerra urbana di tre giorni che venne risolta solo con l'intervento, da Roma, di Palmiro Togliatti. La Folgore adottò il basco amaranto, il colore di Livorno e della squadra di calcio, e i livornesi finsero di andare d'accordo con i parà. Salvo fischiare nel 2003, sempre allo stadio, i caduti di Nassirya; e nel 2007 un altro paracadutista, Daniele Paladini, ucciso anche lui in Afghanistan. Naturalmente anche in quei casi gli applausi della maggioranza «coprirono» insulti e fischi: ma il problema non sono appunto le maggioranze, di destra o di sinistra (in questo caso di sinistra), quanto le minoranze.

Stessa storia con la base Usa. Le marce antiamericane del periodo della Guerra Fredda sono state rimpiazzate dal boicottaggio dei portuali all'imbarco di materiale bellico per i marines impegnati in Iraq, in Afghanistan e prima ancora nel Kosovo. Boicottaggio, però, rientrato quando da Washington si è minacciato di ridimensionare la base, o di trasferirla altrove, con grave danno dell'economia cittadina, e dei portafogli di quei portuali che da sempre costituiscono la «nobiltà» della Livorno rossa, compresi molti ultras di curva.

Del resto se Livorno, come tutta la Toscana, è rossa e fiera, un tempo era stata nerissima: all'epoca dei Ciano, per esempio, i potenti gerarchi fascisti che dopo i Medici ed i Lorena sono stati i veri mecenati dei livornesi, del suo porto, del suo cantiere. Non è un caso isolato: se guardiamo all'Emilia dei Luigi Federzoni e dei Dino Grandi. Ma ciò che conta è l'oggi. Ed è, se si può usare un termine come questo, la «qualità» delle proteste. Negli Stati Uniti la guerra del Vietnam, prima ancora di quella del Golfo, ha provocato un'ondata antimilitarista ed anti-establishment che fa impallidire i nostri fischiatori da weekend. Film come Apocalypse Now ed Il Cacciatore, i romanzi di Philiph Roth e Saul Bellow hanno segnato l'America ed i costumi mondiali più di qualsiasi contro-operazione della Cia. Ma a Washington il Vietnam Memorial sorge non distante dal Cimitero di Arlington. Lungo il suo muro di granito nero si accumulano piccole bandiere a stelle e strisce e dolenti poesie di protesta. Vecchi reduci in tenuta hippy, con coda e chopper d'ordinanza, si affollano quotidianamente: per ricordare, mai per insultare. Gli Usa sono notoriamente il paese più diseguale del mondo, ed anche quello dei contrasti politici più duri: ma a nessuno, dalla California alla Georgia, sia egli democratico o repubblicano oppure anarcoide, verrebbe in mente di accogliere un caduto con i fischi. Se accadesse, verrebbe in qualche modo espulso dalla sua comunità: una contea, una città, uno Stato, un gruppo di amici.

Stessa cosa in Francia, in Spagna, in Gran Bretagna. Perché da noi non è così? Perché si consente che all'idiozia congenita di molte curve di stadio si unisca l'odio dei centri sociali e l'insulto ai caduti? I fischi di Livorno, sabato, non sono stati isolati: anche ai tifosi dell'Empoli in trasferta ad Ascoli è venuta la stessa idea. C'è indubbiamente un problema di Toscana non così felix come appare dalle cartoline e da molte graduatorie del Sole-24 Ore. Ma prima di quei fischi c'era stato il lacrimogeno tirato a Raffaele Bonanni a Torino, le bandiere bruciate e naturalmente le pallottole. La sinistra e il sindacato, che negli anni di piombo hanno saputo coraggiosamente combattere il terrorismo, oggi devono farsi carico di questo problema. Nessuno si sogna di accusare i partiti che siedono democraticamente in parlamento: ma l'idea di unire «tutte le sinistre», magari nel nome della Costituzione, può nascondere parecchie insidie. Può fornire alibi e dare poteri di ricatto proprio a coloro che vanno isolati. Quando i caduti di Nassirya rientrarono a Roma il sindaco di allora fece tappezzare di tricolori la via Ostiense: quel sindaco si chiamava Walter Veltroni. Non è dunque impossibile; basta non fermarsi alla condanna di una domenica.

Marlowe

20/09/2010

Premessa: in questi casi mi vergogno di avere a che fare con Livorno.

 

Ciò detto, non capisco perchè tutti si stupiscono. Questi atteggiamenti sono stati accuratamente voluti da certe correnti politiche (quasi tutte) con 67 anni (1943-2010) di bombardamento psicologico antimilitarista. Teso a demonizzare lo stesso senso di Patria (vedasi mio precedente intervento). Ben vengano i risultati!

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CITAZIONE (LT Melekhin @ Sep 19 2010, 10:58 AM)

... Teso a demonizzare lo stesso senso di Patria ...

 

Caro LT Melekhin, c'è chi ha demonizzato alla stra-grande fino al 1991. Poi improvvisamente è diventato professore di patriottismo dando lezioni all'universo mondo. Contemporaneamente diventava anche filo atlantico. Un caso naturalmente.

 

Con l'occasione tornando all'argomento della discussione mi daresti un parere sulle domande che mi facevo qualche post più sopra?

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Permettetemi una precisazione di carattere generale e una di carattere personale.

 

La prima, detta come membro del Direttivo di Betasom, è la seguente: a scanso di equivoci, Betasom NON ha un orientamento politico nè ufficiale nè ufficioso. Se mai ha come obiettivo (meglio: uno degli obiettivi) la difesa e la tutela di quei valori su cui non solo le forze politiche ma la società civile tutta dovrebbe basarsi: la Costituzione, l'Unità Nazionale, il rispetto della legge.

In questa cornice, le idee di tutti trovano posto, purchè orientate al rispetto per quelle non solo degli altri utenti, ma anche di tutti i cittadini che hanno creduto, a torto o a ragione, che quelle idee potessero rendere in qualche misura migliore il nostro Paese. Non sempre è facile, per un moderatore, comprendere se e come una determinata espressione possa o meno urtare e offendere la sensibilità di qualcuno. A volte determinate espressioni passano inosservate, ma non venga questo scambiato per tacito assenso o per strizzata d'occhio a questa o a quella corrente di pensiero: quello che vi chiediamo è di segnalare la cosa ad un moderatore o un membro del Direttivo che valuteranno il modo più opportuno di intervento

 

 

Caro LT Melekhin, c'è chi ha demonizzato alla stra-grande fino al 1991. Poi improvvisamente è diventato professore di patriottismo dando lezioni all'universo mondo. Contemporaneamente diventava anche filo atlantico. Un caso naturalmente.

 

Passando ora a parlare come R.Hunter utente di Betasom e quindi a titolo puramente personale, trovo che l'espressione di Charlie Bravo che ho quotato sia corretta nel contenuto ma fuorviante. Mi spiego: che in passato alcuni, più o meno identificabili con forze politiche all'epoca di opposizione, abbiano fatto di tutto per demonizzare il concetto stesso di Italia Patria è un dato di fatto. Ma è anche vero che le forze allora di governo, che di destra sicuramente non erano - se mai un centro molto esteso che anadva dalle correnti più di destra della DC ai Socialisti e Social democratici - quelle forse di governo dicevo, con tutti i loro difetti, avevano oggettivamente lavorato per costruire un'immagine di Italia, agli occhi del mondo, autorevole e pacificatrice. Lasciamo stare nomi e partiti...c'era anche quegli anni un'idea di sinistra -centrocisinistra che non bruciava le bandiere italiane in piazza, non opponeva al tricolore le bandiere del Che, considerava un valore l'alleanza con gli Stati Uniti e si adoperava affinchè l'Italia, in quest'alleanza, avesse per quanto possibile un peso. Il fatto che, ai nostri giorni, la difesa di determinati valori sembra sia portata avanti più che altro da Forze di centrosinistra non trovo sia frutto di opportunistici voltafaccia...oddìo di qualche singolo magari sì, ma non in generale. Se mai dobbiamo chiederci per quale motivo invece le forze di centrodestra, nell'immaginario collettivo deputate alla difesa di quei valori e attualmente forti di largo consenso tra i cittadini, siano riuscite a far regredire a livello di cabaret la nostra immagine all'estero, e a far dilagare idee secessioniste in significative fette di popolazione...

Dobbiamo infine chiederci se ha senso appoggiare quanto accade oggi sulla base del fatto che trent'anni fa militanti rossi - dinosauri estinti o in via di estinzione - gridavano contro il Tricolore...mah

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Passando ora a parlare come R.Hunter utente di Betasom e quindi a titolo puramente personale, trovo che l'espressione di Charlie Bravo che ho quotato sia corretta nel contenuto ma fuorviante. Mi spiego: che in passato alcuni, più o meno identificabili con forze politiche all'epoca di opposizione, abbiano fatto di tutto per demonizzare il concetto stesso di Italia Patria è un dato di fatto. Ma è anche vero che le forze allora di governo, che di destra sicuramente non erano - se mai un centro molto esteso che anadva dalle correnti più di destra della DC ai Socialisti e Social democratici - quelle forse di governo dicevo, con tutti i loro difetti, avevano oggettivamente lavorato per costruire un'immagine di Italia, agli occhi del mondo, autorevole e pacificatrice. Lasciamo stare nomi e partiti...c'era anche quegli anni un'idea di sinistra -centrocisinistra che non bruciava le bandiere italiane in piazza, non opponeva al tricolore le bandiere del Che, considerava un valore l'alleanza con gli Stati Uniti e si adoperava affinchè l'Italia, in quest'alleanza, avesse per quanto possibile un peso. Il fatto che, ai nostri giorni, la difesa di determinati valori sembra sia portata avanti più che altro da Forze di centrosinistra non trovo sia frutto di opportunistici voltafaccia...oddìo di qualche singolo magari sì, ma non in generale. Se mai dobbiamo chiederci per quale motivo invece le forze di centrodestra, nell'immaginario collettivo deputate alla difesa di quei valori e attualmente forti di largo consenso tra i cittadini, siano riuscite a far regredire a livello di cabaret la nostra immagine all'estero, e a far dilagare idee secessioniste in significative fette di popolazione...

 

--------------------------------------------------------

Concordo pienamente con le tue considerazioni C.te Relic Hunter.

 

Marcoz

Modificato da sgt marcoz
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R.Hunter, non è che si trattasse del singolo anonimo militante come si può constatare dalle raccolte dei giornali dell'epoca ma di una intera classe dirigente. Poi se scegliamo di appoggiarci ad eventi di 150 anni o 60 anni fa dobbiamo farlo anche per quelli di 30 altrimenti avremmo una memoria selettiva magari funzionale ma perniciosamente parziale. D'altra parte si è visto in questo senso cosa è accuduto a Giampaolo Pansa con i suoi libri. Sulle destinzioni tra "buoni" e "cattivi" ho difficoltà a pronunciarmi tanto i vari elementi mi sembrano ambigui, mescolati, e come se non bastasse permeati di una aggressività anche spicciola che mi fa paura. Tutto passa, anche gli Imperi come si è visto di recente. Non mi voglio scaldare per questo.

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R.Hunter, non è che si trattasse del singolo anonimo militante come si può constatare dalle raccolte dei giornali dell'epoca ma di una intera classe dirigente.

 

Mmm hai ragione forse mi sono spiegato male io. I sigoli a cui mi riferivo erano a mio avviso alcuni che, dopo aver compiuto determinate operazioni ideologiche in quegli anni (operazioni che erano comunque portate avanti, come avevo scritto, da alcune forze di opposizione, non certo da 4 teste calde, su questo non c'è dubbio) si trovano ora a sventolare ideali opposti. Per dire che all'epoca c'era sicuramente una classe dirigente, anche se non di governo, che demonizzava determinati valori costitutivi della nostra Nazione, ma non mi sembra che quello che adesso definiamo "Centrosinistra" ne sia l'erede, anche se c'è un'oramai noiosa collezione di slogan funzionale a farcelo credere

 

Poi se scegliamo di appoggiarci ad eventi di 150 anni o 60 anni fa dobbiamo farlo anche per quelli di 30 altrimenti avremmo una memoria selettiva magari funzionale ma perniciosamente parziale.

 

Anche secondo me le memorie selettive sono foriere di sventure. Ma non credo che il pericolo si misuri unicamente in termini di "quanto tempo è passato". Può essere molto più "distante" dalle caratteristiche dei nostri anni qualcosa accaduto 30 fa di qualcosa accaduto 80 anni fa. Calare la guardia su determinati eventi solo perchè più lontani nel tempo e mantenerla molto viva su altri solo perchè più prossimi a noi penso possa essere un errore fatale...

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