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La Marina Militare Italiana Dal 1961 Al 1970


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UNITÀ DI COSTRUZIONE NAZIONALE A PARTIRE DAL 1951 IN SERVIZIO NEL PERIODO 1961-1970

 

In questo periodo 29 furono le nuove unità che entrarono a far parte di questo gruppo: tutte di nuova costruzione ad eccezione

della corvetta Aquila, per motivi che saranno trattati in seguito; 88 il numero complessivo delle unità con un dislocamento

globale di 70.372 t ed un incremento, rispetto al decennio precedente, del 259%, che contribuì, nonostante i cronici problemi

di carattere finanziario, a dare alla flotta italiana un certo equilibrio tra i due parametri relativi ai livelli di qualità e quantità.

 

Le nuove navi

 

Fregate antisom classe “Rizzo” (1961-1962)

 

Il programma delle nuove costruzioni navali, presentato al Parlamento nel 1956, prevedeva di affiancare alla classe “Albatros”

due nuove unità, poi aumentate a quattro per disponibilità di bilancio, di caratteristiche più avanzate e di dislocamento superiore

rispetto alle precedenti unità e denominate CV 2; la sagoma delle nuove unità molto simile a quelle della classe “Albatros”

presentava una prora a cutter ed un ponte continuo con accentuato cavallino rovesciato, che continuava con andamento orizzontale

fino a poppa e terminava con uno specchio rettangolare piuttosto ampio. Le prime due unità Luigi Rizzo e Carlo Margottini furono

contemporaneamente impostate nel 1957 presso il cantiere della Navalmeccanica di Castellammare di Stabia, ma la loro costruzione

proseguì con lentezza in conseguenza di varie modifiche progettuali, che riguardavano soprattutto l’armamento a.a., giacché nel 1958

si era stabilito in ambito NATO di adottare il calibro 76 mm come quello minimo da poter essere utilizzato contro i moderni aerei;

per questo motivo il previsto complesso binato Breda-Bofors da 40/70 mm, fu abolito; al termine di questa prima fase l’armamento doveva

consistere nell’adozione di tre cannoni da 76/62 mm in torri singole O.T.O. Melara, due lanciabombe a.s. a lunga gittata a canna singola,

posti in posizione appaiata, due lanciarazzi illuminanti, un tubo lanciasiluri da 533 mm a.s. posto a poppa. Nel 1960 però, quando erano state

già impostate le altre due unità del programma Carlo Bergamini e Virginio Fasan, considerando la concreta possibilità

di utilizzare gli elicotteri Agusta-Bell AB-47J, già acquistati in sei esemplari nel 1958 come vettori da utilizzare per il lancio

di un siluro leggero antisommergibile, si avvertì la necessità di procedere ad una nuova e più radicale variazione progettuale;

per rendere idonee le nuove unità ad imbarcare un solo esemplare di questo elicottero, furono dotate di ponte di volo e di hangar,

senza peraltro sacrificare l’armamento a.a. da imbarcare. Il nuovo progetto comportò una nuova e geniale sistemazione della sovrastruttura,

che fu resa più compatta, con l’eliminazione del classico fumaiolo, sostituito da uno con cappa di sfogo rivolta verso poppa

incorporata nella struttura, da cui s’innestava l’albero; questa soluzione fu necessaria per creare gli spazi occorrenti per la sistemazione

dell’hangar e del ponte di volo, rendendo la sagoma di queste rivoluzionarie unità molto singolare ed inconfondibile; esse furono

dotate anche, con lo scopo di ammortizzare l’azione del moto ondoso, di pinne stabilizzatrici. A questo proposito bisogna ammirare

ancora una volta la capacità progettuale italiana relativa ad affrontare un problema nuovo e certamente non privo d’insidie

nel rendere possibile, in spazi molto limitati, l’imbarco di un elicottero, pericolo connesso alla criticità delle operazioni di decollo

e di appontaggio in mare durante la navigazione in vicinanza delle sovrastrutture della nave. Entrate con pieno merito in servizio

come fregate antisom e criticate per l’alto costo di realizzazione, in relazione a quello sostenuto per le precedenti unità della classe

“Centauro”, furono ben presto considerate fra le migliori unità di scorta rispetto a quelle in servizio in all’epoca; la conferma che

la progettazione di base fosse di ottima qualità si ebbe nel 1969, quando presso l’arsenale di La Spezia, la fregata Margottini superò

brillantemente un’ultima sfida; fu sottoposta ad ulteriore modifica con l’adozione di un nuovo ponte di volo e di un hangar capace

di ospitare un elicottero medio Agusta-Bell AB-204, che comportò inesorabilmente l’eliminazione dell’artiglieria da 76/62 mm poppiera.

Entrate in servizio tra il 1961 ed il 1962, rappresentarono una nuova generazione di unità caratterizzata da

un’automazione molto spinta, una concezione più moderna della lotta a.s., con l’adozione di una nuova arma il siluro,

che sarebbe diventato in seguito l’unico mezzo d’offesa contro unità subacquee.

 

Cacciatorpediniere lanciamissili classe “Impavido” (1963-1964)

 

Tra il 1963 ed il 1964 entrarono in servizio i cacciatorpediniere lanciamissili Impavido ed Intrepido; inseriti nel programma di costruzioni

del 1958 le due unità erano un’evoluzione della precedente classe ”Impetuoso” e l’estetica dello scafo ne tradiva la discendenza;

erano comunque dotati di nuove armi ed apparecchiature, che nel frattempo dopo otto anni si erano rese disponibili sul mercato mondiale.

Dislocamento e dimensioni erano stati leggermente incrementati (dislocamenti standard relativi 3.200 t / 2.700 t;

lunghezze f.t. relative 130,90 m / 127,60 m) e fu adottato un armamento a.a. innovativo, costituito da una rampa singola per il lancio di missili

a medio raggio Tartar; la difesa a.a. ravvicinata era costituita di una torre binata da 127/38 mm collocata nella tradizionale posizione

prodiera e da 4 complessi singoli da 76/62 mm O.T.O. Melara, disposti lateralmente a centro nave; anche i nuovi concetti riguardanti

la lotta a.s. in questo breve spazio di tempo erano mutati; eliminati i vecchi sistemi basati sull’impiego di torpedini di profondità,

le due unità furono dotate di due lanciasiluri trinati Mk 32 per siluri leggeri filoguidati da 324 mm, unica arma utilizzabile in quel periodo

per contrastare la pericolosità crescente dei nuovi battelli convenzionali ed a propulsione nucleare, e di un sonar M.F. AN/SQS-23B.

In fase di progettazione non era stato previsto l’impiego dell’elicottero, ma probabilmente pur ravvisandone la necessità ed in attesa

degli esiti delle prove conseguite dalle nuove fregate della classe “Rizzo”, il progetto non fu modificato, forse per non ritardare

il loro ingresso in servizio, data la carenza di cacciatorpediniere, che si sarebbe creata verso la fine degli anni ’60 in cui si prevedeva

la fine dell’attività operativa di Artigliere, Aviere, San Giorgio e San Marco. Le unità furono comunque dotate di pinne stabilizzatrici

Denny Brown e non appena entrate in servizio iniziarono ad effettuare le prove d’imbarco ed impiego del nuovo modello di elicottero

monoposto Agusta A 106; le prove non furono giudicate soddisfacenti e si conclusero definitivamente nel 1972; restò comunque

la possibilità di appontaggio e decollo di un elicottero sulla piattaforma appositamente allestita ad estrema poppa.

La componente elettronica si avvaleva di un radar tridimensionale Frescan AN/SPS-39, posizionato sull’albero di maestra,

costituito da un robusto quadripode; sull’albero di trinchetto trovavano posto sia il radar di scoperta aerea R.C.A. AN/SPS-12,

posizionato su di una mensola, sia l’apparecchiatura di navigazione e scoperta di superficie S.M.A. MM/SPQ-2, in posizione più elevata;

per la guida dei missili a poppavia del secondo fumaiolo c’erano due radar Raytheon AN/SPG-51.

 

Incrociatori lanciamissili classe “Doria” (1964)

 

Andrea Doria e Caio Duilio furono le prime unità italiane ad essere concepite, in sede di progettazione, come navi portaelicotteri;

impostate nel 1958 ed entrate in servizio nel 1964 non possedevano più le funzioni normalmente assolte dagli incrociatori del periodo prebellico;

per ragioni di opportunità e di bilancio, invece di realizzare unità specializzate in uno specifico settore, si era preferito costruire una

piattaforma polifunzionale, progettata e costruita per assolvere in maniera equilibrata tre principali funzioni: comando e controllo, difesa a.a. e lotta a.s.

Dotati di dislocamento e dimensioni piuttosto limitati Doria e Duilio erano caratterizzati da un ponte continuo flush deck,

con accentuato cavallino, che terminava con una poppa piuttosto larga; la zona prodiera era riservata alla difesa antiaerea a media e lunga gittata,

con l’adozione di una rampa di lancio Mk 10 Mod. 10 per missili Terrier e due radar Sperry AN/SPG-55A per la guida simultanea di due missili;

la difesa antiaerea a corto raggio era assicurata da otto cannoni singoli da 76/62 mm O.T.O. Melara disposti in posizione laterale e

da due lanciarazzi multipli SCLAR da 105 mm; la zona poppiera era dotata di un ampio ponte di volo con un hangar in grado di ospitare

quattro elicotteri medi oppure due pesanti; la “poppetta”, sottostante il ponte di volo, era riservata alle operazioni d’ormeggio.

La componente a.s. era completata dall’adozione di sonar AN/SQS-23 sistemato a scafo nella zona prodiera e dalla presenza di due complessi

lanciasiluri trinati da 324 mm Mk 32. La componente elettronica adottata dalle due unità era costituita inoltre da un radar tridimensionale

Frescan AN/SPS-39 per la scoperta aerea; un radar per la scoperta aeronavale R.C.A. AN/SPS-12, un radar per la navigazione

S.M.A. MM-SPQ-2, un radiofaro TACAN per la navigazione strumentale degli aeromobili e quattro centrali di diezione tiro Argo NA-10.

Erano inoltre dotate di pinne stabilizzatrici Denny Brown ed erano concepite per la guerra N.B.C., avendo la possibilità di isolare

gli ambienti interni da quelli esterni e poter effettuare le operazioni di lavaggio e disinquinamento radioattivo delle sovrastrutture.

 

Motocannoniere MC 491 e MC 492 (1963-1965)

 

Quando nel corso dei primi mesi dell’ultimo conflitto mondiale si ebbe un’accertata constatazione della scarsa adattabilità offerta dai

MAS ad operare in condizioni di mare non favorevole, i vertici dello Stato Maggiore furono maggiormente interessati alle schnellboot

germaniche, che avevano superato brillantemente la dura prova delle condizioni avverse dei mari nordici; approfittarono quindi della

cattura a Cattaro di alcune motosiluranti del tipo Lürssen S 2 della Marina jugoslava costruite in Germania, per studiarne le caratteristiche

dello scafo e poter progettare e costruire le motosiluranti del tipo C.R.D.A., che entrarono in servizio tra il 1942 ed il 1943.

Nel secondo dopoguerra poi la realizzazione della motocannoniera MC 490 e della corvetta Sentinella fu possibile grazie agli studi più

approfonditi effettuati sulla motocannoniera MC 485 ex schnellboot tedesca tipo Lürssen S 26. Avendo ormai superato anche l’ostacolo

dell’apparato motore veloce diesel ed addirittura profilandosi l’impiego della turbina a gas come sistema propulsivo di nuova generazione,

finalmente si poteva intraprendere la strada della realizzazione, in numero sufficiente alle necessità nazionali, di questa tipologia di unità;

la modifica inoltre di quattro unità tipo C.R.D.A. che tra il 1959 e 1960 furono ammodernate ed adottarono un sistema d’armamento di tipo

convertibile, col presupposto di poter essere in breve tempo adattate al tipo d’impiego previsto, rese vano la distinzione tra motosilurante

e motocannoniera. Nell’Arsenale di Taranto, nell’ambito del programma 1957, fu impostata il 4 maggio 1957 la prima motocannoniera ad

armamento convertibile denominata MC 491, di cui si prevedeva la replica di altre tre unità (MC 492, MC 493, MC 494).

La motocannoniera MC 492 fu impostata il giorno del varo della prima unità il 22 novembre 1960 e le fasi della sua costruzione furono

rallentate in attesa delle prove in mare del prototipo, in modo da permettere l’esecuzione di eventuali modifiche durante la fase di costruzione

sullo scalo, la più vistosa delle quali fu la modifica della forma della carenatura del fumaiolo. Le due unità entrarono rispettivamente in

servizio il 27 aprile 1963 la prima e 16 luglio 1965 la seconda e dal primo settembre 1965 furono denominate Lampo e Baleno.

L’apparato motore era costituito da una combinazione CODAG tra due motori Diesel Fiat , collegati ai due assi laterali, ed una turbina a gas,

collegata all’asse centrale; la soluzione adottata consentiva elevati spunti di velocità di 39 nodi con carico normale ed un’autonomia

di 920 miglia a 20 nodi, con i soli motori Diesel in esercizio. La convertibilità dell’armamento poteva essere facilmente ed in breve tempo

eseguita o presso una base o con l’ausilio di una nave appoggio e riguardava le seguenti versioni:

 

Motocannoniera

 

Tre mitragliere singole Breda-Bofors da 40/70 mm con alimentatori di caricamento automatici ed asservite ad una colonnina di punteria

generale d tipo giroscopico a punteria ottica; il volume di fuoco consentibile era di 270 colpi al minuto per canna.

 

Motosilurante

 

Mitragliera prodiera da 40/70 mm e quattro tubi lanciasiluri tipo Bargiacchi da 450 mm, collocati nella zona centrale.

Dal 1968 due t.l.s. da 533 mm e due t.l.s. da 450 mm.

 

Motocannoniera/Motosilurante

 

Dal 1968 fu adottata una nuova versione mista, costituita da due mitragliere da 40/70 mm. e due tubi lanciasiluri da 533 mm.

 

Posamine veloce

 

Mitragliera prodiera da 40/70 mm e 8-12 mine da fondo, sistemate su carrelli a perdere e sganciabili a poppa per mezzo di due ferroguide.

 

Le motocannoniere MC 493 e MC 494 non furono mai impostate; in seguito a variazione di programma vennero sostituite da due unità della classe “590”;

denominate MC 592 e MC 593, che dal 1° settembre 1965 divennero Dardo (P 495) e Strale (P 496).

 

Motocannoniere MC 590 e MC 591 (1965-1966)

 

All’inizio del 1963 fu preparato un nuovo progetto di motocannoniera convertibile con apparato motore tipo CODAG, che aveva

lo scopo di eliminare tutte le carenze emerse durante il periodo di valutazione della MC 491; in questo caso fu deciso di realizzare

due prototipi, la cui costruzione fu affidata a due distinti cantieri navali. La MC 590 fu impostata nei Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso

il 30 aprile 1963, la MC 591 nei C.R.D.A. di Monfalcone l’11 giugno 1963; se nell’aspetto le due unità differivano in maniera

evidente da quelle realizzate nell’Arsenale di Taranto, presentando un profilo diverso dello scafo ed una diversa conformazione

della sovrastruttura, nel complesso ne replicavano le caratteristiche, con i necessari miglioramenti apportati in seguito

all’esperienza conseguita sulla MC 491. Le due unità entrate in servizio rispettivamente il 6 luglio 1965 e 25 aprile 1966,

dal 1° settembre 1965 furono denominate Freccia (P 493) e Saetta (P 494). L’apparato motore consentiva spunti di velocità di oltre

40 nodi con carico normale ed autonomia di 900 miglia a 26 nodi con sola propulsione Diesel.

L’armamento di tipo convertibile si basava sulle seguenti versioni:

 

Motocannoniera

 

Tre mitragliere singole Breda-Bofors da 40/70 mm con alimentatori di caricamento automatici ed asservite ad una colonnina di

punteria generale d tipo giroscopico a punteria ottica e/o radar; il volume di fuoco consentibile era di 270 colpi al minuto per canna.

 

Motosilurante

 

Mitragliera prodiera da 40/70 mm e quattro tubi lanciasiluri tipo Bargiacchi da 533 mm, collocati nella zona di centro-poppa.

 

Motosilurante parziale

 

Due mitragliere da 40/70 mm. e due tubi lanciasiluri da 533 mm.

 

Posamine veloce

 

Mitragliera prodiera da 40/70 mm e 8-14 mine da fondo, sistemate su carrelli a perdere e sganciabili a poppa per mezzo di due ferro-guide.

 

A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 la motocannoniera Saetta, in funzione di F. P. B., fu dotata a scopo valutativo del sistema missilistico

a corta gittata Nettuno, costruito dalla Contraves Italiana e costituito da un contenitore a cinque celle, in grado di lanciare missili

con una gittata di 10.000 m ed una velocità di Mach 1,9.

La costruzione del Dardo e dello Strale furono annullate nel 1972.

 

Corvette classe “De Cristofaro” (1965-1966)

 

La costruzione delle corvette della classe “De Cristofaro” furono inserite nella terza “Tranche” del programma di ricostruzione

del bilancio 1959-60 e fu resa necessaria, per affiancare nei compiti operativi la precedente classe “Albatros”, in considerazione

dell’obsolescenza delle corvette della classe “Gabbiano”, che iniziavano ad essere poste in disarmo o assegnate a compiti secondari.

Pietro De Cristofaro, Umberto Grosso, Licio Visintini e Salvatore Todaro furono impostati tra il 1962 ed il 1963 ed entrarono in

servizio tra la fine del 1965 ed il 1966. Pur dotate di prora a cutter queste unità, per migliorare la tenuta del mare, furono dotate

di castello di prora, garanzia sicura di maggiore stabilità con mare agitato e di traverso; ricomparve il fumaiolo e tutta la sovrastruttura

fu riportata ad un disegno più classico. L’armamento a.a. fu basato su due cannoni da 76/62 mm O.T.O. Melara asserviti ad una

centralina elettronica Selenia O.G.3, munita di radar di tiro di tipo Orione; particolare attenzione fu adottata per la lotta a.s. con

l’adozione di un ecogoniometro panoramico a media frequenza, a bulbo fisso, sistemato verso prora con il proiettore sporgente

sotto la chiglia e racchiuso in un bulbo carenato; un sonar rimorchiato a profondità variabile, tipo EDU AN/SQS-36 era sistemato

ad estrema poppa ed il trasduttore era calato in mare sostenuto da un’apposita gru; l’armamento antisom era costituito da un

lanciabas automatico a lunga gittata con singola canna da 305 mm tipo Menon K 113 mod. 1960, inserito in una torretta girevole

sulla tuga a poppavia del fumaiolo; nel corso degli anni ’60 non erano ancora stati imbarcati i due impianti lanciasiluri trinati

antisom Mark 32 da 305 mm.

 

Sommergibili Classe “Toti” (1968)

 

I sommergibili della classe “Toti”, entrati in servizio nel corso del 1968, segnano una svolta di un certo rilievo nella storia dell’arma

subacquea italiana; Enrico Toti, Attilio Bagnolini, Enrico Dandolo e Lazzaro Mocenigo furono progettati e realizzati dai C.R.D.A.

di Monfalcone, le cui maestranze avevano ottenuto esperienza nella costruzione di alcuni esemplari tedeschi tipo XXI e XXIII

durante il periodo 1944÷1945; oltre naturalmente all’adozione dello schnorkel, i battelli furono dotati di tutte le attrezzature e le

apparecchiature, che l’esperienza del periodo bellico e la tecnologia postbellica avevano contribuito a migliorare. Notevoli risultati

si ottennero nei campi della silenziosità, della velocità in immersione, dell’ autonomia, della quota operativa; erano battelli a

semplice scafo totalmente saldato, che comprendeva i tubi lanciasiluri e la garitta d’emergenza, che era inglobata nella parte

anteriore della vela; lo scafo leggero racchiudeva a prora ed a poppa le casse di zavorra; l’elica a cinque pale era azionata

solamente dal motore elettrico, alimentato dalle batterie in immersione e dai gruppi elettrogeni in emersione. Le caratteristiche

di questi piccoli battelli li metteva particolarmente in grado di essere utilizzati per la difesa della zona costiera in funzione

antisommergibile, per cui furono classificati S.S.K.

 

Fregate classe “Alpino” (1968)

 

Inserite nel programma navale 1959-60, il 27 gennaio 1963 ed il 19 gennaio 1965 vennero rispettivamente impostate presso i

Cantieri Navali di Riva Trigoso le fregate Circe e Climene; la costruzione di altre due unità della stessa classe Perseo e Polluce,

previste nel programma navale 1960-61, fu in seguito annullata per esigenze di bilancio; Circe e Climene, che nel giugno 1965

erano state denominate Alpino e Carabiniere, entrarono in servizio il 14 gennaio 1968 e 28 aprile 1968. Il progetto originale,

nato come miglioramento della classe “Centauro”, in seguito alla positiva esperienza della classe “Rizzo” fu rielaborato nel 1962

per permettere l’imbarco di un elicottero medio AB-204 in funzione a.s., con l’adozione di relativo ponte di volo e hangar.

Avendo dislocamento e dimensioni superiori alle quattro unità della classe “Rizzo” (2.400 t / 1.390 t standard; 113,30 m / 93,90 m fuori tutto)

si ebbe la possibilità di ottenere una migliore disposizione di apparecchiature ed attrezzature, con un significativo incremento

della componente a.a. ed a.s. Abbandonata definitivamente la decisione del dopoguerra di dotare le unità minori di prora a cutter,

che conferiva certamente maggiore manovrabilità ma sicuramente minore stabilità con mare agitato, soprattutto in relazione

all’impiego dell’elicottero imbarcato, furono dotate di ponte flush deck con un cavallino molto accentuato e con prora alta e slanciata

tale da conferire sagoma elegante; la sovrastruttura in parte ricalcava quella della classe “Rizzo”, con due cannoni e lanciabas

prodieri ed hangar e ponte di volo a poppavia del fumaiolo, di forma piuttosto voluminosa e vistosa, provvisto di un’ala per

dirigere e disperdere i fumi di scarico verso l’alto; in considerazione del maggior dislocamento le unità ebbero la possibilità di

utilizzare gli spazi laterali del ponte di coperta per l’istallazione di altre quattro torri da 76/62 mm , portando il numero complessivo

degl’impianti a sei pezzi O.T.O. Melara divisi in tre gruppi, ciascuno dei quali asservito ad una centralina D.T. elettronica San Giorgio

Argo N.A. 9 con radar di tiro Orione; la componente a.s. oltre che dall’apporto dell’elicottero, si basava sul lanciabas a lunga gittata

e canna singola Menon tipo K 113 e due impianti trinati di lanciasiluri da 324 mm Mark 32 per siluri a.s. Mark 44; due lanciarazzi

trinati da 105 mm erano utilizzati per il tiro illuminante; al pari delle corvette classe “De Cristofaro” erano dotate di ecogoniometro

panoramico, il cui bulbo era racchiuso in bulbo carenato sporgente sotto la chiglia verso prora; ad estrema poppa era sistemato

il sonar a profondità variabile (V.D.S); la componente radar di queste unità era costituita da un apparato di ricerca aereonavale

R.C.A. AN/SPS-12 e da un’apparecchiatura per la scoperta di superficie e navigazione S.M.A. MM/SPQ-2; l’apparato motore era

costituito da un sistema CODAG, costituito da due motori Diesel ed una turbina a gas accoppiati su due assi, che poteva assicurare

spunti di velocità di 29 nodi ed un’autonomia con soli Diesel a 18 nodi di 4.000 miglia; l’impianto di stabilizzazione era affidato

a pinne stabilizzatrici della Società Sperry-Salmoiraghi.

 

Nave da sbarco Quarto (1968)

 

Nel 1968 entrò in servizio il Quarto, che nelle previsione avrebbe dovuto costituire una classe composta anche da Marsala, Caprera,

Lombardo e Piemonte; si trattava di una nave con dislocamento standard di 480 t e lunghezza f.t. di 69 m progettata e costruita

presso l’Arsenale di Taranto, dotata di portellone sollevabile a prora e concepita per costituire un gruppo di unità da sbarco

Landing Ship Tank, con limitata capacità operativa, in grado di effettuare operazioni di materiali, mezzi ed uomini direttamente sul litorale.

Le prove eseguite sul prototipo non diedero i risultati aspettati e fu per questo e forse anche a causa delle sue limitate capacità

operative che l’intero programma fu annullato. Il Quarto fu comunque inquadrato nelle forze da sbarco e dislocato a Brindisi

fino al 1975, anno in cui fu trasferito presso la base di La Spezia per sostituire l’Aviere nel compito di nave esperienze.

 

Incrociatore lanciamissili Vittorio Veneto (1969)

 

Nel 1969 entrò in servizio il nuovo incrociatore lanciamissili Vittorio Veneto; evoluzione della classe “Doria”, conservò la caratteristica

di unità polifunzionale potendo assolvere contemporaneamente compiti di controllo e comando, contrasto a.a. e lotta a,s.; un migliore

equilibrio fu raggiunto grazie all’incremento di dimensioni e dislocamento in confronto alle unità della classe “Doria”

(dislocamento standard 7.500 t rispetto alle 5000 t; lunghezza f.t. 179,3 m rispetto a 149,3 m); il motivo per cui l’aspetto del

Vittorio Veneto risultò tanto singolare furono due: il primo dovuto alla decisione di dotare l’unità di un ampio ponte di volo poppiero

con hangar sottostante che comportò la necessità di creare un cassero esteso per quasi 2/3 dell’intera lunghezza della nave;

il profilo dell’unità fu disegnato in modo da ottenere prora alta e slanciata che si accordava al cassero con andamento discendente

e cavallino poco pronunciato, in maniera che la poppa risultava leggermente più bassa dell’estrema zona prodiera; lo scafo era

dotato di alette antirollio, ed era caratterizzato dalla presenza del bulbo prodiero, che ospitava il sonar, e dalla “poppetta”, zona

sottostante la parte estrema del ponte di volo e destinata alle operazioni d’ormeggio in porto; la seconda caratteristica singolare

dell’unità era determinata dall’adozione di due strutture denominate mack, che nella semplice terminologia anglosassone è l’unione

di due parole troncate: “mast” (albero) più “stack” (gruppo di camini); in effetti due di queste singolari strutture convogliavano

i condotti di scarico dei fumi, le cui cappe erano opportunamente avviati sul lato esterno verso poppa, e nello stesso tempo,

in posizione più elevata, fornivano un supporto per tutte le antenne radar e di telecomunicazione adottate dall’unità; un unico

blocco centro prodiero ospitava il ponte di comando e tutti i locali necessari per condurre l’attività operativa; l’ampio spazio tra

i due mack era riservato alla possibilità, poi tramontata, d’imbarcare missili tipo Polaris e vi era sistemata una gru con ampio braccio;

l’armamento a.a. era perfettamente uguale a quello della classa “Doria” e disposto in analoga posizione: rampa binata

ASTER Mk 10 Mod. 3, sistemato a prora; 8 cannoni da 76/62 mm O.T.O. Melara, collocati in posizione laterale; 2 lanciarazzi

SCLAR da 105 mm; l’incremento della capacità a.s. era assicurata dalla possibilità di poter imbarcare un gruppo di volo,

che poteva essere organizzato in base all’adozione sia di elicotteri medi che pesanti; inoltre l’adozione della rampa ASTER

rendeva possibile il lancio simultaneo in funzione antisom di una coppia siluri Mk. 6, ciascuno associato ad un booster per

aumentarne la portata; l’armamento era completato da due complessi di lanciasiluri trinati da 324 mm Mk. 32. Notevole era per

ovvia necessità la componente elettronica del Vittorio Veneto costituita da: radar tridimensionale di scoperta aerea lontana

Hughes AN/SPS-52 e TACAN, radiofaro per volo strumentale dei velivoli, posizionati sull’albero di maestra; radar bidimensionale

di scoperta aeronavale Lockheed Electronics AN/SPS-40 e radar di scoperta di superficie e navigazione S.M.A. MM-SPQ-2 collocati

sull’albero di trinchetto; due radar guida-missili Sperry AN/SPG-55A, posizionati sulla sommità della struttura centro-prodiera;

quattro centrali di tiro Argo NA-10, sistemati uno a prora, uno a poppa e due in posizione centro-laterale, ciascuno dei quali

asserviti ad una coppia di cannoni; un sistema di guerra elettronica I.F.F. e E.S.M., un sistema di comando e controllo SADOC 1;

un sonar a scafo a M.F. AN/SQS-23G. L’apparato motore di tipo classico era costituito da quattro caldaie Foster/Wheeler e due

gruppi turboriduttori Tosi, per una potenza complessiva di 70.000 hp con due assi ed eliche a cinque pale; velocità massima di

32 nodi con autonomia di 6.000 miglia a 17 nodi.

 

Il 18 ottobre 1961 entrò in servizio nella M.M.I. la corvetta Aquila, appartenente alla classe “Albatros”, costituita da 8 unità tipo

“Submarine Chaser” costruite in cantieri nazionali con fondi americani e finanziamento M.D.A.P.; una di esse la PC 1626 era

stata concessa, come unico esemplare all’Olanda e denominata Lynx; come si sa la Danimarca ne aveva ottenute quattro,

mentre alla Marina italiana ne erano state concesse tre; la corvetta Lynx dopo essere stata in servizio nella Marina olandese

per circa cinque anni, fu giudicata non idonea ad attività operative nei mari nordici, sia per le sue caratteristiche tipicamente

mediterranee sia per l’unicità dell’esemplare assegnato; gli Stati Uniti decisero quindi di concederla all’Italia, in modo da formare

una squadriglia organizzata su quattro unità anziché tre. Appena giunta in Italia presso la base di La Spezia fu sottoposta a lavori

di aggiornamento, previsti anche per tutte le altre unità della classe; tutto l’armamento subì una radicale sostituzione: i cannoni

non particolarmente efficienti e superati ormai dalle ottime prestazioni dal nuovo O.T.O. Melarara furono sbarcati e per non

appesantire eccessivamente le unità furono sostituiti, con identica posizione, da due complessi Bofors da 40/70 mm;

anche l’armamento antisom subì variazioni, in quanto i pesanti lanciabombe pirici a corta gittata vennero sostituiti con altrettanti

più leggeri del tipo utilizzato dalla classe “Gabbiano”; lo scaricabombe poppiero tipo Gatteschi da 6 b.t.g. fu sostituito con uno del

tipo I.M.N. con due ripiani sovrapposti della capienza totale di 12 bombe antisom tipo Mk. 6; il radar tipo MLN 1 fu sostituito con

apparato più moderno e per sostenere il peso e l’ingombro della nuova antenna si dovette apportare una piccola modifica alla

mensola di sostegno.

 

Alle 02,40 della notte del 23 marzo 1965 durante un’esercitazione di scorta convoglio nel Mar Jonio all’altezza di Punta Stilo,

si ebbe una tragica collisione tra la nave trasporto Etna e la fregata Castore, che fu speronata all’altezza del cannone da 76/62 mm

installato a poppa, che fu quasi completamente troncata; fu certamente il più grave incidente della Marina italiana nel dopoguerra,

aggravato dalla perdita di quattro marinai e dal ferimento di altri undici; evitato l’affondamento per l’abnegazione del personale

imbarcato, l’unità fu rimorchiata dalla fregata Rizzo fino a Messina per le prime urgenti riparazione, che consentirono poi il suo

trasferimento a La Spezia dove rimase in riserva per circa un anno; poiché era previsto per la classe “Centauro”, in mare ormai

da dieci anni, un ciclo di lavori di ammodernamento, il Castore dal marzo 1966 fino al marzo 1967 rimase presso l’Arsenale di

La Spezia e fu sottoposto a trasformazione, seguìto subito dopo dal Canopo, che rimase in Arsenale dall’estate 1967 fino all’inizio del 1969.

I lavori eseguiti interessarono principalmente l’armamento antiaereo con la sostituzione dei due complessi binati con tre torri

da 76/62 mm O.T.O. Melara, posizionati due a poppa a posto del vecchio cannone e del complesso binato da 40/70 mm ed uno a prora;

anche l’armamento antisom subì modifiche: i due lanciasiluri a.s. da 533 mm furono sostituiti con due impianti trinati lanciasiluri

a.s. da 324 mm tipo Mark 32, che collocati al posto dei quattro laciabas Menon corti, sbarcati perché considerati non più idonei;

l’ammodernamento della componente elettronica interessò la sostituzione del radar nautico Jason (che nel 1966 aveva preso

il posto del Microlambda SG 6 B) con un S.M.A. MM/SPQ-2; la centrale D.T. tipo N.S.G. con radar di tiro M.L.T. e la colonnina

di tiro O.G. 2 furono sostituite con due centraline D.T. elettroniche Selenia O.G. 3 munite di radar di tiro tipo Orione, alle quali

erano asserviti i tre cannoni da 76/62 mm. Solamente il Castore fu dotato di una nuova apparecchiatura radar S.M.A.,

la cui antenna fu fissata su una piattaforma a cielo della tuga prodiera. Analoga trasformazione verrà effettuata per Centauro

e Cigno nel decennio successivo.

 

Si è già spiegato nella precedente trattazione riferita al periodo 1951-1960 che per merito degli studi effettuati sulla carena della

MC 485, la Marina italiana pose le basi per la progettazione e la realizzazione di una motocannoniera sperimentale, che con le sue

167 tonnellate di dislocamento e dotata di motori Diesel si poneva ben al di sopra delle prestazioni delle vecchie motosiluranti

C.R.D.A. con apparato motore a benzina; la motocannoniera MC 490, dall’1 settembre 1965 denominata Folgore e costruita nei

C.R.D.A. di Monfalcone entrò in servizio nel 1955; le prime prove in mare rivelarono una marcata tendenza dell’unità a sollevare

la prora con perdita di velocità per l’eccessivo sforzo; per aumentare la spinta della zona poppiera fu applicata, nel cantiere di

costruzione, una particolare struttura a “bottazzo”, che determinò un allungamento dell’opera viva che portò la lunghezza f.t.

dell’unità da 37,2 m a 39,4 m; nel 1957 presso l’Arsenale di Taranto, per attutire gli spruzzi d’acqua generati durante la

navigazione ad alta velocità e con mare leggermente mosso, la plancia fu dotata di un parabrezza in plexiglas e la prora di un

paraspruzzi simile a quello adottato dalla corvetta Sentinella; con l’adozione di un armamento di tipo convertibile l’unità poteva

essere impiegata nelle versioni: motocannoniera, motocannoniera-motosilurante e motocannoniera-posamine. Nonostante i

numerosi interventi di modifica effettuati nel corso degli anni ’50 l’unità non rispondeva in maniera completa alle caratteristiche

nautiche previste in sede di progettazione; pertanto nel giugno 1962 fu trasferita presso l’Arsenale di Taranto per essere sottoposta

a sostanziosi lavori di modifica e trasformazione che terminarono alla fine del 1963: completa sostituzione della zona prodiera

dello scafo a partire dall’altezza della mitragliera, con forma più slanciata; ricostruzione della zona poppiera con l’eliminazione

del “bottazzo”, estendendo la coperta fino ad estrema poppa e sfruttando lo spazio resosi disponibile per la sistemazione di due

casse per nafta; modifica delle sistemazioni di plancia e delle sovrastrutture; sostituzione dei motori principali tipo MB 511

da 2.500 hp con motori tipo MB 518 da 3.000 hp; modifica delle ferroguide per consentire l’imbarco di quattordici mine anziché dodici;

sistemazione di alimentatori automatici per le due mitragliere Breda-Bofors da 40/70 mm, che nel 1957 avevano sostituito

il vecchio modello della Bofors ; sostituzione del nebbiogeno a cloridrina con un sistema più moderno. L’armamento della

MC 490 non poteva definirsi completamente convertibile, in quanto, come si può notare, la diversa predisposizione operativa

non contemplava il momentaneo sbarco di armi ed attrezzature, fattore che si rifletteva negativamente in fase d’impiego sul

dislocamento e con l’ingombro del ponte:

 

versione motocannoniera

 

2 mitragliere a.a. Breda-Bofors da 40/70 mm

2 lanciasiluri ad impulso laterale tipo B 41

2 tubi lanciasiluri brandeggiabili,senza siluri

 

Versione motocannoniera-motosilurante

 

2 mitragliere a.a. Breda-Bofors da 40/70 mm

2 lanciasiluri ad impulso laterale tipo B 41 con 2 siluri da 450 mm

2 tubi lanciasiluri brandeggiabili con 2 siluri da 450 mm

 

Versione motocannoniera-posamine

 

2 mitragliere a.a. Breda-Bofors da 40/70 mm

2 ferroguide poppiere per mine da fondo

14 mine da fondo, munite di carrelli a perdere

2 lanciasiluri ad impulso laterale tipo B 41

2 tubi lanciasiluri brandeggiabili,senza siluri

 

Il 1° settembre 1965 in seguito alla nuova struttura organizzativa, la 49ª Squadriglia Motocannoniere divenne 1ª Squadriglia

Motocannoniere e tutte le unità ad essa appartenenti ebbero il nominativo in sostituzione della denominazione alfa-numerale:

la MC 490 divenne Folgore conservando la stessa identificazione ottica.

 

Al fine di rendere più chiara e comprensibile la trattazione di un’unità dalla vita operativa interessante ma molto travagliata,

si riporta integralmente il testo presentato nella precedente trattazione riferita al periodo 1951-1960, integrandolo con l’attività

svolta negli anni ’60. Sempre nei C.R.D.A. di Monfalcone fu deciso di progettare e costruire un’altra unità sperimentale, che

potesse sfruttare le caratteristiche nautiche di quelle tipo Schnellboot tedesche; l’1 febbraio 1953 fu iscritta nel Quadro del

Naviglio Militare come V.A.S. 470 (P) 470; il 21 gennaio 1954 fu impostata come vedetta antisom Sentinella (P) 470; varata

il 13 novembre 1955 con il nuovo distintivo ottico (P) 499; il 29 settembre 1956 classificata corvetta F 598; l’1 maggio 1965

classificata motocannoniera; l’1 settembre 1965 denominata Fulmine (P) 499; la conformazione dello scafo, molto simile a

quello della MC 490, aveva all’estrema poppa una struttura “a sbalzo”; poiché presentò alle prime prove di alta velocità

l’effetto negativo dei violenti spruzzi che s’infrangevano in plancia, questa fu protetta in seguito da un parabrezza in plexiglas

e la prora fu dotata di un paraspruzzi; l’inconveniente fu eliminato completamente quando verso la fine del 1960 l’unità fu

sottoposta nell’Arsenale di Taranto a lavori di modifica, che comportarono la completa ricostruzione della prora, con un

aumento della lunghezza f:t. di 1,44 m, e l’abolizione della struttura “a sbalzo” poppiera. Il primo lustro di vita della MC 490

e della corvetta Sentinella fu caratterizzato da un problema progettuale comune, non completamente risolto; ambedue le

unità avevano tendenza ad alta velocità di alzare troppo la prora e per correggere questo fenomeno si erano provate due

soluzioni diverse; la motocannoniera ebbe un prolungamento verso poppa della sola opera viva, la corvetta invece ebbe

un prolungamento verso poppa della sola opera morta; nessuna delle due soluzioni fu considerato soddisfacente; alla fine

del 1960 presso l’Arsenale di Taranto la corvetta Sentinella fu sottoposta a radicali lavori di modifica che comportarono:

ricostruzione della prora, dall’altezza del porcospino con un incremento della lunghezza f.t. di 1,44 m ed eliminazione del

paraspruzzi; modifica dell’estrema poppa con l’eliminazione della struttura a sbalzo e l’adozione di uno specchio di poppa

leggermente arcuato, lo spazio disponibile fu utilizzato per due casse di nafta supplementari; sostituzione dei quattro motori

tipo MB 511 da 2.500 hp con i nuovi tipo MB 518 da 3.000 hp, con incremento della potenza massima disponibile di 2.000 h.p.

ed un aumento della velocità di due nodi. L’armamento della corvetta nella sua funzione antisommergibili aveva nel frattempo

subito una modifica:

periodo 1956-1959

 

2 lanciasiluri a slitta da 450 mm, lanciabili ad estrema poppa

1 complesso binato a.a. Bofors da 40/56 mm

2 lanciabombe a.s. Menon ’54

1 lanciarazzi a.s. Hedgehog Mk 10

1 scaricamombe per 9 bombe a.s. sul lato sinistro ad estrema poppa

 

periodo 1959-1964

 

1 complesso binato a.a. Bofors da 40/56 mm

1 mitragliera Breda da 8 mm

2 lanciabombe a.s. Menon ’42

1 lanciarazzi a.s. Hedgehog Mk 10

1 scaricamombe per 20 b. t. g. (bombe torpedini da getto)

 

Progettata e costruita come unità veloce per assolvere compiti antisommergibili, ben presto fu evidente che le sue caratteristiche

non erano più conciliabili con la moderna lotta antisom; la sua velocità non poteva essere sfruttata per la caccia dei moderni

sommergibili operanti in acque profonde a causa della sua scarsa autonomia; il compito sotto costa poteva essere eseguito da

unità più lente ma più silenziose e meglio attrezzate e soprattutto all’inizio degli ’60 si maturava la convinzione di sfruttare il

mezzo subacqueo in funzione S.S.K.; furono queste considerazioni che spinsero i vertici militari a decidere di trasferire l’unità

nel 1961 a Brindisi alle dipendenze del Comando Gruppo Motosiluranti come nave sede comando della 1ª Flottiglia Motosiluranti;

nel 1965 in seguito a lavori in Arsenale a Taranto tutto l’armamento antisommergibili fu sbarcato; il 1° maggio 1965 il Sentinella

fu classificato motocannoniera; il 1° settembre dello stesso anno fu denominato Fulmine adottando la nuova identificazione ottica (P) 499.

La proposta di trasformare l’unità in cannoniera convenzionale in appoggio all’attività delle motosiluranti, mediante l’adozione

di un armamento esclusivamente a.a. composto da due mitragliere da 40 mm e otto da 20 mm, non ebbe seguito, perché si

profilava all’orizzonte un nuovo impiego; all’inizio del 1966 infatti fu trasferita alla base di La Spezia per assolvere il ruolo

provvisorio di nave esperienze per il collaudo operativo della nuova versione del 76/62 mm O.T.O. Melara, denominata Compatto;

l’evoluzione tecnologica era riuscita ad ottenere un’artiglieria da 76/62 mm di dimensioni più contenute e più leggera particolarmente

adatta ad essere impiegata a bordo delle motocannoniere in sostituzione delle mitragliere da 40/70 mm generalmente adottate;

terminata nel 1968 la fase di sperimentazione, l’unità ritornò alle dipendenze del Cosmos; fu posta in disarmo nel 1970

e poi radiata il 1° maggio 1976.

 

 

 

Glossario

 

a.a. (anti aerei)

a.s. (anti sommergili)

ASTER (ASroc+TERrier)

booster (stadio propulsore sganciabile della testata di un missile per aumentarne la gittata)

b.t.g. (bombe torpedini da getto)

CODAG (COmbined Diesel And Gas)

Cosmos (Comando Superiore Motosiluranti)

C.R.D.A. (Cantieri Riuniti Dell’ Adriatico)

CV2 (Corvetta Veloce tipo 2)

D.T. (Direzione Tiro)

E.S.M. (Electronic Support Measures)

flush deck (ponte continuo tipico delle unità dell’U.S.Navy)

F.P.B. (Fast Patrol Boat)

Hedgehog (nella dizione italiana Porcospino)

I.F.F. (Identification Friend or Foe)

L.W.S. (Long Wave Search)

O.T.O. (Odero Terni Orlando)

mack (“mast” albero più “stack” gruppo di camini)

MAS (Motoscafo Anti Sommergibile – nella denominazione dannunziana Memento Audere Semper))

M.D.A.P. (Mutual Defense Assistance Plan) programma di aiuti U.S.A.

M.F. (Media Frequenza)

NATO (North Atlantic Treaty Organization)

N.B.C. (acronimo utilizzato per la guerra Nucleare Batteriologica Chimica)

RADAR (RAdio Detecting And Ranging)

R.C.A. (Radio Corporation of America)

SADOC (Sistema Analogico Digitale Operativo di Combattimento)

Schnellboot (così erano nominate le motosiluranti tedesche, nella traduzione letterale battello veloce)

SONAR (SOund Navigation And Ranging)

S.M.A. (Segnalamento Marittimo Aereo)

S.S.K. (Submarine Submarine-Killer)

TACAN (TACtical Air Navigation)

V.A.S. (Vedetta Anti Sommergibile)

V.D.S. (Variable Depth Sonar)

Modificato da BUFFOLUTO
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ADDENDA 2

 

ALABARDA ex britannico HMS LARNE J.274

DAINO ex B2 ex americano US 36 ex tedesco M 803

ANEMONE ex HMS BYMS 2009 ex HMS BYMS 9

BEGONIA ex HMS BYMS 2073 ex HMS BYMS 73

BIANCOSPINO ex HMS BYMS 2012 ex HMS BYMS 12

GERANIO ex HMS BYMS 2014 ex HMS BYMS 14

GLADIOLO ex HMS BYMS 2042 ex HMS BYMS 42

MUGHETTO ex HMS BYMS 2023 ex HMS BYMS 23

NARCISO ex HMS BYMS 2024 ex HMS BYMS 24

OLEANDRO ex HMS BYMS 2027 ex HMS BYMS 27

ORCHIDEA ex HMS BYMS 2037 ex HMS BYMS 37

DR 301 ex HMS BURRA T.158

DR 302 ex HMS CUMBRAE T.154

DR 303 ex HMS UNST T.213

DR 304 ex HMS STAFFA T.159

DR 305 ex HMS FILLA T.212

DR 306 ex HMS EGILSAY T.215

DR 307 ex HMS MINUET T.131

DR 308 ex HMS TWOSTEP ex TARANTELLA T.142

DR 309 ex HMS GRAIN T.360

DR 310 ex HMS OTHELLO T.76

DR 311 ex HMS MOUSA T.295

DR 312 ex HMS GAVOTTE T.115

DR 313 ex HMS FOULA T.203

DR 314 ex HMS ENSAY T.216

DR 315 ex HMS STROMA T.150

DR 316 ex HMS HORNPIPE T.120

 

ADIGE ex US Navy YW-92

FLEGETONTE ex US Navy YW-95 (?)

TANARO ex US Navy YW-99

ISONZO ex US Army Y-77

TICINO ex US Army Y-79

MONTECRISTO ex US Army ST-762 ex DPC 79

Modificato da de domenico
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fatto Marcello. ti prego di dare un'occhiata se va bene.

 

riguardo al Proteo, inserito nelle navi superstiti della 2^ GM, in effetti lo stesso è stato impostato nel 43 ma per cause belliche è stato completato solo nel 1951 per cui non ha mai partecipato al conflitto se non subendoi bombardamenti alleati sullo scalo di Ancona...

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fatto Marcello. ti prego di dare un'occhiata se va bene.

 

riguardo al Proteo, inserito nelle navi superstiti della 2^ GM, in effetti lo stesso è stato impostato nel 43 ma per cause belliche è stato completato solo nel 1951 per cui non ha mai partecipato al conflitto se non subendoi bombardamenti alleati sullo scalo di Ancona...

 

E venendo rimorchiato dai tedeschi da Ancona a Trieste, con la speranza di portarlo a termine (poi invece sabotato a fine guerra).

Modificato da de domenico
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