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Pennoni Dei Velieri


ammiraglia88

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Roberto, un veneziano "amico del web" e modellista navale, che ho incontrato recentemente, tra una chiacchiera e l'altra, mi ha detto una cosa particolare che mi ha incuriosito. Ve la dico subito.

 

A Venezia quando uno cammina scalzo si dice "a pennoni".

 

Ci siamo pertanto chiesti se può essere fondata l'idea che il nome dato ai pennoni dei velieri derivi da questo modo di dire.

Considerato che una volta si saliva a riva scalzi (e senza tutte le protezioni attuali), e dato che questa città ha origini navali molto antiche (sembra che l'Arsenale risalga al 1100 circa), abbiamo pensato che potrebbe essere credibile questa origine del nome.

Sarà così?

 

Roberta

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credo che sia vero il contrario

 

pennone

pennóne s. m. [der. (propriam. accr.) di penna, prob. attrav. il fr. pennon, ant. penon]. – 1. a. Stendardo; in partic., lo stendardo di grandi dimensioni usato dalla cavalleria italiana e francese fino alla metà del sec. 18°. b. ant. Per estens., schiera di soldati riuniti sotto lo stesso stendardo. 2. L’asta verticale, fissa e di grandi dimensioni, lungo la quale si alza la bandiera, in edifici pubblici e sim. 3. Nell’attrezzatura navale, trave, o asta orizzontale, di legno o ferro, di forma prismatica nella parte centrale e rastremata, in forma troncoconica, alle estremità (varèe), alla quale è allacciato il lato superiore delle vele quadre, e che è sospesa all’albero mediante una catena (sospensore) e un collare di ferro a doppio snodo (trozza), che permette di orientarla orizzontalmente e di inclinarla trasversalmente: p. di trinchetto, di maestra, di mezzana, o p. di parrocchetto, di gabbia, di contromezzana, così chiamati dal nome dell’albero a cui sono sospesi o dal nome della vele che sostengono (il pennone più basso dell’albero di mezzana quando è privo di vele è detto anche vergasecca). 4. In araldica, p. genealogico, lo scudo in cui si dimostrano le armi di parentela (genitori, avoli, bisavoli, trisavoli, ecc.), richiesto per le prove di nobiltà necessarie per essere ammessi in certi ordini cavallereschi o nei capitoli religiosi nobili (rappresenta in araldica ciò che è l’albero in genealogia). ◆ Dim. pennoncino (v.), pennoncèllo (v.).

Modificato da Iscandar
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Domani, per curiosità, guardo sull'etimologico Cortellazzo -Zoli (5 voll!). Per il momento, sia il Devoto -Oli che lo Zingarelli mi dano un banale accrescitivo di penna.

In effetti, magari la relazione c'è, nel senso che sul sartiame e sugli alberi ci si arrampica a piedi nudi...ma anch'io credo che sia appunto l'inverso (si cammina scalzi, come quando ci si arrampica sul pennone)

Modificato da malaparte
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Grazie delle risposte, molto interessante!

 

 

... credo che sia appunto l'inverso (si cammina scalzi, come quando ci si arrampica sul pennone)

 

 

All'inizio è stato anche il mio pensiero, l'ipotesi che non è il pennone che prende il nome dagli uomini scalzi, ma il contrario.

Però, considerando le date ... i velieri vengono dopo il 1100 (data storica dell'Arsenale di Venezia), e nella completa citazione del Comandante Iscandar il punto 3 (la parte navale) non fa riferimento a date, quindi l'enigma resta questo: la parola "pennoni" quando sarà nata? Prima dei velieri, cioè esisteva già nella parlata popolare durante la loro costruzione oppure è più recente?

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Da M. Cortellazzo – P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, 1992, si ricava che pennone è un accrescitivo di penna, giuntoci probabilmente attraverso il francese penon (1130 ca.) pennon (1360 ca.).

Aveva anticamente (attestato prima del 1260 in fra Guidotto da Bologna) e fino alla metà del sec. XVIII, il significato di “stendardo molto lungo usato dalla cavalleria, grande bandiera di forma allungata”. Nel 1602 in B. Crescenzio si trova col significato di “antenna orizzontale di legno o di ferro, cui è inserito il lato superiore delle vele quadre” e anche (1894, R. Zena) “asta di bandiera”.

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Nel 1602 in B. Crescenzio si trova col significato di “antenna orizzontale di legno o di ferro, cui è inserito il lato superiore delle vele quadre"

 

 

Di ferro ? E perché non di solido piombo, di rame vermiglio, di ottone o di nobile bronzo?

E poi, buon Crescenzio, perché una vela quadra poteva essere illegiadrita da un binario di ghisa e una vela latina no? Che diavolo di crociere ti sarà mai capitato di fare fra il volgere del XVI e del XVII secolo ?

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Nel Vocabolario Marino e Militare del Guglielmotti (1889 - pubblicato da Mursia in anastatica nel 1967 e ristampato nel 2007) viene riportato che il "pennone" è utilizzato per inferirvi vele quadre, mentre per vele latine, auriche ecc. si dovrebbe parlare di "aste" o "antenne".

Tuttavia, nulla è riportato sull'etimologia del termine se non un bizzarro collegamento con il latino epicrium,ii e il greco επιχηριον: parole che curiosamente identificano un grosso verme o anellide.

Il mistero resta quindi fitto. :s07:

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  • 2 weeks later...

Solo due precisazioni:

- per quanto mi consta, solo a partire dal XV secolo le "navi tonde" veneziane furono armate con vele quadre in luogo di quelle latine.

- la datazione dell'Arsenale al 1100 (esattamente 1104, come leggesi su una lapide all'ingresso) è dovuta alla fantasia dell'ing. Casoni, sovrintendente dello stabilimento sotto il governo austriaco. L'assunto è privo di qualsiasi riscontro documentale. In realtà la struttura primigenia (c.d. Arsenale Vecchio) data alla seconda metà del 1200. Ciò non significa, per quel che riguarda la presente discussione, che in precedenza i veneziani non costruissero navi. La poderosa flotta allestita per la IV crociata ne è la prova. A tal fine la Repubblica (anzi, il Comunis Venetiarum) si avvaleva, oltre che degli squeri privati, dell'Arsenale statale di Terranova. Detto stabilimento, poi soppiantato dall'attuale Arsenale, era situato a S. Marco nella zona oggi occupata dai Giardini Reali, dietro la Marciana.

Modificato da GM Andrea
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- per quanto mi consta, solo a partire dal XV secolo le "navi tonde" veneziane furono armate con vele quadre in luogo di quelle latine.

 

Le vele quadre non sono una evoluzione di quelle latine, e semmai si rivelano decisamente meno duttili di queste. Ma fra il XIV e il XV secolo diventarono il motore dei vascelli che affrontavano le nuove rotte oceaniche (difficile del resto immaginare canterani di quella mole, spinti sulle andature portanti dalle superfici ridotte delle vele di taglio).

La scarsa simpatia di Venezia per le vele quadre non derivava dal rifiuto di sperimentare nuove tecnologie: l'errore, strategico, fu quello di restare legati alle galee-purosangue e di non dotarsi di quei bastimenti sgraziati come condomini che andavano "solo" a vele quadre. E quindi di rinunciare uscire dal Mediterraneo e dalle rotte per il Vicino Oriente.

Qualche centinaio di vele quadre in più e pochi canterani, meno manovrieri di una chiatta da ghiaia ma in grado di attraversare l'Atlantico, e il destino di questo paese sarebbe stato altra cosa.

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Qualche centinaio di vele quadre in più e pochi canterani, meno manovrieri di una chiatta da ghiaia ma in grado di attraversare l'Atlantico, e il destino di questo paese sarebbe stato altra cosa.

 

Egregio Cittadino devo confessarle che a mio modestissimo avviso il destino di questo Paese sarebbe stato lo stesso anche se l'amata Serenissima Repubblica (oligarchica) si fosse dotata di gusci oceanici e ciò sulla base di due considerazioni: 1) La prima è di ordine geografico: Venezia affaccia sull'adriatico peraltro in un'infelice posizione che la pone ad una considerevole distanza dallo stretto di Gibilterra, con evidenti riflessi negativi anche sul piano logistico; 2) La seconda attiene alla frammentazione del nostro territorio che sotto il profilo politico non ha consentito a nessun regno e/o italica repubblica di assumere un peso internazionale idoneo a sostenere lo sforzo richiesto dalla conquista di un così vasto oceano...Portogallo, Olanda, Spagna, Francia e Inghilterra partivano decisamente avvantaggiate. Cordialità Corto

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Il cul de sac dell'Adriatico sarebbe stato un problema se la Repubblica non avesse avuto basi in Mediterraneo centrale. Ma ce l'aveva, ed era da lì che le navi da trasporto muovevano per raggiungere gli scali del Mare del Nord.

Le dimensioni territoriali sarebbero state un ostacolo condizionante, ma non ostativo. Considerì i territori che si trovò a controllare il Portogallo con le sue potenzialità demografiche (meno del Lazio di oggi).

Certo, nessuna potenza mediterranea (o esclusivamente mediterranea) entrò nella gestione delle nuove rotte, e questo dato qualcosa vorrà pur dire. Tuttavia, credo che nella scelta di non uscire dai cortili conosciuti sia stato determinante il perdurare del funzionamento dei vecchi traffici. Venezia dopo il quattrocento non decadde per nulla, e, malgrado i crescenti oneri militari, i commerci col Vicino Oriente continuarono floridi fino al settecento inoltrato e in regime di quasi monopolio. Troppo floridi perché se ne avvertisse il lento declinare e perché venisse voglia di aprire le finestre sul mondo.

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