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La Guerra In Sicilia, 1943


marat

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Titolo: "La guerra in Sicilia, 1943. Storia fotografia"

Autore: Ezio Costanzo

Casa editrice: Le Nove Muse

Anno di edizione: 2009

Pagine: 400

Dimensioni(cm): 24 x 28

Fotografie: 1.200

Prezzo originale: €. 80,00

 

Sono siciliano. Senza particolari sdilinguimenti, ma fino (credo) al midollo.

Sono nato cinque anni dopo la campagna del ’43, un niente se vogliamo, ma abbastanza per farmi sentire l’evento come appartenente al “prima di me” e quindi remoto.

Ho in ogni caso passato l’infanzia a sentir raccontare di quando “entrarono gli inglesi”, della vita da sfollati, della forzata villeggiatura fra le vigne dell’etneo, della fame. E di queste cronache familiari, complice la buona sorte dei miei che non avevano avuto perdite e danni, mi ero fatta una immagine non diversa da una oleografia sfocata e familiare, buona per giocare alla guerra –una volta cresciuto il necessario- fra i muretti a secco di quelle campagne oggi sparite.

Questo libro, che è pressoché unicamente fotografico (e io non ho una opinione elevatissima dei libri fotografici) mi ha stordito. Perché c’è la guerra vera, con l’artiglieria che fa fuoco fra le case e sulle case, con i morti (a volte con ciò che ne resta) al sole. Ci sono anche gli italiani, prigionieri perlopiù, ma anche con le armi in mano, e soprattutto morti, con le loro povere divise sempre un po’ troppo larghe e le armi che appaiono poco probabili anche a un profano.

Nei racconti di famiglia gli italiani non c’erano mai: nella prima decade di agosto, con gli alleati a rastrellare fra le pendici dell’Etna, di reparti italiani combattenti ne dovevano essere rimasti pochi. E oggi mi accorgo che questa stranezza, questa sfacciata evidenza della dissoluzione dello stato, a me ragazzo pareva una cosa del tutto ovvia: era proprio così che era andata, e da grande –pensavo- avrei capito il perché.

Non l’ho mai capito quel perché. Non il perché e il percome della sconfitta, ma la ragione per cui dalle mie parti quella guerra sia passata come un evento estraneo, che non ci apparteneva, che si é subito ma al quale non si é partecipato. Io che condanno la scelta di quella guerra, che non ho simpatie per il regime che quella guerra scelse di fare (che, per dirla francamente, non ne ho nemmeno un po’) io non ho mai capito come si sia potuto scendere per strada a festeggiare quelli che mezz’era prima avevano sparato su uomini in divisa che parlavano la nostra stessa lingua, che qualche giorno prima avevano raso al suolo le case della nostra gente e di noi stessi.

Ora, dopo essere stato per quattro giorni sulle circa milleduecento fotografie di questo libro, continuo a non capire. Ma mi viene sempre più chiaro in mente che ciò che muove la gente, quella che chiamiamo la gente comune, quella che non legge i libri, che va a scuola lo stretto necessario, che non sa nulla di governi, che si adatta a tutto quello che per lei e contro di lei viene deciso, non puoi capirlo se fai parte di qualcos’altro, se stai “dall’altra parte”, se fai parte –in qualche inconsapevole modo- dei meccanismi che le decisioni le prendono e non le subiscono.

La gente che scende per strada, i prigionieri che sorridono al fotografo, le ragazze che offrono il vino agli highlanders, le vecchie che non hanno timore di aggirarsi fra i muri crollati, sono la gente vera, di cui io non so nulla, e di cui non molto sappiamo tutti noi che pontifichiamo di quanti convogli sarebbero stati necessari per poter sfondare a Al Alamein, e di quale doveva essere il mese giusto per attaccare in Russia.

Quel libro mi sta lavorando dentro, e se pure dovesse produrvi un centesimo di quello che sta facendo a me, ne resterebbe abbastanza per comprarlo ugualmente.

 

EDIT: Mi rendo conto solo adesso che la superiore nota sta in questa sezione come i cavoli stanno a merenda. Fatene perciò quel che é corretto farne.

Modificato da marat
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la spostero nella biblioteca del quadrato, magari in attesa di una sezione dedicata alla guerra su terra o in aria se ne sentiremo la necessita n futuro.

 

parlando del libro comprendo quello che dici. lo stesso effetto di scavarmi dentro lo ha fatto un libro dedicato alla battaglia del senio (Argenta gap è il titolo) dove si narra dell'inutile ultimo massacro compiuto dagli alleati nell'aprile del 1945. ma non è il libro in se, è parlarne con mio padre e mia zia che vivevano ad argenta, che subirono sulla loro pelle il bombardamento, che videro Argenta completamente rasa al suolo per stanare tedeschi che gli alleati ben sapevano che non erano sistemati in città.

 

Ricordano ancora il comportamento delle truppe tedesche, ormai stremate ma correttissime con gli abitanti, e l'arrivo degli alleati con la loro grandezza di mezzi (e la loro pochezza nel rubare il bestiame). Ricordano quando sfollarono, la fame dopo avere perso tutto e in attesa di un padre di cui non c'erano piu notizie (mio nonno tornera nel 1946).

 

il nostro motto, non c'è dubbio, si rivolge anche ai civili che sopportarono la guerra...

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