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Matapan: Il Ricordo E Lo Studio.....


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Ogni tanto, capita, c'è la notte insonne...che può esser determinata da vari motivi. Ne approfitto per ricordare la più grande tragedia bellica dell' Italia sul mare: MATAPAN!

 

Onorerò la Memoria di quei Ragazzi col postare la traduzione di un documento inserito da F. MATTESINI nel suo libro su questa battaglia. E' una cosa che volevo fare già lo scorso anno, ma poichè era poco tempo che ero iscritto a BETASOM ho temuto di essere male interpretato. Ora, conoscendoci meglio, penso che questo non accadrà: dico subito, e lo ripeterò più avanti, che il mio studio non vuol essere polemico o con pretese d' insegnare, ma solo un tentativo di capire. Comincio col dire che anche le Marine più importanti hanno avuto la loro Matapan: mi riferisco alla battaglia dell' Isola di SAVO (9/8/1942) ove, in circostanze simili a Matapan, i giapponesi affondarono quattro incr. pesanti: uno Australiano (CANBERRA, Nave Amm.) e tre Americani (QUINCY, ASTORIA e VINCENNES).

 

Traduzione del doc. 159 inserito nel libro di F. Mattesini: L’operazione Gaudo e lo scontro notturno di Capo Matapan ed U.S.M.M. Roma 1998. Traduttore: A. B.

 

ADM 223/511 SEGRETO

La battaglia di Matapan 26-29/03/1941

 

Questo documento è segreto ed è conforme agli interrogatori dei sopravvissuti dei tre incrociatori italiani Zara, Pola e Fiume.

 

1)LA 1° DIVISIONE

 

La 1° divisione [DINAV 1] comprendeva il Zara (nave comando dell’Amm. Cattaneo), Pola e Fiume (è stato riferito che il Gorizia, che normalmente appartiene a questa divisione, è in bacino ai lavori).

La 1° divisione, scortata da una squadriglia di cacciatorpediniere della classe poeti, comprendente l’Alfieri, Gioberti, Carducci e Oriani, lasciò Taranto intorno alle ore 22:00 del 26/03/1941 e fece rotta per Augusta, Sicilia.

Mentre era in navigazione furono ricevutI gli ordini di trovarsi presso lo stretto di Cerigo all’alba del 28/03/1941.

Non è dato sapere quali fossero gli ordini d’operazione, sebbene i prigionieri sembrano pensare che dovessero intercettare un convoglio che transitasse o a Sud di Creta o, secondo altri, attraverso lo stretto di Cerigo.

E’ probabile che DINAV 1 transitasse a circa 80 mg da Capo Passero il 27/03/1941.

Il Vittorio Veneto (nave comando dell’Amm. Iachino) e le sue navi aggregate, comprendenti il Trento, il Trieste, il Bolzano e la squadriglia cacciatorpediniere della classe Maestrale, furono avvistati intorno alle ore 07:00 del 28/03/1941 e gli incrociatori Garibaldi ed Abruzzi [furono avvistati] un po’ più tardi.

DINAV 1 ed i due incrociatori leggeri [DINAV 8: Abruzzi e Garibaldi] furono distaccati nel primo mattino per agire indipendentemente dal Vittorio Veneto.

Si ritiene che si sia avvistata terra nel pomeriggio del 28/03/1941 ed intorno alle ore 18:30 del medesimo giorno DINAV 1 si riunì al Vittorio Veneto.

Il solo nemico avvistato da DINAV 1 fu uno stormo di bombardieri della R.A.F. che sferrarono un attacco tra le ore 15:00 e le ore 16:00 del 28/03/1941.

Durante questo attacco lo Zara aprì il fuoco antiaereo, ed è stato riferito che bombe caddero vicine allo Zara ed al Garibaldi; si ritiene inoltre che un cacciatorpediniere sia stato danneggiato; per scansare le bombe fu eseguita navigazione a zig-zag.

Furono avvistati da 6 a 12 aerei e si vide l’esplosione in acqua di circa 12 bombe.

Si afferma che fu visto anche un grande ricognitore [Flying Boat] “Sunderland” che per buona parte del pomeriggio segnalò i movimenti di DINAV 1.

Quando DINAV 1 si riunì al Vittorio Veneto, alle ore 18:30 circa, le fu ordinato di prendere posto in linea di fila sul lato dritto della navE ammiraglia [Vittorio Veneto]; la divisione Trento [DINAV 3] fu posta in linea di fila sul lato sinistro della nave ammiraglia, con i caccia di scorta attorno alla formazione quale schermo.

Fu ritenuto che il Vittorio Veneto fosse stato silurato a prua nel primo mattino ed ancora a poppa nel pomeriggio.

La velocità del Vittorio Veneto quando DINAV 1 si riunì alla corazzata fu ritenuta all’incirca fra i 6 e i 15 nodi.

L’attacco silurante del tramonto che ebbe luogo intorno alle ore 19:40 [del 28/03/1941] non era inatteso, essendo stata avvistata circa mezz’ora prima una portaerei.

Nelle vicinanze, appena fuori rotta, è stato ritenuto che il Garibaldi e l’Abruzzi [DINAV 8] non erano con la forza [principale] durante l’attacco silurante del tramonto al Vittorio Veneto, essendo stati questi due incrociatori distaccati dal CINC prima che l’attacco fosse eseguito.

Quando fu fatto l’attacco silurante il Pola ricevette un siluro a dritta a mezzanave alle ore 19:46, con conseguente immobilizzo.

Circa un’ora dopo [about an hour later] a DINAV 1 ed ai CT di scorta della classe Gioberti [9° squadriglia: Alfieri, Carducci, Gioberti, Oriani] fu ordinato d’invertire [la rotta] per dare assistenza al Pola mediante rimorchio.

L’incontro col nemico non era previsto e, sebbene gli equipaggi dello Zara e del Fiume fossero ai posti di combattimento, essi non erano al 1° grado d’approntamento, ma in riposo ai propri posti [di combattimento].

E’ riferito che quando stava per farsi il contatto visivo col Pola, e la velocità di DINAV 1 fu ulteriormente ridotta, ci fu l’apertura del fuoco da parte delle corazzate nemiche [inglesi].

E’ risaputo che il Pola alla vista di navi nelle proprie vicinanze fece un segnale d’emergenza mediante due luci rosse Verey che furono descritti [dai prigionieri] come segnali usati per richiedere assistenza; è anche possibile che [il Pola] lanciasse due razzi rossi a mezz’ora d’intervallo.

I segnali [luminosi] di riconoscimento sono simili ai nostri [degli inglesi] e la combinazione è cambiata giornalmente.

(E’ possibile che questi [segnali luminosi] non furono usati in virtù del fatto che sul Pola l’elettricità venne meno).

Un prigioniero di guerra [P.W.] affermò che fu ricevuta una risposta alle segnalazioni luminose rosse Verey, ma che queste non corrispondevano alla loro [degl’italiani] combinazione e furono ritenute come provenienti dal nemico; i prigionieri provenienti dallo Zara hanno dichiarato che lo Zara rispose alle segnalazioni luminose Verey del Pola, e che lo Zara era l’incrociatore più vicino al Pola quando iniziò il combattimento.

Nella Marina Italiana è d’uso per gli equipaggi delle navi di rimanere presso il proprio posto di combattimento dal momento in cui essi lasciano il porto fino al loro ritorno [esagerato!]; il cibo è portato a loro presso il proprio posto di combattimento e [nei momenti di riposo] si permette loro di dormire ai propri posti.

Dei marinai anziani [cioè imbarcati da tempo] affermano che soffrirono l’inclemenza del tempo e la mancanza di cibo il giorno 28/03/1941.

Gli ufficiali si lamentano che ricevettero insufficiente ed impreciso supporto da parte della ricognizione aerea.

Non furono usati gli aerei imbarcati sulle loro navi e sembrava che dovessero fare affidamento sulla cooperazione aerea dell’Aeronautica Italiana.

E’ stato affermato che la confusione può esser stata causata dalla ricognizione aerea germanica.

I prigionieri affermano che essi non erano addestrati al combattimento notturno e di non essere neppure in grado di recarsi nella centrale di controllo [di propulsione?] nell’oscurità.

Nessun personale tedesco trovavasi a bordo degli incrociatori, sebbene un prigioniero ha asserito che vi fossero cinque tedeschi sul Vittorio Veneto.

Le navi italiane usano cariche a vampa ridotta.

 

2)CARATTERISTICHE DEGL’INCROCIATORI CLASSE ZARA

 

Dislocamento: 10.000 tons.

Armamento: 8-203/53; 12-100/47; 18 mitr. AA; 1 catapulta; 2 aerei.

Protezione: verticale 150 mm; orizzontale 70 mm.

App. motore: 2 eliche; turbine Parsons; 95.000 Hp; 8 caldaie.

Velocità: 32 nodi.

Equipaggio in tempo di guerra: 1000/1200 uomini [troppi: massimo circa 900].

Anno di consegna alla Regia Marina: 1931/1932

 

 

 

 

3)POLA

 

Il Pola era comandato dal C.V. Manlio De Pisa che deteneva l’incarico sin dall’agosto 1939.

Egli aveva già una destinazione a terra quando il Pola partì per la sua ultima missione.

Il Comandante in 2° era il C.F. Silvano Brengola; Brengola era imbarcato sul Pola solo dal mese di febbraio 1941.

Il Comandante [De Pisa] è un uomo ammalato da parecchio tempo [a sick man for some while] e dopo la cattura mostrò segni di esaurimento e dolore [signs of strain and distress].

Il suo secondo [C.F. Brengola], d’altra parte, ha grande esperienza e apparve un eccellente modello di ufficiale di Marina, dalla mente libera, autorevole e con senso del comando [an excellent type of naval officer, clear headed with presence and command].

Il Pola uscì in mare insieme allo Zara ed al Fiume alle ore 22:00 circa del 26/03/1941 da Taranto.

C’era una certa tranquillità [a bordo] all’inizio della navigazione, e “voci di radio prora” dicevano che la rotta fosse verso Ovest in Sicilia.

Prima [before] di lasciare la rada il ponte più basso [sottocoperta?] fu sgombrato ed il Comandante parlò all’equipaggio, leggendo un messaggio di saluto dell’Amm. Riccardi.

Ciò era considerato assai inusuale e causò allarme [alarm] tra i membri dell’equipaggio.

L’equipaggio aveva 400 nuove reclute [new recruits] imbarcate di recente e, a parte pochi sottufficiali “anziani” ed i nostromi, il morale e lo “standard” era basso, ciò è confermato dal conseguente comportamento [tenuto] durante l’azione notturna.

Quando DINAV 1 fu attaccata dai bombardieri intorno alle ore 15:00 del 28/03/1941, il Pola non aprì il fuoco AA con le proprie armi.

La prima azione intrapresa contro il nemico fu intorno alle ore 19:40 quando [il Pola] si unì nel generale fuoco di sbarramento per contrastare l’attacco degli aerosiluranti.

Il Pola inquadrò uno degli aerei nel fascio luminoso di un suo proiettore, ma l’aereo si tuffò giù; si ritenne, quindi, che un aereo fosse stato abbattuto (nessun aereo fu perso durante questo attacco).

E’ stato riferito che il siluro che colpì il Pola tra la sala macchine ed il locale caldaie sul lato dritto fosse stato lanciato da una distanza di 200 yards all’altezza di circa 50 piedi; i prigionieri esprimono grande ammirazione per il gran coraggio del pilota che affrontò un simile fuoco di sbarramento.

Quando il Pola si fermò, si spensero tutte le luci e regnò una confusione generale.

Alcuni marinai in sala macchine e locale caldaie furono feriti ed ustionati dall’esplosione e dai vapori della nafta; circa 30 marinai furono ricoverati ed alcuni morirono.

Si provarono i motori elettrici per la manovra dei cannoni e si vide che erano ancora funzionanti.

Per paura che i depositi di munizioni potessero esplodere si decise di allagarli; tutte le caldaie cessarono di produrre vapore e ci fu un parziale allagamento in una sala macchine.

Quando il panico cessò [panic had died down] fu trasmesso un segnale ad onde corte per [richiedere] assistenza.

Fu fatto un tentativo di riaccendere tre caldaie che erano ancora integre, con la speranza di ottenere abbastanza vapore per navigare a bassa velocità; questo tentativo fu più tardi abbandonato ed il Pola attese che le venisse data assistenza.

Vaghe forme furono viste nell’oscurità alle ore 22:00 circa e si pensò che fossero navi amiche.

Furono sparati due razzi rossi, probabilmente per guidare le navi verso di lei [il Pola] e lo Zara rispose a questi segnali pressoché al medesimo tempo in cui fu aperto il fuoco contro lo Zara ed il Fiume da parte del nemico [gli inglesi].

Il Pola, temendo di subire lo stesso destino delle due sue sorelle, ordinò di buttare a mare il munizionamento pronto all’uso presso le postazioni dei cannoni al fine di evitare esplosioni.

Questo provvedimento ed il fatto che i depositi di munizioni fossero allagati probabilmente spiega il fatto che il Pola non aprì il fuoco se non più tardi, e nemmeno sembrò che [i cannoni] fossero caricati; i prigionieri affermano che per mancanza di potenza [elettrica] le torri [dei cannoni] non potevano essere brandeggiate.

E’ risaputo, comunque, che i cannoni del Pola furono brandeggiati dal traverso verso prua e poppa [cioè per chiglia] per permettere ad un cacciatorpediniere di affiancarsi [al Pola].

Questo fu fatto quando intorno alle ore 24:00 fu visto un cacciatorpediniere [inglese] girare intorno al Pola.

Intorno alle 22:30, mentre stava svolgendosi l’azione tra il nemico e lo Zara ed il Fiume, il Comandante del Pola era sul cassero e dette l’ordine abbandono nave.

E’ stato riportato che [De Pisa] abbia detto di non voler combattere per non sacrificare ulteriori vite ed egli avrebbe autoaffondato la nave con le cariche di autodistruzione.

Poco dopo che fu dato l’ordine di abbandono nave sembrò che il Comandante del Pola cambiasse idea e dette l’ordine di recarsi ai posti di combattimento, dimenticando che non c’erano più munizioni pronte all’uso e che i depositi [di munizioni] erano stati allagati.

Molti membri dell’equipaggio si erano già buttati a mare e molti gridavano a gran voce per essere recuperati dal mare.

Di un equipaggio di circa 1.000 persone o più, solo 500 all’incirca rimase a bordo.

Intorno alle ore 24:00 un cacciatorpediniere nemico [inglese] apparve ed illuminò il Pola con i propri proiettori; il caccia aprì fuoco e colpì [il Pola] in due posti: uno sotto la plancia ed un altro a poppa provocando incendi in entrambe le parti.

E’ riferito che questo caccia girava attorno al Pola ed i sopravvissuti si aspettavano il lancio di un siluro; il caccia, invece, lasciò la zona ed andò via.

Molti di coloro che avevano abbandonato la nave [e che erano risaliti a bordo] e quelli che erano rimasti riuniti sul cassero si portarono verso il castello di prua.

Intorno alle ore 01:00 [del 29/03/1941] fu visto un altro caccia, che si sperava fosse italiano, avvicinarsi, inquadrare l’intera nave con i proiettori e quindi allontanarsi senza compiere atti ostili. (E’ possibile che questo secondo caccia sia un’altra versione del precedente racconto).

Intorno alle ore 03:00 del 29/03/1941 furono visti quattro o cinque caccia ed uno (il Jervis), dopo aver illuminato il Pola con i propri proiettori, si affiancò a mezzanave sul lato sinistro e recuperò i sopravvissuti, 22 ufficiali e 228 uomini; circa 800 uomini avevano abbandonato la nave di notte.

Essi [chi?] poi guardarono questo cacciatorpediniere ed un secondo lanciare un siluro contro il Pola.

Il Direttore di Macchina del Pola [Magg. Francini?] era imbarcato sulla nave il giorno prima di lasciare Taranto ed era al suo primo incarico a bordo.

Sembra che avesse appena lasciato la sala macchine quando la nave fu silurata alle ore 19:46; egli afferma che fu leggermente colpito da esalazioni in seguito all’esplosione del siluro e fu portato a poppa sul cassero da due altri ufficiali.

Da questo momento egli rimase sul cassero fino alle ore 01:30 del 29/03/1941, quando abbandonò la nave.

Sebbene non abbia subito nessuna ferita e fosse ricoverato temporaneamente per le leggere esalazioni, non fece alcun tentativo per ritornare al proprio reparto in sala macchine, sia per studiare quali danni avesse subito la nave, sia per dare un aiuto per le riparazioni.

Egli non sembra d’aver autocontrollo di se stesso e neppure di aver padronanza del proprio reparto. [He does not appear to have retained any self-possession or command of his department].

Il P.M.O. [ufficiale medico?] del Pola era imbarcato da quattro giorni. Questo ufficiale abbandonò la nave alla prima occasione [earliest opportunity possible] (circa ore 22:30) e lasciò un T.V. nel suo reparto ad occuparsi degli ammalati e dei feriti; quest’ultimo rimase a bordo finché non trasbordò sul Jervis.

Il Comandante del Pola [De Pisa] quando fu a bordo del Jervis si tolse le insegne del proprio grado e, quando gli chiesero perché avesse fatto questo, rispose che i gradi erano la forma visibile del suo comando e, poiché il Pola era affondato, essi non avevano più alcun significato.

I prigionieri affermano che intorno alle ore 23:00 [del 28/03/1941] furono osservati razzi e bengala (sic) e furono viste violente esplosioni venire dallo Zara; fu anche visto il Fiume in fiamme ed una terza nave, sconosciuta, stava bruciando vicino a loro.

 

4)ZARA [84 ~ 102 colpi da 381]

 

Lo Zara era al comando del C.V. Luigi Corsi. Questo ufficiale, che non fu recuperato da nessuna nave inglese, è ritenuto annegato.

E’ riferito dai prigionieri che si sia ritirato in sala nautica poco prima che la nave saltasse in aria.

Il Comandante in 2° dello Zara era il C.F. Vittorio Giannattasio [non Giannattazio]. E’ riportato che questo ufficiale sia tornato in plancia appena prima che la nave esplodesse .

Lo Zara, come nave ammiraglia di DINAV 1, alzava l’insegna dell’Amm. di Divisione Carlo Cattaneo, con il C.F. Franco Brovelli, un ufficiale artigliere, come capo del suo Stato Maggiore.

I movimenti dello Zara fin dal tempo dell’attacco silurante del tramonto sono già stati trattati nel precedente paragrafo.

Appare che intorno alle ore 22:00 (del 28/03/1941) a DINAV 1 sia stato ordinato di salvare il Pola danneggiato; è anche stato affermato da uno degli ufficiali dello Zara che era intenzione del CinC [Amm. Iachino] di sacrificare questa divisione, se necessario, per permettere al Vittorio Veneto di tornare in Italia.

Sembra [it appears] che fosse noto al CinC [Amm. Iachino] che le forze [navali] britanniche non fossero più distanti di 20 mg.

E’ anche stato riferito da un ufficiale che A.D. Cattaneo fosse informato dalla ricognizione aerea che le forze britanniche fossero vicine, ma egli [Cattaneo] pensasse in quel momento che la ricognizione aerea avesse confuso il Vittorio Veneto e le navi insieme a lei con la forza britannica, affermando che il Vittorio Veneto fosse stato scambiato per la [portaerei] Formidable.

Gli ufficiali dello Zara non sono a conoscenza di qualche altra unità italiana distaccata dalla forza principale con lo scopo di scortarli al salvataggio del Pola, fatta eccezione per i quattro caccia di scorta della classe poeti [9° squadriglia].

Non è chiara ai sopravvissuti la faccenda di come furono disposti i cacciatorpediniere in relazione ai due incrociatori, ma si ritiene che essi fossero in normale posizione avanzata rispetto a DINAV 1; lo Zara trovavasi di prua del Fiume.

Si ritiene che intorno alle ore 22:00, quando era vicino al Pola, lo Zara rispose alle due segnalazioni luminose rosse Verey del Pola; la velocità fu allora ridotta ed i due incrociatori erano pressoché fermi.

Poco dopo il Fiume fu inquadrato dalla luce di un proiettore e ricevette tre salve da quelli che si pensò fossero cannoni da 15” [381 mm].

La 4° bordata si ritiene che abbia devastato lo Zara alle ore 22:30 circa e, quando la salva successiva colpì, causò una grande esplosione verso prua che smantellò una delle torri [da 203] della nave e provocò un incendio.

Sembra che la salva successiva penetrò dentro la nave in molti punti, sala macchine compresa.

Un sottufficiale, che in quel momento trovavasi sul ponte batteria, descrisse la scena come un inferno con uomini uccisi attorno a lui e vasti incendi.

A questo punto molti membri dell’equipaggio che non erano feriti furono presi dal panico e si buttarono a mare.

Furono visti razzi luminosi che furono scambiati per bengala.

L’ammiraglio [Cattaneo] dette allora ordine di aprire le valvole di allagamento e di inondare i depositi di munizioni.

Più tardi egli ed il C.V. Corsi, scesero sul cassero e rivolsero [parole di conforto] a quei membri dell’equipaggio che non si erano buttati a mare.

Egli disse loro che aveva deciso di attivare le cariche di autodistruzione non appena la nave non fosse più in grado di navigare o combattere.

Fu dato l’ordine di abbandono nave dopo aver salutato il Re e l’Italia.

Intorno alle ore 02:00 [del 29/03/1941] gli ufficiali addetti all’attivazione delle cariche di autoaffondamento abbandonarono la nave e pochi minuti più tardi furono udite forti esplosioni e lo Zara affondò.

Nessuno dei prigionieri vide, o credette di vedere, un caccia lanciare siluri contro lo Zara.

Si pensa che l’ammiraglio si sia lanciato in mare senza giubbotto salvagente; pure il suo capo di Stato Maggiore, C.F. Brovelli, fu visto vivo in acqua, ma nessuno di questi due ufficiali fu tirato in salvo.

La maggior parte dei sopravvissuti dello Zara furono recuperati al mattino alle ore 11:00 circa del 29 [03/1941] da una squadriglia di caccia, dopo essere andati alla deriva tutta la notte insieme a vari gruppi del Fiume.

Poco dopo l’alba un aereo ricognitore britannico, che dalla descrizione sembrò essere un Swordfish, volò sopra i naufraghi facendo segnali.

Poco dopo apparve un Sunderland, ammarò presso i naufraghi e fece segnali, quindi decollò e riammarò a poca distanza, e dopo circa mezz’ora decollò di nuovo e volò via.

I sopravvissuti dicono che, mentre erano in mare, due o tre navi stavano bruciando, una delle quali si pensa sia un cacciatorpediniere, ed in effetti un caccia è stabilito che sia affondato.

Alcuni/parecchi [several] prigionieri che avevano abbandonato la nave, poco dopo che lo Zara fu colpito, si dettero da fare per tornare a bordo.

Un altro prigioniero dice che una nave passò assai vicina sul lato dritto con incendio a bordo poco dopo che lo Zara fu colpito, ed egli pensa che potesse essere il Fiume che superava [per abbrivio?] lo Zara.

Lo Zara non ebbe tempo di rispondere al fuoco [inglese] e fu detto che esso fu completamente sorpreso sebbene le torri [da 203] erano puntate al traverso.

Poco dopo l’attacco delle corazzate contro lo Zara, è stato riferito che un caccia ha aperto il fuoco mandando un colpo a segno.

Un prigioniero affermò che dopo l’abbandono nave da parte sua alle ore 23:00 circa, egli vide un cacciatorpediniere transitargli vicino con dipinto a prua H24.

Poco dopo vide un altro caccia che illuminava il relitto con i propri proiettori.

Il medesimo prigioniero udì in lontananza un pesante cannoneggiamento.

Un prigioniero affermò che il Vittorio Veneto lasciò Napoli un po’ prima che DINAV 1 lasciasse Taranto.

Un sottufficiale segnalatore fu interrogato a fare un racconto dell’azione. Ha detto che stava dormendo in quel momento e fu risvegliato da un pesante cannoneggiamento; nel vedere ed udire tante esplosioni attorno a lui, si fece il Segno della Croce, invocò tutti i Santi che conosceva, e si buttò a mare.

Molti simili racconti furono uditi da coloro [inglesi] che svolgevano gli interrogatori.

 

5)FIUME [24 colpi da 381 mm]

 

Il Fiume era comandato dal C.V. Giorgio Giorgis, che non fu salvato da nessuna nave inglese.

I movimenti del Fiume sono già stati narrati nel precedente paragrafo ad iniziare dall’attacco notturno.

Intorno alle ore 22:00 [il Fiume] procedeva di poppa allo Zara verso il salvataggio del Pola danneggiato.

L’azione nemica non era attesa e fu abbassata la guardia pur rimanendo in riposo presso i propri posti di combattimento.

Al Fiume fu ordinato di ridurre la velocità quando si pensò di essere nelle vicinanze del Pola.

Intorno alle ore 22:15 fu illuminato da un proiettore ed istantaneamente colpito da un salva di grosso calibro.

La torre X [la n. 3] fu “spazzata” via dalla nave ed il Fiume s’inclinò notevolmente sul lato dritto.

L’equipaggio andò in panico ed abbandonò la nave più presto possibile, nonostante che il Comandante dalla plancia provasse a controllare il panico.

Nonostante gli ordini del Comandante di rimanere ai propri posti di combattimento, fu subito chiaro che il Fiume non sarebbe rimasto a galla per molto; fu riferito che affondò in 15 minuti, bruciando furiosamente.

Molti dei sopravvissuti del Fiume furono recuperati il mattino successivo in condizioni pietose, e pochi furono coloro che erano vivi; ad Alessandria [di Egitto] furono sbarcati [del Fiume] 7 ufficiali e 53 marinai su un totale di circa 1.000 persone.

Alcuni prigionieri affermano che ci fu una grande esplosione interna al Fiume prima che affondasse, che si ritiene dovuta all’esplosione dei depositi di munizioni.

I sopravvissuti confermano l’apparire al mattino di un aereo da ricognizione ed anche l’ammaraggio di un idrovolante, che segnalò qualcosa ai sopravvissuti.

E’ stato detto che circa 600 uomini furono lasciati in acqua quando l’H.M.S. Defender recuperò i sopravvissuti del Fiume, ma non è dato di sapere se questi erano sopravvissuti del Fiume o dello Zara, o di entrambi.

Fu anche visto da parte dei sopravvissuti del Fiume un aereo tedesco mentre erano in corso le operazioni di salvataggio, ma i prigionieri non pensano che avesse alcuna intenzione ostile.

Il Fiume non ebbe tempo di rispondere al fuoco delle corazzate; un marinaio, che era in posizione di vedere lo sviluppo della battaglia, affermò che vide quello che considerò un caccia britannico a poppa del Fiume; egli osservò un’altra nave che faceva segnalazioni e più tardi vide un proiettore che illuminava il Fiume per rilevamento Rosso 110°; questo fu seguito da una bombardata a breve distanza per un rilevamento Rosso 90°.

Questo prigioniero afferma che fu uno degli ultimi a lasciare la nave e che il fuoco fu riaperto contro il Fiume quando era ormai affondato.

Il Comandante del Fiume fu visto una volta sul cassero prima che la nave affondasse.

Mentre erano in acqua, poco dopo l’affondamento del Fiume, i sopravvissuti dicono di aver visto due altre navi in fiamme, una delle quali era verso Sud; furono udite esplosioni verso Nord.

E’ stato riferito che il Comandante del caccia Oriani, C.F. Vittorio Chinigo, era il Comandante in 2° del Fiume nel 1939.

Un altro prigioniero afferma che ritenesse il Pola distante non più di ¾ di miglio quando il Fiume fu colpito.

Nessun altro incrociatore fu visto dai superstiti del Fiume durante l’azione notturna, fatta eccezione per lo Zara ed il Pola.

Ad un marinaio addetto ai depositi munizioni poppiero del Fiume fu chiesto di descrivere la propria attività quando il Fiume fu attaccato.

Egli protestò [complained] di essere stato rinchiuso [locked] nel deposito munizioni, ma in un qualche modo ne uscì; quando giunse in coperta vide che la nave era sbandata fortemente sul lato dritto e che la torre n. 4 [da 230 mm] ere divelta dalla nave.

Rapidamente s’impadronì di due giubbotti salvagente e saltò fuori bordo, dicendo a se stesso “Mamma mia non so nuotare” [i cannot swim].

In seguito venne su [tornò in superficie] e con sua sorpresa vide che galleggiava e si adoperò per raggiungere uno zatterone Carley.

Gli equipaggi delle navi italiane non sono dotati di giubbotti salvagente personali, ma al momento dell’abbandono nave corrono presso il più vicino deposito di giubbotti e ne prendono quanti più non possono.

Questi giubbotti salvagente sono di vari tipi di Kapok e sono ritenuti più pratici di quelli gonfiabili, non resistendo questi ultimi ai danni da schegge.

 

(firmato)

Cap. Corv. S.O. (L).

 

 

(…) = parentesi del compilatore

[…] = parentesi del traduttore

 

P.S. Il commento a questo documento non riesco ad inserirlo: ci proverò domani con l' aiuto del figlio.

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IMPORTANTISSIMA PREMESSA

 

Le considerazioni esposte qui di seguito coinvolgono soprattutto l’operato del C.V. Manlio De Pisa, Comandante dell’incrociatore pesante Pola.

Io, A.B., ritengo che un Ufficiale a cui viene affidato il Comando di una nave da guerra della nostra Marina (non importa se Regia o Militare) di circa 13.000 tonnellate ed oltre 800 persone di equipaggio, non possa essere un vile od un incompetente, per cui se il suo comportamento è “anomalo” le cause debbono stare altrove: nello stato di salute, per esempio.

Inoltre le seguenti considerazioni comprendono molti “se”.

Anche qui sono convinto che la Storia non si faccia con i “se”, ma essi sono importanti ai fini di un ragionamento per evitare in futuro di commettere errori.

Niente polemiche, quindi, né pretese d’insegnare, ma solo un tentativo di capire.

 

IL DISASTRO DI MATAPAN: QUALI LE RESPONSABILTA’ DEL POLA?

 

Le riflessioni qui di seguito esposte partono dalla lettura del libro di Francesco Mattesini “L’operazione Gaudo e lo scontro notturno di Capo Matapan” Ed. Uff. Storico M.M. Roma 1998.

Il libro si compone di 740 pagine, di cui le prime 300 circa parlano degli eventi e, giustamente, comprendono anche l’impresa di Suda (26/03/1941), e l’affondamento, da parte del sommergibile Ambra, dell’incrociatore Bonaventure (31/03/1941).

Il resto del libro è occupato dai documenti che l’autore riporta per avvalorare le proprie tesi.

Alcuni di questi sono in lingua inglese, altri in lingua tedesca, e relativa traduzione in italiano per entrambi.

Solo dell’ultimo documento (il n. 159 a pag. 699), di fonte inglese, non vi è la traduzione.

Qui ho avuto l’impressione che l’autore l’abbia inserito per “correttezza professionale”, ma che lasci al lettore il “compito” di tradurlo e di trarne delle conclusioni personali.

Io ho tradotto il documento ADM 223/511, classificato segreto, aiutato dal fatto che l’ufficiale compilatore, tale Cap. Corv. S.O.(L), ha usato un linguaggio semplice e a volte sgrammaticato, non certo oxfordiano, che farebbe inorridire il grande Shakespeare.

La parte che maggiormente interessa questo studio è quella che riguarda il Pola ed il suo equipaggio.

Non credo che il documento ADM 223/511 sia stato scritto dal C.C. S.O.(L) con intenti diffamatori nei riguardi della Regia Marina: esso, infatti, è classificato segreto (per cui senza divulgazione non può esservi diffamazione) ed inoltre non si risparmiano elogi al Comandante in 2° C.F. Brengola (l’ufficiale che, una volta prigioniero sul CT Jervis, lesse quell’ordine di operazione diramato dall’Amm. Cunningham qualche giorno prima e che nel dopoguerra fu origine di gravi e feroci polemiche) definito semplicemente come un eccellente modello di ufficiale di Marina.

Da questo documento appare che il C.V. De Pisa fosse ammalato e sotto esaurimento nervoso: infatti non esiste da nessuna parte che un Comandante cessi di ritenersi tale per il solo fatto che la propria nave è affondata!

E’ chiaro che un simile ufficiale doveva essere sollevato prima dal comando, ma ciò non fu fatto, forse per non rovinargli la carriera, o forse perché durante l’autoritario regime fascista, impermeato di “granitiche” convinzioni, era impensabile che un ufficiale rimanesse vittima del logorio del comando.

Nel documento ADM 223/511 è scritto che per il CV De Pisa, se non fosse stato fatto prigioniero, quella sarebbe stata la sua ultima missione quale Comandante del Pola, avendo già una destinazione a terra: ebbene per capire certe cose sarebbe interessante conoscere quale fosse detta destinazione.

L’ottimo C.F. Brengola, d’altra parte, poteva fare ben poco per rimediare a questo stato di cose, se si pensa che a bordo erano imbarcati, su un totale di circa 850 persone, ben 400 nuove reclute!

Inoltre un altro importantissimo ufficiale, il Direttore di Macchina, si era imbarcato sul Pola il giorno prima della partenza da Taranto, e lo stesso C.F. Brengola da circa un mese soltanto!

E’ risaputo (è una banalità, ma forse allora qualcuno se ne è dimenticato) che in Marina non basta conoscere il proprio lavoro, ma è fondamentale saper lavorare con gli altri e solo con il tempo si riesce ad arrivare a quell’affiatamento della “Band of Brothers” di nelsoniana memoria.

Ebbene l’equipaggio del Pola non ebbe certo tempo per raggiungere questo affiatamento.

Se a bordo di una nave manca la coesione, manca conseguentemente la fiducia reciproca, ed allora ecco che in caso di emergenza un equipaggio può essere maggiormente vittima del contagioso panico, con tutte le conseguenze negative che ne derivano.

Si può ipotizzare, inoltre, che il bravo CF Brengola, vedendo il proprio Comandante vicino al collasso psicologico (manifestatosi con ordini contraddittori e culminato a bordo del C.T. Jervis quando si strappò i gradi della giacca) abbia assunto “de facto” il comando dell’unità mediante quei “pressanti suggerimenti” (che non vuol dire ammutinarsi!!) che ogni Comandante in 2° deve saper dare per aiutare quello in 1° nel momento in cui si trovi in difficoltà (per certi versi è più difficile essere Comandante in 2° che in 1°…).

 

LA MANCANZA D’INIZIATIVA.

 

“Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo della pace”. Così diceva Mussolini in previsione della nostra entrata in guerra: praticamente si voleva fare gli avvoltoi sulle brillanti vittorie tedesche dei primi mesi del 1940.

Una frase come quella di Mussolini toglie proprio la voglia di combattere; qui la guerra è vista come un optional; un brutto periodo scomodo che, però, durerà poco e quando sarà finito con l’immancabile vittoria, si tornerà alle pacifiche esercitazioni navali intervallate da amene visite in porti esteri.

La frase di Mussolini in definitiva “rompe” quella molla psicologica che deve essere presente nell’animo di ogni soldato, se vuole combattere e vincere un avversario determinato quale era quello inglese.

Con questa ultima frase non voglio di certo sembrare un guerrafondaio; io penso che il Militare, quello vero, sia il più grande pacifista, per il semplice motivo che poi sta a lui fare la guerra.

Ed in guerra è risaputo che si può vincere o perdere, ma che soprattutto si può morire, cosa non desiderabile da nessuno che sia sano di mente.

La Storia della nostra guerra sul mare ha dimostrato che quegli ammiragli che hanno tenuto una condotta aggressiva hanno ottenuto dei risultati.

Mi riferisco, ad esempio, ad Alberto da Zara, il vincitore della Battaglia di Pantelleria (15/06/1942), che ha lasciato un ormai introvabile, ma bellisssimo (sì proprio con 3 s!) libro di memorie e considerazioni a mio parere tuttora validi (ne raccomando caldamente la ristampa).

Nel caso della Battaglia di Matapan lo stesso Andrew Browne Cunningham (ABC) pose le basi del successo decidendo, contro il parere del proprio Stato Maggiore, di inseguire la nostra corazzata Vittorio Veneto danneggiata e che sperava di affondare in un combattimento che aveva calcolato che si fosse verificato alle prime luci del giorno 29/03/1941 (a Sailor’s Odyssey pag. 178/179).

Questa “scomoda” considerazione circa la scarsa iniziativa dei nostri Comandi Navali è stata accennata da Giuliano Colliva in un suo studio apparso sul Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della M.M. (marzo 2004 pag. 9 – 59) dal titolo “Questioni di tiro… e altro: considerazioni finali sulla guerra navale italiana nel Mediterraneo”.

L’articolo del Colliva deriva da uno studio serio e bene ha fatto l’Ufficio Storico della M.M. a pubblicarlo.

Di questo articolo mi piace citare le ultimissime parole in inglese “Engage the enemy more closely” che, oltre ad essere il titolo di un libro, come citato nella nota, credo che fosse anche un ordine che l’Amm. Nelson dava ai suoi comandanti.

 

SI POTEVA SALVARE IL POLA? (… E LE ALTRE NAVI)

 

Leggendo il libro di Mattesini mi sembra di notare succitata mancanza d’iniziativa non solo a bordo del Pola, per i motivi sopra esposti, ma anche da parte delle altre navi della 1° Divisione (DINAV 1).

Al povero Amm. Carlo Cattaneo si attribuisce in special modo la responsabilità dell’errore di non aver fatto navigare i quattro CT della 9° squadriglia a proravia dei due incrociatori Zara e Fiume.

Ciò è vero, ma finalmente il Mattesini dimostra che l’Amm. Cattaneo non fece altro che uniformarsi a direttive superiori (precisamente direttiva SM-11-5, da pag. 213 a 218).

A mio parere all’Amm. Cattaneo va la responsabilità di non aver preso immediati provvedimenti per il rimorchio del Pola: sarebbe poi toccato all’Amm. Angelo Iachino, qualora non concorde con Cattaneo, ad ordinargli di mollare il traino e lasciare al suo destino lo sfortunato Pola.

Ma ancora prima di Cattaneo l’iniziativa del rimorchio doveva essere presa, a mio parere, dal Comandante dell’incrociatore Fiume, che seguiva e superò il Pola immobilizzato e che già al momento del “sorpasso” ricevette da quest’ultimo, tramite segnali luminosi fatti con il Donath (pag. 189 e 194), la notizia del proprio danneggiamento.

Il C.V. Giorgis, Comandante del Fiume, a questo punto, senza tema di essere “tamponato” da altre navi (infatti il Fiume era l’ultima nave di quella fila) avrebbe potuto, salvo successivo ordine contrario da parte di Cattaneo e/o Iachino, prendere l’iniziativa di fermarsi ed organizzare il rimorchio del Pola.

Giustamente il C.V. Corsi, Comandante dello Zara, disse a Cattaneo che la velocità di traino non poteva essere superiore a 6-8 nodi (pag. 208).

Ecco allora che per aumentare la velocità di ulteriori 4-5 nodi (o forse più) si potevano affiancare al Pola, uno sul lato dritto e l’altro su quello sinistro, lo Zara ed il Fiume.

Naturalmente le tre navi, con la scorta della 9° squadriglia CT, avrebbero poi dovute essere distaccate dal gruppo facente capo alla N.B. Vittorio Veneto per non rallentarne la già bassa velocità causata dal siluramento delle ore 15:20 del 28/03/1941.

Quale ulteriore scorta a DINAV 1, inoltre, Iachino doveva valutare l’opportunità o meno di richiamare i due incrociatori di DINAV 8 (Abruzzi e Garibaldi) distaccati nel primo pomeriggio del 28/03/1941 dalla Forza Principale Italiana.

Io penso anche che sebbene i danni del Pola fossero gravi (un siluro esploso sotto la chiglia crea sempre più danni di uno che esplode su un fianco), tuttavia essi non fossero irrimediabili: ecco che allora si poteva approfittare della navigazione “fianco a fianco” dei tre incrociatori per trasferire sul Pola parte del personale di macchina dello Zara e del Fiume per aiutare a riparare le avarie, almeno in parte, e a fare tornare quel po’ di potenza per l’energia elettrica e magari anche per le due eliche del Pola.

Che la situazione del Pola fosse grave, ma non disperata (la galleggiabilità era buona) è forse una delle poche questioni su cui i Protagonisti di quella tragedia sono concordi: anche l’Amm. Iachino nel suo libro “Il punto su Matapan” (Mondadori 1969; pag. 123 “La decisione di soccorrere il Pola”) ne dà conferma.

Sono convinto che tecnicamente il rimorchio “a pacchetto” delle tre navi avrebbe avuto successo perché, se è vero che tale manovra avrebbe richiesto grande perizia marinaresca, tale perizia venne ben dimostrata da tutti gli equipaggi di tutte le navi in occasione dell’attacco aereo del tramonto (h 19:30 – 19:50 del 28/03/1941).

Infatti 18 navi, naviganti a distanza ravvicinata in mezzo alla densa cortina fumogena, con le vampe delle artiglierie A.A. (centinaia di armi!) e le “sciabolate” dei proiettori, che eseguono due accostate simultanee di 30°, prima a sinistra e poi a dritta, non è cosa da poco e questo è stato riconosciuto dai nostri stessi avversari, sempre maestri sul mare!

Grazie per l’attenzione.

 

Alfabravo 59

Modificato da Alfabravo 59
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grazie per il documento io avevo il fratello di mio nonno Cannoniere Leonardo Asta dispersoimbarcato sul Fiume.

Da ciò che so dovrebbe essere perito a causa di un colpo sulla torre sopraelevata prodiera da 203 mm almeno così mi disse mio nonno

grazie ancora

Modificato da asteria
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Ma ancora prima di Cattaneo l’iniziativa del rimorchio doveva essere presa, a mio parere, dal Comandante dell’incrociatore Fiume, che seguiva e superò il Pola immobilizzato e che già al momento del “sorpasso” ricevette da quest’ultimo, tramite segnali luminosi fatti con il Donath (pag. 189 e 194), la notizia del proprio danneggiamento.

Il C.V. Giorgis, Comandante del Fiume, a questo punto, senza tema di essere “tamponato” da altre navi (infatti il Fiume era l’ultima nave di quella fila) avrebbe potuto, salvo successivo ordine contrario da parte di Cattaneo e/o Iachino, prendere l’iniziativa di fermarsi ed organizzare il rimorchio del Pola.

Giustamente il C.V. Corsi, Comandante dello Zara, disse a Cattaneo che la velocità di traino non poteva essere superiore a 6-8 nodi (pag. 208).

 

uh..... veramente non so se rispondere con precisione o mantenere un rispettoso silenzio....

 

Mi limito solo ad invitare ad una riflessione spassionata sulle mutate circostanze e priorita' tattiche e operazionali dopo il siluramento della Veneto, e sui principi su cui si basa la formazione "a scatola" in difesa antiaerea (antenata diretta della formazione circolare delle TF di CV americane nel Pacifico).

 

Saluti,

Dott. Piergiorgio.

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Riflettendo su questi ed altri fatti simili penso che in situazioni caotiche come quelle belliche l'errore umano di qualsiasi ordine e grado, che può anche essere letale, sia all'ordine non del giorno ma del secondo. Si può limitare moltissimo con lo studio e l'addestramento ma non si può eliminare.

Quello che invece ritengo determinante è capire se tali errori, di qualsiasi tipo possano essere, derivano da determinate e conclamate teorie, cioè in pratica se non vengono identificati come errori ma addirittura teorizzati ed insegnati.

Infine chiedo a chi conosce bene questi fatti e questa materia se gli accadimenti di Matapan portarono a delle correzioni in campo procedurale, tattico o strategico.

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Alfabravo 59 scrive :

 

Al povero Amm. Carlo Cattaneo si attribuisce in special modo la responsabilità dell’errore di non aver fatto navigare i quattro CT della 9° squadriglia a proravia dei due incrociatori Zara e Fiume.

Ciò è vero, ma finalmente il Mattesini dimostra che l’Amm. Cattaneo non fece altro che uniformarsi a direttive superiori (precisamente direttiva SM-11-5, da pag. 213 a 218).

 

Se quanto sopra e' esatto alcune spiacevoli considerazioni vengono alla mente ....

Iachino nei suoi libri ( pubblicati in tantissime copie ) ha detto e ridetto che la navigaqzione notturna prevedeva i cc.tt davanti alle grosse navi e non dietro alle stesse

 

Nella Storia Ufficiale della MMI scritta nel dopoguerra dall ammiraglio Fioravanzo si conferma quanto detto da Iachino

 

Nessuno , ripeto NESSUNO degli ufficiali che sicuramente sapevano le vere norme di navigazione notturna ha mai aperto bocca per smentire la versione di Iachino e di Fioravanzo

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L'ho letto, tenendo davanti la cartina di Bagnasco/Colliva e confrontandolo con quel (poco) di letture che ho in casa.

Ai precedenti complimenti per il lavoro, non posso che aggiungere i ringraziamenti per avere io imparato, non "qualcosa" , ma "molto" (nell'apprendimento, gli avverbi quantitativi vanno confrontati con la situazione di partenza). Soprattutto , confermo gli apprezzamenti di altri per la "postfazione" di A.B..

 

 

 

Due domande: il fatto che De Pisa avesse già una destinazione a terra, non può essere indicativo ?

 

Puramente linguistica: si dice "pistola Very" o "pistola Verey"?

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uh..... veramente non so se rispondere con precisione o mantenere un rispettoso silenzio....

 

 

Saluti,

Dott. Piergiorgio.

Vorrei che Tu rispondessi: già in passato hai mostrato una notevole cultura in queste cose. Mi interessa il Tuo parere.

 

 

Riflettendo su questi ed altri fatti simili penso che in situazioni caotiche come quelle belliche l'errore umano di qualsiasi ordine e grado, che può anche essere letale, sia all'ordine non del giorno ma del secondo. Si può limitare moltissimo con lo studio e l'addestramento ma non si può eliminare.

Quello che invece ritengo determinante è capire se tali errori, di qualsiasi tipo possano essere, derivano da determinate e conclamate teorie, cioè in pratica se non vengono identificati come errori ma addirittura teorizzati ed insegnati.

Infine chiedo a chi conosce bene questi fatti e questa materia se gli accadimenti di Matapan portarono a delle correzioni in campo procedurale, tattico o strategico.

A Matapan anche gl' Inglesi commisero errori: vinsero grazie alla "aggressività" di A.B. CUNNINGHAM ed al fatto che commisero meno errori di noi. E' emblematico il fatto che ancor oggi nella ROYAL NAVY si celebri la "TAranto Night", ma non mi risulta (chiedo conferma) che si ricordi la "Matapan Night". Eppure noi subimmo danni più gravi a Matapan che a TAranto. Ciò si spiega col fatto che l' azione Inglese a TAranto fu un operazione ottimamente studiata e meglio ancora eseguita, mentre il successo Inglese a Matapan fu determinato da varie fortuite coincidenze

 

 

Alfabravo 59 scrive :

 

 

 

Se quanto sopra e' esatto alcune spiacevoli considerazioni vengono alla mente ....

Iachino nei suoi libri ( pubblicati in tantissime copie ) ha detto e ridetto che la navigaqzione notturna prevedeva i cc.tt davanti alle grosse navi e non dietro alle stesse

 

Nella Storia Ufficiale della MMI scritta nel dopoguerra dall ammiraglio Fioravanzo si conferma quanto detto da Iachino

 

Nessuno , ripeto NESSUNO degli ufficiali che sicuramente sapevano le vere norme di navigazione notturna ha mai aperto bocca per smentire la versione di Iachino e di Fioravanzo

Mi impegno a rispondere dopo esser andato a rivedere quella tale Direttiva S M 11-5.

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Due domande: il fatto che De Pisa avesse già una destinazione a terra, non può essere indicativo ?

 

Puramente linguistica: si dice "pistola Very" o "pistola Verey"?

Il C.V. DE PISA era in Comando del POLA dal 3/8/1939 (da "Orizzonte Mare - Incr. Pes. cl. ZARA- vol. 3): un periodo piuttosto lungo, ma in linea in termini di durata con i suoi predecessori. Ad es. il C.V. Alberto LAIS fu in Comando dal 3/3/1934 al 14/3/1936: 2 anni; il C.V. Franco MAUGERI dal 16/9/1938 al 2/8/1939: quasi 1 anno. Più che altro sarebbe interessante sapere QUALE destinazione.

 

Per la pistola ho sempre letto "Very": può darsi che la parola "Verey" sia un errore dello sgrammaticato compilatore del rapporto.

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Alfa Bravo 59 scrive

 

A Matapan anche gl' Inglesi commisero errori:

 

Verissimo , ed enormi per giunta .

In quella tragica notta gli inglesi avrebbero potuto attaccare e colpire con effetti forse devastanti non solo la I divisione dello sfortunato Cattaneo ( Fiume Pola Zara e cctt ) ma pure la gia' danneggiata Vittorio Veneto ed i restanti incrociatori e cctt

A causa del comportamento estremamente prudente dell ammiraglio Pridham-Wippell gli inglesi persero un occasione d' oro per attaccare con i siluri e con l' aiuto dei radar , le navi di Iachino

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C.V. DE PISA era in Comando del POLA dal 3/8/1939 (da "Orizzonte Mare - Incr. Pes. cl. ZARA- vol. 3): un periodo piuttosto lungo, ma in linea in termini di durata con i suoi predecessori. Ad es. il C.V. Alberto LAIS fu in Comando dal 3/3/1934 al 14/3/1936: 2 anni; il C.V. Franco MAUGERI dal 16/9/1938 al 2/8/1939: quasi 1 anno. Più che altro sarebbe interessante sapere QUALE destinazione.

 

De Pisa non lo conosco, ma i due predecessori mi fanno pensare che il Pola non avesse particolare fortuna con i comandanti...

 

(i razzi sono "Very")

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Complimenti per questo ricordo, mai troppo per questi quasi tremila marinai italiani andati incontro alla morte in questo modo.

 

La cosa che mi ha colpito di più da marinaio è stato il fatto che in nostri due incrociatori (Pola a parte), siano affondati con le batterie principali posizionate per chiglia!

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Sapete qual ' è la cosa piu' sconcertante , almeno per me ?

Il silenzio , l' ASSORDANTE silenzio che ha accolto il libro di Mattesini : L'OPERAZIONE GAUDO E LO SCONTRO NOTTURNO DI CAPO MATAPAN contenente non poche schoccanti rivelazioni in contrasto con cio' che si sapeva fino ad allora .

Il libro del Mattesini è uscito nel lontano 1998 eppure sembra che nessuno lo abbia letto a livello di storici nè tantomeno commentato , analizzato , approvato o contraddetto .

Silenzio.

L' unico a parlarne è stato Giorgio Giorgerini nel suo celebre " la guerra italiana sul mare " anche se evidentemente non deve averlo letto con molta attenzione dato che afferma che non contiene grosse novita' :s68: rispetto ad un opera precedente del Mattesini .

 

Una considerazione che puo' sembrare una provocazione : ma che storici abbiamo in Italia ?

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Sapete qual ' è la cosa piu' sconcertante , almeno per me ?

Il silenzio , l' ASSORDANTE silenzio che ha accolto il libro di Mattesini : L'OPERAZIONE GAUDO E LO SCONTRO NOTTURNO DI CAPO MATAPAN contenente non poche schoccanti rivelazioni in contrasto con cio' che si sapeva fino ad allora .

Il libro del Mattesini è uscito nel lontano 1998 eppure sembra che nessuno lo abbia letto a livello di storici nè tantomeno commentato , analizzato , approvato o contraddetto .

Silenzio.

L' unico a parlarne è stato Giorgio Giorgerini nel suo celebre " la guerra italiana sul mare " anche se evidentemente non deve averlo letto con molta attenzione dato che afferma che non contiene grosse novita' :s68: rispetto ad un opera precedente del Mattesini .

 

Una considerazione che puo' sembrare una provocazione : ma che storici abbiamo in Italia ?

 

In Italia esiste la deplorabile abitudine delle istituzioni che si chiudono a riccio in caso di critiche fenomeno che altrove non esiste.

Se leggiamo autori come Massie o Bennett ci dipingono delle situazioni poco edificanti ove le critiche sono estremamente feroci. In Italia questo non avviene perché si tende a dire "non disturbiamo i morti" e "tu non c'eri e quindi non puoi capire la situazione".

Tu stesso cadi nello stessa trappola definendo Cattaneo sfortunato.

Io definirei sfortunato il comandante del HMS Trinidand che a causa del malfunzionamento di un siluro si autosilura non Cattaneo.

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  • 3 weeks later...

Il 28 marzo si è tenuta al Museo archeologico Lavinium di Pomezia la presentazione di un libro "Una notte di marzo. Capo Matapan 28 marzo 1941" di Filippo Avilia. Insieme è stato proiettato un documentario tratto dal libro, tutto in grafica digitale. Il risultato è stato bellissimo. In realtà è stata una commemorazione con figli di reduci, giovani che nulla sapevano di quest'episodio. Una commozione generale. La gente era feluice di conoscere la propria storia, anche se tragica. Ed i figli dei reduci hanno ringraziato fra lel lacrime l'autore del libro. Quando sono uscito ho ripensato ai miei prozii che combatterono nella Regia Marina, alla loro deportazione...alle belle corazzate italiane. Nulla è rimasto se non il ricordo. Ed è questo che fa vivere i giovani morti per la Nostra Patria. Non dimentichiamoli. Tirava anche un leggero vento di scirocco...come quella sera.

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Visitatore UPS2
Non dimentichiamoli. Tirava anche un leggero vento di scirocco...come quella sera.

 

Già, il ricordo! Dovere per tutti noi, che non siano morti invano!!

 

Grazie per la toccante relazione!

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Solo una considerazione "tattica"; mi lascia un pò perplesso il fatto di suggerire un rimorchio a pacchetto impegnando tutti gli I.p. della I° div.ne; a parte la difficoltà marinaresca della cosa per di più in navigazione operativa e con un "nemico alle calcagna" a quel punto era CERTO che una portaerei era in zona; come sarebbe sfuggita ad un altro attacco aereo (che poteva provenire anche da terra, dalla vicina Creta) una formazione di quel genere? anche ammesso di mollare il rimorchio immediatamente dopo avere "sentito" non dico neanche "visto" un aereo? Mah...io concordo con quanto sostenuto da Giorgerini; si mandavano 2 CC.TT che al limite raccoglievano i naufraghi e via di corsa...

Mi interesserebbe il vs. parere.

Modificato da GFGPriaroggia
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Visitatore UPS2
Mi interesserebbe il vs. parere.

 

Condivisibile al 100 %.

 

E' evidente che errore ci fu; va però considerato che per l'economia di guerra dell'Italia di allora perdere un incorciatore pesante (insostituibile) sarebbe stato molto gravoso.

Comunque la si giri la "questione" Matapan non è risolvibile con un semplice "è colpa di Tizio, è causa di Tale".

Leggendo quello che (per ora) a parer mio continuo a ritenere l'esaustivo libro di Mattesini sull'espiosdio, non si possa non rimarcare l'incredibile catena di avvenimenti che, correlati, portarono a quella infausta notte... A meno che...

Ma io personalmente mi rifiuto di prendere in considerazione qualsiasi altra teoria che non sia quella della infelice fatalità!

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Convengo con UPS2. Non è da ricercare il "colpevole unico" ne' d'altronde stendere il classico "velo pietoso" all'italiana. Il dovere dello storico è di elicitare i fatti affinchè tutti possano comprendere e dedurre la logica e la illogica delle azioni. Indubbiamente vi fu leggerezza in Iachino nel non comprendere i segnali evidenti della vicinanza degli inglesi. Colpa ne ebbe invece, e grande, Supermarina che non seppe affrontare la problematica della guerra di mare concordandola con l'aviazione. Tuttavia vorrei solo, a distanza di anni, ricordare i piccoli eroi...come il marinaio Chirico...il pilota inglese che attaccò il Vittorio Veneto...i semplici marinai che salvarono i colleghi...i comandanti che vollero affondare con le loro navi...Insomma onoriamo una volta per tutti i Nostri morti, degnamente e non con cerimonie false, condotte da personaggi di infimo valore che nulla sanno della nostra Storia. Quella con la S maiuscola, quella fatta da giovani che non ebbero futuro...se non nella nostra memoria.

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  • 6 months later...

ho letto l'articolo ma siccome è molto ampio e la mia memoria corta , cerco di scrivere qualcosa di sensato , il fatto che il comandante del Pola sarebbe stato trasferito non è molto certo , per quanto riguarda il Pola non era affondato e manteneva il suo assetto , ma aveva imbarcato oltre 4000 tonnellate di acqua , ma è accertato che il Pola non aveva energia elettrica a bordo quindi le armi erano inutilizzabili , poi credo che altri errori siano stati fatti ed è giusto segnalarli , tipo il Gradisca , nave ospedale inviata il giorno prima e partita alle H 17 da Taranto ed è arrivata il mattino del 31 marzo con una velocita' massima di 15 nodi , il radar che era a bordo di navi inglesi ed il fatto che non avevamo nessun tipo di addestramento notturno e per ultimo che di notte il regolamento prevedeva che le armi avevano la copertura , avrei altre cose da dire e da contestare ma credo che circa 3000 uomini morti , molti dei quali morti in mare per assideramento , meritano almeno che le cose siano dette anche a favore non solo a torto , solo per cercare un colpevole .

 

Tra le tante vorrei citare anche il maro' Chirico Francesco che quella notte era a bordo della nave Fiume e gli fu' decretata una medaglia di bronzo al valore e qualcuno dice che fu la piu' meritata .

Modificato da saligio
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  • 2 months later...

da I grandi fatti rivissuti sui giornali dell'epoca, Milano, Editoriale Nuova, 1978, vol. 5, Gli anni dell'asse

 

Il Daily mail del 31 /3/41

 

dailymail1.jpg

 

 

 

URL=http://img85.imageshack.us/i/dailymail2.jpg/]dailymail2.jpg[/url]

 

 

I giornali italiani di quei giorni dedicavano quasi tutta la prima pagina alla visita del Ministro degli Esteri giapponese Matsuoka. In taglio basso, però....

La Stampa, 1 aprile 41

 

stampa.jpg

 

Il Popolo d'Italia, 1 aprile 41

 

popolofd.jpg

 

Corriere della sera, 2 aprile 41

 

 

corriere.jpg

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  • 2 years later...

Riprendo questa interessante discussione per alcune notazioni riguardo al CV Manlio De Pisa, com.te il Pola.

 

Stando alla testimonianza di un giovane marinaio (Giuseppe Anzevino), poco dopo l'apertura del fuoco contro DINAV I il CV de Pisa avrebbe trasmesso agli altoparlanti questo messaggio: "Siamo in pericolo. Chi vuole morire da eroe resti a bordo. Chi vuole rivedere la propria famiglia tenti la via del mare"....scatenando così il finimondo a bordo.

La testimonianza si trova qui e ovviamente va presa cum grano salis.

 

Per scoprire dove fosse destinato a terra de Pisa occorrerebbe verificare il suo foglio matricolare.

 

Non credo tuttavia che, nell'ipotesi non fosse delle condizioni di continuare nel comando, non sia stato sbarcato in omaggio alla "granitica" ideologia del regime. In queste faccende MARIPERS aveva vasta autonomia. Vi furono esempi di ufficiali sollevati dal comando o trasferiti (ad esempio il CV MUFFONE, poi addetto navale in Spagna, di cui parla l'amm. Bigi nella sua autobiografia).

Va da sè che ogni singolo episodio rimane un caso particolare: contavano non solo le condizioni psico-fisiche, ma la carriera pregressa, le amicizie/inimicizie a Palazzo Marina o fuori et coetera

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La prima pagina del Corriere della Sera del 31 marzo 1941. La notizia della tragedia di Matapan è inserita, molto asetticamente, nel bollettino N° 297 (a sinistra). A fare da contraltare subito a destra le notizie di mirabolanti affondamenti di navi inglesi da parte dei velivoli della Regia Aeronautica.

 

280920101062t.jpg

 

Per gentile concessione della Emeroteca civica P. Acclavio.

C.

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La testimonianza si trova qui e ovviamente va presa cum grano salis.

A proposito di citazioni da prendere "cum grano salis" (ma forse un po O/T in questo contesto :unsure: ) provenienti dallo stesso testo citato da Andrea, ecco il passo riferito alla vicenda del CC Oreste TAZZARI, S.C.S.M. dell'Amm. Iachino in merito al radar (purtroppo la fonte non è riportata). Io ne sono rimasto abbastanza colpito:

 

radar1p.jpg

radar2d.jpg

 

tratto da: Piero BARONI, La guerra dei radar - Il suicidio dell'Italia 1935/1943, Greco & Greco editori, Milano, 2007.

Ciao,

C.

Modificato da chimera
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OT: il CC Oreste TAZZARI fu poi il comandante della corvetta Persefone, che il 28 luglio 1943 portò Mussolini deposto da Gaeta a Ponza

 

cessa OT

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sulla questione posta da GM Andrea e da altri in passato, rammento che per richiedere l' estratto del F.M. serve o essere un parente o col consenso dei parenti (che non è detto che venga concesso) quindi resterebbe l' USMMI; nel fondo MARIPERS potrebbe essere rimasto l' ordine di trasferimento, e comunque, traccia della mutata situazione dovrebbe esserci di sicuro (ad es. la disposizione di mantenere il comando interinale della destinazione a terra interessata, seguito dalla designazione del nuovo Comandante, che potrebbe anche essere lo stesso interinale)

 

Altro punto forse interessante: chi doveva essere il nuovo comandante del Pola ? ed un punto importante sarebbe di accertare fino a che punto si era a conoscenza del fatto che il Pola non era obiettivamente in condizioni di affrontare un combattimento Navale ? e la cosa andrebbe anche studiata alla luce della relativamente recente individuazione della cause del non brillante inseguimento a Gaudo (quello che rallentava la III divisione era il Bolzano che aveva noie di macchina...)

 

scusate per l' imprecisione, è ora di pranzo...

 

Saluti,

dott. Piergiorgio.

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sulla questione posta da GM Andrea e da altri in passato, rammento che per richiedere l' estratto del F.M. serve o essere un parente o col consenso dei parenti

 

Buona domenica C.ti,

il mio "uomo a L'Avana" a Persomil mi ha detto (mi sono fidato e non ho verificato) che il consenso dei parenti serve solo se la persona di cui si vorrebbe accedere agli atti è morta da meno di 50 anni.

A questo punto bisognerebbe appurare se la RDPV del C.te DE PISA esista ancora oppure no.

Saluti

C.

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