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Vento Dell'est


Secondo Marchetti

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Nota: le battute del protagonista iniziano cun un _ ed i suoi pensieri sono fra virgolette

 

 

Il foglietto battuto a macchina giaceva in quadrato sopra la busta squartata dalla baionetta di Springfield che il Comandante usava come tagliacarte. La ventilazione forzata lo faceva tremolare. Finito il briefing, nessuno si era curato di rileggerlo.

 

FROM: COMSUBPAC

To: Lt. Louis Russel, USS Searaven SS 196

DEPART ON: December 10, 1941

 

Patrol Luzon Strait and engage enemy shipping

 

Non sprecavano parole in dettagli. Dopo la dichiarazione di guerra, tutti avevano atteso l'ordine di prendere il mare per la prima missione, chi con un'impazienza tesa di rabbia, altri, più miti, quasi con una sottaciuta rassegnazione. Ma tutti erano coscienti che c'era un contratto da onorare, e volevano farlo al meglio. Riprendendo il comando del suo battello, il Comandante non aveva notato incrinature degne di nota nel morale dell'equipaggio. Il più compromesso di tutti era forse lui stesso.

 

Ore 6.50 del mattino, banchina sommergibili del porto di Manila, Filippine.

Equipaggio ai posti di manovra per salpare. Quattro marinai in coperta a prua ed altrettanti a poppa si tenevano pronti a mollare gli ormeggi. Altri dalla banchina ritiravano la passerella.

L'aria fresca dal largo allontanava il fiato pesante dei diesel Hooven-Owens-Rentschler in riscaldamento che di solito era l'aroma tipico delle manovre in porto: tanto legato a quell'evento quanto poteva essere il profumo della colazione al mattino, pensava Louis sulla vela. Solo, un po’ più sgradevole.

Non aveva piovuto dopo la loro ultima uscita addestrativa di tre giorni prima, e dovunque si appoggiasse si ritrovava le mani unte di sale gommoso.

Per quanto amasse il mare, ne detestava la salinità. "Perché il mare dev'essere salato?

Sarà per lo stesso motivo per cui nella vita si deve amare. Troppo facile, troppo comodo sarebbe senza."

Non doveva ripensare a quello. Sentì che gli occhi gli si gonfiavano di nuovo e che perdeva nitidezza di vista. Per fortuna i suoi occhiali da sole celavano la debolezza. Decise di darsi una scossa e si accostò al tubo portavoce con un falso tono fermo.

_Manovra! Siamo pronti là sotto con le macchine?

Una voce risalì gracchiando dal tubo

-Quando vuole,cap...

 

Si rivolse quindi all'ufficiale che stava con lui sulla vela

_Possiamo andare.

-Sissignore! Libera a poppa!!

 

I marinai pronti liberarono la cima ed uno di loro agitò il braccio. Il vento si mangiò la voce che urlava "A poppa, libero!!"

 

-Libera a prua!!

Le figure chine sul cavo sembravano quasi contadini al raccolto.

"Liberi!!"

Si riservò di dar l'ordine di mettere in marcia i motori

_Dritta, avanti un terzo. Sinistra, avanti piano.

 

Dietro la poppa, un ribollire di schiuma segnalava che la creatura riprendeva vita. Gli voleva bene Louis al suo battello, ne amava le belle linee pulite, il colore grigio ipnotizzante, il ventre caldo che sapeva di grasso, la sua cuccetta con quel poco di spazio per gli effetti personali, tanto più apprezzato in quanto esiguo. Unico suo difetto, forse, quello di appartenere ad una famiglia che aveva avuto una mela marcia, quello USS Squalus la cui vicenda aveva dato qualche incubo ai sommergibilisti di pastafrolla come lui.

Ma nelle esercitazioni che avevano condotto nelle acque brodose ed infide al largo delle Filippine, il loro Searaven non gli aveva mai dato di che preoccuparsi e, visto che qualche suo collega si trovava ancora a portare in combattimento le carrette classe S, poteva dirsi fortunato. Sotto la spinta diseguale delle eliche, la prua si era volta verso l'uscita del porto.

 

_A posto: pari avanti normale, portaci fuori poi dirigi per 60 fino al primo waypoint, quindi per 150.

I marinai della manovra si erano schierati in riga sul ponte. Qualcuno però non guardava fisso davanti a sé, ma verso poppa. Forse lasciavano a Manila qualche affetto. Era un bel luogo per amare: al tramonto, quando il sole disegnava in nero le montagne verso Mariveles, in rosso il cielo, e le costellazioni sparute delle luci artificiali apparivano in terra, la poesia sorgeva spontanea dalla natura e non c'era bisogno di cercarla e scriverla, vi si viveva già. Non per nulla avrebbe voluto venire a viverci con lei. Ma lei aveva scelto altre vie. Da quando l'aveva persa, la sua vita aveva perduto valore, sostanza, tutto tranne il motivo che era ancora lo stesso: navigare, sfidare l'ignoto, il buio intenso delle profondità del Pacifico, combattere la doppia guerra contro nemici e natura. Ora, giocare con la morte sarebbe stato più facile.

Basta pensare: si concentrò su fatti più immediati, ripassando per l'ennesima volta quel che riguardava la missione. All'ultimo turno di lavori, il Searaven era stato equipaggiato con un cannone da 4 pollici e con una Oerlikon binata da 0.8, ed era impaziente di provarli in azione. Era anche riuscito ad assicurarsi un riarmo completo con siluri Mk 14 al posto dei vecchi Mk 10, anche se i loro acciarini magnetici erano totalmente inaffidabili. Strano che non riuscisse a fare come gli altri, ad odiare il suo nemico. Le immagini di Pearl Harbor in fiamme non l'avevano toccato più di tanto, pensò che anche loro non avrebbero esitato a fare lo stesso ai giapponesi se fosse stato necessario. La retorica violenta e talvolta apertamente razzista che sentiva anche negli altri ufficiali, non l'apprezzava e non la condivideva. Si era informato sui loro futuri nemici e li rispettava. Quale altro popolo, si diceva, può permettersi di chiamare le sue navi Gioia crescente, Nuvola d'alba, Pioggia di Maggio...

Ma se Pearl Harbor non gli aveva fatto effetto, era per un cinismo appena sviluppato che gli aveva forse fatto perdere anche i freni della prudenza. Era quasi impaziente di infilarsi sotto un caccia giapponese per subire il primo bombardamento, e vedere se gli avrebbe fatto paura come pensava.

 

Quant'era blu il cielo delle Filippine... pareva quasi voler risucchiare verso l'alto, gli faceva un effetto minaccioso. In pieno giorno gli ricordava che oltre quella cappa sottile d’aria c’era uno spazio vuoto ed infinito. E la terra diventava, nella prospettiva di questo vuoto, come una minuscola scialuppa persa in un oceano ostile, i cui occupanti anziché pensare a salvarsi si scannavano. Uno di quei paradossi che potevano egualmente far piangere o ridere. Forse era tutta colpa delle religioni, pensava in umorismo nero, forse se l’uomo invece di credere nella vita dopo la morte si fosse reso conto che l’esistenza non era che un lampo in un’eternità di nulla, ne avrebbe disposto con meno leggerezza. Forse l’istinto alla guerra era così radicato negli uomini perché la natura l’aveva previsto come ausiliario delle epidemie per tenerli a freno. Dal nulla che circondava la terra, al nulla che circondava la vita, si sentiva guardando quel cielo limpido e buio quasi soffocare. Non doveva porsi troppe domande se voleva mantenere la sua ultima ragione per vivere, il comando. Portava gli occhiali da sole per nascondere le lacrime che potevano ancora riaffacciarsi alle sue palpebre. Ora che erano fuori dal porto, si fece allungare un binocolo, sempre per celarvi dietro gli occhi. Doveva approfittare della loro prima missione di guerra per dimostrare a sé stesso che non era finito: un fallimento avrebbe portato al cedimento delle sue ultime paratie, sarebbe andato a fondo.

A mezzogiorno, con la terra lontana a poppa, scese a mangiare in quadrato con gli altri della sua guardia. Il piano di rotta, tenersi a 20 miglia dalla costa, direzione nord-nord est fino allo stretto, era impostato e poteva rilassarsi per un bel po’. Primo pranzo a bordo da tempo, al rumore di fondo dei quattro diesel, con l'occasionale rollio che faceva afferrare ad ognuno la propria scodella perché non cadesse. Anche questa scomodità gli era mancata. Ora era sereno; il cameratismo, il semplice contatto umano, avevano avuto sul suo animo provato un effetto immediato: nei momenti in cui parlava coi suoi compagni d'arme, dimenticava tutto ciò che era stato, recuperava perfino l'appetito malgrado le portate poco invitanti, tutto si riduceva al qui ed ora, con un poco d'apertura sul futuro. Appena un po': perché se tutti erano certi che i giapponesi l'avrebbero pagata cara, in fondo temevano che anche loro avrebbero potuto pagare il prezzo più alto; si era sulla prima linea, in quel mare, erano pochi, soli contro un Impero. I commenti erano, secondo Louis che ora vedeva tutto semplice, d'una drasticità immotivata e lui interveniva per calmare gli animi ed infondere fiducia.

-Dicono che i caccia dei musi gialli siano già stati equipaggiati col sonar. Se così fosse, sarà quasi impossibile avvicinarsi ai convogli.

-Sciocchezze. Neppure i nostri danno sicuro affidamento, figuratevi i loro che sono dieci anni indietro a noi.

_Questo può non essere vero, ma in ogni caso, sonar o no, non potranno fermarci: scenderemo più profondi fino a cercare uno strato termico, se sarà necessario, e non ci troveranno. E finché non sentiamo un ping, si va in assetto silenzioso a quota periscopio come abbiam sempre fatto. Gli passeremo sotto il naso. Non cambia nulla dalle esercitazioni: voi seguitemi corpo ed anima e gliela faremo vedere.

-Giusto! Daremo pane per i loro denti, a quelle carogne!

-Magari andremo a picco, ma non ci andremo da soli.

_Uomini... una domanda difficile...

-Dica, cap.

_Chi di voi ha paura di non tornare?

 

Silenzio. Sguardi si incrociavano fra l'imbarazzato e il sorpreso. Louis si godeva lo smarrimento dei suoi "eroici" combattenti. Aveva evitato di proposito di dire "morire" per non sfidare la sciocca superstizione da tutti condivisa.

_Tutti tacete: liberatevi dalla paura, dobbiamo poter fare reciproco affidamento in ogni circostanza, per quanto avversa. Quello che teme è il primo a cedere.

E' facile essere spavaldi ora che nessuna minaccia incombe: vi voglio con lo stesso fegato anche quando saremo sotto attacco, lucidi ed aggressivi.

Diamo l'esempio, i ragazzi seguiranno. E ora, scusate. Faccio un giro d'ispezione e poi mi ritiro.

 

Salutato nel modo spiccio che vigeva sui sommergibili, Louis visitò tutti i compartimenti, ufficialmente per verificare che tutto fosse in ordine, in pratica per rientrare in contatto coi suoi ragazzi. Sentiva a fior di pelle, senza bisogno di chiederlo, qual'era l'aria che tirava. I sorrisi non erano convinti e capì che la preoccupazione serpeggiava, malgrado la voglia d'azione e di vendetta. Comunque fosse, era certo che avrebbe potuto contare su di loro.

Coricandosi in cuccetta, notò che aveva ancora la foto di lei sopra il cuscino: ma non poteva strapparla via, gli altri avrebbero capito ed avrebbero cominciato a farsi domande, tutto doveva invece sembrare invariato.

In foto, lei sorrideva, gli occhi profondamente neri, il solo nero in cui non avesse paura di naufragare, erano ancora ridenti. Non certo così quando si erano separati. Con una di quelle svolte irragionevoli che rendevano la vita così invivibile, gli aveva imposto di scegliere, lei o il mare.

Momentanea pazzia: forse quel che più temeva era proprio perderlo. Le avrebbe scritto una lettera, anche se il tono del suo addio era assolutamente definitivo. Una lettera almeno per lasciarsi con bei ricordi. Non ne avrebbe trovata un'altra come lei. Per questo il colpo era stato potente.

"Tu ridi, bella, non io. Per ripicca sarai già andata a cercare qualcun altro, lo so. Comunque vada, ti auguro felicità."

Non riusciva ad odiare nemmeno lei. Cercò di prendere sonno senza pensare oltre, ma non fu facile, sia perché doveva riprendere il bioritmo spezzettato della navigazione, sia per i suoi fantasmi che lo assalivano in massa. Ma lasciandosi assorbire dai rumori di bordo ci riuscì.

"Troppa voglia di vendetta a questo mondo. Lei, noi, i giap. Ecco perché va tutto in vacca."

 

Al crepuscolo, lo svegliarono come aveva richiesto, perché doveva essere di guardia. Salito in torretta, si lasciò investire dal vento relativo che lo privò in breve di ogni residuo torpore. Il secondo lo aggiornò sulla situazione: rotta e posizione, il messaggio radio d'avvistamento che però non era abbastanza importante perché lo svegliassero. Naturalmente nessun contatto da segnalare. Solo il mare andava gonfiandosi, talvolta una cresta rompeva in coperta, ma il tempo sembrava stabile.

_Logicamente gli sbarchi dovrebbero avvenire sulla costa orientale, verso Aparri: penso che finché non entreremo nello stretto di Luzon potremo navigare relativamente tranquilli. Può andare.

 

Sceso il buio, fece una breve pausa per la cena e poi il turno fino alle due. Le stelle erano appena visibili e dabbasso non si vedeva quasi nulla. Solo qualche grigio riflesso lunare sulle onde, e i baffi di schiuma a prua. Passate leggere di salino puntinavano le lenti dei binocoli, poco utili: e del resto quel tratto di mare doveva essere deserto. Per prudenza, l'idrofonista stava al suo posto ed ascoltava scettico.

Louis pensava infatti ad un possibile agguato di sommergibili giapponesi: si aspettava che fossero già stati sguinzagliati per tutto l'Oceano, e che li avrebbero mandati a fare ricognizione ed aprire la strada per le forze d'invasione. Ma l'oscurità profonda rendeva molto improbabile un attacco.

Il ventre del sommergibile ora, con la sua illuminazione rossa ed il caldo che una volta tanto anziché sfinire ristorava, perché si veniva dal freddo umido delle notti pacifiche, era davvero accogliente. Senza accorgersene, nella meccanicità dei gesti per prendere il cambio ed andare a riposare, aveva scordato tutto.

 

Giovedì 11 Dicembre. Ore 13.

Il tempo era cambiato, s'era messo all'uggioso. Il sole filtrava solo attraverso la cappa lattiginosa di uno strato alto e disteso, il mare rimaneva inquieto.

 

Un weather report, aggiornamento meteo, era stato inviato in mattinata. Si era raggiunta da poco la posizione stimata del waypoint d'inizio pattugliamento, sistemato arbitrariamente al centro dello stretto di Luzon. Da rotta 190 si era passati a 255.

 

Ore 17,20.

Avvistato un gruppo di velivoli da bombardamento, quasi sicuramente nemici, rilevamento 11, in lontananza. Louis, che venne distolto dal sonno dall'annuncio all'interfono, si precipitò in camera di manovra per ordinare un'immersione rapida. Sarebbe servita da addestramento e per non farsi individuare, difatti nessuno ne chiese il motivo. Il campanello d'allarme fece risentire la sua voce e la guardia in torretta si precipitò dentro in uno stridore di corrimano e passi di corsa di scarponi sull’acciaio. I marinai ai piani orizzontali diedero una buona svergolata ai loro ampi volanti mentre un sottufficiale apriva le valvole di tutte le casse di zavorra ed i loro sfoghi. In sala motori, i diesel vennero bruscamente arrestati mentre si sigillavano i condotti di aspirazione e scarico, e gli elettrici, fatti chiudere i grossi interruttori, cominciarono ad essere alimentati dal flusso tenue delle batterie. Si provò di nuovo la sensazione inebriante del ponte che quasi veniva a mancare sotto i piedi, mentre il battello metteva il naso sott'acqua, rallentava l'andatura e cominciava la sua pesante discesa.

Il profondimetro occhieggiava vagamente minaccioso coi suoi numeri bianchi su fondo nero: cominciarono a scendere a quasi 4 metri al secondo. La lunga lancetta era incerta, tremolava, talvolta sembrava quasi arrestarsi.

 

_Fermiamolo a quota 60 metri. Poi giù lentamente fino ad 80.

-Sissignore...

Sotto la compressione improvvisa, lo scafo cominciò a gemere. Tutti stavano all'erta per eventuali perdite, tranne Louis che, tenendosi al mancorrente della scaletta, aveva l'aria assente.

A 50 metri, agendo sui piani si ridusse l'appruamento, e quindi si rimise in assetto il battello. Dopo un minuto, si riportò la prua in basso: l'inclinometro segnava 10 gradi. Ora le strutture, assestatesi, non mandavano più suoni inquietanti. L'idrofonista comunicò che avevano passato uno strato termico: Louis aveva insistito molto perché gli comunicassero tempestivamente quando ne trovavano.

 

_Speriamo di ritrovarle anche quando ne avremo bisogno.

Occhiata al profondimetro: erano scesi anche un po’ oltre gli 80. Il Searaven, brava bestia marina, li reggeva senza scomporsi, malgrado fosse più di quanto gli chiedesse il contratto. Forse il suo equipaggio avrebbe preferito non sfidare la fortuna per nulla: avevano passato di quasi 10 metri la quota di collaudo.

Da una parte pensava che gli stava bene, doveva renderli avvezzi al pericolo. Poi però la coscienza della sua responsabilità sopravvenne: perché se ora poteva fare l'all-in e giocarsi tutto in una volta, che la vita gli era molto più leggera, non poteva far lo stesso con le fiches degli altri 54 uomini che comandava. Si impose di tenerlo a mente anche in battaglia.

 

_Bene signori, torniamo a quota periscopio.

 

Venerdì 12. Ore 19,40.

La giornata era trascorsa senza avvistamenti, ma venne ricevuto un rapporto della ricognizione che aveva scovato un mercantile solitario all'estremità orientale dello stretto. Rotta 40, velocità circa 10. 30 miglia di distanza dalla loro attuale posizione. Si elaborò sulla carta, tenendo conto degli elementi di moto del bersaglio, il search pattern, il percorso di ricerca che avrebbe dovuto portare al contatto. Si virò per 290, aumentando la velocità a 18 nodi.

Correndo così fino alle due, non si avvistò nulla. Il secondo che era subentrato dispose quindi che ci si riportasse verso il centro dello stretto.

 

Sabato 13.

Miglioramento del tempo con schiarite. Ora solo qualche lenzuolo finissimo restava in cielo.

"Questa luce sembra quella di San Diego al pomeriggio, eppure è mattino qui. Chissà adesso lei che starà combinando..."

Ed una tempesta magnetica interna lo riportò col ricordo alla sera di due settimane prima quando lei era venuta a dirgli addio ai cancelli della base navale. Lo scorrere della sua vita lo misurava coi luoghi e coi momenti di cui non riusciva a non avere episodiche e violente nostalgie. Alcuni erano così ben incisi nella sua memoria che ancora poteva cogliere sfumature diverse rivedendoli. Ed almanaccava su quel che le sue parole e le sue sopracciglia avessero davvero voluto dirgli sotto quella tettoia. Reso quasi incosciente dalla consapevolezza che non di un incubo si trattava, ma di realtà tanto solida quanto il suolo sotto di lui, allora non era riuscito a mettere assieme che poche parole senza senso. L’aveva lasciata con un forte senso d’incompiutezza che ancora, pur nella vellutata visione del ricordo, lo raggiungeva. Però sopra ogni cosa c’era la certezza d’aver seguito quel che era il suo volere, d’aver fatto quel che per lei era più giusto. Non sapeva se ora lei fosse felice: ma lo sperava ardentemente, era l’unica medaglia cui ora aspirava, l’invisibile ed intangibile certezza d’aver saputo amarla veramente, fonte di serenità a prova d’ogni traversia. La sua più grande guerra l’aveva forse già vinta, le lacrime, gli incubi, le debolezze dei giorni passati non erano state che concessioni all’istinto domato.

 

Ore 14,30.

Allarme aereo: una flying boat H6K "Mavis" avvistata per 170. Il quadrimotore, lento e poco manovriero, sarebbe stato un facile bersaglio per la Oerlikon binata: Louis decise di giocarsela in superficie. Del resto era sicuro che erano già stati avvistati, gli stavano venendo addosso.

 

_Pari avanti tutta, presentiamogli la poppa, rotta per 10. Fuori le munizioni della mitragliera!

Il puntatore ed i due serventi sbucarono dal portello della vela con l'elmetto indossato, e da sotto ne passarono uno anche per Louis. Le vedette riscesero dentro di corsa per non correre rischi inutili. Il Searaven aumentò la velocità virando. Parve quasi di sentirlo inclinarsi, ma era solo una suggestione. Senza concitazione, ma neppure con meccanica precisione, i serventi innestarono i grossi caricatori a chiocciola e tirarono con forza le leve d'armamento, mentre il puntatore riprendeva confidenza con i poggia spalle e sistemava l'occhio al traguardo dietro il reticolo. Seguirono momenti che, non fosse stato per il fracasso dei diesel, si sarebbero quasi detti di calma. Il rumore dell'aereo si avvicinava.

A 500 metri circa si aprì il fuoco: rimase impressionato dal frastuono della binata e dalla pioggia di grossi bossoli sul pagliolato. La collana di traccianti, due fili di perle a vedersi, si sfilò verso il bersaglio. Una raffica di 40 colpi: tanto bastò perché l'idrovolante desistesse dall'attacco, lo si vide virare per allontanarsi.

 

_Cessate il fuoco! Ne hanno avuto abbastanza. Bravi ragazzi.

 

Cessato l'allarme e riprese rotta e velocità del pattugliamento, mentre si toglievano i bossoli e la guardia riprendeva il suo posto, il secondo scambiò due parole con Louis.

 

-Peccato non averlo abbattuto. Avrà segnalato la nostra posizione.

_Quello l'avrà di certo fatto prima dell'attacco: ed in ogni caso non cambia i nostri piani, dia solo una ventina di gradi verso sud, se mai avesse trovato esattamente la nostra rotta. Occhio a possibili agguati di sommergibili giap e ad altri aerei. Non credo distaccheranno un gruppo di superficie per darci la caccia.

-Sissignore. Dirigiamo per 280.

 

Ore 18.40.

Come sempre presente sulla vela al crepuscolo, Louis stavolta non ebbe bisogno di essere buttato giù dal letto quando la vedetta appollaiata sulla pedana al fianco delle camicie dei periscopi si sbracciò indicando qualcosa di invisibile.

 

-A prua a sinistra!!! C'è qualcosa di grosso laggiù!!

Tutti i presenti diressero i loro binocoli nella direzione indicata, ma Louis ingiunse con un gesto alla vedetta a dritta di continuare a guardare dalla sua parte.

"Conosco la storiella. Tutti da una parte a cercare il turacciolo e nessuno che si accorge del transatlantico che arriva dall'altra."

 

Stavolta invece il transatlantico era dalla parte giusta: Louis lo vide emergere appena dalla bruma, ben confuso nel grigio scuro del cielo che si fondeva col mare. Ancora molto lontano: almeno 6 miglia. Beta: 342. Non erano in una buona posizione per attaccare, avrebbero dovuto corrergli davanti.

Doveva essere un grosso piroscafo requisito come trasporto truppe: i due fumaioli e la mole non lasciavano dubbi sulla sua stazza.

 

_Magnifico. Dobbiamo prenderlo a tutti i costi. Posti di combattimento!

Sopravanziamolo e guadagniamoci una buona posizione d'agguato: andiamo per 290, pari avanti tutta!

La rotta impostata doveva essere parallela a quella stimata del bersaglio. Quando l'avrebbero avuto a poppa a distanza conveniente avrebbero virato di circa 90° verso di lui scendendo a quota periscopio per andare all'agguato. La scorta doveva esserci e questo escludeva un'azione in superficie.

 

-Signore, vedo due dame di compagnia attaccate alle sottane della grassona. Due caccia, a prua e a dritta del bersaglio.

_Mi avrebbe sorpreso il contrario, navi così non viaggiano senza scorta. Dovrebbe essercene anche un terzo alla sua sinistra. Occhi aperti, che non ci mettano la prua addosso.

 

Per le 20 il beta era 210, favorevole all'attacco: si ordinò di virare di 80 a sinistra e di scendere a quota periscopio.

 

_Signori si scende!

 

"Questa dannata sirena dell'immersione: l'avranno sentita perfino i giap..."

Louis fece issare il periscopio d'osservazione. Ora il buio si faceva sentire. La piccola ottica dello strumento dava una visuale limitata, opprimente e l’acqua la lambiva ad ogni cresta d’onda, dandogli la sgradevolissima impressione che stesse per annegare. Per un po’, non ebbe null'altro da fare che restare aggrappato alle maniglie dell'aggeggio stampandosi sulla retina il profilo sghembo del piroscafo a circa 2 miglia.

20,20: la distanza dal caccia a dritta del piroscafo era scesa e ora c'era il rischio di farsi sentire.

 

_D'ora in avanti, finita la chiacchera: passiamo alla corsa silenziosa!

-Sissignore. Assetto silenzioso!

I telegrafi ordinarono l'avanti piano. Da 7 nodi si passò ad appena 3. Ora il rumore dei General Electric diventava un fluido ronzio.

Louis ammainò il periscopio d'osservazione, notando con disappunto che anche il suo argano faceva un baccano non indifferente.

_Resteremo ciechi per un po’. Idrofoni, occhio agli aumenti di velocità dei caccia.

 

Era come se si affinasse l'udito per percepire i ping del sonar: quel suono querulo, acqueo, acuto, non ve n'erano di più lugubri per loro. Ma a lisciare i fianchi del battello c'erano solo lontane pulsazioni di motori.

 

20,35.

Dovevano ormai essere in posizione di lancio: l'ultimo rilevamento idrofonico dava il piroscafo per beta 340 e il caccia a dritta per 300. Si issò il periscopio d'attacco e Louis vi si appiccicò avido di vedere.

 

_Aprire i portelli di tutti i tubi prodieri...

L'occhio impiegò qualche istante per abituarsi al buio esterno, poi trovò il grosso scoglio nero esattamente dove gli aveva detto il suo idrofonista. Diede poi una spazzata attorno per confermare che anche i caccia fossero ancora ai loro posti. Strano che ogni tanto non partissero a fare puntate nei dintorni: meglio per loro. Il caccia doveva essere a non più di 1000 metri, quindi niente sonar.

Poi focalizzò sul piroscafo: stimò la distanza a 1500 metri e la rotta per 280. Passò questi dati al calcolatore dei dati di lancio con una voce che pareva anch'essa frutto di un congegno inanimato. Una bestia simile avrebbe avuto bisogno di non meno di due siluri: nell'eventualità che qualcuno andasse a vuoto, decise di fare il pieno.

"All-in, questa si annuncia una bella mano. La posta lo vale."

 

-Ce l'abbiamo. Tubi prodieri pronti. Impostiamo la risoluzione.

_Datemi 7 gradi d'apertura per la salva. Corsa veloce, profondità 5 metri. Acciarino a contatto, escludere il magnetico.

-Pronti al lancio, signore!

 

Amava sentirsi un tutt'uno con la macchina. Estrasse il cronometro a cipolla dal taschino per il tempo della corsa.

 

_A prua: fuori tutto!

Mani impazienti spinsero le maniglie delle valvole di lancio con forza, sfogando impazienze a lungo soppresse e quattro Mk 14 uscirono quasi in contemporanea dai tubi; l'alleggerimento improvviso fu avvertito dal battello e per un attimo si ebbe daffare per allagare in fretta la cassa compenso siluri: per precauzione, si diede un colpetto in basso coi piani di profondità. Louis fece partire prima il cronometro e poi una cascata di ordini ammainando il periscopio con un gesto fulmineo.

 

_Leviamo le tende: tutto a dritta, scendere a quota 70 metri! Restiamo in assetto silenzioso. Idrofoni, orecchie incollate al caccia alla nostra sinistra e ogni tanto una spazzata per la posizione degli altri due.

 

Il ticchettio del cronometro spezzettava la tensione esasperandola. Lo scafo si lasciò scappare qualcuno dei soliti gemiti di fatica passando i 50 metri: in silenzio, tutti lo maledissero e lo pregarono. Louis notò che i suoi compagni ora sudavano più di prima. Anche la pittura grigia e spessa dell’interno dello scafo percolava di condensa e dava l’idea di una pelle sudata.

Il tempo che aveva calcolato per la corsa passò.

Stava già per imprecare quando un tuono, poi un altro, ed altri due in seguito vennero a comporre un crescendo grandioso nell'anfiteatro delle acque. Nessuno pensava a quelli che stavano morendo in quegli istanti sulla nave che avevano colpito.

"Prima di imprecare, aspetta di esserti martellato il dito..."

L'esultanza fu però, per le esigenze ineludibili della corsa silenziosa, contenuta in gesti tesi e parole smorzate.

-Contatto in avvicinamento signore! Velocità media, rilevamento 110... accelera e vira...

_Calma. Finché non ci passa sopra la testa, alla via così. Si saranno semplicemente dati una svegliata.

 

Qualche secondo dopo, vedendo che stavano volgendo la prua verso la rotta di scampo, ordinò barra al centro.

-Il caccia si avvicina ancora...

"Chiudi il becco allora, idiota!"

_Dimmi soltanto se ci sta venendo addosso!

 

Ora pareva di sentire davvero il frusciare delle turbine che proveniva dall'alto: altra suggestione. Con una nota di sollievo, l'idrofonista comunicò che il caccia era passato a poppa. Da quel che ne sapeva, i giapponesi disponevano solo delle tramogge per bombe, e non dei mortai: ma nel dubbio, ordinò di dare uno spunto avanti tutta per levarsi dalla zona di pericolo. Solo 30 secondi, poi fece tornare ad avanti piano.

_Se io fossi il giap, ordinerei subito un rastrello antisom a spirale, ma dato che il piroscafo si starà inclinando verso dritta, sapranno subito da che parte siamo arrivati... potrebbe essere una lunga notte...

 

Invece i rapporti dell'idrofonista dicevano che sembrava che due caccia si fossero fermati, dato che non li sentiva più, e che quello che gli era passato sopra continuava a pendolare ma senza puntargli addosso. Louis ordinò di risalire a quota periscopica. L'inseguitore stava compiendo una virata in allontanamento.

Issò il periscopio d'attacco e lo volse verso poppa. Trovò il piroscafo fortemente inclinato e col mare al castello di prua, coi caccia che parevano essersi affiancati sottobordo. Uno era sparito dall'orizzonte, l'altro, dalla pruetta che spuntava, lo vedeva sulla sagoma sghemba della grande nave morente.

 

Evidentemente stavano recuperando gli uomini che trasportava: sarebbero stati un bersaglio facile, anche se erano lontani.

Una volta, prima del disastro, aveva un forte senso della pietà e della dignità. Silurare un caccia che salvava dei naufraghi, sarebbe stata un'azione contraria ad entrambe. Ora si sentiva cinico: ma la guerra che piaceva a lui, era quella contro le macchine, non contro gli uomini, ed avrebbe senz'altro dormito meglio se avesse saputo di avere poche vite sulla coscienza. "2000 tonnellate in più, ma con un migliaio di morti... non è un affare."

 

A confermare la sua intenzione umanitaria tornò il caccia in sorveglianza, sulla sua rotta precedente. Ancora qualche minuto e, passando a poppa, sarebbe stato un bersaglio perfetto. Non sembrava zigzagare né variare spesso la velocità. Ammainò di nuovo il periscopio.

 

_Idrofoni, segnalare appena il caccia in movimento a poppa sarà su beta 150. Aprire i portelli dei tubi 5 e 7.

Non dovette aspettare a lungo. Ma pensò che prima o poi il periscopio si sarebbe accatastato, a forza di fargli fare su e giù.

Il caccia era esattamente dove glielo aveva segnalato. Distanza, 800 metri circa, velocità intorno ai 15 nodi. Andava lento, forse per migliorare il suo ascolto. La soluzione di lancio fu rapidamente approntata col calcolatore.

 

_Fuori 5 e 7!! Macchine pari ferma!

"Speriamo che almeno non sentano il rumore dei siluri..."

 

Dovevano trascorrere pressappoco 30 secondi fino all'impatto. Questa volta il calcolo fu più preciso. Louis osservò affascinato la nave spezzata in due che si piegava a V moderata verso il fondo. Alla luce dell'incendio subito scatenatosi dal sangue versato dalle casse nafta, le eliche giravano ancora.

Erano le 20,48: dieci minuti dopo, non ne restava che qualche relitto in superficie. I rumori dell'agonia giungevano attraverso l'acqua e lo scafo: rombi prolungati, gemiti, spacchi netti e, più sorprendente ed inquietante, un infrangersi di cristalli.

"Requiescat in bello. Loro non ci avrebbero fatto sconti del resto."

Nel frattempo s'erano rimessi in marcia avanti normale per allontanarsi prima di attrarre le vendette dei caccia superstiti o di eventuali rinforzi.

Nessuno gli corse dietro e dopo 5 miglia si riemerse per cambiare aria e rimpolpare le 126 celle delle batterie che avevano accusato la marcia. Si rientrò dal posto di combattimento.

 

"Fieri di quel che abbiamo fatto? Forse no, non io. Ma forse è che neppure il dovere compiuto ha più valore per me.

Se i giapponesi avessero bombardato il palazzo del loro governo anziché Pearl Harbor, non verrebbero qui a morire invano, né costringerebbero noi a far lo stesso. Da quando in qua però le cose vanno così? Gli unici che meriterebbero di morire, quelli che le guerre le vogliono e le decidono, son quelli che in guerra se la cavano sempre. Dai loro uffici non si vedono le cariche alla baionetta. Le schegge di granata non dilanieranno mai le loro carni molli.

E voi che li state a sentire: fatevi raccontare un paio di balle, vi sentite dire che un americano è andato a letto con vostra sorella ed eccovi qui a voler la nostra pelle. E tutti in fila per andare a crepare in allegria, per non esser tacciati di codardi, perché vi mancano le palle per farvi dare del vigliacco. Vorrei che apriste gli occhi; questa non è una guerra davvero vostra, non è per difendere il vostro popolo. Davvero potevamo non odiarci. Ma anche noi: le Filippine non sono patria, che effetto gli farà ai ragazzi rischiare la buccia per un palmeto rubato? Pare che con Pearl Harbor abbiano tutti il dente avvelenato, ma venire a combattere quaggiù non ha senso. Senso dell'onore? Definizione vaga, da rivedere.

Conoscendo i giap, scommetto che il comandante di quel caccia è andato giù con lui, al che mi chiedo quale sia la differenza fra un eroe e un fesso. Salvati e combatti un altro giorno."

 

Domenica 14.

Ore 2,50.

Avvistamento. Louis era appena andato a riposare quando fu richiamato in torretta. Il vento, in prua, era aumentato e ruggiva, ma un poco di luna c'era ancora. L'aria ed il salino lo schiaffeggiarono, poi ci pensò la verve del secondo.

 

-Stanotte caccia grossa cap!! Dritto davanti a noi!!

Una moltitudine di sagome scure, alcune più snelle, altre corpose: un convoglio. Si tornava in azione: la distanza stimata era di 3 miglia.

-Ci stanno venendo sul muso, siamo su rotte opposte!

_Batterie ricaricate?

-No signore, siamo solo al 70% della carica!

_Faremo lo stesso con quel che abbiamo. Posti di combattimento!! Mandiamo un messaggio di scoperta poi scendiamo a quota periscopio!! Sgomberare!!

 

Passata la concitazione della manovra, Louis si diede a contare le pecore del gregge col periscopio d'osservazione, col consueto attaccamento quasi carnale allo strumento, che opponeva resistenza ai suoi sforzi per girarlo, come se stesse ballando un lento ostinato. Se la vista non lo ingannava, c'erano tre caccia di scorta ed otto mercantili in formazione su due colonne parallele. Di nuovo, niente zigzagamento, eppure il capo scorta aveva sicuramente ricevuto l'allerta del piroscafo silurato.

Per entrarci dentro, fra le due colonne, dalla posizione in cui si trovavano, sarebbe dovuto passare sotto il naso del caccia in testa alla formazione. Con una rapida consultazione con l'ufficiale di rotta, sulla base degli elementi di moto stimati che aveva raccolto, calcolarono il tempo in cui avrebbero dovuto restare sotto in profondità prima di poter tornare su in mezzo al convoglio.

 

_Assetto silenzioso. Scendere a quota 70 metri. All'erta per gli strati termici.

L'annuncio giunse a 48 metri.

-Ne troviamo uno in questo momento, cap.

"Così però anche i nostri idrofoni saranno meno affidabili..."

Passato un quarto d'ora, quando dovevano essere ormai dietro i caccia di scorta, ordinò una prima risalita a 40 metri. Come previsto, l'idrofonista ebbe i suoi problemi nel recuperare tutti i contatti.

-Caccia in avvicinamento su beta 7, corto raggio!

_Dannazione, siamo risaliti troppo presto. Velocità?

-Lento moto...

_Pari ferma. Silenzio assoluto ragazzi... non facciamoci beccare ora. Aspettiamo che passi...

Col nemico sulle teste, i sommergibilisti prendevano strani comportamenti che sconfinavano nella scaramanzia. Si alzavano gli sguardi verso l’alto. Ci si muoveva con lentezza esasperante. Si respirava con più parsimonia. Orecchie tese a captare ogni suono ostile che fosse sfuggito alle sensibilissime vibrisse elettriche dell’idrofono. Pugni inoperosi che si serravano, tendini che si dichiaravano in contrazioni più o meno volontarie. Louis, poco preoccupato dalla minaccia soprastante, prendeva nota mentalmente di questi atteggiamenti bizzarri con curiosità d’antropologo.

Il timoniere aveva estratto la maniglia che aveva sulla ruota, per poter dare barra alla banda in pochi istanti se necessario. Si teneva anche pronto a trasmettere l'avanti emergenza. L'idrofonista ascoltava in attesa di sentire le bombe cadere in mare: ma nulla successe.

-E' passato, signore... si allontana...

_Pari avanti piano. Dove sono i mercantili?

-Ho un gruppo di contatti sonori compresi fra beta 8 e 20 e fra 340 e 350... lento moto, saranno a circa un miglio...

_Quota periscopio. Gli altri caccia?

-Li ho per 70 e 200. Non riesco a trovare quelli in coda al convoglio, saranno coperti dal rumore dei mercantili.

E la piccola comunità della guerra sottomarina riprendeva a respirare.

 

Ore 3,30.

Su il periscopio d'attacco: quel che si vedeva nei momenti in cui la sua testa non era sommersa dall'onda lunga, erano tre caccia ormai scaduti di poppa e due file di mercantili a proravia. Il Searaven era più spostato verso quella di sinistra, bisognava quindi riportarsi verso il centro. C’erano circa 500 metri fra le due file, ognuna di 4 navi. Nessun bersaglio degno di nota, tutti trasporti di stazza media.

_Pari avanti mezza, 20 a sinistra.

Quando si furono traversati rispetto alla rotta stimata del convoglio, ordinò di fermare.

 

_Aprire portelli dei tubi 1, 3, 6 e 7. Lanceremo quasi in contemporanea da prua e da poppa.

Ore 3,40.

Soluzione di tiro calcolata per i due bersagli: si attendeva il momento per lanciare.

_Regolate i siluri su velocità bassa, 3 metri di profondità. 10 gradi d'apertura. Di nuovo, solo acciarino a contatto.

Dando un giro d'orizzonte col periscopio, scoperse l'ultimo caccia che era apparso in mezzo alla fila, dietro a tutti.

_A prua ci siamo! Fuori 1 e 3!!

La lieve scossa e l'alleggerimento manifestarono il lancio avvenuto. Louis puntò il periscopio verso poppa: il bersaglio non si trovava ancora al beta ottimale e bisognava far presto.

_Pari avanti mezza, tutto a sinistra!!

 

Lieve era l’angoscia di perdere carica delle batterie progredendo; nel loro precario e pionieristico universo, tutto era a consumazione del resto: potenza elettrica, aria compressa per emergere, perfino l’aria per sopravvivere, non avevano che quella che poteva stare dentro lo scafo: dopo lunghe immersioni, la carica d’ossigeno del vento marino spesso li stordiva. Ma intanto, erano giunti in posizione, Louis diede l’ordine con lieve anticipo.

 

_Barra al centro!!

Pronti 6 e 7... fuori!!!

 

Pochi istanti dopo, i primi due siluri colpirono il bersaglio. Data la ridotta distanza, l'onda d'urto fu percepita anche a bordo del battello.

_Ora cominceranno con le contromanovre: proviamo a portarci fuori dal convoglio per fare un secondo lancio...

Per istinto però diede un'ultima occhiata in giro: e vide sfocati due baffi di schiuma arrivare ai masconi del caccia che, passando fra i mercantili, veniva dritto verso di loro. Ecco che forma poteva avere la paura.

_Dannazione! Andiamo giù, di corsa!!!

-La rapida?!?

_SI!! E macchine pari avanti tutta!!

Cerchiamo di infilarci sotto uno di loro!

 

Mentre il Searaven scendeva rapidamente bevendo acqua salata, il mercantile a poppa venne anch'esso colpito, ma da un solo siluro: aveva già cominciato a virare a sinistra ed evitato di stretta misura il secondo siluro che gli sfilò di prua.

Nel frattempo, a 40 metri sotto, sentirono distintamente il caccia che gli passava sopra a non meno di 25 nodi.

_Tutto a dritta!

Il timoniere girò violentemente la ruota e il battello reagì con violenza, sempre scendendo.

-Bombe di profondità!!!

"I miracoli non li posso fare, più di così..."

 

"Cantare? ..."

 

"Eternal Father, strong to save,

Whose arm hath bound the restless wave,

Who bidd'st the mighty ocean deep

Its own appointed limits keep;

Oh, hear us when we cry to Thee,

For those in peril on the sea..."

 

La vecchia preghiera apparentemente funzionò. Le 6 bombe erano regolate troppo poco profonde: esplosero a 15 metri sopra il Searaven, che ne fu comunque scosso con violenza. Scattarono alcuni interruttori e per un istante fu il buio.

“Credevo facesse più paura. Quest’acqua lacerata mi spaventa meno di una voce dolce che ben conobbi.”

Quasi un divertente diversivo: Louis mantenne la calma e il suo contegno fu d'esempio per gli altri, che si aggrappavano al sostegno più vicino come se fosse la loro stessa vita e scambiavano la sua noncuranza per vero coraggio.

_Stabilizzatelo!! Bolla a zero! Tutti i compartimenti, riferire i danni!

Vedeva che il battello rispondeva ancora ai comandi: e nessuno urlava. Niente vie d'acqua importanti. Qualche bega di poco conto: qualche bullone saltato, flange che perdevano, lampadine scoppiate... Si erano fermati a quota 78 metri.

_Ritorniamo in assetto silenzioso. Abbiamo ritrovato lo strato termico?

-Sissignore...

Un'occhiata all'indicatore delle batterie: deprimente, erano scese quasi a metà. Impossibile riguadagnare una buona posizione di lancio. Inoltre la caccia continuava: da quel poco che gli idrofoni riuscivano a captare, la scorta stava convergendo sul punto degli affondamenti.

_Allontaniamoci: andiamo per 70.

 

Dopo qualche minuto, quando sembrava tutto passato, il ping di un sonar fece risalire la tensione. Ma doveva venire da molto lontano, a giudicare dalla debolezza del suono. Ed erano sotto la cappa protettiva d'acqua fredda. Vennero avvertite delle esplosioni, non si sapeva se della nave che affondava o delle bombe di profondità lanciate un po’ a casaccio su qualche falso contatto.

 

Ore 4,30.

Si ordinò di tornare a quota periscopio, col convoglio ormai in allontanamento. C'era il gruppo di navi ormai quasi invisibili, ed una sagoma più vicina: con qualche minuto d'osservazione, capì che era immobilizzata, doveva essere il secondo mercantile che era stato colpito da un solo siluro.

Avrebbero atteso ancora un po’ per finirlo; strano che non avessero tentato di prenderlo a rimorchio.

"Sta a vedere che abbiamo silurato una nave scarica."

Occhiata a Levante, istintiva: era la sua bussola interiore che faceva di quel punto cardinale il suo polo magnetico, sempre puntato sul vivente e mobile e lontano centro del suo mondo.

“Il nero diventa grigio ad Est. Presto il sole ci riunirà. Ma tu dormi ancora un po', non ti voglio pensare disfatta dalla stanchezza. Se il nostro cammino comune era nel destino, sognami ora. Purché non in questo mostro marino che tu sempre hai odiato. Rivivi piuttosto quella terrazza e quella penombra quando queste mani ora ruvide ed assassine hanno per la prima volta stretto le piccole tue fragili.”

 

Ore 5,30.

Con la luce nascente e il convoglio ormai lontano le condizioni erano propizie per un attacco in superficie.

_Emersione. Pronti col pezzo da 4.

Pari avanti mezza, rotta per 250.

 

Il riflusso brusco dell'aria che soffiava attraverso il portello, assieme ad una cascatella di gocce d'acqua fredda che diede il benvenuto, parvero un cattivo presagio. Giù in camera di manovra, i serventi del cannone finivano di prepararsi indossando elmetti e cinture.

 

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Fuori, l'alba era un po’ più luminosa di quel che sembrava attraverso la finestrella triste del periscopio. Il Searaven con uno sbuffo d'aria compressa mise in moto i diesel e cominciò a virare verso il mercantile immobile e col mare che ormai saliva in coperta.

 

I cannonieri nelle pesanti cerate e con le cinture per non farsi spazzare via da qualche ondata andarono a prendere posto. Louis li guardò togliere il tappo di volata e poi accanirsi sul volantino di brandeggio puntando il pezzo verso sinistra. Intanto un paio di marinai si apprestavano a portare i proiettili dalla riservetta nella vela. Louis osservava amareggiato.

"Se dovessimo ingaggiare una nave armata, con tutto questo carnevale là sotto, basterebbe qualche scheggia per farli fuori tutti. Speriamo di non doverci mai arrivare."

Il mercantile sembrava abbandonato: non c'erano più le scialuppe e le loro gru pencolavano sporte sull'acqua grigia. Un filo di fumo saliva ancora, ultimo segno di vita. Gli alberi di carico dalla perfezione geometrica contrastavano con la loro stessa, triste inclinazione.

A 800 metri circa si caricò il cannone. Il freddo rallentava un po’ i movimenti dei serventi, del resto il grasso sui settori dentati e sulle cerniere s'era impastato.

-Pezzo caricato!!!

_Aprite il fuoco!!

 

Il rumore parve quello di una porta che sbattesse con violenza: Louis tenne gli occhi fissi sul bersaglio e vide una fontanella a cuspide sorgergli davanti.

 

Però il cursore c'era. I suoi puntatori erano bene addestrati e non aveva bisogno di dirgli nulla. Dopo 5 secondi partì la seconda cannonata e questa volta andò a segno.

I pesanti colpi andavano, i bossoli fumanti venivano cadendo con rumore di scatolame, e con 23 cannonate secche e cadenzate si aiutò la fine della nave.

 

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Pelle dura, dura a morire. Le passarono a fianco mentre il mare irritato finiva di fagocitarla, sputando corpi estranei, piccoli galleggianti: nel ribollio infernale sembrava stagnasse ancora l’odore dolciastro della balistite.

 

Si riprese una rotta che riportasse verso Luzon. Ormai avevano mietuto messi sufficienti e conveniva tornare alla base.

 

Ore 7,50.

Allarme aereo: una coppia di bombardieri G4M "Betty" in pattugliamento a bassa quota: data la visibilità non ottimale e la stanchezza delle vedette a fine turno, furono avvistati troppo tardi perché ci si potesse immergere in tempo. Si riuscì appena ad armare la mitragliera, ma questo non fu forzatamente un male, perché quando aprì il fuoco il velivolo di testa era molto vicino e venne centrato subito nonostante che il Searaven fosse impegnato in una virata con tutta la barra, il che rendeva più complicata la punteria. I proiettili esplosivi avevano un effetto prepotente su quella sacca di benzina volante: una coda di fuoco e fumo nerissimo partì dalla radice alare sinistra e attimi dopo l'ala si spezzò. Quel che restava dell'aereo cadde in mare 100 metri a poppa del Searaven. Per quelli a bordo, non c'era stato il tempo di tentare nulla.

L'altro, sfiorato dalla doppia fila di traccianti, diede una passata con la mitragliatrice prodiera che attraversò la coperta del battello, e sganciò in ritardo, quando ormai era sulla verticale. Louis poté vedere con chiarezza i fusi neri planare verso il mare. Le sue bombe fecero solo sussultare il ponte e crearono colonne d'acqua e nugoli di schegge rabbiose, di cui alcune vennero a perforare fulmineamente le lamiere della vela, ma senza colpire nessuno. Un torrente d’acqua nebulizzata e residui neri dell’esplosione gli si rovesciò addosso accecandoli e recandogli l’ultima offesa di una doccia fredda e sporca.

Ricaricata la mitragliera che era rimasta a secco proprio sul più bello, si attese il secondo passaggio, che però non venne.

_Andato, quello non torna più. Bravi ragazzi!! Un aereo da aggiungere alla bandiera!

Poi prese un tono più basso.

_Vedete superstiti per caso?

-No signore...

-Neppure io...

Del resto nessuno sapeva che, se anche ce ne fossero stati, avrebbero con tutta probabilità rifiutato di farsi soccorrere, preferendo morire in mare che cadere nelle mani del nemico.

Louis passò il dito sull'orlo slabbrato di un foro di scheggia, ancora caldo.

_Eseguite un controllo danni e riferite.

 

Ore 20,40.

Ricevuto un messaggio d'avvistamento che dava un grosso convoglio fortemente scortato con rotta sud-sud ovest a circa 50 miglia dalla loro attuale posizione. Doveva trattarsi di una delle flotte d'invasione: avevano a bordo ancora 8 siluri e Louis non ebbe bisogno di chiedere che si trovasse una rotta di intercettazione.

 

-Ecco, cap... se i rilevamenti erano esatti, dirigendo per 217 a 16 nodi dovremmo incontrarli verso le 2 di stanotte.

_Andiamo allora! Abbiamo ancora degli argomenti convincenti da proporre.

 

"Teoricamente di quel convoglio non dovrebbe fregarmene nulla: in pratica, se non lo sfoltiamo un po’ noialtri, starà ai nostri soldati a terra vedersela brutta.

Mettiamola così: non per la mia fama, ma perché rischiando cinquanta vite ne posso salvare molte altre.

Quindi si va. Vedo che sono tutti fiduciosi di me e del battello, dopo la caccia di stanotte."

_La faremo andar bene anche stavolta, non è così, ragazzi?

-Sissignore!!

 

Lunedì 15.

Ore 3,50.

In ritardo rispetto al previsto, dato che la velocità del convoglio era stata sottostimata nel rapporto, si arrivò al contatto visivo. Condizioni di luminosità buone: ma questo avvantaggiava soprattutto i giapponesi, che erano dotati di ottimi strumenti per la visione notturna. Ancora una volta, l'attacco in superficie era impensabile. La gente di guardia sulla vela istintivamente si stringeva in gruppo guardando la massa di navi che gli veniva incontro, come a cercare conforto dalla minaccia nella vicinanza.

 

_Ragazzi... quella sì che è un'armata come ne vedremo poche nella nostra carriera... quanti ne contate?

-Io vedo almeno 8 caccia, 3 unità maggiori e 12 mercantili....

"8 caccia. Mi sa che questa volta ci offrono da bere se non stiamo attenti. Mi spiace quasi non averle scritto l'ultima lettera prima di partire."

_Avviciniamoci fino a 3 miglia. Poi scenderemo sotto. Posti di combattimento.

 

Stranamente, il convoglio ora aveva preso rotta est-nord est e stava visibilmente rallentando. Arrivati alla distanza stabilita, si mandò un messaggio radio d'avvistamento, e ci si immerse a quota periscopica. Louis scese per ultimo e, prima di chiudere la pesante calotta del portello, inviò un altro suo messaggio personale tramite la radio intercontinentale del suo pensiero.

"A San Diego ora sarà di nuovo mattina. Ti auguro una buona giornata. Se non ce la facciamo, ricorda quando sentirai quel profumo di sale e di sabbia, sarò io: verrò a trovarti, nelle notti che tira brezza di mare."

 

Gli pervenne il rumore dell'acqua che mulinava negli spazi a libera circolazione dello scafo: il gorgoglio era come di qualcuno che stesse annegando.

Le battute circolari in acciaio lucido sigillarono il mondo esterno. Una svolta al volantino, violenta come per protesta, e scendere giù.

 

_Le batterie sono ben cariche?

-Un ampère in più, ed esplodono...

_Su il periscopio d'osservazione.

 

Dando un'occhiata particolareggiata allo schieramento nemico che gli si presentava di prua si rese conto che gli 8 caccia erano disposti a cuneo davanti al convoglio, e che le tre navi maggiori, molto probabilmente incrociatori pesanti a giudicare dalla sagoma, li seguivano a poca distanza. Dietro, i mercantili in ordine sparso ma abbastanza raggruppati. Non ebbe dubbi su quali sarebbero stati i suoi bersagli prioritari: gli incrociatori, quelle magnifiche navi che portavano nomi alteri di montagne che rimandavano alla mente sagome perfette perse fra brume leggere: tutto il contrario del loro aspetto di fortezze grigie.

Anche se avrebbe dovuto puntare ai mercantili, cedette senza rendersene conto alla vanità di potersi fregiare di un trofeo così ambito.

 

_Non staranno facendo più di 15 nodi: strano per un gruppo di scorta... Siamo già in un'ottima posizione per il lancio, ma dobbiamo aspettare che vengano loro da noi. Pari ferma!

Se sentiamo un ping, andiamo sotto, non prima. Intesi?

-Signorsì.

_Bene, ed ora assetto silenzioso. Il che, a motori già fermi, significa poco: ma il primo che parla lo regalo ai giap.

La voce dell'idrofonista si fece subito sentire.

-Signore, sento già dei ping di sonar qui.

_Scendiamo! Quota 80 metri! Pari avanti piano.

 

Al lieve ronzio dei motori il battello mise giù il naso. Giunti sotto, con qualche apprensione dato che qualche danno del bombardamento poteva essere sfuggito ai controlli, si fermò tutto. Gli uomini emulavano la tensione dell'acciaio sudato dello scafo, all'erta per il sibilo di una perdita: nulla. Lo strato termico ora era con meno differenza di temperatura, ma bastò a deviare il flebile canto della sirena. Louis ipotizzava che il solo caccia in testa alla formazione fosse munito di sonar.

 

Ore 3,50.

Il gruppo di caccia che faceva rastrello doveva ormai esser passato.

 

_Andiamo su a prenderci una vista: pari avanti piano, salire a quota periscopio.

 

Questa volta la stima sulla posizione si rilevò esatta, ma mentre risalivano lentamente, l'idrofonista segnalò che un caccia stava passando a poppa, molto vicino. Louis quando furono arrivati tirò su un istante il periscopio d'attacco, giusto per sincerarsi che non li avesse trovati e non stesse venendo a spaccarli in due. Era l'ultimo caccia dello schieramento; un paio di siluri dai tubi poppieri sarebbero bastati a cancellarlo, ma si stava puntando ad altro.

 

Quell'altro, a dire il vero, quello sì che pareva venirgli addosso. Lo vedeva quasi di prua, una vera montagna anche nella forma, inarrestabile, nera alla luce lunare. Dal baffo di schiuma di sinistra più lungo di quello a dritta, capì da che parte dovevano trovarsi.

 

_Pari indietro un terzo. Assetto normale, ormai il nostro rumore è coperto da quello del convoglio.

 

Ore 4,10.

_Siamo in posizione ottimale. Pari ferma!

 

Si cominciarono a valutare gli elementi di moto del bersaglio, ora su beta 37. La professionalità nella tensione del momento lasciava apertamente trasparire la concitazione degli animi. L’ufficiale alle armi che regolava i suoi cursori sulla centralina di lancio dei siluri per calcolarne la giusta corsa pareva anch’egli un fascio di cavi elettrici, tanto era concentrato sul suo compito.

 

_E' un pesante classe Takao. Distanza: 700 metri. Rotta: 80. Velocità: 12 nodi.

Aprire i portelli dei tubi prodieri! 5 gradi d'apertura della salva. Corsa veloce, profondità 4 metri.

-Abbiamo la soluzione, signore!! Pronti al lancio!!

_A prua: fuori tutto!!!

 

Come la volta precedente, si ebbe un istante di difficoltà ed il timore che la prua andasse ad uscire dall'acqua per l'improvviso alleggerimento, ma la zavorra lavorò a dovere.

Louis, fatto partire il cronometro, ritrasse le impugnature del periscopio che rientrò. Le striature cromate in movimento come pioggia su un vetro attrassero la sua vista.

 

_Pari avanti mezza, scendere a quota 80 metri. Passeremo da dove non si aspettano di trovarci.

 

Ore 4,17.

I siluri raggiunsero il bersaglio, tutti e quasi contemporaneamente. Il Searaven, in profondità a poppa del Takao, ne ricevette il tremore delle esplosioni.

Stavolta l'esultanza fu più manifesta, ma Louis non gioì con gli altri. Bisognava salvare la pelle, prima di festeggiare.

Seguì un ininterrotto rombo dato dal vapore che erompeva fuori dalle prigioni dei tubi d'acqua delle caldaie, e dalle lamiere torturate che si contorcevano. Tutto quel fracasso avrebbe reso difficile l'ascolto idrofonico, ai caccia, ma anche a loro. Difatti l'idrofonista perse tutti i suoi contatti nel momento più importante.

 

Ore 4,35.

I ping di un sonar abbracciarono lo scafo del battello, stavolta in modo inequivocabile. Rumori di fondo dell'incrociatore domato disturbavano notevolmente l'ascolto: Louis andò di persona a condividere la cuffia, e riuscì a fatica a percepire turbine in avvicinamento a forte velocità su beta 340.

 

_Pronti ad una manovra d'emergenza. Fra poco li avremo sulla testa. Cominciamo col dare 25 a sinistra.

 

Il Searaven iniziava a sentire il timone quando arrivò il sincopato annuncio che faceva sussultare tutti.

-Bombe di profondità!!

_Pari avanti emergenza!

 

Il battello si scosse dal torpore, le eliche vorticavano nel buio mentre spingevano via la grande massa in pericolo. L’ululato cupo dei motori al massimo richiamava alla mente i fantasmi d’ognuno.

“Quanto tempo, prima che le bombe arrivino da noi? Mi verrebbe di pregare di nuovo. Però è poco coerente. Anche quelli che abbiamo fatto annegare avevano pregato, e con fervore, per restare vivi nel momento del pericolo. Non avevano colpe. E Dio, o chi per esso, chissà come diavolo lo chiamavano loro, non li ha ascoltati. Perché ora dovrebbe ascoltare me, diventato criminale?

So che sei sordo e muto. Già non mi hai ascoltato quando ti chiesi di non togliermi il mio bene più grande. Non cercherò di cambiare il tuo disegno con flebili, ipocriti lamenti. Facci quello che hai deciso sia più giusto. Non me ne lamenterò, non cercherò di sfuggirti.”

 

Dato che il caccia era venuto su una rotta perpendicolare alla loro, dare tutta la barra sarebbe stato controproducente. Non diede neppure l'ordine di cambiare quota: più profondo non si poteva, più su, aveva l'impressione che tendessero a regolare le bombe troppo poco profonde.

Il pacchetto era ben centrato, ma ormai erano sgusciati via: esplosero a poppa e non alla loro profondità. L'onda d'urto investì lo scafo spingendolo con la prua in basso. Louis dovette urlare per sovrastare il frastuono.

 

_Timoni a salire!!!

 

Ormai la lancetta del profondimetro era fuori scala, dato che si fermava a 80 metri. Mai il grande occhio nero gli era parso così inquietante, ed i marinai ai timoni di profondità lo fissavano anch’essi con vivo timore, trasmettendo tutta la loro energia ai volanti davanti a loro. Ma Louis sapeva che c'era sempre un po’ di margine verso il basso e ne approfittava, confidando che la quota di collasso fosse molto più profonda. Di certo la forza delle esplosioni aveva cimentato fortemente lo scafo.

In breve l'equipaggio recuperò il controllo della situazione. Come sempre, a poppa qualche flangia s'era messa a perdere, in camera di lancio. Si riportarono i motori ad avanti piano. Gli spunti a piena potenza erano da far durare meno possibile; pareva quasi di sentire la vampata di calore salita da rotori e statori.

 

Poco dopo, ricominciò il rosario angoscioso dei ping. Strana ed ideale marcia funebre per loro. Stavolta ordinò di salire a 60 metri e di virare lentamente a dritta con 20 gradi di barra: questo avrebbe confuso l'addetto al sonar, che di sicuro stava già avendo a che fare con un'apparecchiatura primitiva.

_E speriamo di ritrovare un altro di quei dannati strati...

 

Quando non si sentiva più il suono cristallino era il momento peggiore, perché voleva dire che il caccia gli stava passando sopra. Alcuni come sempre guardavano in su come se potessero vedere attraverso acciaio ed acqua, e ritraevano la testa fra le spalle.

-Ci sta sopra...

Bombe!!!

_Avanti emergenza, timoni a scendere!!

 

Abbastanza angoscioso dar l’ordine di scendere ancora, perché in caso di danni forse non avrebbero più potuto arrestare la discesa: nessuno però si oppose se non col pensiero.

La corsa verso il basso macinando acqua a palate generose portò il Searaven a sfiorare i 10 nodi. Come prima, le bombe scoppiarono verso poppa, ancora più lontane.

 

_Bolla a zero, pari avanti piano... possiamo trovare il modo di scaricare un poco d'aria e qualche rifiuto?

-Camera lancio a prora, avete svuotato i tubi? Bene, lasciate uscire un po’ d'aria e qualche straccio...

 

Sperando che bastasse ad ingannarli facendogli credere che erano andati a fondo, anche se il rischio era che non ci credessero e che ciò svelasse la loro attuale posizione. L'ideale sarebbe stato lasciar uscire della nafta.

Più che la messinscena, venne ad aiutarli un nuovo strato termico, in profondità, ma consistente. Non sentirono più il tintinnio dei sonar. Persero anche gli altri contatti sonori, solo un tuono venne a loro: l'incrociatore pesante, devastato dagli incendi, ormai abbandonato dai superstiti dell'equipaggio, saltava in aria per l'esplosione dei suoi siluri.

 

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Ore 6,30.

Con le batterie morenti, ma col morale alto, si tornò dapprima a quota periscopica, poi in emersione. Si trasmise un rapporto situazione che comunicava il quasi certo affondamento, mentre il Searaven volgeva la prua verso la base. Cementato dall’essere andati assieme a stuzzicare la morte, il loro cameratismo non era mai stato così saldo e schietto. Capitava perfino di poter vedere un sorriso sincero, ma mai sulla bocca amara di Louis.

 

Martedì 16.

Ore 22,10.

 

Prendendo le cime gettate da terra e dandogli volta, lo USS Searaven approdò alla banchina sommergibili di Manila. Niente fanfara, solo il comandante della loro Flottiglia a riceverli e lo USS Sculpin con l'equipaggio schierato per il saluto alla voce. La città era sotto oscuramento e non si vedeva quasi nulla, ma gli occhi assuefatti al chiarore lunare non ci facevano molto caso. Non ci sarebbe stato molto tempo per il riposo, date le circostanze. Tutti gli ufficiali erano sulla vela a far crocchio, felici per il rientro, a far bella mostra di sé davanti al superiore. Le bandierine coi numeri delle tonnellate di naviglio affondato pendevano dal periscopio. Tutto questo pareva a Louis disgustosamente ostentato.

“Chi vince senza vantarsi, vince due volte. Fossi in voi ci andrei piano.”

 

_Mettiamo tutto a posto e sbarchiamo. Siete degli eroi, adesso!

-Lei non scende a terra, cap?

_Mi lasci il tempo di fumare un sigaro. Vada pure.

 

“Era davvero questo il senso che andavo cercando? E sia. Forse non è che sono disadatto al comando: ma sono certo poco adatto alla guerra. Ben altre guerre vorrei combattere e vincere. Però è sempre troppo facile far quello che più ci aggrada. Se lei mi ha lasciato dovevo avere delle colpe. Forse non avevo compreso il suo valore. Solo allontanandomene ho scoperto dove risiedeva il centro del mio universo. Ne farò ammenda combattendo. Se ritornerò da questo Pacifico nero e senza fondo, sarà come essere rinato.”

 

La passerella di legno sobbalzava sotto il peso ed il passo dei marinai che scendevano con le loro sacche in spalla. Louis restava sulla vela a carezzare i mancorrenti sporchi dell'odioso salino, e guardava sfilare i ragazzi che aveva condotto in battaglia. Silenziosamente gli parlava.

 

"Eroi, eroi! Se ci fosse una giustizia divina, dovremmo sparire tutti fra atroci sofferenze, come i marinai giapponesi che abbiamo ucciso in questa missione. Vorrò vedere quanti di noi riusciranno a tornare in patria. Se voi avete ancora un Dio, e se egli vi accetterà in sua grazia dopo quel che non avete visto, ma che è successo, e che avete contribuito a fare... che vi protegga ancora come ha fatto finora."

 

captainslogxt5.jpg

 

Edit: approfittando della proroga alla scadenza ho aggiunto qualche passaggio ed un'immagine. Spero il risultato vi sia ancora più gradito.

 

*** Gioco: Silent Hunter IV (senza mod)

Campagna: Asiatic Fleet, Dicembre 1941

Battello: classe Sargo

***

Modificato da Secondo Marchetti
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