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Secondo Marchetti

L'incrociatore

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Titolo: L'incrociatore

Titolo originario: The Ship

Autore: Cecil Scott Forester

Traduzione: Rodolfo Del Minio

Editore: Mondadori (collana '900)

Anno: 1965

Prima edizione inglese: Maggio 1943

Pagine: 262

 

incrociatoreuw5.jpg

 

Premetto che la rilettura di questo libro mi ha dato una tale carica di rabbia che, se la ragione non fosse sopraggiunta a riprendere il controllo delle mie azioni, avrei catapultato il mio modello della HMS Nelson fuori dalla finestra... quindi, più che una recensione, aspettatevi una stroncatura :s03:

 

Il romanzo, ambientato a bordo di un incrociatore leggero inglese della II G.M. in missione di scorta convogli nel Mediterraneo, l'HMS Artemis, è diviso in 26 capitoli, e può essere (artificiosamente) suddiviso in due parti: la prima si concentra sulla normale vita di bordo, nella seconda invece si svolge la lunga narrazione di una battaglia navale contro forze superiori.

 

L'opera è un buon esempio di come l'universo autoriale possa venir influenzato dal contesto esterno: tradotto in termini comprensibili, di come un valido scrittore come CS Forester, lavorando in tempo di guerra e facendosi influenzare dall'isteria collettiva, possa contaminare un lavoro che alla base sarebbe sostanzialmente ottimo con della propaganda d'infima qualità.

La narrazione infatti è tutto sommato gradevole e talvolta il ritmo impressole dagli scontri riesce a renderla quasi avvincente; i dettagli tecnici sul funzionamento della nave non appesantiscono e per un neofita sarebbero di un certo interesse; la traduzione di Del Minio, che se non sbaglio aveva anche curato quella di tutta la serie di Hornblower, è ottima e rimedia anche agli errori dell'autore a proposito delle nostre navi.

 

Scoprendo la cappa d'invenzione che l'autore ha posto a mò di velo pietoso sulla storia narrata, si scopre che la battaglia è una dilatazione della Prima Sirte, enormemente distorta in durata, forze ingaggiate ed importanza strategica. C'è infatti in gioco un convoglio inglese, difeso da un pugno di incrociatori leggeri e caccia di scorta, che viene attaccato dalle Forze Navali da Battaglia della Regia Marina quasi al completo, dopo esser stato tartassato senza successo, nella prima parte, da attacchi aerei. Ovviamente l'epilogo è che il convoglio, dalla cui riuscita sarebbe dipeso il futuro del genere umano, viene salvato ed i nostri si ritirano cornuti e mazziati, o meglio silurati.

Sotto la pelle, davvero dura a dire il vero, della HMS Artemis, si cela l'HMS Penelope, al cui equipaggio il libro fu dedicato, e le nostre corazzate Legnano e San Martino sono ricalcate sulle due Littorio. I personaggi sono, almeno loro, totalmente d'invenzione (il comandante delle FNB è stato chiamato Gaspare Gaetano :s10: e naturalmente, dato che gli italiani da soli non riuscivano a combinare niente, è coadiuvato-comandato da un ufficiale di collegamento tedesco, la cui vera funzione è quella di mettere in risalto l'incapacità dei nostri marinai coi suoi commenti aspri).

 

Le tecniche della propaganda ci insegnano che esistono due modi per magnificare la propria parte: quello buono, ovvero attribuire al nemico qualità straordinarie per dare alla propria vittoria un valore tanto più grande, e quello cattivo, ovvero denigrare apertamente il nemico. Nel suo contributo allo sforzo bellico inglese, Forester sceglie il modo cattivo, guastando così irrimediabilmente il suo lavoro, che non ha a parer mio alcun valore se non quello di una reliquia della propaganda bellica.

 

Le offese contro i nostri marinai sono infatti troppo gravi perché non disturbino la lettura. Nel poco spazio a loro dedicato, sono descritti come incapaci ed incompetenti, paurosi, paralizzati dal mal di mare. Fra le perle d'humour dell'autore, segnalo questa (cito a memoria): "gli italiani, quando si trattava di dare alle loro navi nomi di vittorie, si trovavano ben presto a corto". Un decadente Duce dalle guance flaccide completa il quadretto a noi dedicato :s03:

 

Quel che io mi chiedo è: com'è possibile che simile spazzatura abbia potuto essere pubblicata in Italia. Spero che sia diventato introvabile e propongo di fare un falò di tutte le copie superstiti!

Edited by Totiano
adeguato titolo

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Non ho letto quel libro, ma mi sembra di averne sentito parlare (male) da Enrico CERNUSCHI in un suo articolo apparso anni fa sulla Rivista Marittima.

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grazie Secondo. ho modificato il titolo (anzi il sottotitolo) per adeguarlo al normale format.

 

non avresti una foto della copertina?

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A quanto ho capito però stava meglio li per terra sulle piastrelle.... :s02:

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Riporto quanto scrisse in merito l'Amm. Iachino in nota alla premessa del suo Le due Sirti (Mondadori 1953, pag. 24)

 

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Solo un piccolo inciso. Nel film "Casablanca" del 1942-43, il regista Michael Curtis (americano di origini ungheresi) aveva inserito un personaggio tipicamente levantino, un grassone col fez che approfitta delle difficoltà col regime di Vichy del protagonista Rick per rilevare il locale Rick's a prezzi di saldo. Bene, nella versione originale questo personaggio era italiano. Poi nella versione arrivata in Italia era un non meglio identificato levantino (turco, o che altro).

Il film era un prodotto di guerra, come dimostra bene l'episodio della Marsigliese che sovrasta gli Horst Wessel e i Sieg Heil! nazisti. Forse che solo per questo cessa di essere un capolavoro?

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In effetti concordo con De Domenico: se si ragionasse così manco Capitan America dovrebbe essere un fumetto degno di nota, visto che nacqua con specifici fini propagandistici.

 

Diverso, invece, il discorso del libro che, pur nato con fini propagandistici, narra una realtà che è diversa da quella vera e concreta: in fondo, come recita alla perfezione il cippo di El Alamein, "mancò la fortuna, non il valore"!

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Mi ha fatto un certo effetto rileggere la 'stroncatura' che avevo scritto di questo libro, ho constatato che a quei tempi ero più corrosivo di adesso :s03:

 

Però la mia opinione non cambia, anche se non sono Iachino che si vedeva dileggiato dietro la caricatura del debole ammiraglio Gaspare Gaetano al comando di un'armata di marinai impressionabili ed eccitabili e tutti verdi di mal di mare.

Esistono due Giovanni Pascoli, o meglio due suoi prodotti, quello di Myricae e quello della Grande proletaria, e nessuno ha dei dubbi su quale sia quello più autentico. Allo stesso modo, esistono due Forester, quello di Hornblower e quello di The ship. Uno è l'opera meritoria, l'altro una (lunga) parentesi da dimenticare, un lapsus freudiano, buono tutt'al più come documento per notare a che punto uno scrittore affermato, che si suppone pensare in modo originale, si lasci irretire e rimbambire dagli imperativi propagandistici.

Lasciando da parte la bile che il testo può generare in ogni lettore non particolarmente anglofilo, l'impressione dominante è di una certa amarezza per l'occasione perduta che è l'opera nell'insieme: Forester avrebbe potuto ottenere un buon racconto narrando la battaglia così come s'era svolta, l'azione reale non mancava certo di intensità o di suspense; invece ha ceduto al disprezzo per il nemico tipico di quelli che la guerra la facevano dalla scrivania, ottenendo un qualcosa di acrimonioso e decisamente sbilenco.

Edited by Secondo Marchetti

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A quanto pare l'edizione italiana del volume di Forester non infastidì il solo Iachino.

Ripensandoci, il volume di ricordi Lero (qui recensito), pubblicato nel 1949 dall'allora CF Virgilio Spigai (poi Capo di SM della Marina), reca come sottotitolo Risposta al Signor C.S. Forester.

L'Autore ne dà conto in premessa, e solo in tal sede, con parole in tutto simili a quelle di Secondo Marchetti e con l'ironia che difettava a Iachino.

 

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Finito di leggere da qualche giorno, nella versione in lingua inglese.

 

Fa sicuramente una certa tristezza vedere la penna di C. S. Forester, di cui ho apprezzato tantissimo l'intramontabile Hornblower, asservita a scopi propagandistici; tuttavia in tempi di sudore, lacrime e sangue, secondo me è comprensibile che un autore di romanzi navali scriva opere di questo genere, anche facendo leva sui più beceri luoghi comuni riguardanti l'avversario. La propaganda fà leva anche su questo, ovvero sull'amplificazione di quello che la gente crede e si aspetta di leggere sul nemico, quando ciò va nella direzione di rafforzare il morale.

 

Detto questo, tuttavia, non posso non apprezzare il tour virtuale che l'autore fa fare al lettore a bordo di un incrociatore classe Aurora in piena azione, così come la descrizione dell'azione della Seconda Sirte vista da parte inglese, con l'abile utilizzo delle cortine fumogene.

 

 

 

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Ricordo solo di averlo letto molti, molti anni fa, grazie alla biblioteca della mia scuola elementare (già allora la passione era manifesta).

Andrò a cercarlo in qualche Libreria specializzata.

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