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Amarcord 2


Vadro

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Com.ti

 

come richiestomi dal nostro Dir. Totiano, mi accingo a scrivere qualcuno dei miei ricordi del periodo trascorso al Varignano durante in corso Palombari, 1989.

 

Uno dei miei ricordi riguarda l' addestramento notturno.

 

 

Le "notturne" erano settimanali principalmente nel seno del Varignano, tutti i venerdì. "Notturna" si intendeva senza nessun ausilio di luce subacquea, buio totale. Mi ricordo di una marcia sul fondo con scarpe piombate credo di 90 minuti, si partiva dal seno per arrivare al porticciolo delle Grazie. Eravamo collegati tramite sagola alla superfice, si comunicava con segnali, uno strappo tutto ok, due strappi gira a sn, etc. La fatica era molta, ci si trascinava letteralmente sul fondo lentamente, passo dopo passo.

 

Di notte, nel buio più completo, si affacciavano ombre proiettate dai molti oggetti che giacevano nel fango, cime strappate, bidoni, roccie, vegetazione, alle quali il nostro cervello dava delle forme umane; ecco delle teste, lì delle braccia che cercavano di afferrarci e di fermare la nostra faticosa marcia.

 

Ci trascinavamo nel fango, sperando di non urtare nulla, con la mano sulla sagola pronti a dare il segnale di emergenza se qualcosa andava storto. Ovviamente chi risaliva senza motivo era chiamato a rapporto dall’ istruttore e la prova era fallita.....molta fatica, ma bellissimi ricordi!

 

Presto altre testimonianze, come quella volta a - 60 mtr...... :s02:

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Si ho visto il film, bravissimo De Niro nei panni dell' istruttore.

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Altri ricordi, questa volta di una esercitazione NATO di soccorso sommergibile, nelle acque Greche. Era l’ estate del 1990 credo, Noi del GOS eravamo imbarcati su Nave Anteo, il tempo era splendido, ci fu uno scalo al Pireo. Una volta ormeggiati ovviamente continuavamo il nostro CF (Condizionamento Fisico) con delle corse mattutine, un piacevole diversivo dopo la routine dell’ allenamento a bordo. Era una bella sensazione correre insieme, quello che mi è sempre piaciuto nel gruppo è che non esistevano barriere tra di noi. Quando eravamo in acqua fianco a fianco la nostra sicurezza dipendeva dal nostro compagno, quindi il grado non aveva nessun valore, si rischiava la pelle insieme e questo era quello che ci univa al di là dei formalismi militari.

 

L’ esercitazione prevedeva il battello sul fondo a - 60 mtr, si simulava una emergenza. Il primo passo era quello di collegare la manichetta dell’ aria, fui scelto io, allora GM, ed un sgt palombaro. Si decise di scendere con l’ ARA (Auto Respiratore ad Aria), anche se il limite per tale apparecchiatura era di - 60 mtr. Eravamo collegati con la superfice tramite telefono subacqueo, la manichetta era pronta ed avevamo l’attrezzatura necessaria per collegarla all’ attacco del battello. Si apre il portellone a mezzanave dell’ anteo, il quale diventa una piattaforma una volta aperto. Ci prepariamo, muta, “fenzy” (un GAV pre-litteram!) due erogatori, bibombola,telefono subacqueo, un operatore è stand by a bordo pronto ad intervenire, il dottore e la camera di decompressione pronti per ogni emergenza.

 

Ci tuffiamo, iniziamo la discesa nel blu che pian piano diventa sempre più scuro, fino ad arrivare ad essere quasi nero. Ancora non vediamo il battello, siamo in collegamento con la superfice, il direttore d’immersione ci dirige con la sua voce. All’ improvviso, un’ ombra nera ci appare sul fondo, è incredibile vedere il battello nella sua lunghezza da una posizione sopraelevata; comunichiamo con la superfice l’avvistamento. Planiamo leggermente, e atterriamo sul battello. Diamo dei colpi per farci sentire dall’ equipaggio, mi immagino i sommergibilisti che ascoltano i rumori che provochiamo, la speranza che hanno in noi se tutto questo non fosse una esercitazione. Troviamo l’ attacco per la manichetta e la colleghiamo, sempre in contatto con la superfice, che tiene i tempi d’immersione. Ci viene chiesta la pressione delle nostre bombole, si comunicano le fasi del nostro lavoro. Celermente completiamo il nostro lavoro, quando è terminato ci accingiamo a tornare in superfice. Ci guardiamo l’ un l’altro e sorridiamo, siamo contenti del nostra operazione. La risalita è lenta, controllata scrupolosamente dal direttore d’immersione. Ci fermiamo per una tappa di decompressione, siamo stati a - 60 metri ad aria. Siamo abituati, nessun problema, aspettiamo istruzioni dalla superfice. Finita la tappa, raggiungiamo la superfice, la sensazione è di aver compiuto il nostro dovere, anche se era solo una esercitazione.

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Visitatore UPS2

Come deve essere appagante sapere di essere in grado di portare anche la vita!

Rinnovo i sentimenti di ammirazione... E sono lieto che Gente come Voi, sta con Noi!!

:s20: :s67:

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Visitatore ERICH TOPP U-552

....Vadro....hai mai pensato di scrivere qualcosa sulle tue esperienze militari e professionali ??.... :s07:

 

....Hai una bella sintassi e prosa nel raccontare questi aneddoti....riesci veramente a portarci "giù con te" per mano e a farci vivere in prima persona gli eventi !!.... :s51:

 

....Grazie comunque delle tue testimonianze....ovviamente ne aspettiamo altre....pena....ti facciamo una "flebo" di Spalletti al posto dell'aria nella manichetta,così quando torni su....altro che "effetto Paperino" !! :s29: :s68: :s03: ....è bello sapere di coloro che hanno frequentato i Corsi al Varignano,che hanno appreso tanta professionalità e umanità !!.... :s20: :s20: :s20:

 

 

 

 

:s67: Mau

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Grazie Vadro di queste splendide esperienze che hai vissuto.

Mi incuriosisce particolarmente la camminata sul fondo. Mi ha sempre affascinato questo tipo di deambulazione subacquea.

Quali sono i vantaggi di questo spestamento rispetto al nuoto pinnato?

Sempre che questo non sia classificato.

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Visitatore Marcuzzo

Grazie per questi aneddoti Vadro, e quoto in pieno il suggerimento di Mauro.

 

P.S.

Non dimenticare il tuo articolo sulla teoria della decompressione e sugli effetti della MDD :s02:

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Grazie Vadro di queste splendide esperienze che hai vissuto.

Mi incuriosisce particolarmente la camminata sul fondo. Mi ha sempre affascinato questo tipo di deambulazione subacquea.

Quali sono i vantaggi di questo spestamento rispetto al nuoto pinnato?

Sempre che questo non sia classificato.

 

La marcia sul fondo serve principalmente per fare dei lavori pesanti tipo spostare pesi, bacini di carenaggio, etc. In questo ultimo caso l'equipaggiamento da palombaro è l'ideale.

 

Com.ti sono super impegnato col lavoro (Sono a Durban In Sud Africa) appena ho un pò di tempo posterò altri racconti. Caro Marcuzzo non ho dimenticato l'articolo....è solo che il tempo è tiranno!! :s68:

 

Saluti, VADRO

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Il Castore, altri ricordi del Varignano. Il Castore era ormeggiato nel seno del Varignano nel periodo del mio Corso Palombari, dopo una egregia carriera, la nave era ancora utile alla Marina per addestrare gli Operatori del COMSUBIN.

 

Conoscevamo bene la sua chiglia, con attrezzatura SCUBA ed ARO avevamo diligentemente ispezionato la nave in lungo e largo, di giorno e di notte. Ecco l’aletta di rollio, li si intravede l’ asse dell’elica piena di denti di cane, ecco che più avanti appare il dritto di prora. Sebbene familiari con l’ambiente, la prova da superare era quella da Palombaro in carena, da poppa a prua e ritorno.

 

Stavamo prendendo dimestichezza con l’ AN (Palombaro), indossavamo la lana, il vestito, (così chiamavamo lo scafandro), le scarpe piombate, l’ elmo ed i due pesi legati fra loro con una cima, uno sul petto ed uno sulla schiena. La manichetta era collegata all’elmo, una valvola sul petto ne regolava l’apertura, una valvola di sfogo all’interno del caso, sulla destra, veniva azionata dal capo.

 

Tale attrezzatura è per marciare sul fondo, non per nuotare. Ma questo non vale per i Palombari del COMSUBIN; noi dovevamo nuotare a mezz’acqua. La tecnica era di avere un’ assetto, regolando l’aria in entrata ed in uscita, tale da rimanere alla quota voluta. Le braccia erano lungo i fianchi, i gomiti stretti a più non posso, questo per avere l’elmo ben all’altezza della testa, se l’elmo sfuggiva e non si riusciva ad azionare la valvola di sfogo……la pallonata era assicurata!

 

Mi ricordo il giorno che feci il test come uno dei più faticosi della mia vita. Ci si immergeva da poppa, si scendeva regolando l’assetto fino a raggiungere la chiglia. Si cercava di stare ben sotto la nave, cosi se si pallonava almeno si rimaneva a carena, con la speranza di recuperare in qualche modo.

 

Si scendeva dalla scaletta, e si era in acqua, vicino al Castore. Ecco la chiglia sulla sinistra, eravamo sul fianco dritto del Castore, la mano tocca la nave ed i denti di cane iniziano a tagliare, i guanti non erano previsti. Il dolore acuiva i sensi, con i gomiti ben stretti ai fianchi, si iniziava a muovere le mani, cercando di avere una spinta propulsiva in avanti.

Pensa all’assetto, sei troppo basso, non vedi più la chiglia, ora sei troppo alto, scarica, scarica! Non ti muovi, forza con le mani…hai il fiatone, il vetro si appanna, apri di più l’aria, adesso è troppa, scarica!! Non ti muovi, sei ancora a poppa, la fatica è enorme, ci si muove così lentamente. Deve esserci una leggera corrente da prua, dannazione! Che fatica….. sudi, le goccie di sudore sono negli occhi, sbatti le palpebre, maledici il momento che hai iniziato il corso, maledici il CF che ti hanno fatto fare la mattina, con quei 50 minuti di corsa… stringi i gomiti! Se ti parte l’elmo sei fregato! Ma perché nuotiamo? Dovremmo camminare sul fondo! Ancora non sei a prua, e pensi al ritorno, non ce la farai mai... Stringi i denti, non vuoi mollare! Ecco l’aletta di rollio, la afferri e ti tagli. Non importa, tu voi arrivare a prua, hai il fiatone, le mani si muovono lentamente, è l’unico modo per avanzare, ma è dannatamente lento! Non si vede quasi nulla, la visibilità è molto limitata, ma sei abituato, vuoi solo vedere dove è la dannata prua. Eccola!! Finalmente sei arrivato, ora si torna indietro, e l’ incubo si ripete.

 

Modificato da Vadro
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Visitatore Marcuzzo

Pensa all’assetto, sei troppo basso, non vedi più la chiglia, ora sei troppo alto, scarica, scarica! Non ti muovi, forza con le mani…hai il fiatone, il vetro si appanna, apri di più l’aria, adesso è troppa, scarica!! Non ti muovi, sei ancora a poppa, la fatica è enorme, ci si muove così lentamente. Deve esserci una leggera corrente da prua, dannazione! Che fatica….. sudi, le goccie di sudore sono negli occhi, sbatti le palpebre, maledici il momento che hai iniziato il corso, maledici il CF che ti hanno fatto fare la mattina, con quei 50 minuti di corsa… stringi i gomiti! Se ti parte l’elmo sei fregato! Ma perché nuotiamo? Dovremmo camminare sul fondo! Ancora non sei a prua, e pensi al ritorno, non ce la farai mai... Stringi i denti, non vuoi mollare! Ecco l’aletta di rollio, la afferri e ti tagli. Non importa, tu voi arrivare a prua, hai il fiatone, le mani si muovono lentamente, è l’unico modo per avanzare, ma è dannatamente lento! Non si vede quasi nulla, la visibilità è molto limitata, ma sei abituato, vuoi solo vedere dove è la dannata prua. Eccola!! Finalmente sei arrivato, ora si torna indietro, e l’ incubo si ripete.

 

 

Quanti ricordi mi hai risvegliato Vadro. Prima o poi posterò anch'io un flashback...

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