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Ero Sulla Cavour A Taranto


walter leotta

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Pietro Rossetti, classe 1921, nato e cresciuto a Occhieppo Inferiore, in provincia di Biella, era destinato a seguire le orme del padre, lavoratore ai "Lanifici Rivetti", a quel tempo la più grande industria del Biellese.

Siamo nel 1939, la guerra in Europa era appena iniziata.

 

«Personalmente sono sempre stato colpito dall'aviazione, ma un giorno qualsiasi in una strada qualsiasi ho visto un manifesto dove si faceva, per così dire, pubblicità all'arruolamento in Marina. Ed è stata una folgorazione, il classico fulmine a ciel sereno. Dopo poche ore avevo già fatto domanda in Comune e nell'arco di pochi giorni sarei dovuto partire per la scuola militare, la mia scelta era caduta sul corpo RT, i radiotelegrafisti, un lavoro tranquillo e senza troppe preoccupazioni».

 

Mamma Celestina non è felice per la decisione del figlio appena diciottenne, ma soffre in silenzio; papà Rinaldo, invece, pur consapevole del fatto che il ragazzo sarebbe andato lontano da casa, sotto-sotto lo approva, avendo vissuto da protagonista la Grande Guerra sul fronte veneto.

 

Pietro parte e arriva a La Spezia, alla scuola del "Varignano" nell'ottobre del '39, ma ben presto qualcosa non va. «Ricevere i segnali radiotelegrafici non era un problema, il difficile era inviarli velocemente. Così un istruttore capo mi disse: "O cambi lavoro, o torni a casa". Piuttosto sarei tornato a Occhieppo in ginocchio ma non avrei mai lasciato la Marina, il mio sogno».

 

Così viene inviato a Pola in Istria, alla scuola Cannonieri PS (Puntatori Specializzati). «Non è stato facile. Avevo perso i primi tre mesi e lo studio delle traiettorie e dei proiettili non è propriamente una passeggiata, ma al termine del corso sono risultato primo dell'intero istituto. Si è trattato di una soddisfazione indescrivibile».

 

La guerra, intanto, è già iniziata e Pietro è sempre a Pola in attesa che il comando generale comunichi la prossima destinazione. Da parte sua una sola richiesta: essere imbarcato con Domenico Costa di Tortona, il compagno di banco durante il corso.

 

Dopo poco arriva la comunicazione "Marinaio scelto Rossetti Pietro: corazzata Cavour", e così è.

La centrale di tiro della Cavour è una torre girevole posta nella parte centrale della nave, reduce dalla battaglia di Punta Stilo contro gli inglesi, dove non aveva riportato alcun danno. Ma il destino è dietro l'angolo.

«La mattina dell'11 novembre 1940, il comandante in capo delle forze navali Carlo Bergamini decise non so per quale motivo di radunare tutta, o comunque gran parte della flotta italiana nel porto di Taranto, un lembo di mare piuttosto stretto, in attesa di partire per un'azione nel Mediterraneo contro il nemico inglese. Tutte le navi erano cintate da una rete antisiluro, ma nelle prime ore del mattino suonò l'allarme antiaereo e ben presto vedemmo uno stormo di "aquile" della Raf. Uno dei siluri lanciati dai nostri nemici cadde in mare vicino a noi, ma la testata magnetica lo indirizzò verso la nave che fu colpita sullo scafo».

 

Così una corazzata di 30mila tonnellate di stazza stava affondando, anche a causa di una precedente crepa sulla chiglia mal rattoppata.

 

«Attorno alla Cavour arrivarono molte altre navi per svuotare l'acqua e permetterle di restare a galla ed essere rimorchiata a riva. Un'operazione senza senso, perché era già adagiata sul fondo (il mare, vicino la riva, fortunatamente non era molto profondo). Ma la tragedia si consumò quando le piccole imbarcazioni (piccole ma comunque petroliere e navi-pompa) si spostarono: la Cavour si inclinò su un fianco e alcuni marinai morirono schiacciati, mentre altri "si uccisero" lanciandosi, in preda al panico, avventatamente dalla poppa proprio sulle eliche, affilate come coltelli».

 

Dopo pochi minuti la corazzata torna in posizione verticale e iniziano le operazioni di sbarco, ma Pietro dov'è?

«Ero tranquillamente seduto su un cannone con un marinaio semplice e un sergente maggiore, con i quali si chiacchierava del più e del meno, parlando delle riparazioni che attendevano la nave e sulle nostre inevitabili licenze e solo in un secondo momento sentimmo una voce da una motobarca che diceva “Cavour, c'è più nessuno?". Tornati alla realtà, rispondemmo e ci calarono su questa imbarcazione con delle grosse funi. Così posso dire di essere stato affondato e di non essermi neppure bagnato le scarpe!».

 

A Taranto Pietro rimane per più di un anno, quasi "imboscato". Trascorre così il tempo tra libere uscite con i commilitoni del Quarto Reggimento e sporadiche sortite proprio sulla Cavour, rimasta ancorata mentre viene riparata alla "bell'e meglio" ma ancora carica di armi e munizioni.

 

La carriera militare, però, non avanza. Alla vigilia del Natale 1941 finalmente viene trasferito a Trieste, dove arriva a bordo della stessa Cavour, aiutata nella navigazione anche da grossi serbatoi di aria che le permettono un migliore galleggiamento, e dove la corazzata è attesa da grosse operazioni di ristrutturazioni. Chiede perciò al comandante Ferrari Agradi di essere trasferito, ma riceve una gentile quanto negativa risposta: si sarebbe mosso solo seguendo lo stesso capitano. Solo nel 1943, quasi in concomitanza con la caduta del fascismo, viene imbarcato sull'Indomito, un cacciatorpediniere di 1.500 tonnellate di stazza, ceduto in seguito alla flotta jugoslava, e ancorato a La Spezia.

 

«Lì divenni, per così dire, comandante, in quanto trascorsi ben quattro anni imbarcato sull'Indomito. Non vidi praticamente più la guerra vera e propria. Il nostro compito dopo l'armistizio era infatti quello di scortare i convogli della flotta alleata diretti a Malta, in Tunisia, insomma in tutto il Mediterraneo. Solo una volta fummo attaccati dai tedeschi che ci rubarono una nave ma, per nostra fortuna, era vuota. Un'altra tragedia però ci sfiorò da vicino: la Roma, la nave più maestosa delle flotta italiana, diretta a Malta dove eravamo già arrivati noi, per congiungerci con gli inglesi». Pietro Rossetti interrompe il racconto per precisare: «Non abbiamo mai preso ordini da altri comandanti ad esclusione dei nostri, in quanto eravamo l'unica armata dell'esercito italiano ancora intatta».

 

Poi il filo della narrazione riprende: «Tornando al triste racconto, in prossimità dell'isola dell'Asinara, la Roma con alcune navi più piccole fu attaccata dall'aviazione tedesca, munita di nuove bombe costruite dalle armerie italiane, che la divisero letteralmente in due. Nell'attacco morirono più di 1.800 marinai».

Finita la guerra, nel settembre 1947 Pietro si sposa con Teresina, per tutti solo "Gina" e può così godersi anche un mese intero di licenza. Ma nel marzo dell'anno successivo, ecco un'altra svolta, secca quanto inaspettata: Pietro fa domanda per tornare a casa: la domanda viene accettata. Il Sergente maggiore Rossetti Pietro si congeda. E così, dopo quasi nove anni di navi e acqua salata, eccolo a Occhieppo dove tutti gli promettono soldi e lavori, ma nessuno sembra “fare per lui”. Resta un anno senza far nulla in attesa dell'occasione per sfruttare il grado raggiunto in Marina.

 

«Ma la verità era un'altra - ammette - la nave e il mare erano il posto giusto per me, non avrei dovuto venire via. A pensarci a posteriori, mi sarebbe bastato scrivere a una certa persona, il comandante Micali, poi divenuto Ammiraglio, per poter rientrare in servizio permanente, ma non lo feci e ancora oggi, a quasi sessant'anni di distanza, non ne so la ragione».

 

Nel febbraio '49 nasce il primo figlio, Claudio e così deve darsi da fare per mantenere la famiglia, in quanto papà Rinaldo era venuto a mancare giovane, nel 1946. Fortunatamente incontra un vecchio amico e commilitone con il quale si confida e che lo porta in una filatura di Camburzano.

Inizia così la sua "seconda carriera" tra filati e tessuti, prima in filatura appunto, poi in carderia, poi in un'azienda che fabbrica moquette nel cuneese. A Occhieppo, proprio in fondo al "suo" cortile, compra un negozio di generi alimentari che gestisce per un certo periodo con la moglie Gina (è soprattutto lei a mandare avanti l'attività), aiutati dai due figli (il secondo nato nel '55), anche se i ragazzi spesso rubano ai genitori i barattoli di cioccolata. Non vuole più saperne della Marina e perde i contatti con quasi tutti i commilitoni: «Solo con un ragazzo di Susa ho mantenuto i rapporti, ma purtroppo lo scorso anno è mancato e così anche l'ultimo legame con il mio vecchio mondo se ne è andato».

 

Il rimpianto per aver lasciato questo "suo" mondo è sempre grande. «Non ho più coltivato altri interessi, solo l'Associazione della Marina mi spediva il giornale. Se avessi anche solo immaginato di pentirmi così della mia decisione, non avrei mai fatto quella scelta. Il mare mi ha dato soddisfazioni inimmaginabili. Ho viaggiato molto, ho visitato luoghi favolosi. La nave era, e forse è tuttora, la mia vita».

 

Purtroppo la vita negli ultimi anni non è stata clemente con il vecchio "lupo di mare": la madre Celestina muore nel 1980, appena pochi giorni prima di vedere il pronipote, ma il dolore senz'altro più grande è la perdita dell'amata moglie Gina, scomparsa nel 2001, la donna che ha vissuto al suo fianco per più di mezzo secolo e per la quale ha dedicato ogni ora del giorno negli ultimi anni, quando era molto malata.

Ma oramai è quasi mezzogiorno, è ora di preparare il pranzo e di chiudere il cassetto della memoria, un cassetto dolce e amaro nello stesso tempo, zeppo di ricordi di un tempo che purtroppo non tornerà mai più.

 

Gigi

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Visitatore luciano pietri

grazie WAlter

un racconto dolce-amaro come tanti dei ricordi che molti di noi hanno incollati addosso.

Hai raccontato come se tu fossi emotivamente toccato da questa bella storia.

Grazie

Luciano

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Visitatore Mattesini

Faccio due precisazioni.

 

1^) L'ammiraglio Bergamini era il comandamnte della 9^ Divisione Navale, costituita dalle due moderne corazzate LITTORIO e VITTORIO VENETO. Comandante in Capo della Flotta italiana era allora l'ammiraglio Inigo Campioni.

 

2^) Il concentramento della flotta italiana nel porto di Taranto era causato dal fatto che anche gli incrociatori pesanti della 3^ Divisione (TRIESTE, TRENTO e BOLZANO), che avevano per base Messina, assieme ai loro quattro cacciatorpediniere di scorta erano stati trasferiti in quella grande base delle Puglie per due motivi:

 

effettuare nel Golfo di Taranto alcune esercitazioni, e perchè all'indomani dell'attacco degli aerosiluranti britannici, che si verificò la notte dell'11 movembre 1941, l'intera flotta italiana avrebbe dovuto prendere il mare per sostenere l'azione degli incrociatori pesanti della 1^ Divisione Navale (ZARA, FIUME e GORIZIA), che erano stati prescelti per bombardare la baia di Suda.

 

Francesco

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, l'intera flotta italiana avrebbe dovuto prendere il mare per sostenere l'azione degli incrociatori pesanti della 1^ Divisione Navale (ZARA, FIUME e GORIZIA), che erano stati prescelti per bombardare la baia di Suda.

 

 

Un fatto poco noto mi pare .

Modificato da Tuco
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Un fatto poco noto mi pare .

 

Meno di quanto si creda: io ne ero venuto a conoscenza, e non da fonti troppo "di nicchia".

 

Bellissimo articolo, comunque. Grazie, Walter.

 

luca

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Per VALTER LEOTTA: grazie anche da parte mia per questo racconto sul siluramento del CONTE di CAVOUR visto da un membro dell' Equipaggio. :s01:

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Visitatore Mattesini

Brin. Potrai trovare ogni notizia sul mancato bombardamento di Suda, con i piani operativi riprodotti in forma originale (fotocopiati), nel mio grosso saggio (che è un vero libro), "La notte di Taranto", stampato in due puntate dal Bollettino d'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare, .

 

Parte prima: "Le misure italiane degli anni 1938-1939 per fronteggiare un eventuale attacco di aerosiluranti contro Taranto, e la pianificazione dell'operazione britannica Judgment" (l'attacco a Taranto), Settembre 1998, pag. 45-191;

 

Parte seconda: "Lo svolgimento dell'operazione Judgment e le considerazioni dei protagonisti", Dicembre 1998, pag. 51-184.

 

Francesco

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Brin. Potrai trovare ogni notizia sul mancato bombardamento di Suda, con i piani operativi riprodotti in forma originale (fotocopiati), nel mio grosso saggio (che è un vero libro), "La notte di Taranto", stampato in due puntate dal Bollettino d'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare, .

 

Parte prima: "Le misure italiane degli anni 1938-1939 per fronteggiare un eventuale attacco di aerosiluranti contro Taranto, e la pianificazione dell'operazione britannica Judgment" (l'attacco a Taranto), Settembre 1998, pag. 45-191;

 

Parte seconda: "Lo svolgimento dell'operazione Judgment e le considerazioni dei protagonisti", Dicembre 1998, pag. 51-184.

 

Francesco

 

La ringrazio, Signor Francesco. Il volume che mi segnala si aggiunge alla immensa caterva di volumi di cui debbo provvedermi. In ogni caso, debbo precisare che ciò che veniva detto a riguardo nel volume, non era che la semplice notizia del concentramento della flotta per quella particolare esigenza; sarò pertanto lieto di leggere il suo saggio. La ringazio ancora per la segnalazione.

 

Luca

Modificato da brin
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Luca. Sono sempre disponibile, ed anche contento, a fornire spiegazioni su avvenimenti, poco conosciuti, della nostra ultima guerra.

 

Francesco

 

Lo so perfettamente, Signor Francesco: sempre graditi, precisi ed interessanti. La ringrazio ancora.

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Visitatore Mattesini

Visto come i britannici avevano realizzato l'attacco alle navi a Taranto il giorno avanti all'attacco a Suda, con la flotta inglese che aveva scorrazzato per quasi una settimana indisturbata nel Mediterraneo per scortare convogli a Malta e in Grecia e per prelevare, nel Canale di Sicilia, rinforzi inviati da Gibilterra ad Alessandria, senza che la flotta italiana fosse stata fatta uscire da Taranto per cercare di affrontarla (avrebbe se non altro evitato l'attacco degli aerosiluranti in porto), dell'abordita operazione "Suda", da parte di Cavagnari e soci, era meglio non parlarne.

 

L'intenzione di Cavagnari era quella di effettuare il bombardamento del porto di Creta quando la flotta britannica fosse rientrata alla base, e contando sulla lontananza di Suda da Alessandria, e il fatto che le navi della Mediterranean Fleet prima di riprendere il mare avessero bisogno di rifornirsi di combustibile, si riteneva che questo intervallo avrebbe perjmesso alle nostre navi di traversare lo Ionio e realizzare positivamente la missione, senza il timore di dover incontrare in mare le corazzate e le portaerei nemiche.

 

Francesco

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rendere pubblica l' operazione " suda " avrebbe permesso ( a mio avviso ) a Cavagnari e soci di giustificare :

 

1 L' aver concentrato la flotta a Taranto

 

 

2 non aver fatto uscire le navi per contrastare le flotte inglesi in mare ( dovendo fare la spedizione a Creta )

 

 

Da ricordare che pochi giorni prima era " saltata " un altra operazione forse piu' utile ed assai meno rischiosa , lo sbarco a Corfu' . :s05:

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Da ricordare che pochi giorni prima era " saltata " un altra operazione forse piu' utile ed assai meno rischiosa , lo sbarco a Corfu' . :s05:

 

Questo, al contrario, è stato un argomento che mi ha sempre appassionato, ma su cui so davvero poco, a parte la vicenda del nostro console a Corfù, tale Gloria, e qualche cosa relativa alla FNS.

 

Luca

Modificato da brin
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Da un punto di vista militare la conquista di Corfu' sarebbe stata utilissima , in pratica i greci avrebbero visto minacciate le loro estesissime coste costringendoli ad utilizzare truppe per difenderle togliendo forze alle loro unita' impiegate contro di noi in Albania .

Un operazione del genere sarebbe stata possibile anche dopo Taranto invece ....

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Da un punto di vista militare la conquista di Corfu' sarebbe stata utilissima , in pratica i greci avrebbero visto minacciate le loro estesissime coste costringendoli ad utilizzare truppe per difenderle togliendo forze alle loro unita' impiegate contro di noi in Albania .

Un operazione del genere sarebbe stata possibile anche dopo Taranto invece ....

 

Dimentichi che le truppe greche ad essere impegnate contro di noi sul fronte albanese non erano che un terzo dell'Esercito ellenico (almeno nelle due prime settimane), che manteneva il grosso schierato alla frontiera con la Bulgaria, in vista di un probabile intervento bulgaro in Macedonia.

 

In ogni caso, come dimostrammo nel 1941, non serviva uno sbarco di grosse dimensioni per prendere l'isola (anche ammetto che pesò in modo significativo il crollo del fronte terrestre sotto l'incalzare dell'invasione germanica)......

 

Luca

Modificato da brin
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Dimentichi che le truppe greche ad essere impegnate contro di noi sul fronte albanese non erano che un terzo dell'Esercito ellenico (almeno nelle due prime settimane), che manteneva il grosso schierato alla frontiera con la Bulgaria, in vista di un probabile intervento bulgaro in Macedonia.

 

ne sono a conoscenza :s10:

 

La mia considerazione pero' è la seguente , in presenza di attacchi sulle isole greche dello Ionio e con il rischio di sbarchi sulle lunghissime coste i greci avrebbero sferrato il 14 novembre una massiccia controffensiva contro l' Albania oppure avrebbero dovuto spedire in fretta e furia truppe a sud ?

personalmente ritengo che piu' che ad attaccare si sarebbero preoccupati di difendersi

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La mia considerazione pero' è la seguente , in presenza di attacchi sulle isole greche dello Ionio e con il rischio di sbarchi sulle lunghissime coste i greci avrebbero sferrato il 14 novembre una massiccia controffensiva contro l' Albania oppure avrebbero dovuto spedire in fretta e furia truppe a sud ?

personalmente ritengo che piu' che ad attaccare si sarebbero preoccupati di difendersi

Non vorrei dare una nota stonata ... ma voi riuscite a vedere i Regi "Esercito, Marina, Aeronautica" Italiani che, con un'operazione joint, sbarcano sulle coste greche ?

Per di più con la Royal Navy nelle vicinanze ?

Saluti.

 

Odisseo

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Non vorrei dare una nota stonata ... ma voi riuscite a vedere i Regi "Esercito, Marina, Aeronautica" Italiani che, con un'operazione joint, sbarcano sulle coste greche ?

Per di più con la Royal Navy nelle vicinanze ?

 

Avevamo la superiorita' aerea e navale le difese greche erano scarsine pertanto ...

Modificato da Tuco
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ne sono a conoscenza :s10:

 

La mia considerazione pero' è la seguente , in presenza di attacchi sulle isole greche dello Ionio e con il rischio di sbarchi sulle lunghissime coste i greci avrebbero sferrato il 14 novembre una massiccia controffensiva contro l' Albania oppure avrebbero dovuto spedire in fretta e furia truppe a sud ?

personalmente ritengo che piu' che ad attaccare si sarebbero preoccupati di difendersi

 

Si, lo immaginavo: di qui il "dimentichi".... :s01:

 

Il progetto c'era, la Divisione incaricata dello sbarco (la Bari) c'era, la Forza navale destinata all'operazione era stata organizzata....Secondo me fu proprio la controffensiva greca a mettere la pietra tombale su questo progetto...

 

Non vorrei dare una nota stonata ... ma voi riuscite a vedere i Regi "Esercito, Marina, Aeronautica" Italiani che, con un'operazione joint, sbarcano sulle coste greche ?

Per di più con la Royal Navy nelle vicinanze ?

 

Avevamo la superiorita' aerea e navale le difese greche erano scarsine pertanto ...

 

Alludevo soprattutto alle attitudini joint dei tre Stati Maggiori ...

 

 

Insomma....l'occupazione nel '41 delle Isole Ionie fu proprio una delle rare operazioni "interforze" effettuate dlle nostre Forze Armate, a dire il vero......

 

Luca

Modificato da brin
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Da notare che nel 1923 avevamo gia' occupato , manu militari , l' isola di Corfu'

 

occupazione Corfu' 1923

 

In un contesto internazionale, e in uno scenario politico-militare completamente diversi....L'occupazione delle Ionie nella primavera del 1941, dimostrò che, sia pure con un nemico in fase armistiziale, per occupare le Ionie bastavano un pugno di idrovolanti ed un battaglione di parà.....

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Il tutto comunque si inquadra nella disgraziata condotta della II GM, dall'entrata in guerra al suo triste epilogo.

L'attacco alla Grecia, senza giustificazione alcuna, fu condotto in maniera ...

Si contava molto probabilmente su un crollo interno che consegnasse alle nostre armi l'intero Paese senza troppi sforzi.

Siamo andati un po' OT ?

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L'attacco alla Grecia, senza giustificazione alcuna, fu condotto in maniera ...

 

 

Una giustificazione c' era , a Roma si temeva che dopo la " prevista " conquista italiana dell Egitto la flotta inglese di stanza ad Alessandria si sarebbe rifugiata in Grecia :s07:

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Il tutto comunque si inquadra nella disgraziata condotta della II GM, dall'entrata in guerra al suo triste epilogo.

L'attacco alla Grecia, senza giustificazione alcuna, fu condotto in maniera ...

Si contava molto probabilmente su un crollo interno che consegnasse alle nostre armi l'intero Paese senza troppi sforzi.

Siamo andati un po' OT ?

 

Direi di si.... Ma quando mai noi riusciamo a stare in IT??!!

 

Si, contava su una rivolta interna, attraverso la corruzione di militari e di ministri, si sperva in un intervento bugaro, e si pensava ad una marcia trionfale fino ad Atene.

 

In ogni caso, l'occpazione delle Ionie fu una delle poche operazioni che riuscì bene, anche se fatta in circostanze particolari.....

 

luca

 

Una giustificazione c' era , a Roma si temeva che dopo la " prevista " conquista italiana dell Egitto la flotta inglese di stanza ad Alessandria si sarebbe rifugiata in Grecia :s07:

 

Questa è la prima volta che la sento. Io sapevo che, al contrario, si contava su una sua uscita verso Aden....

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Questa è la prima volta che la sento. Io sapevo che, al contrario, si contava su una sua uscita verso Aden....

 

 

eh eh , dei libri bisogna leggere pure le appendici :s10:

In " storia della guerra di grecia " del Cervi è riportato il verbale del colloquio Mussolini - Ribbentrop avvenuto 19 settembre 1940

 

Ecco che disse Mussolini

 

..quando le nostre forze terrestri avranno ulteriormente progredito in Egitto la flotta inglese non potra' piu' rimanere ad alessandria e cerchera ' di riparare nei porti greci

 

il duce davba per scontateTROPPE cose , che avremmo occupato l' Egitto , sconfitto la Grecia e via dicendo :s07:

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eh eh , dei libri bisogna leggere pure le appendici :s10:

In " storia della guerra di grecia " del Cervi è riportato il verbale del colloquio Mussolini - Ribbentrop avvenuto 19 settembre 1940

 

Non mettevo in dubbio le tua parola, Tuco.

 

Bisogna vedere cosa si intende per flotta inglese: ammessa e non concessa la caduta di Alessandria e dell'Egitto in mano nostra, non credo che il nucleo pesante (ovvero corazzate e portaerei) della Mediterranean Fleet sarebbe rimasto nel Mediterraneo orientale. Vi sarebbero rimasti sicuramente incrociatori leggeri, che avrebbero potuto operare da Cipro, da Haifa e dalle basi greche, ma mi sembra estremamente improbabile una presenza di unità maggiori.

 

Tornando a Corfù: credo che la sua difesa fosse costituita da una Divisione Territoriale.....

 

Luca

Modificato da brin
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Non mettevo in dubbio le tua parola, Tuco.

 

nessun problema , so benissimo che quando si citano fatti poco noti è necessario riportare la fonte .

Mi pareva di ricordare che tu in un occasione avessi citato il testo di Cervi e non ho resistito alla tentazione di darti una stoccatina :s03: ù

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Visitatore Mattesini

LA POLITICA NAVALE ITALIANA CHE PORTO’ A NON REALIZZARE LO SBARCO A CORFU’

 

La battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940, e l'affondamento dell’incrociatore Colleoni nello scontro di Capo Spada del successivo giorno 19, rappresentarono per la Regia Marina i primi duri impatti con la Royal Navy. I due episodi fecero comprendere che le navi della flotta non erano ancora pronte ad affrontare quelle nemiche in una battaglia di grosse dimensioni e dagli esiti, se non decisivi, strategicamente condizionanti. Ciò rese ancora più cauti Supermarina ed il Comando Supremo nella pianificazione delle operazioni offensive, anche quelle che apparivano di natura favorevole. Nello stesso tempo, allo scopo di diminuire il divario tecnico-tattico nei confronti del nemico, fu data attuazione ad un intenso programma di manovra e di tiro, che sulle due corazzate tipo “Littorio”, continuò ad essere reso precario dalla difficile messa a punto delle artiglierie.

La Marina italiana aveva nel frattempo ricevuto da Mussolini una direttiva che la invitava ad assumere un’atteggiamento decisamente più offensivo. Ma tale direttiva, diramata l’11 luglio dal Comando Supremo anche alle altre Forze Armate per la parte di loro competenza, fu evidentemente considerata di carattere troppo impegnativo; ragion per cui fu ritirata e sostituita con altro documento, recante stessa data e stesso numero di protocollo, ma dal contenuto offensivo alquanto mitigato.

Il pensiero strategico che in quel momento esisteva negli alti vertici della Regia Marina, risulta chiaramente spiegato nella bozza di una nuova versione della “Di. Na. 0” (Direttiva navale n. Zero), datata 14 luglio 1940. In essa, prendendo atto che dall’uscita del conflitto della Francia le basi aeronavali francesi del Mediterraneo occidentale erano da considerare neutralizzare, e che l’Isola di Malta si trovava sotto il controllo aeronavale italiano, si metteva in risalto il rafforzamento delle posizioni nazionali nel bacino centrale ed una “accresciuta possibilità di movimenti nello scacchiere occidentale”. Da ciò derivava la possibilità di controllare agevolmente le rotte con la Libia, e nel contempo, di “valorizzare” la manovra delle forze navali nazionali per impedire al nemico di superare lo sbarramento del Canale di Sicilia, e di affrontarlo a fondo, non appena fosse stato possibile, con il grosso delle forze navali (Squadra delle corazzate), a patto però che la zona dello scontro fosse prossima alle proprie basi e lontana da quelle nemiche. Era tassativamente da evitare di “affrontare forze navali avversarie decisamente prevalenti “.

Circa la difesa ermetica del Canale di Sicilia alquanto più pessimista nelle proprie valutazioni si dimostrò il Comando Supremo che, con promemoria del 21 luglio, affermava che un eventuale tentativo di forzamento di quel tratto di mare da parte del nemico non avrebbe potuto essere impedito dagli italiani, anche se avessero impiegato, con estrema decisione, le loro forze navali leggere, i sommergibili e l’aviazione da bombardamento.

Invece, dimostrandosi molto fiducioso sulle possibilità della Marina, il maresciallo Badoglio consultato un promemoria compilato dall’Ufficio Operazioni del Comando Supremo, ritenne fosse giunto il momento di passare all’azione. Ritenendo che la Mediterranean Fleet avrebbe potuto contrastare dal mare la pianificata avanzata del Regio Esercito in Egitto, alla fine del mese di luglio il Capo di Stato Maggiore Generale chiese all’ammiraglio Cavagnari di presentare un piano per “organizzare - in concomitanza con quelle terrestri - operazioni aeronavali contro la flotta inglesi“.

L’intenzione di Badoglio era quella “di impostare una battaglia navale partendo dai porti della Cirenaica verso Alessandria”, contando di impegnarvi il complesso delle cinque corazzate al momento presenti a Taranto. Dal Comandante in Capo della 1^ Squadra e Comandante Superiore in Mare della flotta, ammiraglio Campioni, e poi dall’ammiraglio Cavagnari, il maresciallo ricevette un quadro della situazione alquanto desolante. Campioni affermò che soltanto la Littorio la Cesare e la Cavour potevano essere pronte per la metà di agosto; e dal momento che la Mediterranean Fleet comprendeva quattro navi da battaglia, tutte armate con artiglierie da 381 m/m, calibro a cui da parte italiana poteva opporsi la sola Littorio (le altre due corazzate disponevano di cannoni da 320 m/m), Badoglio si convinse non essere “prudente affrontare una battaglia lontana dalle basi italiane”.

Cavagnari, da parte sua fu ancora più drastico affermando che la Littorio non poteva essere pronta a sostenere un combattimento perché necessitava ancora di addestramento, la Vittorio Veneto era in ritardo di qualche settimana per la messa a punto delle artiglierie, mentre sulla Duilio, ancora in fase di addestramento, non si poteva contare fino ai primi di settembre. Ragion per cui sconsigliò l’impiego della flotta per fiancheggiare l’avanzata dell’Esercito, anche perché specificò: “la zona in cui sarebbe prevedibile uno scontro con le Forze principali del nemico risulterebbe strategicamente svantaggiosa a noi”.

Nonostante queste pessimistiche valutazioni, a partire dall’agosto, con le effettive entrate in servizio delle corazzate Littorio, Vittorio Veneto e Doria, la superiorità potenziale della Regia Marina su ciascuna delle due squadre britanniche in navi da battaglia e incrociatori pesanti, era divenuta di natura così marcata, da rendere evidente la necessità di non mantenersi ancorati del tutto alla teoria della “Fleet in being” , ma di assumere anche un certo atteggiamento offensivo, se il nemico ne avesse data l’occasione, anche perché la flotta italiana manteneva una posizione strategica invidiabile.

Infatti, disponendo di basi ubicate al centro del Mediterraneo (Taranto, Augusta, Messina, Palermo, Napoli e Brindisi), la flotta italiana era praticamente in grado di dominare il Canale di Sicilia, che rappresentava il solo anello di congiunzione tra la Mediterranean Fleet e la “Forza H”, sistemate in porti molto distanti per permettere la riunione delle due squadre britanniche nel corso di una determinata azione.

Di conseguenza, possedendo con il nucleo delle cinque-sei corazzate un potenziale offensivo più elevato rispetto a ciascuna delle due squadre nemiche, che continuavano a disporre di quattro navi da battaglia ad Alessandria e di altre tre a Gibilterra, la flotta italiana, operando per linee interne, aveva la possibilità di essere impiegata al completo contro l’uno o l’altro dei complessi nemici, scegliendo le occasioni più favorevoli.

Ciò nonostante, le ragioni per superare il concetto della “Fleet in being“, particolarmente desiderato da Mussolini, continuarono a non trovare eccessivo accoglimento negli ambienti di Supermarina, e al pessimismo dell’ammiraglio Cavagnari finì per aggiungersi anche quello del Comando Supremo come dimostra il contenuto dei molti studi e delle direttive operative e lo scambio della corrispondenza intercorsa tra gli Alti Comandi.

Ne conseguì che nell’estate e nell’autunno del 1940 la flotta italiana continuò ad operare in potenza, consumando un quantitativo enorme di preziosa nafta, e non seppe approfittare di un’occasione favorevole presentatesi alla fine di agosto, per impegnare la Mediterranean Fleet che si stava spingendo verso il Mediterraneo Centrale con forze nettamente inferiori a quelle italiane, che disponevano di cinque corazzate rispetto a due britanniche. Lo stesso accadde in settembre, sebbene Mussolini, con direttiva trasmessa il giorno 22, avesse ordinato che nessuna nave nemica avrebbe dovuto attraversare il Canale di Sicilia. In entrambe le occasioni le due squadre navali, salpate da Taranto e da Augusta, ricevettero da Supermarina l’ordine di non superare la congiungente Malta-Corfu, mentre la Mediterranean Fleet, che non aveva alcuna convenienza ad affrontare un nemico superiore, percorse rotte più meridionali.

Un episodio forse ancora più discutibile si verificò ai primi di ottobre nel corso dell’operazioni C.V., che era stata lungamente preparata da Supermarina, impegnandovi cinque corazzate e dodici incrociatori e disponendo agguati di sommergibili in Egeo. Il solo sospetto che la Mediterranean Fleet, avvistata a largo di Alessandria, potesse interferire nell’operazione, che consisteva nella scorta ad un convoglio di due veloci motonavi dirette a Rodi con rifornimenti per il Dodecaneso, bastò a preordinare il rientro in porto di tutte le navi. Insieme a questa operazione abortita si verificò il tragico affondamento del sommergibile Gemma, silurato per errore di riconoscimento dal Tricheco, un’altra unità subacquea italiana.

Era ormai chiaramente evidente che l’atteggiamento tattico più giusto, anche per incoraggiare il morale degli equipaggi, fosse quello di non rimanere inerti in potenza, come ebbe a riferire l’ammiraglio Iachino con promemoria consegnato a Taranto al Capo di Stato Maggiore della Marina subito dopo la conclusione dell’operazione C.V. Ma invece di aderire al suggerimento del Comandante della 2^ Squadra Navale di attaccare il nemico ogni qual volta fosse uscito in mare con forze inferiori a quelle italiane, l’ammiraglio Cavagnari preferì non cambiare il proprio concetto prudenziale.

Nella seconda metà di settembre Cavagnari era stato sollecitato dal maresciallo Badoglio a fissare una chiara linea di azione per affrontare il nemico. Ma egli, mostrandosi ancora una volta nettamente contrario a sostenere con la flotta l’avanzata dell’Esercito del maresciallo Graziani in Egitto, riuscì a convincere il Capo di Stato Maggiore Generale che la tattica della Fleet in being era la sola che conveniva alla Marina italiana; e questo sebbene Supermarina avesse pianificato un bombardamento navale contro Marsa Matruch da affidare ad una divisione di incrociatori pesanti.

Da questo atteggiamento rinunciatario derivarono i risultati più funesti, perché il naviglio leggero e sottile (siluranti e mas) e la potente armata di sommergibili, ai quali era stato dato il compito primario di menomare la flotta nemica, non riuscirono a fare nulla di concreto, riportando per contro perdite elevate, soprattutto fra le siluranti, come dimostrò lo scontro di Capo Passero del 12 ottobre 1940, in cui furono affondate, da incrociatori inglesi, due torpediniere e un cacciatorpediniere. Nell’azione di sostegno alle unità italiane, la 3^ Divisione Incrociatori, salpata da Messina, fu bombardata per errore di riconoscimento da una formazione di dieci velivoli “S.79”, il cui comandante, colonnello pilota Poli, fu subito esonerato dal comando.

Ma avvenne ancora di peggio nella notte dell’11 novembre quando, essendo stata finalmente programmata per l’indomani un’azione offensiva contro la baia di Suda, che doveva in qualche modo servire a risollevare il prestigio delle Armi italiane, praticamente umiliate dai greci che avevano trasformato in rotta la sconsiderata offensiva scatenata da Mussolini sul fronte dell’Epiro con forze insufficienti, fu lasciata per più giorni libertà di movimento alla flotta britannica.

La Mediterranean Fleet, dopo essere stata rinforzata da una corazzata (Barham) e da due incrociatori provenienti da Gibilterra che avevano attraversato tranquillamente il Canale di Sicilia, impiegando gli aereosiluranti decollati dalla portaerei Illustrious al largo di Cefalonia, inflissero una dura sconfitta alla flotta italiana, riunita quasi al completo nel porto di Taranto, immobilizzando per sei mesi le corazzate Littorio e Duilio e la Cavour per sempre.

In tal modo la Regia Marina, andando incontro a danni che si volevano evitare col mantenere un comportamento offensivo dal carattere rinunciatario, pagò anche le incertezze di carattere operativo mantenute nella fase preparatoria di un progettato sbarco dell’esercito a Corfu, che avrebbe dovuto realizzarsi il 28 ottobre contemporaneamente all’inizio delle operazioni contro la Grecia.

Questa impresa, che avrebbe dovuto impegnare la divisione dell’Esercito “Bari”, poi dirottata urgentemente in Albania per tamponare la controffensiva ellenica, fu nettamente avversata dall’ammiraglio Cavagnari e dal suo vice ammiraglio Somigli. Entrambi non approfittarono del momento favorevole per attuarla, dapprima per le sfavorevoli condizioni del mare che rendevano problematico lo sbarco e poi, quando la situazione meteorologica migliorò, per evitare un possibile scontro con la Mediterranean Fleet, che risultava in mare con tre corazzate salpate da Alessandria e segnalate dalla ricognizione aerea italiana nelle acque di Creta.

Nelle condizioni strategiche sfavorevoli seguite al disastro di Taranto, che lasciava il grosso della flotta a disporre soltanto di tre corazzate efficienti (Vittorio Veneto, Doria e Cesare), nel frattempo spostate a Napoli per tenerle lontane dal raggio di azione degli aerei delle portaerei britanniche, ogni altra discussione per imporre alla Marina di assumersi la responsabilità di appoggiare altre operazioni anfibie desiderate dall’Esercito nelle isole Ioniche della Grecia occidentale, e soprattutto di un corpo di spedizione di tre divisioni a Prevesa, per prendere alle spalle il fronte albanese, era logicamente destinata a fallire.

Infatti, avendo ricevuto dal Comando Supremo l’ordine di Mussolini di riprendere gli studi per l’invasione di Corfu, l’ammiraglio Cavagnari fece notare di essere impegnato a rifornire con tutte le navi disponibili il fronte albanese, ed affermò non essere realizzabili operazioni di sbarco in grande stile, per le quali fossero poi necessari prolungati rifornimenti via mare, per la minaccia della flotta inglese.

L’ammiraglio Somigli fu ancora più esplicito, sostenendo che nelle condizioni in cui si trovava la Marina non era possibile conservare “il dominio dello Jonio contro la prevalente flotta britannica”, la quale, occupando la Baia di Suda, si trovava ormai basata a brevissima distanza di attacco dal Canale d’Otranto, e quindi in grado di intercettare facilmente i convogli italiani che lo percorrevano diretti in Albania.

Di fronte ad un simile spauracchio, che avrebbe reso insostenibile il fronte terrestre dell’Epiro, il 3 dicembre il Duce ordinò al Comando Supremo di sospendere lo sbarco a Corfu in attesa che una situazione più favorevole in Albania avesse permesso l’impiego dei necessari piroscafi. Non essendosi verificate, per l’inconteninile offensiva dei greci in Albania, le intenzioni del duce di prendere Corfù restarono soltanto sulla carta.

 

_________________

 

Cfr., F. Mattesini, “Corrispondenza e Direttive tecnico-operative di Supermarina”, Volume Primo, I e II Tomo (Maggio 1939-Dicembre 1940), Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 2000.

Modificato da Mattesini
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L’ammiraglio Somigli fu ancora più esplicito, sostenendo che nelle condizioni in cui si trovava la Marina non era possibile conservare “il dominio dello Jonio contro la prevalente flotta britannica”, la quale, occupando la Baia di Suda, si trovava ormai basata a brevissima distanza di attacco dal Canale d’Otranto, e quindi in grado di intercettare facilmente i convogli italiani che lo percorrevano diretti in Albania.

 

In Albania fummo in grado di inviare ben mezzo milione di soldati e quantita' enormi di materiali !

Se Mussolini ..."" ................EDITATO DA SONAR................""

 

 

Nota del moderatore: Tuco, francamente credo tu conosca al pari degli altri quali siano le linee guida del forum in generale e della sezione in particolare.

Mi sono quindi permesso, in maniera coerente con i dettami e i principi che governano questa comunità, di editare la frase in questione. Sono certo che si tratta da parrte tua di un momento per così dire di "distrazione" e che quindi capirai il mio intervento. Così come sono certo che non si possa interpretare il mio operato, a mo di censura che, nella sostanza , nella forma e nelle motivazioni, è ben altra cosa.

 

Sandro

Modificato da sonar
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Grazie al Signor Francesco per l'ottimo ed interessante intervento.

 

Vorrei chiederLe cortesemente una cosa: qual'era il livello di preparazione della Divisione Bari? Cioè, voglio dire, si poteva considerare una divisione addestrata allo sbarco come la Superga, od era una semplice Divisione di Fanteria destinata ad essere utilizzata per la bisogna?

Modificato da brin
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Visitatore Mattesini

Dai documenti che io conosco non appare che la "Bari" fosse, alla fine del 1940, una Divisione del Regio Esercito particolarmente addestrata per operazioni di sbarco. Ma per saperne di più, circa il reale grado di addestramento, occorrerebbe conoscere quanto è riportato nel Diario Storico di quella Divisione.

 

Dal verbale della riunione tenuta al Comando Supremo, presso Badoglio, il 1° novembre 1940, quando fu deciso di inviare la “Bari” non più a Corfù ma a sostegno del pericolante fronte sull’Epiro, il generale Roatta, parlando della sue efficienza, disse:

 

“E’ una divisione completa; ha già tutti i suoi mezzi. I muli andrebbero in un secondo scaglione. Vi è anche un gruppo da 105 ed una quantità di servizi che non andrebbero male in una situazione di questo genere. Secondo me è l’apporto più redditizio e più completo che noi possiamo dare all’Albania in questo momento”.

 

Francesco

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La ringrazio della risposta. Io ricordavo che la Divisione Bari, costituita in Puglia nel settembre del '39, fosse stata destinata sin dall'inizio alle operazioni di sbarco, e proprio per questo era ancora più leggera come organico risptto alle normali Divisioni binarie, con artiglierie e servizi ridotti.

 

La difesa delle Ionie era invece costituita, nell'autunno-inverno 1940, da una Divisione di riservisti, corretto?

 

La ringrazio ancora

 

Luca

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Ma non c' era il Reggimento San Marco per operazioni del genere ?

 

Si, ma onestamente credo non sarebbe stato sufficiente.

Modificato da brin
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Visitatore Mattesini

Secondo quanto pianificato nel Documento di Guerra n. 4 di Supermarina (D.G. 4/A.2) derl 19 ottobre 1940, le forze del Corpo di Spedizione da impiegare nello sbarco a Curf§ erano le seguenti:

 

- una divisione di fanteria ("Bari") di circa 10.000 uomini

- un battaglione cc.nn. [camicie nere] di circa 500m uomini

- un battaglione del Reggimento San Marco, con aggregata una compagnia Milmart [Difesa Territoriale]

- tre comandi e reparti spiaggia.

 

All'appoggio navale avrebbero partecipato, agli ordini della Forza Navale Speciale dell'ammiraglio Vittorio Tur:

 

- incrociatori Bari e Taranto

- cacciatorpediniere Riboty e Mirabello

- 7^ Squadriglia Torpediniere su 3 unità

- 9^ Squadriglia MAS su 4 unità

- Motocisterne Sesia - Garigliano - Tirso

- Unità requisite per trasporto e sbarco.

 

Saranno inoltre a disposizione del Comandante della Forza Navale Speciale gli incrociatori [leggeri] della IV^ Divisione Navale, dislocati tempestivamente a Valona.

 

Francesco

Modificato da Mattesini
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Avevamo la superiorita' aerea e navale le difese greche erano scarsine pertanto ...

 

Anche a Valona nel '39...eppure riuscimmo a far incagliare i piroscafi da carico all'imboccatura della rada.

 

Evidentemente la rada di Valona ci porta proprio sfiga! :s68:

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Io alla formazione navale avrei aggiunto navi con cannoni piu' potenti in modo da produrre danni piu' notevoli di quelli prodotti dai pezzi da 150 dei 2 vecchi incrociatori ex tedeschi

Una delle corazzate rimodernate sarebbe stata assai piu' efficace

 

Non ve ne sarebbe stato bisogno, se avessimo agito con celerità e decisione, sfruttando le favorevoli circostanze. Il colonnello comndante il presidio di Corfù, la mattina della nostra dichiarazione di guerra alla Grecia, si presentò al nostro console, Gloria, offrendogli le chiavi della città e la resa del presidio, attendendo l'arrivo delle nostre navi. Il nostro diplomatico ed il colonnello greco attesero sul terrazzo del consolato tutto il giorno l'arrivo delle nostre navi, ma senza risultato. A sera, il colonnello tornò in caserma, dando l'ordine di arrestare, il mattino successivo, tutti gli italiani.

Modificato da brin
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Non ve ne sarebbe stato bisogno, se avessimo agito con celerità e decisione, sfruttando le favorevoli circostanze. Il colonnello comndante il presidio di Corfù, la mattina della nostra dichiarazione di guerra alla Grecia, si presentò al nostro console, Gloria, offrendogli le chiavi della città e la resa del presidio, attendendo l'arrivo delle nostre navi. Il nostro diplomatico ed il colonnello greco attesero sul terrazzo del consolato tutto il giorno l'arrivo delle nostre navi, ma senza risultato. A sera, il colonnello tornò in caserma, dando l'ordine di arrestare, il mattino successivo, tutti gli italiani.

Fatti che non hanno bisogno di nessun commento.

Saluti.

 

Odisseo

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Fatti che non hanno bisogno di nessun commento.

 

Forse era richiedere un pochino troppo al nostro apparato politico-militare, comunque le cose andarono così.

 

Luca

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