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Eroi Licatesi - Il T.v. Angelo Parla, Un Licatese Al Comando Del R. Smg. Diamante


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Riporto un articolo tratto dal mensile locale "La Campana" sulla storia del mio concittadino Angelo Parla, Comandante del R. Smg. Diamante.

L'articolo è lungo, ma meraviglioso e dettagliato e merita di essere letto. :s02:

 

 

20 giugno 1940. Affonda il sommergibile Diamante del Comandante Angelo Parla

 

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Una caldissima giornata quel 20 giugno 1940, in tutto il Mediterraneo. Sono appena trascorsi dieci giorni dalla dichiarazione di guerra consegnata agli ambasciatori di Gran

Bretagna e Francia che segna l'inizio del conflitto, e dal discorso di Mussolini, dal balcone di palazzo Venezia, a Roma, sull'ora delle decisioni irrevocabili.

 

Il Diamante è uno dei centodiciassette sommergibili - circa il doppio della Germania -, che fanno di quella italiana la più grande flotta sottomarina del mondo. Al comando di Angelo Parla, tenente di vascello della Regia Marina, è di rientro dalla prima missione di

guerra alla base di Tòbruk. Dipende dal comando navale Libia di Bengasi, diretto dal contrammiraglio Bruno Brivonesi, e fa parte della 62^ squadriglia del VI gruppo sommergibili, con il Topazio, il Nereide, il Galatea, tutti classe 600 serie Sirena, e il Lafolè.

Del tipo costiero, in perfetto funzionamento, è stato impostato nei cantieri Tosi di Taranto l'11 maggio 1931, varato il 21 maggio 1933 e consegnato il 18 novembre 1933.

In emersione disloca 681 tonnellate e, in immersione, 842. L'armamento è costituito da quattro tubi lanciasiluri prodieri e due poppieri da 533 mm, un cannone prodiero da

100/47 e due mitragliere da 13,2 mm. I dodici siluri ad aria compressa in dotazione sono stati fabbricati dalla Whitehead di Fiume. Manca una centralina meccanizzata per il calcolo degli elementi di lancio, ma il comandante è un ottimo matematico e si è addestrato a dovere.

Lo scafo semplice, con controcarene esterne, presenta la forma a squalo caratteristica del tipo Bernardis. La manovrabilità risulta però bassa, come bassa risulta anche la velocità di immersione.

 

Lungo 60,2 metri e largo 6,45, pescaggio: 4,2, profondità di collaudo: 80, possiede due motori diesel Tosi da 675 cavalli vapore e due elettrici Marelli da 400, che gli imprimono una velocità massima, in superficie, di 14 nodi e, sott'acqua, di 7,7.

L'autonomia, che è rispettivamente di 4.880 miglia a 8,5 nodi e di 72 miglia a 4 nodi, scende a 2.880 miglia a 12 nodi in superficie ed a sole 7 miglia a 7,5 nodi in

immersione. L'assenza dell'ecogoniometro costringe in immersione, sotto quota periscopio, e in superficie, nelle notti senza luna, a navigare praticamente ciechi.

 

Tòbruk nel 1940 è una cittadina di 4.130 abitanti. Occupata dagli italiani fin dai primi di

ottobre del 1911, è il cen- tro principale della Marmarica, sul collo della penisola che delimita il profondo golfo omonimo. Il porto, nel quale sporge il molo, lungo 3,8 km, largo 1,2, molto profondo, difeso da tutti i venti, è tra i migliori della Libia e di tutta l'Africa settentrionale.

La piazzaforte aeronavale italiana riveste grandissima importanza strategica, perché offre la possibilità di interferire efficacemente sia su Alessandria d'Egitto sia su Creta, e lungo quella fascia Marmarica-Creta che i nocchieri e gli storici d'oltremanica chiamano bomb alley, il .corridoio delle bombe..

 

Angelo Parla è nato a Licata il 9 dicembre 1907 da Antonio e Tommasa Muscia, nella casa paterna al numero 62 di corso Vittorio Emanuele II, l'antico Piccolo Càssaro. Conclusi

gli studi liceali, ha frequentato l'Accademia Navale di Livorno. Nel 1929, a ventidue anni, è stato guardiamarina a La Spezia. E' persona semplice e leale, dotata di profonda umanità. La sua vita è il mare, il suo mondo la Marina. È attratto particolarmente dai sommergibili e affascinato dalla vita sott'acqua.

 

Il comandante Parla con il Diamante ha partecipato allo sbarramento al largo di Sollum, programmato per l'inizio delle operazioni di guerra ed effettuato insieme con i sommergibili Lafolè, Topazio e Nereide.

I quattro battelli, a distanza di venti miglia l'uno dall'altro, in posizione a partire dal punto a

trenta miglia dalla costa su rilevamento 30° da Ras Azzaz, si sono mossi a protezione dei porti cirenaici, eventualmente intercettando naviglio nemico sulla rotta Alessandria d'Egitto-Malta.

Il Diamante si è poi spostato nelle acque vicine alla base, con l'ordine, da parte di Maricosom - il comando sommergibili -, di rientrare, navigando in superficie, il mattino del

20 giugno. Ora è in appuntamento con il destino. A trenta miglia a nord del porto di Tòbruk, posizione 32° 35. latitudine nord, 24° 10. Longitudine est, lo attende, in agguato, il sommergibile Parthian (75P) della Royal Navy britannica. Al suo comando c'è, dal mese di

aprile, il Lieutenant Commander, .capitano di corvetta., M. G. Rimington, alla prima

missione nel Mediterraneo; secondo di bordo è il tenente di vascello H. D. Verschoyle.

Il battello britannico è del tipo oceanico o di grande crociera, adatto alla guerra di corsa a largo raggio. Non modernissimo, ma efficiente, impostato nell'arsenale della Royal Dockyard di Chatham, nel Kent, è stato varato il 22 giugno 1929 e consegnato il 16

ottobre 1930. Lungo 88,4 metri, largo 9,12, pescaggio: 4,9, disloca tonnellaggio assai elevato: 1.760 in superficie, 2.040 in immersione, con velocità massima rispettivamente

di 17,5 nodi e 8,6.

L'armamento di artiglieria è costituito da un pezzo da 4", due mitragliere, sei tubi di lancio

prodieri e due poppieri da 21". I sedici siluri in dotazione, fabbricati dalla Vickers Armstrong di Weymouth, sono eccellenti e, grazie al motore elettrico Brotherhood,

non presentano i diffusi problemi di funzionamento di quelli, tra le altre, delle marine tedesca e americana.

L'autonomia consente fino a 10.500 miglia per quaranta giorni, mentre le batterie di elevata

capacità assicurano una lunga permanenza in immersione. L'equipaggio comprende sei ufficiali e quarantasette tra sottufficiali e comuni. Tra gli altri, presta servizio a bordo Charles Graham Anscomb, capo di prima classe.

Anscomb nella sua autobiografia , Submariner, .Il sommergibilista., 1957, aprirà squarci straordinari sulla vita sott'acqua.

Descriverà, tra l'altro, gli ultimi momenti del Diamante e sarà testimone dell'affondamento del suo successivo sommergibile, il Tempest, che sarà provocato il 13 febbraio 1942 nel golfo di Taranto dalla torpediniera italiana Circe, dopo un impossibile inseguimento e con il recupero finale, da parte italiana, di ventitre membri dell'equipaggio britannico su sessantadue.

Trasferito nel maggio 1940 da Wei Hai Wei nel mar della Cina - provincia nordorientale dello Shantung -, il Parthian è di base ad Alessandria d'Egitto con altri nove sommergibili. Sono i dieci cosiddetti "cinesi" Tre sono già stati affondati da unità italiane. L.Odin - classe O -, al comando del capitano di corvetta K. M. Woods, il 12 giugno, mezz'ora prima della mezzanotte, nel golfo di Taranto, a quaranta miglia al largo di capo

San Vito, è stato colpito dalle bombe di profondità del cacciatorpediniere Strale e poi, alle 02.00 del 13, a nove miglia di distanza, finito dal cacciatorpediniere Baleno. Il Grampus, al comando del capitano di corvetta C. A. Rowe, il 16 giugno, al largo di Augusta-Siracusa, è stato a sua volta centrato dalle torpediniere della 13^ squadriglia Circe, Clio e Pollùce. Infine l.Orpheus, il 19 giugno, proprio al largo di Tòbruk, è stato martellato

dal cacciatorpediniere della 1^ squadriglia Turbine.

 

Il Diamante fila elegante prima in affioramento, con la torretta fuori, a pelo d'acqua, poi

tutto in superficie, con le vedette regolarmente in plancia. All'orizzonte, libero, solo acqua e cielo limpidissimo, senza nuvole, e gabbiani affusolati dalle ampie ali bianche bordate di nero. La velocità si aggira sugli undici nodi. C'è bisogno di massicce quantità di aria per i due diesel termici, usati sia per la propulsione in superficie che per caricare le enormi

batterie dei due motori elettrici.

Gli uomini sono tranquilli. L'occasione è buona per respirare un po' di aria fresca e liberarsi dell'odore di nafta.

Parla è però pensieroso. Il suo intuito di marinaio gli suggerisce che qualcosa non va per il verso giusto. Avverte come un presentimento. Pensa alla mamma a Licata e alla fidanzata in Toscana. L'orologio segna alcuni minuti alle 13.00. Ancora un paio di ore, comunque, e il battello sarà in base, al sicuro. Il mare è calmo, senza vento, il sole forte e gradevole, la luce del giorno piena.

In zona scivola anche il Parthian. Il giorno prima ha attaccato senza successo l'incrociatore

corazzato italiano San Giorgio, lanciandogli addosso due siluri fortunosamente impigliatisi nelle reti di protezione stese tutt'intorno allo scafo. I siluri sono corsi dritti e sicuri, ma nulla da fare: la fortuna, che in mare è sempre essenziale, questa volta ha girato a

favore degli italiani. Emerso nella notte, il sommergibile si è mosso verso ovest, in direzione parallela alla costa cirenaica. L'equipaggio è deluso. Il mancato affondamento del San Giorgio pesa. Il comandante ce l'ha messa tutta e i lanci sono stati perfetti. A mezzanotte, comunque, dalla radio è pervenuto un segnale, che è una nuova sfida, da non perdere: un sommergibile nemico è stato appena individuato "returning to Tòbruk", di ritorno a Tòbruk. (Anscomb 1957, 58).

Il battello britannico ha prontamente invertito la rotta, virando verso il previous billet, il precedente covo, fuori Tòbruk.

Prima che spuntasse l'alba, si è poi immerso e acquattato, in assetto silenzioso. Paziente, ha atteso ore ed ore. Adesso, .At thirteen hundred., 'alle tredici', in quota, l'ufficiale di guardia alza appena il periscopio binoculare di ricerca, estendendone il campo visivo fino allo zenit: uno sguardo rapido, e si fa buio in volto.

Ha avvistato un "long, low object bearing dead ahead", 'un coso lungo e basso che avanza proprio di fronte' (Ivi, 59). Rimington si precipita, di volata, nella control room, la 'camera di comando'. L'Asdic, come i britannici chiamano l'ecogoniometro - gli americani lo chiamano sònar -, che è potente ed altamente sofisticato, conferma la presenza dello scafo.

Il comandante è capace ed esperto. Si prepara all'attacco, con scrupolo. Sa che l'uso del solo sònar presenta un'alta percentuale di rischio: too many misses, 'troppi i colpi mancati'.

Sa anche che gli equipaggi italiani sono temibili e soprattutto sprezzano il pericolo, e che i loro sommergibili, come quelli tedeschi dell'ammiraglio Karl Doenitz, spesso operano in muta, come fossero un branco di lupi. Si assicura che, in area, non si muovano altre unità e

che il bersaglio sia isolato. Ha individuato il nemico per primo ed è in vantaggio: lo vuole sfruttare al massimo.

Seguiamo Anscomb nella sua testimonianza dal Parthian. Gli ordini del comandante risuonano in one breath, 'd'un solo soffio', concisi e secchi: "Action stations", 'posto di combattimento'; poi "Blow up one, two, three and four tubes!", 'aprire tubi di lancio uno,

due, tre e quattro' (Ivi, 59). Range, 'distanza', e bearing, 'direzione', vengono comunicati all'elettroartificiere addetto alla fruit machine, la 'macchina della frutta', come i marinai chiamano la centralina di lancio. Il periscopio viene ammainato, la prora si inclina e, in

immersione rapida, il sommergibile si tuffa fino a venti metri di profondità, a tutta velocità in direzione del bersaglio. I motori quindi rallentano.

Nuovamente in quota, è alzato il periscopio monoculare di combattimento, sottilissimo e più sicuro.

Il bersaglio è lì di prora, la fiancata destra interamente in vista, a quattrocento metri, esattamente secondo i calcoli di Rimington. Il comandante britannico, come, d'altra parte, il suo avversario, è un eccellente matematico - gli uomini dicono che è dotato di un cervello ice cold, 'freddo ghiaccio' -. Ha calcolato mentalmente velocità, distanza e rotta del bersaglio, e ne ha ricavato l'angolo di mira.

L'elettroartificiere conferma i dati. Gli uomini, tesi, sono pronti, al loro posto. .Bring tubes one, two, three and four to the ready!., 'preparare tubi uno, due, tre e quattro!'.

Il Parthian è sulla precisa rotta di lancio. Rimington dà l'ultimo sguardo al periscopio, poi "Fire", 'fuoco!'. "Four torpedoes", 'quattro siluri', lasciano i tubi prodieri in successione, ad intervalli di tre secondi ciascuno (Ivi). Corrono rettilinei, uno dietro l'altro. Per i marinai è una pausa di agonia, senza respiro.

 

Il comandante Parla è di malumore. Avverte di essere stato scoperto e di trovarsi sotto tiro, in situazione di grave pericolo. Non ha tempo. Ordina immediatamente di tuffarsi sott'acqua, in immersione rapida. Le vedette in plancia hanno già individuato la scia dei

siluri in avvicinamento. Ma è tardi. Il Diamante subisce una tremenda esplosione.

Anscomb, dall'interno del Parthian, sott'acqua, riferisce: .A hit! Three seconds. Another hit. Three hits! . There came yet another explosion. All four had hit., 'Un colpo! Tre secondi. Un altro colpo . Tre colpi! Ecco ancora un'altra esplosione. Tutti e quattro a segno' (Ivi, 59-60). Quattro colpi su quattro! Ci sembra di vedere lo scafo italiano sollevarsi quasi in verticale, poi ripiombare di schianto sulla pancia con tonfo enorme. La manovra, lenta, è comunque andata a vuoto. Pochi secondi e ci sembra di vedere, per

l'ultima volta, il Diamante che, lanciatosi con la prora in un balzo stranissimo in avanti, si adagia sul fianco sinistro, inghiottito in un grande vortice. Ancora un attimo e il grande sudario del mare torna a stendersi. I gabbiani in volo strillano rauchi.

Rimington, che, lanciati i siluri, si è rapidamente inabissato, ora alza il periscopio monoculare e fa un giro d'orizzonte. Sorride mesto.

Rassicuratosi, impartisce ordini di affiorare. Il capo Anscomb e il segnalatore Bush si istallano nella conning-tower, la 'torretta'. Lealmente si cavano gli occhi alla ricerca di

eventuali superstiti. Agguantano le life-lines, le 'sàgole di salvataggio', pronte da lanciare. Ma è inutile. Nessuno dei quarantatre uomini del sommergibile italiano - cinque

ufficiali con il comandante e trentotto sottufficiali e comuni - si è salvato.

Hanno appena avuto il tempo di rivolgere un pensiero alle persone care o di formulare una preghiera al Dio degli abissi. Anscomb registra un'ultima esplosione, più grande delle altre, assordante.

E' la quinta, finale. Il Diamante deve essere a pezzi letteralmente, in frantumi.

Il sommergibile britannico, incolume e indisturbato, si allontana, scendendo lesto in profondità. Resterà sott'acqua per il resto della giornata. Emergendo in

superficie a notte inoltrata, il comandante Rimington riferirà al quartier generale di

Alessandria d'Egitto by wireless, 'per radio'. E' il primo successo della Royal Navy nel

Mediterraneo.

Nella ricostruzione dell'affondamento, abbiamo seguito il sottufficiale Anscomb, che risulta a tutt'oggi l'unica fonte testimoniale disponibile. Ci rammarichiamo, nonostante i diversi tentativi con l'ufficio storico della Royal Navy, di non essere riusciti ad ottenere una

trascrizione del giornale di navigazione del Parthian. Sappiamo che per un sommergibile individuare e colpire un altro sommergibile è cosa eccezionalissima. Sappiamo anche che centrarlo con quattro siluri a bersaglio su quattro è poi un miracolo, senza precedenti

nella storia delle Marine. Confessiamo, con la massima onestà, di nutrire qualche perplessità sul numero dei siluri.

 

Abbiamo il conforto in questo di ufficiali di marina qualificati ed esperti quali, tra gli altri, il comandante Salvatore Romano e l'ammiraglio di squadra Vittorio Patrelli Campagnano. Romano rileva testualmente che "un comandante di sommergibile, con una dotazione massima di sei siluri prodieri pronti per il lancio, non ne spreca normalmente quattro contro un bersaglio relativamente piccolo e facile quale un sommergibile".

Da parte sua, l'ammiraglio Patrelli, che ha conosciuto e ricorda perfettamente il comandante Parla, conferma. Durante la seconda guerra mondiale ha comandato, con il grado di tenente di vascello, il sommergibile Platino, leggermente più grande e moderno del Diamante, compiendo imprese irripetibili. Oggi è attivamente impegnato, per conto dell'ufficio storico della nostra Marina, nella revisione delle pubblicazioni riguardanti la

guerra dei sommergibili nel Mediterraneo nel periodo 1940/43. Alla luce delle ricerche e delle documentazioni di cui si comincia a disporre, grazie anche alla collaborazione delle altre Marine, esse risultano spesso zeppe di errori e di discordanze.

E' lecito supporre non ce ne voglia Anscomb, che abbiamo seguito con rispetto e

anche gratitudine - che i siluri siano pertanto stati solo due, a meno di un accanimento puntiglioso di Rimington a seguito dell'insuccesso con l'incrociatore San Giorgio.

Intanto sul molo di Alessandria, l'ammiraglio Andrew Brown Cunningham, grande

stratega della guerra navale e comandante in capo della flotta britannica del Mediterraneo, si congratulerà personalmente con l'equipaggio e con il comandante. È stato il primo colpo significativo alla Regia Marina nel mare di casa, alias Mare Nostrum.

Al Parthian, a Rimington e all'equipaggio verrà assegnato il Gallantry Award, il 'Premio dell'ardimento', con menzione sulla London Gazette dell'11 settembre 1940. Al

comandante Parla i docenti della direzione didattica di Licata intitoleranno il plesso scolastico di via Carso, oggi annesso all'Istituto Comprensivo Salvatore Quasimodo.

 

...........................

 

Durante la seconda guerra mondiale sono stati novanta i sommergibili italiani affondati: di essi dieci nel solo giugno del 1940, primo mese di guerra. Con il Diamante, in assoluto il secondo della serie, si ritrovano il Provana, il Galileo Galilei, l'Evangelista Torricelli, il

Galvani, il Liuzzi, l'Argonauta, l'Uebi Scebeli, il Rubino e il Macallè, quest'ultimo

primo della serie, colpito nel Mar Rosso il 15. Numerosi risultano anche i sommergibili della Royal Navy britannica che non torneranno più in superficie: tra essi lo stesso Parthian, il cui comando è stato assunto dal tenente di vascello C. A. Pardoe.

Atteso l'11 agosto 1943 a Beirut, in Libano, non è mai rientrato: si presume che sia stato distrutto da una mina italiana al largo di Brindisi, nel basso Adriatico, attorno al 6 agosto.

Gli scafi giacciono sul fondo del mare. Bare di acciaio, testimoniano lo spirito di abnegazione di equipaggi e comandanti. Angelo Parla riposa con i suoi marinai. Alla memoria sua e degli altri prodi, tutti gli anni, il mattino del 20 giugno, una gentile, anziana signora, dal braccio del Cuore di Gesù di Licata, all'estremità del molo di levante, getta in mare, ancora oggi, una manciata di fiori.

 

Scritto da Carmelo Incorvaia

Tratto dal mensile licatese "La Campana", numero 10 dell'Ottobre 2002

Modificato da Marcuzzo
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Grazie Marcuzzo, fa sempre piacere leggere materiale scritto su questi eventi, si assimila sempre qualche nuovo particolare.

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