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Imbarcare Sulla “terza Flotta” Professionalità E Trasparenza.


Visitatore Marcuzzo

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Tratto da "Vita e Mare" Dic 2007 a cura del Collegio Nazionale Capitani di Lungo Corso e Macchina

 

Imbarcare sulla “terza flotta” professionalità e trasparenza.

Una massa di norme e regolamentazioni contraddittorie facilita abusi. “Armatori della domenica” alle prese con navi sempre più grandi. Basta discriminazioni per portare ufficiali e personale specializzato alla crescita del turismo via mare.

 

L’ltalia, grazie ai suoi 8.400 chilometri di costa, ha un patrimonio marittimo senza pari. Tuttavia, nonostante la favorevole configurazione costiera, la capacità di costruire yachts riconosciuti in tutto il mondo per lo stile italiano, il nostro Paese, sottovalutando le enormi potenzialità della risorsa “Diporto”,

è rimasto, per anni, immobile dinanzi al fiorire del turismo nautico mondiale.

Da tempo il diporto è stato considerato un passatempo elitario, ignorando, in sostanza, la professionalità del personale che vi ha operato con dedizione, passione e sacrificio. Fortunatamente oggi assistiamo ad una sostanziale ridefinizione del concetto di diporto, in quanto lo Stato ha acquisito la necessaria consapevolezza sulle potenzialità del settore ed ha avviato da alcuni

anni una forte fase di regolamentazione. Le novità legislative parzialmente applicate, in quanto non ancora completato l’iter normativo, hanno creato non poche difficoltà. E’ quasi trascorso un lustro dalla riforma attuata con la legge

8/7/2003, n. 172 che doveva dar vita al Codice della nautica, un vero e proprio “sistema” normativo del diporto, diverso rispetto a quello della navigazione

in generale e in grado di razionalizzare la gran mole di leggi e circolari che rende la materia indecifrabile.

Dopo due anni è stato emanato il decreto legislativo 18.07.2005, n. 171, il Codice

della nautica da diporto. Tale strumento anticipa alcuni contenuti del Regolamento di attuazione del Codice stesso, ultimo tassello che purtroppo si è arenato nei meandri ministeriali. Nel frattempo, pochi mesi prima della nascita del D.L. 171,

il decreto ministeriale n. 121 del 10 maggio 2005 istituiva i titoli professionali del Diporto, regolamento che applicato al personale personale marittimo, ha fatto emergere problematiche inedite.

Si è ottenuto così il risultato di complicare di nuovo la materia, con un’altra mole di circolari abbattutesi sul comparto. II Regolamento è un cardine fondamentale del processo innovativo intrapreso con la Legge n. 172, ma per quanto riguarda il lavoro a bordo di navi da diporto adibite al noleggio, discrimina in maniera evidente i marittimi imbarcati sul naviglio “privato”: basti dire che non consente loro di maturare i periodi di imbarco richiesti per conseguire il titolo superiore, e inoltre ammette che non tutti siano imbarcati con il titolo professionale; basta la patente nautica!

 

Proposte concrete dal Collegio.

 

Il Collegio nazionale Capitani L.C.e M. è intervenuto presso il ministero, dipartimento navigazione, sottolineando l’esigenza di tracciare un progetto complessivo e di ampio respiro per indicare chiaramente gli itinerari formativi e i processi di crescita dei marittimi del Diporto di cui il nostro Paese ha sempre più bisogno. La recente introduzione dei nuovi titoli professionali per le

unità commerciali da diporto non supportata da una visione politica di insieme e quindi da un quadro normativo completo ha lasciato sul campo troppi problemi irrisolti.

 

L'impressione del Collegio nazionale Capitani L.C. e M. è che se davvero, come lasciano intuire i nuovi titoli professionali, si desidera lanciare una grande

marineria del Diporto, occorre prevedere percorsi formativi semplici e snelli, semplificare la burocrazia degli imbarchi, premiare la regolarizzazione dei

contratti e penalizzare fortemente il sommerso.

Nel comparto turistico-nautico anche i diritti più elementari elementari,

come convalidare le proprie esperienze su un libretto di navigazione, ottenere il pagamento dei contributi o avere un’assicurazione sul proprio titolo professionale sono spesso una pura chimera perchè nel quadro normativo generale nulla induce l’armatore a preferire la regolarizzazione dell’imbarco. Sulle unità diportistiche, non essendo obbligatorio un equipaggio titolato, si comanda in virtù della patente e molti sono costretti ad accettare imbarchi mascherati

da assunzioni in azienda o addirittura in totale assenza di contratto.

 

Per sconfiggere la piaga del lavoro nero si è quindi parlato dell’opportunità di “premiare” le unità che imbarcano equipaggio a libretto o in alternativa “penalizzare in qualche modo” le unità che non lo fanno. Di qui la scelta del Collegio nazionale Capitani L.C. e M. di proporre le nuove tabelle minime

di armamento per le unità da Diporto, così da far diventare obbligatorio ciò che comunque, sotto gli occhi di tutti, è già normale prassi.

Purtroppo la maggioranza delle unità da diporto che imbarcano un comandante, non

necessita di alcun altro elemento elemento di equipaggio, a meno che sia assolutamente conveniente (meglio se semi-gratuito). C’e poi da aggiungere che nel diporto gli imbarchi sono stagionali, 2-4 mesi l’anno, ciò significa che per ottenere 36 mesi a libretto servono, se va bene, 9 anni...

 

Si è quindi discusso sull’opportunità di creare un titolo di Primo Livello inferiore a quello di Ufficiale del Diporto, di facile conseguimento e limitato ad

una certa distanza dalla costa per consentire l’inizio trasparente dei giovani nel Diporto.

II mercato ha necessità di reperire un numero sempre crescente di marittimi del Diporto per lo sviluppo del charter nautico e di una navigazione armatoriale che adotta unità sempre piu grandi. E’ molto cresciuta la lunghezza media delle imbarcazioni turistiche, negli ultimi dieci anni. Oggi gli approdi sono pieni di unità superiori ai 14 metri che sono decisamente troppo impegnative per “capitani

della domenica” in gita con la famiglia. A queste unità servono comandanti, marinai, motoristi e personale di servizio e di camera in numero sempre

maggiore, sia pure per un periodo limitato alla bella stagione.

 

La parola ai protagonisti.

 

La grande palestra della nautica potrà formare direttamente “sul mare” il personale che nei prossimi decenni sarà il motore di un’industria turistica in espansione, a patto però di mettere fin d’ora le basi per riconoscere l’identità e le esigenze di questi lavoratori. Quale occasione migliore di un incontro proprio con le persone interessate a disegnare lo sviluppo della loro vita professionale?

La non chiara individuazione delle competenze tra ministeri, enti e associazioni di categoria, tra istituzioni centrali e locali locali; le diverse esigenze e tempi sempre più accelerati dei soggetti che operano nel e per il Diporto, tutto ciò si riflette nel rischio di disperdere le proposte e le relative iniziative intraprese, in materia di politiche formative e configurazione delle carriere professionali.

 

Uno studio recente - realizzato da BIMCO/ISF (Baltic and International Maritime Council/International Shipping Federation), un’associazione di imprese europee del settore marittimo - stima che nel 2015 nel mondo vi sarà una carenza di ufficiali marittimi di circa 27.000 unità, mentre saranno ben 160.000 i marinai semplici in

esubero. In base a questo studio, i marinai italiani attualmente imbarcati sul naviglio mercantile potrebbero fra qualche anno essere impiegati, con un adeguato iter addestrativo, nel Diporto.

 

Altri punti caldi:

- incrementare l’ingresso di giovani nel comparto aumentando il numero e migliorando la professionalizzazione del settore;

- incentivare il transito di sottufficiali e comuni verso posizioni di comando (Stato maggiore).

 

PIETRO MARTUCCI

Segretario Nazionale Diporto

Collegio Capitani L.C. & M.

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