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Articolo Da "storia Militare" Mese Gennaio


Alagi

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immagine2kh8.png

 

9 LUGLIO 1940: UN "PUNTO DI VISTA" INGLESE

 

(dal n.ro 43 - aprile 1997 - di "STORIA Militare")

 

Mentre sono da tempo note numerose fotografie raffiguranti le navi da battaglia Cesare e Cavour inquadrate dal fuoco inglese allo scontro di Punta Stilo (9 luglio 1940), non erano sinora conosciute - perlomeno in Italia - similari immagini di navi da battaglia della Royal Navy impegnate nella stessa azione al momento dell'apertura del tiro da parte delle corazzate italiane.

Storia Militare é lieta di poter offrire il proprio contributo per una maggior conoscenza "visiva" dello scontro di Punta Stilo pubblicando questa inedita fotografia, entrata a far parte della collezione di chi scrive dopo essere stata per anni conservata nell'archivio dello studioso britannico Ron Hinchliffe, recentemente deceduto.

 

warspite9740ju9.jpg

 

Nella fotografia é raffigurata la nave da battaglia Warspite al momento della caduta di alcuni colpi da 320 mm: si tratta più probabilmente di una salva della Cesare dal momento che non é certo se la Cavour diresse il proprio tiro contro una delle navi da battaglia più arretrate dello schieramento britannico (Malaya e Royal Sovereign) oppure contro la stessa Warspite. L'immagine non può quindi essere stata scattata che tra le 15.53 e le 15.59 del 9 luglio 1940: infatti, alle 15.53 le nostre due navi da battaglia aprirono il fuoco e alle 15.59, come é noto, la Cesare venne danneggiata da un colpo da 381 mm della Warspite. Subito dopo, le unità maggiori italiane iniziarono la manovra di disimpegno dall'azione.

Quasi certamente la fotografia, che mostra il lato dritto della Warspite, é stata scattata da bordo di uno dei quattro incrociatori leggeri britannici (Orion, Neptune, Sydney e Liverpool) che, in quella fase del combattimento, si trovavano un paio di miglia a levante delle navi da battaglia inglesi, in linea di fila, con rotta parallela a quella della Warspite e leggermente sopravanzati rispetto a quest'ultima. (V. cartina)

 

cartinavc3.jpg

 

Si tratta di una foto "operativa", leggermente mossa e non del tutto nitida ma che, anche per la sua unicità, diventa un documento dal notevole valore storico ed iconografico al quale abbiamo ritenuto giusto attribuire un doveroso risalto.

Un'ultima notazione "tecnica": la salva da 320 mm. della Cesare appare "lunga" e piuttosto dispersa. Mentre in una fase iniziale di aggiustamento del tiro é normale che le prime salve non cadano esattamente a cavallo del bersaglio, la fotografia evidenzia - una volta di più - la nota dispersione dei colpi che, purtroppo, caratterizzò negativamente per tutta la durata del secondo conflitto mondiale le prestazioni delle nostre artiglierie navali.

 

Maurizio Brescia

 

Bibliografia:

- G. Fioravanzo: Le azioni navali in Mediterraneo dal 10/6/1940 al 31/3/1941 - 3a ed. - Roma, USMM, 1976

- A.B. Cunningham: A sailor's odissey - Londra, Hutchinson & Co., 1951

- F. Mattesini: La battaglia di Punta Stilo - Roma, USMM, 1990

 

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Nota

Sui numeri di gennaio e febbraio 2008 di "Storia Militare" comparirà un articolo in due puntate - a firma di E. Cernuschi - relativo a nuovi elementi riferiti ad alcuni specifici fatti dello scontro di Punta Stilo.

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cavour02copiadg1.jpg

Le navi da battaglia Cavour (in primo piano) e Cesare a Genova, alla fine di maggio del 1938. (Coll. M. Brescia)

 

cavour09copiahx5.jpg

Punta Stilo, ore 15.53 del 9 luglio 1940: apertura del fuoco da parte del Cesare - foto scattata da bordo del Cavour. (Coll. M. Brescia)

 

cesare06jw9.jpg

Un'altra salva del Cesare durante lo scontro di Punta Stilo - foto ripresa dalla plancia comando del Cavour (Coll. M. Brescia)

 

cesare08gd3.jpg

Salve da 320 mm del Cavour, riprese da bordo del Cesare. (Coll. M. Brescia)

 

warspite2copiauy2.jpg

La nave da battaglia britannica HMS Warspite nel 1933... (Foto Wright & Logan, coll. M. Brescia)

 

warspite1938cx1.jpg

... e nel 1938, successivamente al periodo di grandi lavori di ricostruzione cui fu sottoporta - all'Arsenale di Portsmouth - tra il 1934 e il 1937. Il Warspite prese parte allo scontro di Punta Stilo in questa configurazione. (Coll. M. Brescia)

 

malayavm7.jpg

Un'immagine prebellica dell'HMS Malaya. (Coll. M. Brescia)

 

royalsovereignsb9.jpg

Il Royal Sovereign in entrata a Portsmouth nel 1938. (Wright & Logan, coll. M. Brescia)

 

orion1942vy1.jpg

L'incrociatore HMS Orion nel 1942. (Fonte: http://www.cyber-heritage.co.uk/psound/)

 

neptune1934kq1.jpg

Un'immagine prebellica (1934) del Neptune. (Wright & Logan, coll. M. Brescia)

 

perthxq0.jpg

Il Perth sul finire del 1939. Del tutto simile, un anno dopo, era l'aspetto del Sydney allo scontro di Punta Stilo.(Wright & Logan, coll. M. Brescia)

 

liverpoollk8.jpg

Un dettaglio del centronave del Liverpool all'inizio del 1940. (Wright & Logan, coll. M. Brescia)

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un bell'articolo, leggero e pieno di foto. con i pranzi natalizi che tendono ad addromentare non potevi trovare nulla di meglio Maurizio!

 

la foto della warspite nel 38 mi ha suscitato un interrogativo: perche la torretta 2 (quella di grosso calibro prodiera superiore) ha quella colorazione? nn è mimetizzazione bellica e non ne trovo altri significati...

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la foto della warspite nel 38 mi ha suscitato un interrogativo: perche la torretta 2 (quella di grosso calibro prodiera superiore) ha quella colorazione? nn è mimetizzazione bellica e non ne trovo altri significati...

 

Durante la guerra civile spagnola (1936-1938), le navi dei paesi non coinvolti nel conflitto applicarono - solitamente sulle torri o sugli impianti di artiglieria sopraelevati prodieri - una "fascia di neutralità" con i colori nazionali per consentire la corretta identificazione delle proprie unità da parte dei due schieramenti belligeranti ed evitare quindi spiacevoli "errori" di riconoscimento.

Nella pratica, solo tre Marine adottarono questa fascia: La Royal Navy, la Marine Nationale e la Kriegsmarine. I colori, da prora verso poppa, eranno i seguenti:

- Royal Navy: blu, bianco, rosso

- Marine Nationale: rosso, bianco, blu

- Kriegsmarine: rosso, giallo nero.

 

Ecco tre esempi:

 

02copiabu4.jpg

Cacciatorpediniere britannico HMS Mohawk, 1938 (Wright & Logan, coll. M. Brescia)

 

004emilebertinott1938codw3.jpg

Incrociatore leggero Emile Bertin, 1938 (Marius Bar, coll. M. Brescia)

 

gallgrafspeespanishpatryk5.jpg

Corazzata tascabile Admiral Graf Spee, 1938 (da: http://www.deutschland-class.dk/)

Da notare che sulla Graf Spee la fascia di neutralità è presente sul cielo della torre ed è ripetuta sul retro.

 

Alcune notazioni:

- La Regia Marina non adottò nessuna fascia di neutralità;

- Per le unità con una sola torre/impianto a prora la fascia era applicata su tale struttura (vds. Graf Spee);

- Talvolta la fascia era ripetuta anche su una torre/impianto a poppa, ma i casi documentati sono rarissimi;

- Altre Marine che inviarono proprie unità nelle acque spagnole (U.S. Navy, Armada Argentina ecc.), non adottarono la "fascia di neutralità".

Modificato da Alagi
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A che distanza saranno caduti dalla Warspite i colpi sparati dalle nostre navi ?

 

Quelli della fotografia a 350/450 metri.

Per maggiori dettagli ti suggerisco i testi della bibliografia e l'articolo in due puntate citato in chiusura che comparirà sulla rivista a gennaio e febbraio.

Ciao!

Maurizio

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Quando sarà in edicola la Rivista ?

Saluti

 

Grazie per le immagini!

Penso che dopo i primi di gennaio la rivista sarà in edicola, direi dal 3 / 4 in avanti.

Un saluto.

Maurizio

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Durante la guerra civile spagnola (1936-1938), le navi dei paesi non coinvolti nel conflitto applicarono - solitamente sulle torri o sugli impianti di artiglieria sopraelevati prodieri - una "fascia di neutralità" con i colori nazionali per consentire la corretta identificazione delle proprie unità da parte dei due schieramenti belligeranti ed evitare quindi spiacevoli "errori" di riconoscimento.

Nella pratica, solo tre Marine adottarono questa fascia: La Royal Navy, la Marine Nationale e la Kriegsmarine.

 

- La Regia Marina non adottò nessuna fascia di neutralità;

 

Approfittando della Sua assenza, Comandante Alagi,e giusto per fare il grillo parlante.

Le due foto sottostanti, sono del Quarto e del Diaz, e sono state scattate entrambe in acque spagnole. Sono riprodotte da cani, in stretta coerenza alle mie capacità tecnologiche, ma sarà Sua cura ricondurle a decenza.

Comunque sia, le fasce con i colori nazionali risultano (sia pure con una certa buona volontà) visibili, sia sull'impianto prodiero di sinistra del Quarto, sia sul fianco della torre sopraelevata posteriore del Diaz (da tempo immemore ho un modello del primo in versione '38, e non mi decido a completarlo perché non so se applicare le fasce pure sui pezzi di poppa)

Ovviamente la curiosità va ben oltre il dato iconografico. Sarebbe molto interessante capire in relazione a cosa venne deciso (e per quanto tempo) di adottare un disintivo di neutralità che, nella realtà, non aveva nessun riscontro. Insomma, ancora una volta, le immagini sono lo spunto per un approfondimento e una riflessione.

Mi piacerebbe andare a ravanare in prima persona, ma, come ho già avuto modo di dire altrove, il barometro è precipitato dalle mie parti a valori da tifone fuori stagione, e navigo a vista con gli occhi che fanno pupi pupi.

 

quartowz4.jpg

 

diazvo9.jpg

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- La Regia Marina non adottò nessuna fascia di neutralità.

 

 

Approfittando della Sua assenza, Comandante Alagi,e giusto per fare il grillo parlante.

Le due foto sottostanti, sono del Quarto e del Diaz, e sono state scattate entrambe in acque spagnole

 

Ecco un bell'esempio di cosa succede a scrivere "a vista" e a non controllare... Si scrivono delle belle minchiate!

Grazie, avv. Marat, per la precisazione, e dire che anch'io ho le stesse foto, più qualcun'altra... Speriamo che il freddo mi abbia rinfrescato le idee!

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Signore, Lei non ha scritto nessuna minchiata. Ho decine di fotografie di navi italiane direttamente coinvolte nelle operazioni in acque spagnole che non hanno nessun tipo di segnale di identificazione.

Casomai, ripeto, sarebbe interessante capire come e perchè si sia adempiuto ad una prescrizione (a cominciare da quando ? quanto sporadicamente ? su pressioni internazionali ?) che collideva clamorosamente con la posizione assunta in concreto.

Certo che pure il il Reich non ci è andato leggero. Bombe sulle città repubblicane, smalto neutrale sulle torri delle navi.

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Ho letto l' articolo in questione , finalmente qualcuno ha messo in evidenza che i cannoni da 320 mm non erano in grado di sfondare a nessuna distanza la corazza verticale delle Navi da Battaglia inglesi !

Altro che blaterare di superiorita' italiana durante la battaglia di Punta Stilo

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Comandante Alagi,

 

io ho invece appena finito di leggere il numero di dicembre.

L'articolo sui caccia inglesi della classe Tribal (con tutti quei dati, le foto e, soprattutto, i disegni) è semplicemente splendido.

Complimenti.

:s20: :s20: :s20:

 

Grazie davvero!

Allora vedremo di continuare con qualcos'altro... Avevi visto quello sui "Jervis" alcuni anni fa? Attualmente ho in lavorazione un articolo analogo sui caccia britannici degli anni Trenta (classi dalla "A" alla "I").

Un saluto.

Maurizio

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No, ho scoperto la rivista solo leggendo le pagine del Forum. L'avevo vista in edicola. ma sembrava una fra le tante, invece ...

"Devi" senz'altro continuare con questi articoli, erano secoli che non vedevo un articolo su una classe di navi corredato da disegni al tratto (e non foto ricavate dal sito web della US Navy), dati su impostazione, varo, consegna, fine, di ogni singola unità della classe; mi sono piaciuti in particolare i disegni, era dai tempi di "Aviazione e Marina" che non ne vedevo simili.

Attualmente leggo RID, la Rivista Marittima ed il Bollettino d'Archivio ... dovrò trovare il tempo anche per Storia Militare.

Non ho ancora finito di archiviare tutti i dati (sia del tuo articolo che degli altri) sui miei database !

 

Ottimo, veramente ottimo.

 

Ciao.

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Ottimo, veramente ottimo.

 

Ciao.

 

 

... Troppo buono!

Comunque bisogna continuare così: NECESSE EST!

Davvero grazie per le belle parole.

Maurizio

Modificato da Alagi
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Ho appena finito di leggere la prima parte dell'articolo di Cernuschi sul numero di questo mese, e vorrei fare i miei più vivi complimenti per l'articolo e per la rivista, anche per l'ottimo articolo sulla situazione mediorientale nell'estate del 1941. Ancora complimenti!

 

Saluti Luca

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Ho appena finito di leggere la prima parte dell'articolo di Cernuschi sul numero di questo mese,

 

pure io ho letto quell articolo .

Leggere che i cannoni da 320 delle Cesare / Duilio nulla potevano contro le corazze verticali delle navi da battaglia inglesi mi ha fatto capire che per gran parte del conflitto la Regia Marina ebbe a disposizione solo 2 vere corazzate , la Veneto e la Littorio

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Tuco, nei limiti delle capacità progettuali, economiche e tecniche bisogna ammattere che le Cesare-Doria non erano poi prodotti così malriusciti. Certo le Vittorio Veneto erano ben altra cosa, ma come si dice, si deve combattere con le armi che si hanno in mano....non con quele che si vorrebbe avere a disposizione.

 

Ciao Luca

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Tuco, nei limiti delle capacità progettuali, economiche e tecniche bisogna ammattere che le Cesare-Doria non erano poi prodotti così malriusciti. Certo le Vittorio Veneto erano ben altra cosa, ma come si dice, si deve combattere con le armi che si hanno in mano....non con quele che si vorrebbe avere a disposizione.

 

Il fatto e che le nostre corazzate rimodernate non solo erano inutili contro le navi da battaglia inglesi ma sarebbero state distrutte pure dalle unitaì' della classe Dunkerque per fronteggiare le quali le nostre navi erano state rimodernate :s07:

Le Dunkerque erano piu' veloci e soprattutto meglio armate con il loro micidiale 330 mm , uno scontro con queste navi sarebbe stato un rischio micidiale per noi !

O si dotavano le Cesare/ Duilio di un armamento adeguato oppure era meglio destinare i soldi alla costruzione di un paio di vere corazzate

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Non ho detto che le Cavour-Doria fossero le più potenti navi da battaglia nel Mediterraneo, e non ho detto che fossero in grado di sconfiggere le navi da battaglia nemiche. Ho detto che, nei limiti di quello che poteva essere fatto, il risultato fu discreto. Che poi lo scafo fosse vecchio, che artiglierie fossero state ricalibrate dai 305 a 320 mm, che la protezione subacquea fosse carente, sono perfettamente d'accordo. Ciò non toglie che il lavoro di ricostruzione di queste navi ottenne risultati, nel complesso, positivi.

 

Ciao Luca

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Continuando nella discussione, mi viene da pensare che con i denari spesi per ricostruire le quattro Duilio/Cavour si sarebbe potuto costruire ben altro: che so, anticipare la seconda coppia di Vittorio Veneto, oppure un'altra serie di incrociatori leggeri e cacciatorpediniere (molto più utili per la guerra di scorta ai convogli che ci aspettava), o una serie di sommergibili, 1/2 portaerei, o investire i denari in "ricerca scientifica" (radar, sonar, snorkel), non c'è che l'imbarazzo della scelta, sempre nel rispetto dei trattati di disarmo navale.

... fermo restando che la guerra avrebbe purtroppo avuto, comunque, sempre lo stesso esito.

 

Capitolo Dunkerque. Non mi sembra che le quattro vecchie corazzate fossero state rimodernate per affrontare i Dunkerque che, semmai, giustificarono la costruzione delle noste 35.000.

In proposito, ho letto recentemente un'articolo sul "Bollettino d'Archivio".

Le 4 vecchie dreadnought avrebbero dovuto affrontare le altrettanto vecchie francesi Courbet/Paris.

Per quanto riguarda le Queen Elizabeth (sempre venerabili navi d'annata), ho la convinzione che la Regia non aspirasse ad una battaglia di tipo nelsoniano ... contro gli eredi di Nelson, anche se a Punta Stilo fece il suo dovere.

 

Sono solo opinioni ... :s02:

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Capitolo Dunkerque. Non mi sembra che le quattro vecchie corazzate fossero state rimodernate per affrontare i Dunkerque che, semmai, giustificarono la costruzione delle noste 35.000. In proposito, ho letto recentemente un'articolo sul "Bollettino d'Archivio". Le 4 vecchie dreadnought avrebbero dovuto affrontare le altrettanto vecchie francesi Courbet/Paris. Per quanto riguarda le Queen Elizabeth (sempre venerabili navi d'annata), ho la convinzione che la Regia non aspirasse ad una battaglia di tipo nelsoniano ... contro gli eredi di Nelson, anche se a Punta Stilo fece il suo dovere.

 

Concordo in pieno con Odisseo. Navi da battaglia rimodernate sarebbero state in qualunque caso inutili ed inadatte ad affrontare con successo una nave di epoca successiva, meglio armata, protetta e i costruzione più moderna. Per questo furono impostate le Veneto.

 

Ciao Luca

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Capitolo Dunkerque. Non mi sembra che le quattro vecchie corazzate fossero state rimodernate per affrontare i Dunkerque che, semmai, giustificarono la costruzione delle noste 35.000.

 

Il testo del Sadkovich dice che il rimodernamento delle Cavour/Cesare fu la risposta italiana alle Dunkerque ( impostate l' anno prima del rimodernamento delle nostre navi mi pare )

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Bè le Queen Elizabeth, al momento della loro costruzione, stazzavano 27.500 tonnellate ed erano armate con 8 pezzi da 381 mm, quindi direi che sarebbe stato fattibile; quanto poi alla convenienza di riarmare vecchie navi con cannoni di nuova costruzione.....

 

Ciao Luca

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x Luca

 

se così è allora gli errori si assommano agli errori..

 

1) aver rimodernato vecchie unità invece di costruirne nuove

 

2) in subordine.... aver compiuto una "lifting" a metà, senza aver sfruttato tutte le potenzialità dello scafo limitandosi ad aumentare il calibro dei vecchi 305 senza installare dei pezzi nuovi da 381 ...

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Nel 1926, mentre era in corso il programma di rinnovamento della flotta, venne stabilito che buona parte delle vecchie corazzate, ovvero le due predreanought Napoli, Roma, e le tre dreadnought Dante Alighieri, Conte di Cavour, Giulio Cesare, avrebbero dovuto essere radiate, poste in disarmo o adibite a compiti addestrativi; Napoli, Roma ed Dante Alighieri, infatti, vennero radiate rispettivamente nel 1926, 1927, 1928. Dal momento, però, che era in pieno svolgimento una vera e propria corsa al riarmo, specialmente in campo navale, venne deciso che la Conte di Cavour e la Giulio Cesare, rimanessero in servizio, sia pure con compiti secondari ed impiego limitato, in quanto la radiazione delle due corazzate avrebbe costituito una radicale diminuzione del nostro potenziale navale, in quanto sarebbero rimaste in servizio "attivo" solo le due Doria.

 

Quando poi la Francia, nostra diretta avversaria nel bacino mediterraneo, decise di costruire le sue due corazzate veloci/incrociatori da battaglia classe Dunkerque, costruite per rispondere alla Deutschland tedesca, per motivi di carattere politico, ed anche economico, si ritenne necessario e più conveniente far rimanere in servizio le due vecchie corazzate, dopo aver loro apportato una sostanziale modifica e rimodernamento. (Nota a margine: mi scuso con Tuco che aveva visto giusto!).

 

Ciao Luca

Modificato da brin
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Bè le Queen Elizabeth, al momento della loro costruzione, stazzavano 27.500 tonnellate ed erano armate con 8 pezzi da 381 mm, quindi direi che sarebbe stato fattibile; quanto poi alla convenienza di riarmare vecchie navi con cannoni di nuova costruzione.....

 

Secondo me si dovevano sostituire pure le artiglierie principali alfine di ottenere navi comunque poco protette ma perlomeno veloci e ben armate

Naturalmente per motivi di peso non si sarebbero potuto installare lo stesso numero di pezzi ( 10 da 320 ) e magari ridurre il numero delle torri ( da 4 a 3 se non addirittura a 2 come le Dunkerque ! )

Le corazzate francesi classe Dunkerque avevano solo due torri quadrinate mentre gli incrociatori da battaglia inglesi Repulse e Renow disponevano di 3 torri da 381 mm binate per un totale di soli 6 pezzi da 381

Naturalmente con queste modifiche i costi ed i tempi necessari per mettere in servizio le vecchie navi nostrane sarebbero saliti e di molto !

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Tuco, anche sostituendo i pezzi da 320 con quelli da 381 mm, non sarebbe cambiato molto. Non eravamo in grado di costruire pezzi di artiglieria navali di grosso calibro.....vedi i risultati con i pezzi da 381 delle Veneto....

 

Ciao Luca

 

P.S. Sul rapporto Cavour-Dunkerque avevi ragione. Scusami ancora!

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Tuco, anche sostituendo i pezzi da 320 con quelli da 381 mm, non sarebbe cambiato molto. Non eravamo in grado di costruire pezzi di artiglieria navali di grosso calibro.....vedi i risultati con i pezzi da 381 delle Veneto....

 

 

 

P.S. Sul rapporto Cavour-Dunkerque avevi ragione. Scusami ancora!

 

 

Di nulla :s10:

 

Ricordiamoci pero' che durante la prima guerra mondiale i nostri grossi cannoni navali erano tutti di progettazione straniera !

Considerando inoltre che nel campo delle grosse artiglierie navali abbiamo iniziato a darci da fare con progetti nazionali solo nel corso degli anni 30 si puo' comprendere il perche' dei modesti risultati ottenuti :s06:

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Si hai ragione! Una Marina è frutto della capacità tecnica, economica ed industriale che il Paese sa esprimere; pertanto i risultati furono adeguati alle capacità offerte dai mezzi.

 

Ciao Luca

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Considerando che i pezzi da 320 mm avevano prestazioni inferiori persino ai 280 mm delle Scharnhors / Gneisenau ( che erano in grado di sfondare le corazze inglesi da 330 mm ad oltre 10.000 metri di distanza )

 

http://www.navweaps.com/Weapons/WNGER_11-545_skc34.htm

 

verrebbe da fare queste considerazioni :s20:

 

Le " corazzate " Cesare , Cavour , Duilio , Doria non erano navi da conteggiare nella categoria delle corazzate non essendo in grado di affondare le pariclasse unita' inglesi .

 

LA Regia Marina combatte' la seconda guerra mondiale con 2 sole corazzate , la Littorio e la Veneto ( La Roma arrivo' troppo tardi )

 

In definitiva i rapporti di forza furono diversissimi da quelli che si leggono nei libri di Storia

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Tuco, permettimi di dissentiire. Proseguo la mia analisi; ora dal punto di vista tecnico.

 

Nel 1926, mentre era in corso il programma di rinnovamento della flotta, venne stabilito che buona parte delle vecchie corazzate, ovvero le due predreanought Napoli, Roma, e le tre dreadnought Dante Alighieri, Conte di Cavour, Giulio Cesare, avrebbero dovuto essere radiate, poste in disarmo o adibite a compiti addestrativi; Napoli, Roma ed Dante Alighieri, infatti, vennero radiate rispettivamente nel 1926, 1927, 1928. Dal momento, però, che era in pieno svolgimento una vera e propria corsa al riarmo, specialmente in campo navale, venne deciso che la Conte di Cavour e la Giulio Cesare, rimanessero in servizio, sia pure con compiti secondari ed impiego limitato, in quanto la radiazione delle due corazzate avrebbe costituito una radicale diminuzione del nostro potenziale navale, in quanto sarebbero rimaste in servizio "attivo" solo le due Doria.

 

Quando poi la Francia, nostra diretta avversaria nel bacino mediterraneo, decise di costruire le sue due corazzate veloci/incrociatori da battaglia classe Dunkerque, costruite per rispondere alla Deutschland tedesca, per motivi di carattere politico, ed anche economico, si ritenne necessario e più conveniente far rimanere in servizio le due vecchie corazzate, dopo aver loro apportato una sostanziale modifica e rimodernamento.

 

 

I tecnici del Comitato Progetto Navi, sotto la guida del generale del Genio Navale Francesco Rotundi, studiarono un importante piano di modifica delle due (e poi quattro) unità; i lavori avvennero per la Cesare presso i cantieri del Tirreno di Genova. I lavori di modifica furono i seguenti, li ricordo ben sapendo che ne siete già a conoscenza:

  • sulla vecchia prora ne venne applicata una nuova, saòldandola direttamente sulla vecchia, cosa che oltre a portare a rinforzare la struttura della nave, portò l'allungamento dello scafo di 10 metri;
  • l'apparato motore fu sostituito con un motore notevolmente più potente, che agiva su due eliche in luogo di quattro. La nave, grazie a queste importanti modificge dell'apparato motore, riuscì a guadagnare ben 6 nodi di velocità;
  • la corazzatura venne leggermente rinforzata, e la carena venne dotata di due cilindri Pugliese, particolari dispositivi con il compito dii limitare i danni prodotti da eventuali siluri, che sarebbero stati poi replicati sui Vittorio Veneto;
  • l'armamento venne potenziato ricalibrando i vecchi cannoni da 305 a cannoni da 320 mm, e venne rimossa la torre trinata a centro nave.

Considerando che il vecchio scafo venne conservato solo per il 40%, il risultato tecnico, ripeto tecnico e sottolineo tecnico, fu un risultato accetabile, a parere mio. Che poi si portesse costruire navi nuove, con i soldi usati per rimodernare queste navi, è un altro discorso, e lo condivido. Fu un discorso di pura convenienza, ed anche la Warspite non è che fosse un mostro.....

 

Ciao luca

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:s02:

Quattro domande:

- quanto costò il rimodernamento delle quattro corazzate ?

- quanto costava una Vittorio Veneto ?

- quanto costava uno Zara ?

- quanto costava un sommergibile classe 600 ?

 

Un'osservazione: se non altro le navi sono risultate avere linee molto gradevoli, quasi belle ... peccato che dovevano anche fare la guerra !

 

Saluti.

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Odisseo, costarono quanto costarono. I responsabili della Regia Marina di allora, ritennero che questo fosse il meglio che si potesse fare. Saremmo riusciti a costruire altre 4 corazzate moderne, visto che non completammo nemmeno tutte quelle che erano previste?

 

Ciao Luca

Modificato da brin
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Visitatore Mattesini

LA BATTAGLIA DI PUNTA STILO

 

Allo scopo di non dimenticare come effettivamente si svolse la battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940, tenendo conto che quello che contava non erano le tanto decantate salve a cavallo, o cadute a pochi metri di distanza dalle navi prese a bersaglio, bensì la ripartizione dei colpi giunti effettivamente a segno sulle unità dei due contendenti, italiani e britannici, riportò una breve sintesi di come si svolse il combattimento, affinché tutti possano capire come si realizzò la sua preparazione e il successivo arrivo al contatto balistico.

D a parte mia ritengo, a differenza di quanto è stato scritto, e commentato in questa sede, che un proietto perforante da 500 chili, come lo erano quelli della CESARE e della CAVOUR, se fosse giunto a segno alla distanza di 26.000 metri non solo avrebbe perforato la modesta corazza di una “WARSPITEâ€, ma esplodendo all’interno della nave gli avrebbe procurato discrete danni. Purtroppo, per le nostre corazzate, venne a mancare proprio quel colpo, che invece fu messo a segno sulla CESARE dalla nave ammiraglia di Cunningham.

 

_______________________

 

 

Nella notte del 7 luglio la Mediterranean Fleet dell’ammiraglio Andrew Brown Cuningham prese il mare da Alessandria per svolgere un’importante operazione denominata “M.A. 5â€. Lo scopo era quello di raggiungere Malta per prelevarvi due convogli diretti in Egitto con personale britannico evacuato dall’isola, che a quell’epoca veniva considerata scarsamente difendibile.

Il movimento della Mediterranean Fleet, si verificò parallelamente a quello della flotta italiana, salpata dalle basi con un complesso di due corazzate (“Cesare†e “Cavourâ€), 6 incrociatori pesanti, 8 incrociatori leggeri e 24 cacciatorpediniere, agli ordini dell’ammiraglio Inigo Campioni che esercitava le funzioni di Comandante Superiore in mare. Lo scopo della missione era quello di scortare un convoglio di cinque motonavi, diretto in Libia con mezzi e 72 carri armati M. 11 dell’Esercito, richiesti urgentemente dal maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, Comandante Superiore delle Forze Armate dell’Africa Settentrionale.

Nella rotta del ritorno – dopo che Supermarina aveva ordinato a Campioni di non impegnarsi con il nemico al largo della Pirenaica e pertanto lontano dalle proprie basi – le navi della flotta italiana ricevettero l’ordine di concentrarsi, nella notte sul 9, al largo delle coste calabre del Golfo di Squillace. Lo scopo era quello di intercettare l’indomani, se ve ne fossero state condizioni favorevoli, la Mediterranean Fleet che, secondo precise informazioni crittografiche arrivate a Supermarina nel pomeriggio dell’8 dal servizio informazioni della Marina germanica (B-Dienst), avrebbero dovuto attaccare obiettivi navali della Sicilia con un complesso di tre navi da battaglia, sostenute da una nave portaerei, 5 incrociatori e 17 cacciatorpediniere.

Ritenendo che la flotta britannica, dirigendo con rotta nord-ovest per raggiungere una posizione favorevole per attaccare i porti di Augusta e Messina, avrebbe potuto cercare di arrivare a contatto con le navi italiane una volta individuate più a nord nella loro zona di pendolamento situata a sud-est di Capo Spartivento, per la giornata del 9 luglio era stato predisposto da Supermarina uno sbarramento di cinque sommergibili (“Brinâ€, “Pisaniâ€, “Sciesaâ€, “Settimoâ€, “Settembriniâ€) davanti alla probabile direttrice delle navi nemiche. Ed era stato nel contempo interessato Superaereo affinché intervenisse con la massa dei suoi velivoli da bombardamento (227, dei quali 195 efficienti) concentrati in Sicilia e nella Puglia, allo scopo di determinare una preventiva menomazione delle corazzate britanniche, che potesse permettere alle navi della 1^ e della 2^ squadra (ammiraglio Riccardo Paladini) di intervenire con successo.

Per avvistare tempestivamente e tenere sotto continuo controllo la Mediterranean Fleet era stato pianificato un ampio servizio di esplorazione affidato agli idrovolanti della Ricognizione Marittima. Questi però nel corso dell’intera mattinata del 9 non riuscirono a dare alcuna notizia sulla flotta nemica, la quale, a differenza di quanto pensavano Supermarina e i Comandi Squadra, messa sull’avviso da un sommergibile che aveva segnalato le due corazzate italiane a nord di Bengasi, nella notte aveva cambiato rotta e, dirigendo inavvistata per nord-ovest, manovrava per arrivare alle spalle delle navi italiane allo scopo di tagliar loro la rotta della ritirata verso Taranto.

La manovra dell’ammiraglio Cunningham, tempestiva e precisa, riuscì perfettamente, e la flotta italiana, accortasi soltanto all’ultimo momento dell’insidia incombente che si profilava alle sue spalle per fortunosa segnalazione di un idrovolante “Cant Z. 501 della Ricognizione Marittima di Taranto (142^ Squadriglia), impegnato in una ricerca antisom, fu costretta ad invertire la rotta ad un tempo, per andare ad un combattimento sfavorevole, che avrebbe voluto evitare, senza l’appoggio dei sommergibili e manovrando in una formazione alquanto scoordinata. Infatti le due corazzate italiane che dovevano essere precedute dalle divisioni di incrociatori, con l’inversione di rotta ad un tempo (180°) andarono invece al combattimento manovrando per circa tre ore in testa alla formazione, che pertanto non poté mantenere il dispositivo di battaglia predisposto dall’ammiraglio Campioni.

Scarsamente appoggiate dai propri incrociatori, la “Cesare†e la “Cavour†arrivarono al contatto balistico alla distanza di oltre 26.000 metri; ma il combattimento ebbe subito esito sfavorevole, dal momento che una granata da 381 m/m, sparata dalla nave ammiraglia britannica “Warspiteâ€, centrò la “Cesare†(la nave ammiraglia della flotta italiana) che, diminuendo la velocità e vistosamente menomata, obbligò l’ammiraglio Campioni ad ordinare la ritirata generale verso lo Stretto di Messina, con inversione di rotta verso sud, coperta dalle cortine di nebbia e dal contrattacco col siluro dei cacciatorpediniere.

La Regia Aeronautica, che per mancanza di notizie sul nemico non era potuta intervenire preventivamente per dare all’ammiraglio Campioni lo sperato appoggio preliminare, prima del combattimento navale, tendente a menomare le corazzate britanniche, cominciò ad attaccare subito dopo che si era concluso il contatto balistico; e poiché la visibilità era resa molto cattiva dalle cortine di fumo, una cinquantina di aerei, sui centotrentuno inviati all’attacco, per errato riconoscimento sganciarono le loro bombe sulle navi italiane in ritirata. Fortunatamente non le colpirono, così come non furono colpite quelle britanniche, il cui tiro oltre a centrare la “Cesare†aveva danneggiato, con tre proietti da 152 m/m sparati dall’incrociatore “Orionâ€, l’incrociatore Bolzano, e con un proietto da 120 m/m il cacciatorpediniere “Alfieriâ€.

E dal punto di vista della precisione del tiro (cinque colpi a segno da parte delle navi britanniche contro nessuno da parte italiana), è questo che conta. Inoltre, l’affrettata ritirata delle navi italiane, che lasciarono al nemico il campo di battaglia dopo il colpo ricevuto dalla “Cesareâ€, conferma la vittoria conseguita a Punta Stilo dalla Mediterranean Fleet, nonostante ogni attuale chiacchiera o penosa giustificazione.

Lo scontro di Punta Stilo, primo ed unico combattimento nella storia tra corazzate italiane e inglesi, essendosi svolto nei primissimi giorni di guerra rappresentò la prima occasione per controllare la validità degli studi e gli schemi tattici sperimentati nelle esercitazioni del tempo di pace, elaborati dalla Regia Marina. Da quell’episodio fu ricavato il convincimento di un comportamento soddisfacente, mentre in realtà venivano denunciate grosse lacune, particolarmente nei collegamenti, nella precisione del tiro, e per il molto scarso affiatamento esistente fra le due squadre navali italiane, che praticamente operavano insieme per la prima volta.

Ma quello che soprattutto costituì una sgradita sorpresa fu determinata dalla inaspettata carenza operativa nella collaborazione aeronavale italiana per mancanza di coordinamento tra i reparti della Marina con quelli dell’Aeronautica, la quale dimostrò di non possedere unità aeree addestrate per agire sul mare in appoggio alle unità della flotta; fallimento a cui andarono incontro anche gli idrovolanti della Ricognizione Marittima impegnati nel servizio di esplorazione.

Tuttavia, fu soprattutto l’incidente del bombardamento delle navi italiane, a generare una spiacevole polemica fra Marina e Aeronautica, che si sviluppò fra gli Alti Comandi delle due Armi, con riflessi nella stessa sede del Capo di Stato Maggiore Generale maresciallo Pietro Badoglio. Ciò portò a studiare e ad emanare immediatamente nuove norme per il riconoscimento delle navi nazionali e per l’impiego della propria aviazione, stabilendo tassativamente che l’intervento dei velivoli, per evitare equivoci, avrebbe dovuto verificarsi prima o dopo la fase del combattimento navale e soltanto nel caso di bersagli nemici perfettamente riconosciuti.

Fu inoltre provveduto a migliorare i collegamenti fra navi ed aerei, a rinforzare gli organici della Ricognizione Marittima con velivoli “Cant. Z. 506†ceduti dall’Aeronautica, e a fissare norme di intervento per gli aerei da caccia destinate a scortare le unità navali. Soluzioni che portarono indubbiamente a dei sostanziali miglioramenti di carattere tecnico-operativo, che però non avrebbero mai raggiunto l’efficacia di quelli del nemico, anche a causa della povertà del potenziale tecnico-industriale dell’Italia, a cui si aggiungeva la innata prudenza operativa dei Capi di Supermarina.

Dopo Punta Stilo le navi italiane avrebbero sempre evitato di misurarsi con le corazzate britanniche, anche quando la relatività potenziale e numerica delle forze in campo gli era favorevole. Ma su questo elemento abbiamo abbondantemente discusso.

 

Francesco Mattesini

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Penso che il punto più importante in merito alla battaglia di Punta Stilo sia proprio l'efficacia dei 320 mm italiani..

 

1) se la tesi dell'autore è giusta (i 320 mm non erano in grado di perforare la protezione delle navi da battaglia britanniche) allora sul banco degli accusati finiscono coloro che decisero l'inutile ammodernamento di unità che sarebbe stato meglio demolire utilizzando le risorse per altro..

2) ma se, come sostiene Mattesini, i 320 mm erano efficaci allora si tratta dell'ennesima occasione perduta, anzi la prima di tante....

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2) ma se, come sostiene Mattesini, i 320 mm erano efficaci allora si tratta dell'ennesima occasione perduta, anzi la prima di tante....

 

I 320 mm forse pottevano avere delle chances nel tiro a lunga distanza ( ossia quando il proiettile giunge sulla corazza orizzontale della nave nemica con un discreto angolo d' impatto ) mentre i pezzi da 381 mm nemici potevano smantellare le nostre navi senza problemi ad ogni distanza :s06:

In pratica gli italiani avevano bisogno di un **** enorme , gli inglesi no , del resto il colpo a segno sulla Cesare fu ( come ammise Cunningham ) un colpo fortunanto .

Aver affrontato il combattimento a Punta Stilo in quelle condizioni fu un atto di audacia non da poco da parte italiana !

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Concordo con il Comandante Mattesini sul discorso della cooperazione. Ma più che quello della cooperazione, che pure esisteva, il problema mi pare quello della tattica d'attacco: il bombardamento in quota non era adatto a colpire bersagli navali, specie se in movimento. Avevano dato più fastidio i pochi aerosiluranti inglesi della Eagle, che non i 126 nostri bombardieri.....la corazzata aveva ceduto lo scettro alla portaerei, la bomba al siluro.

 

Ciao Luca

Modificato da brin
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Visitatore Mattesini

Conosco benissimo la differenza che passa tra l'impatto di un proietto da 381 (circa 900 chili) e quello di un proietto da 320 (circa 500 chili). Resta però il fatto, e occorre ricordarlo, che una sola bomba da 250 chili, sganciata il 22 maggio 1941 dal velivolo Bf.109 del tenente pilota Huy (del III./JG.7), centrando a centro nave la WARSPITE, non solo la costrinse a ritirarsi dalla zona di Creta, ma le procurò tali danni da mettere quella corazzata fuori servizio per quasi un anno. E' quindi pensabile che un proietto da 500 chili, che a Punta Stilo fosse arrivato sul bersaglio, con velocità di impatto ben maggiore, avrebbe procurato a quella nave almeno danni altrettanto considerevoli.

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I lavori di riparazione durarono circa 6 mesi ( considerato i lunghi tempi di trasferimento da Alessandria agli Usa , oltre un mese ! )

Certe fonti affermano inoltre che durante la sosta americana vennero sostituiti i pezzi da 381 pertanto una parte del tempo venne dedicato non a riparazioni bensi' a sostituzioni / modifiche .

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Conosco benissimo la differenza che passa tra l'impatto di un proietto da 381 (circa 900 chili) e quello di un proietto da 320 (circa 500 chili). Resta però il fatto, e occorre ricordarlo, che una sola bomba da 250 chili, sganciata il 22 maggio 1941 dal velivolo Bf.109 del tenente pilota Huy (del III./JG.7), centrando a centro nave la WARSPITE, non solo la costrinse a ritirarsi dalla zona di Creta, ma le procurò tali danni da mettere quella corazzata fuori servizio per quasi un anno. E' quindi pensabile che un proietto da 500 chili, che a Punta Stilo fosse arrivato sul bersaglio, con velocità di impatto ben maggiore, avrebbe procurato a quella nave almeno danni altrettanto considerevoli.

 

 

Partiamo da lontano, dall'Atlantico per essere precisi.

Leggendo quest'articolo e le varie discussioni in materia mi viene in mente la Bismark.

Cito a memoria.

La Bismark ebbe le attenzioni ininterrotte della King George V e della Rodney per circa 50 minuti. Se non ricordo male solo 2 colpi della Rodney e due della KGV bucarono la cintura (sui circa 80 colpi andati a segno dei calibri maggiori) e nessun colpo bucò la citadel. Eppure la Bismark fu incapacitata e finita coi siluri (od autoaffondata dal suo equipaggio ma in questo contesto non importa).

Perché parlo di questo? Perché questo scenario ricorda tanto lo scenario che si disegna nell'articolo in questione. Un colpo fortunato che centra la plancia di comando, un colpo che prende il timone, una salva che arriva in pieno sulla nave ha degli effetti spaventosi.

Mattessini fa giustamente notare il peso di questi confetti che venivano scambiati. Se sulla Warspite fossero arrivate un paio di salve in pieno le cose si sarebbero messe maluccio. Ok, erano delle signori navi (la Warspite incassa fra i 18 ed i 31 colpi allo Jutland) ma non erano invincibili. La Malaya per un colpo che le sfonda un serbatoio allo Jutland rischiava di finire in pasto alla HSF.

Il problema principale dei cannoni italiani era l'eccessiva imprecisione che avevano. Prima si cerca di colpire qualcosa poi si può parlare degli effetti che si sortiscono. L'impressione che ne traggo è che siamo difronte alla solita scusa che tenta di spiegare il totale fallimento delle unità maggiori della Regia Marina.

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I 320 mm forse pottevano avere delle chances nel tiro a lunga distanza ( ossia quando il proiettile giunge sulla corazza orizzontale della nave nemica con un discreto angolo d' impatto ) mentre i pezzi da 381 mm nemici potevano smantellare le nostre navi senza problemi ad ogni distanza :s06:

In pratica gli italiani avevano bisogno di un **** enorme , gli inglesi no , del resto il colpo a segno sulla Cesare fu ( come ammise Cunningham ) un colpo fortunanto .

Aver affrontato il combattimento a Punta Stilo in quelle condizioni fu un atto di audacia non da poco da parte italiana !

 

Oddio audacia. Cunningham era sulla strada di Taranto e la flotta italiana non era propriamente inferiore di numero. Se la Regia Marian voleva tornare a Taranto dove passare da li. Con una cooperazione degna di questo nome con gli incrociatori ed una tattica veramente aggressiva si poteva fare la differenza. Se questo è comportamento aggressivo il comportamento a Savo dei giapponesi cos'è? Il comportamento degli inglesi con la Spee? Il comportamento di Spee? Quelli sono comportamenti aggressivi.

Modificato da Albion of Avalon
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Oddio audacia. Cunningham era sulla strada di Taranto e la flotta italiana non era propriamente inferiore di numero. Se la Regia Marian voleva tornare a Taranto dove passare da li. Con una cooperazione degna di questo nome con gli incrociatori ed una tattica veramente aggressiva si poteva fare la differenza. Se questo è comportamento aggressivo il comportamento a Savo dei giapponesi cos'è? Il comportamento degli inglesi con la Spee? Il comportamento di Spee? Quelli sono comportamenti aggressivi.

 

 

La Graf Spee aveva una protezione verticale di appena 80 mm pertanto i cannoni inglesi da 152 e 203 mm potevano fare male , molto male ad una corazza cosi' leggera mentre le 2 " corazzate " italiane avevano scarse possibilita' di infliggere danni seri alle 3 corazzate inglesi

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