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Tsushima: La Battaglia


Visitatore Perla

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Visitatore Perla

eccovi ora la seconda parte della mia ricerca, la cronaca della battaglia nelle sue varie fasi...e quel che ne conseguì......

 

La battaglia di Tsushima

Nell’aprile del 1904 lo zar affida all’Amm. Zinovij Petrovic Rozdestvenskij il comando della seconda Squadra Russa del Pacifico, con l’ordine di raggiungere Port Arthur, compiendo una navigazione di 20.000 miglia, rompere l’assedio giapponese, liberare la fortezza, far uscire la Prima Flotta del Pacifico colà rinserrata e guidarla alla salvezza al porto russo di Vladivostock.

 

Si tratta di un compito a dir poco pazzesco. Inoltre la sua flotta esiste solo sulla carta, molte navi non sono ancora state allestite, altre erano sono obsolete ed in pessime condizioni, le peggiori delle quali (una piccola flotta di vere e proprie “carrette del mareâ€Â, chiamate dai marinai russi ferri da stiro) l’ammiraglio rifiuta categoricamente di far unire alla flotta.

 

Inoltre gli equipaggi vengono formati all’ultimo momento con marinai inesperti, giovani al primo imbarco e senza alcuna esperienza di navigazione, in molti casi reclutati forzatamente tra i contadini.

 

La flotta giapponese invece, al comando dell’ Amm.Togo, si compone di 133 navi, quasi tutte moderni vascelli di costruzione inglese con 20.000 marinai perfettamente addestrati.

 

La flotta salpa il 14 ottobre 1905.

Il primo problema pratico da affrontare è quello degli approvvigionamenti e rifornimenti, soprattutto di carbone, perché non ci sono basi russe sul percorso e si è quindi costretti a ricorrere ad accordi con i governi locali, nonché a stringere accordi con una compagnia privata americana per organizzare i rifornimenti in mare.

 

Dopo un viaggio allucinante e giunti a metà del percorso (Madagascar) una gravissima notizia raggiunge gli equipaggi già così provati da mille disagi: Port Arthur è caduta pochi giorni avanti ( in marzo anche le forze di terra saranno sconfitte nella battaglia di Mudken) e quindi viene a cadere lo scopo del loro viaggio nel mar della Cina, ma purtroppo non resta altro da fare che continuare il viaggio ed obbedire agli ordini quindi tentare di raggiungere Vladivostock, con la certezza di sapere che da qualche parte la vittoriosa flotta giapponese li attende per sbarrare loro il passo ed annientarli.

Oltretutto la flotta è costretta ad una sosta forzata di quasi tre mesi in Madagascar a causa di problemi, e impossibilitati a comunicare con la madrepatria causa l’assenza di cavi telegrafici in quella zona.

Il 16 marzo la flotta russa lascia il Madagascar e con rotta segreta punta sull’Indocina, attraversando l’Oceano indiano ed il 14 aprile, giunge a Cam Ranh, suscitando l’ammirazione di tutti per la titanica impresa compiuta.

 

Si aspetta ora l’arrivo della III° Squadra, al comando dell’Amm. Nebogatov, composta dalle vecchie carrette rifiutate in precedenza da Rozdestvensky e nell’attesa si vaga senza meta intorno alla penisola per attenderli, mentre tra gli equipaggi serpeggiano la sfiducia e il malcontento e si verifica anche un episodio di ammutinamento, prontamente ricondotto all’ordine da Rozdestvensky.

La III° Squadra arriva il 9 maggio ed il giorno 14, la flotta russa formata adesso da oltre 50 navi e con 13.000 uomini a bordo salpa per l’ultima tappa. Ormai è inutile accorrere a Port Arthur, quindi si fa rotta direttamente per Vladivostck.

 

Dall’altra parte l’Ammiraglio giapponese (che alza le sue insegne a bordo della moderna corazzata Mikasa, costruita in Inghilterra) è perfettamente informato sui movimenti della flotta russa anche perché tutte le notizie sono regolarmente riportate dai giornali: si tratta solo di indovinare quale sarà l’itinerario scelto dal nemico.

Togo studia le carte nautiche e prende le sue decisioni. Infatti, in base alle sue previsioni i russi passeranno nello stretto tra l’isola di Tsushima e la penisola di Corea ed è proprio la, che l’Ammiraglio ordina di radunare il grosso della flotta giapponese.

 

Il 20 maggio la flotta russa entra nel Mare Orientale della Cina ed il 26, in una notte nebbiosa, l’incrociatore ausiliario della flotta giapponese Shinano Maru, rischiando la collisione con una nave ospedale russa, scopre casualmente la flotta nemica.

Segnala alle 5.30 del mattino ed un’ora dopo, l’Ammiraglio Togo ordina alla flotta di prendere il mare. Nel frattempo avvengono altri avvistamenti, in particolare uno da parte dell’incrociatore Izumi che segue per un’ora, alla distanza di dieci chilometri la nave ammiraglia di Rozdestvensky ed abbandona la caccia solo quando si accorge che dalla corazzata gli puntano addosso i cannoni.

Ma intanto le due flotte si sono reciprocamente avvistate e possiedono tutte le coordinate per l’individuazione del nemico. Ora devono affrontarsi in battaglia.

 

 

SCHERAMENTO GIAPPONESE

4 corazzate;

8 incrociatori corazzati

16 incrociatori

21 cacciatorpediniere

57 torpediniere

2 avvisi

17.000 uomini.

 

SCHIERAMENTO RUSSO

11 corazzate

1 incrociatore corazzato

10 incrociatori

9 cacciatorpediniere

Numero imprecisato di navi ausiliarie

13.500 uomini a bordo

 

Alle h.9.00 del 27 maggio 1905 avendo avvistato sulla sinistra una divisione di incrociatori giapponesi, l’Amm. Rozdestvensky fa assumere alla sua flotta la formazione di combattimento ordinando di disporsi in linea in fila.

 

L’Amm.Togo, dall’altra parte con una abile manovra, sfrutta la nebbia calata verso mezzogiorno e si predispone a venire addosso ai russi su tre file, con la prima e la seconda squadra sulla stessa linea ed una terza su una linea parallela più al largo.

In questo modo Rozdestvenskij si venne a trovare il grosso delle forze giapponesi sulla destra e non più sulla sinistra: a questo punto tentò una diversione, ordinando di aumentare la velocità, con la prima e la seconda divisione poste davanti alla terza, ma la complessa manovra richiese più di due ore e venne per di più eseguita male. Da qui si ingenerò una gran confusione e qualcuno senza aver ricevuto alcun ordine da parte dell’ammiraglio aprì il fuoco sulle navi giapponesi.

Tra tutta questa confusione Togo continuava a navigare a tutto vapore incontro ai russi alla testa della prima squadra, mentre dietro venivano i sei incrociatori della seconda squadra, tutte navi di recente costruzione, e non inferiori come potenza alle stessa corazzate.

 

Togo si trovava fin da mezzogiorno sul punto dove avrebbero dovuto passare i russi, mentre le manovre del nemico diventavano sempre più confuse e precipitose.

Qualche nave confuse gli ordini e cosi alle 13.40 la squadra russa si trovava ancora nella posizione iniziale, cioè su due colonne: quando dieci minuti più tardi si diradò la nebbia, essa apparve in tutta la sua crisi alla flotta giapponese e Togo diresse verso la colonna russa di sinistra, cioè quella del Comandante in Capo.

 

Alle 14.08 le due flotte si trovavano ad una distanza di circa 3 nm, quando le formidabili artiglierie giapponesi entrarono in azione: i russi iniziarono a sparare tre minuti dopo.

 

La Suvorov, nave ammiraglia di Rozdestvenskij centrò più volte il nemico e cercò di collegarsi su una rotta parallela a quella di Togo, ma fu tutto inutile: l’ammiraglio giapponese tagliò in due la flotta piombando sulle navi del nemico, fulminando l’ammiraglia russa, con un implacabile tiro al bersaglio, centrando le caldaie e affondandola definitivamente con tre siluri verso le ore 19.00.

Ma anche i marinai russi si batterono eroicamente, tanto che la Mikasa, ammiraglia giapponese subì ingentissimi danni.

 

L’Amm. Rozdestvenskij era rimasto gravemente ferito e il comando sarebbe dovuto passare agli ordini del secondo in grado dopo di lui, Nebogatov, il quale però non sapeva nulla del ferimento del suo superiore e quindi nemmeno dei compiti che gli sarebbero toccati. Così per un certo periodo la flotta risultò essere priva di ordini fino a quando un cacciatorpediniere mandato dalla Suvorov riuscì ad affiancare la Nicola I° (la nave di Nebogatov) ed a trasmettere all’Ammiraglio l’ordine di prendere il comando.

 

La confusione era al massimo e le distanze si erano accorciate al punto che il combattimento era ormai nave contro nave. In queste condizioni furono le artiglierie a decidere lo scontro.

 

Nel frattempo i governi dei rispettivi stati non sapevano nulla di quello che stava accadendo; i messaggi di comunicazione del disastro e della vittoria saranno spediti più avanti quando tutto sarà terminato.

La flotta russa era ormai distrutta e Nebogatov, in testa alla squadra alzò il segnale di radunata, per tentare di dirigere la flotta verso una improbabile salvezza: la sua squadra era uscita fino ad allora alla meno peggio dal combattimento, perché Togo aveva puntato alla distruzione della squadra dell’ammiraglio in capo.

 

Mentre calava la notte ed i giapponesi facevano il conto delle perdite e potevano constatare che nonostante i gravi danni subiti nessuna delle loro navi era affondata, quindi Togo ordinò di cessare il tiro, mentre da parte sua Nebogatov decise di continuare la navigazione verso Vladivostok: se il nemico avesse nuovamente attaccato avrebbe combattuto fino alla fine, dopodiché le navi superstiti sarebbero state affondate.

 

Alle 9.30 del mattino successivo, 28 maggio 1905, i giapponesi si presentarono nuovamente sulla rotta di Nebogatov aprendo il fuoco. Ormai allo stremo, l’ammiraglio, contraddicendo a tutte le decisioni prese e facendo prevalere la ragione sul sentimento ordinò di alzare la bandiera della resa e di cessare il fuoco.

 

Quando Togo si rese conto di trovarsi di fronte ad un vinto, mando un cacciatorpediniere a prelevare l’ammiraglio russo, cavallerescamente rifiutò la spada che questo gli offriva, acconsentendo quando questi chiese di lasciare liberi gli ufficiali di ritornare in patria.

All’ordine di resa, molte navi si erano autoaffondate pur di non consegnarsi ai giapponesi ed un ufficiale si era addirittura suicidato per la vergogna.

L’unica divisione superstite al comando dell’ammiraglio Enquist cercò in ogni modo di raggiungere Vladivostok, cambiando rotta ogni qual volta avvistava formazioni giapponesi. Ma l’ammiraglio era incerto, i comandanti furibondi per la sua incertezza e due delle sue navi si staccarono dalla divisione sperando di giungere per conto loro alla meta. Queste due navi erano la Svetlana e la Almaz, e soltanto quest’ultima, unica di tutta la flotta, raggiunse la meta. L’Ammiraglio Enquist, invece dopo varie peregrinazioni finì a Manila, dove si consegnò agli americani i quali disarmarono lui e la sua nave.

 

PERDITE RUSSE

Sette corazzate affondate

Quattro catturate

Quattro incrociatori affondati

Cinque cacciatorpediniere affondate

Quattro navi ausiliarie affondate

Due navi ospedale catturate

Sei trasporti arresi

Tre navi internate in porti neutrali

5000 morti

6000 prigionieri (trai quali i due ammiragli Rozdestenskij e Nebogatov)

 

PERDITE GIAPPONESI

Tre torpediniere affondate

Otto navi danneggiare

117 morti

583 feriti

 

L’Amm. Rozdestenskij, gravemente ferito, si salvò per un vero miracolo e durante la sua degenza in ospedale ricevette la visita del suo avversario Amm. Togo che gli espresse parole di ammirazione. Ma al suo rientro in Russia, l’Ammiraglio venne duramente colpevolizzato e si preferì scaricare su di lui tutta la causa della sconfitta piuttosto che attribuire la colpa ai veri responsabili, e cioè ai vertici della Marina Russa che non avevano tenuto in considerazione quanto fosse assurda l’idea di compiere una crociera di 20.000 miglia per andare a soccorrere una base già perduta dall’altro capo del mondo.

 

Lui e Nebogatov, vennero processati ed il processo durò per circa un anno. Rozdestenskij prese su di se tutte le colpe della sconfitta e non accusò nessuno. Alla fine venne assolto da ogni accusa ma esonerato dall’impiego per “negligenzaâ€Â, mentre Nebogatov, che all’inizio era stato condannato a morte venne graziato. Fu un verdetto iniquo perché di questa colpa l’Ammiraglio era assolutamente innocente ed anzi se la flotta partita dal Baltico e giunta fino al mar della Cina era riuscita in questa titanica impresa pur in mezzo a mille difficoltà lo si doveva proprio alla perizia dimostrata dal suo comandante, che dimostrando una energia indomabile era riuscito ad arrivare a destinazione senza perdite, compiendo l’immenso periplo in un tempo tale da lasciare sbalorditi i più esperti uomini di mare. Ed era stato processato dai veri responsabili di questa catastrofe per aver perduto una battaglia il cui esito era prevedibilmente disastroso.

L’ammiraglio Zinovij Petrovic Rozdestvenskij morì quattro anni dopo, nel 1909, completamente dimenticato.

 

La caduta di Porth Arthur ed il disastro di Tsushima furono risolutivi per la conclusione della guerra russo giapponese: allo zar non restava che chiedere la pace e questa fu firmata a Portsmounth il 5 settembre 1905 grazie anche alla mediazione degli Stati Uniti: la Russia cedeva al Giappone la Corea e la metà dell’isola di Sachalin oltre alla base di Port Arthur ed al pagamento di una cospicua indennità.

 

La battaglia di Tsushima rivoluzionerà le tecniche di combattimento sul mare, eliminando per sempre l’arrembaggio e l’attacco con lo sperone, per introdurre il dominio delle artiglierie e del tiro a lunga distanza.

Nel contesto si può collocare anche il primo episodio di guerra elettronica. Infatti il naviglio esplorante nipponico avvicinatosi alla flotta russa, ne seguiva il movimento e inviava via radio le informazioni al suo comando. I radiotelegrafisti russi intercettarono le emissioni giapponesi e riferirono ai superiori: a questo punto il comandante dell'incrociatore Ural chiese all'ammiraglio Rozdestvenskij il permesso di disturbare le radiocomunicazioni del nemico, ma egli con spirito cavalleresco indicativo dei tempi, negò l'autorizzazione ritenendo il gesto poco corretto.

E a Tsushima vinsero i giapponesi.

 

Ma la conclusone più esatta di questa battaglia fu quella che ne ha tratto J. Mordal: “……si può affermare che da quel giorno la guerra sul mare ha assunto un carattere implacabile…..una nave da guerra, una squadra navale non si arrendono più; eppure nessuno veniva disonorato una volta se ammainava la propria bandiera dopo aver valorosamente combattuto. Non vengono più tenuti in considerazione i grandi marinai del periodo velico che pure hanno dovuto fare questa esperienza senza per questo il loro avvenire o la loro reputazione venissero compromessi…..ma dopo Tsushima e malgrado due guerre mondiali che hanno insanguinato i sette mari, si possono contare sulle dita di una mano i comandanti che si sono arresi in combattimento o hanno semplicemente tentato di salvare i loro equipaggi mandandoli al posto di abbandono di una nave e affondando l’unità fuori combattimento…â€Â

 

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rod3rz.jpg Amm.Rozdestvenskij

togo2uq.jpg Amm.Togo

mikasa4yy.jpg

La corazzata Mikasa

Modificato da Perla
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  • 3 months later...
Visitatore Max "Quarnaro"

Due incrociatori corazzati giapponesi sono stati fatti in Italia! Classe Garibaldi, se non mi sbaglio....e mentre il nostro fu silurato in Adriatico durante la Grande Guerra, i loro si comportarono bene durante la battaglia.

 

Per chi vuole saperne di più vi consiglio il libro: "Tsushima, il romanzo di una guerra navale" scritto da Frank Thiess

(io l'ho già letto 3 volte!!)

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Visitatore Kashin
Due incrociatori corazzati giapponesi sono stati fatti in Italia! Classe Garibaldi, se non mi sbaglio....e mentre il nostro fu silurato in Adriatico durante la Grande Guerra, i loro si comportarono bene durante la battaglia.

 

Per chi vuole saperne di più vi consiglio il libro: "Tsushima, il romanzo di una guerra navale" scritto da Frank Thiess

(io l'ho già letto 3 volte!!)

 

Gran bel libro , d'accordissimo con te !!!!!!!

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Buongiorno a tutti

 

Ho appena letto e riporto.

 

Secondo il libro "Rapidi ed invisibili" a cura di Alessandro Marzo Magno, Ed. Il Saggiatore 2007,

pare che l'Ammiraglio Togo, poco prima di attaccare Porth Artur, avesse fatto sostituire i siluri tedeschi Schwatzkopff,

con gli italiani della Whitehead di Fiume.

Con questi la silurante Shirakumo, da 650 metri, lancia e colpisce la russa Pallada. E' il primo uso nipponico del siluro italiano.

Le altre siluranti di Togo lanciano e colpiscono la corazzata Retvizan e la Zarevich.

E' anche vero che ben 16 siluri "si perdono o vengono neutralizzati dalle reti di protezione".

Continuando nel secondo assalto dell'assedio , su 150 siluri lanciati, solo 4 colpiscono il bersaglio.

Nell'attacco finale del 16 dicembre un siluro rompe la rete di protezione della corazzata Sebastopoli e altri due si insinuano nella breccia colpendo e affondanfo la nave

 

Mi pareva potesse interessare

 

Buon vento a tutti

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(Due incrociatori corazzati giapponesi sono stati fatti in Italia! Classe Garibaldi, se non mi sbaglio....e mentre il nostro fu silurato in Adriatico durante la Grande Guerra, i loro si comportarono bene durante la battaglia.)

 

Uno dei due Garibaldi giapponesi, il Nisshin

 

 

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