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Crepuscolo E Leggenda


Visitatore Etna

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……………………………dai diari del Cte ETNA

 

 

Il Brin ,reduce da una fortunata missione in squadriglia con altri battelli,quel giorno,l’8/9/43,era ai lavori in arsenale.

I motori TOSI erano ormai logori,come tante altre parti del battello ; ma il peggio era l’enorme difficoltà nel reperire i ricambi.

Insieme con il Direttore di macchina,andammo a discutere con il responsabile dei lavori in arsenale circa la possibilità di poter sostituire con urgenza e priorità due cuscinetti di banco su entrambi i termici. Ovunque sembrava regnare la consueta attività degli arsenalotti e degli equipaggi,ma non era più febbrile e convulsa come negli anni precedenti.

Gli alleati avevano messo il piede sul suolo patrio e avanzavano seppur con battute di arresto ,sempre più determinati verso il Nord.

I nostri alleati tedeschi ormai sciamavano ovunque,calando dai passi alpini come moderni lanzichenecchi e destando preoccupazione nella gente che ormai li vedeva più come occupanti che alleati.

Dopo ore di discussione con quelli dell’arsenale,ottenemmo una pur qualche vaga promessa ; in verità la situazione era ben oltre la gravità che pur si intuiva. Non c’era neanche più nafta a sufficienza per organizzare le uscite delle unità navali ; quel poco che era stato accantonato veniva centellinato con il contagocce !!

A capo chino e le mani sprofondate nelle tasche,non sconfortati ma delusi, intraprendemmo il ritorno sul Brin. Avremmo cercato di arrangiarci come al solito con i nostri modesti mezzi.

D’un colpo ,sembrò che la città ,l’arsenale,le navi in porto e in rada,la gente a piedi,fosse stata presa da folgorazione improvvisa : rumori di tumulto, vociare incontrollato,urlare isterico e perfino raffiche di mitragliatrici contraeree .

Il primo pensiero che ci colse fu che si stava per subire l’ennesimo bombardamento aereo,ma non c’erano state né sirene né rombare di motori ! E allora cosa stava accadendo ??

Prendemmo ad allungare il passo per raggiungere un gruppo di civili e militari nei pressi di alcune unità leggere in banchina a poca distanza dal nostro battello

- E’ FINITA !! E’ FINITA !!

Tutti urlavano,si abbracciavano l’un l’altro,e fra questi anche chi invece era rimasto perfettamente controllato e freddo,forse per atavica inaffidabilità degli entusiasmi popolari e di massa.

Fu così che a frasi smozzicate e concitate apprendemmo che il regio governo aveva diffuso via radio la notizia che la guerra era terminata avendo gli alleati concesso un armistizio,del quale però ancora non se ne conoscevano i termini e le condizioni,ammesso che potessero esserci riconosciute condizioni.

Istintivamente tolsi il berretto con una mano per passarmi l’altra fra i capelli,completamente

Annichilito dalla notizia e nella più totale confusione nei pensieri.

Il direttore di macchina si lasciò andare seduto su una bitta nei pressi e con le mani chiuse sul volto.

In preda a sentimenti contrastanti e furiosi,non riuscivo a mettere ordine nella testa.

Convinto di pensare soltanto ascoltai la mia voce dire :

- E ora ??

- E ora un par di balle ! sbottò il Dir senza muoversi dalla bitta.

D’improvviso si rialzò e percorse la traballante passerella di legno che portava sul Brin.

Rimasi al lungo sulla banchina lasciando che il mio sguardo girasse tutto intorno,posandosi sulle case,sugli edifici dell’arsenale,sulle navi,sulla gente,sulle alture del golfo dietro le quali il sole stava tramontando,mentre echeggiava senza sosta nella testa una sola domanda : E ORA ??

 

COMMANDO 44

L’equipaggio era ai propri posti,più determinato che mai,sebbene non al completo ;

prima della partenza avevo lasciato ognuno libero di agire secondo coscienza.

Avevo fatto la mia scelta,sebbene fossi convinto che in effetti non si era trattato di una scelta vera e propria. Semplicemente che non sentivo di fare altro che quello !

L’organico del Brin si era ridotto di un buon 25% e fra gli ufficiali,oltre me,era rimasto il Dir e il mio Secondo.

I sottufficiali c’erano quasi tutti,salvo un paio,mentre i marinai,in particolare quelli con famiglia,avevano preferito rimanere a terra.

Nonostante tutto,quelli che erano rimasti bastavano al governo del battello,sebbene con turni di guardia allungati.

Dopo Capo S.Maria di Leuca mettemmo rotta per nord,per raggiungere insieme con il Gondar del Cte Truffa,nostro sezionario per quella missione, l’Isola di Goli Otok,una delle tante lungo la costa dalmata.

Entrambi i battelli avevano imbarcato due squadre di incursori tedeschi che si erano ammucchiati in camera di lancio a prua,separati da tutto e da tutti,diffidenti e indifferenti.

Una volta giunti nei pressi dell’isola,avremmo dovuto superare sbarramenti di reti e mine e intrufolarci in una stretta insenatura per sbarcare gli incursori. Costoro dovevano intercettare ed eliminare i vertici della guerriglia slava convenuti per concordare i loro piani.

Eravamo stati altresì informati circa l’immancabile,invadente,fastidiosa….presenza di onnipresenti unità sottili britanniche.

Una ulteriore complicazione alla già difficile navigazione in quei bassi fondali irti di mine e quant’altro. Quest’ultimo costituito da un numero imprecisato di batterie costiere !

Il che significava dover fare l’atterraggio in immersione,proseguire ancora in immersione,almeno fino a quando non fossimo stati in franchìa dalle batterie stesse,quindi emergere in quanto i fondali non consentivano diversamente,e sbarcare i nostri ospiti.

In vista della costa e di un rimorchiatore posareti,lasciammo andare il Gondar avanti,in quanto leggermente avvantaggiato rispetto a noi e con l’ecoscandaglio funzionante,mentre il nostro se ne stava inerme e spento per due valvoloni che non s’era riusciti a sostituire.

Unico nostro alleato era la trasparenza eccezionale delle acque dalmate,per cui riuscivamo ad avere

Un po’ di visibilità con il periscopio appena un po’ fuori della sua camicia.

All’altezza del posareti,il Capo RT mi comunicò di forti rumori di eliche dai quadranti poppieri ; solo il tempo per ruotare di 180° e alzare completamente il periscopio e avvistare due sottili colonne di fumo .

Eccoli lì gli inglesi ! Fastidiosi e invadenti come sempre anche quando non invitati e magari non necessari !!

Con un occhio alle mine e uno alle corvette inglesi cominciammo a inoltrarci nell’insenatura,seguendo a brevissima distanza il Gondar che nel frattempo aveva avvistato le batterie costiere su entrambi i lati e ci aveva comunicato la scoperta.

Avevo fatto comunicare agli incursori di prepararsi e quindi tenersi pronti a sbarcare con rapidità, sperando che avessero compreso il precario tedesco del mio secondo.

Appena una decina di minuti dall’ultima osservazione al periscopio e una forte esplosione fu avvertita verso poppa. Davanti agli oculari apparve un relitto fumante,proprio nel mezzo del campo minato alla nostra sinistra !

E una delle corvette se ne era andata !!

C’era solo da sperare che anche l’altra finisse sulle mine,ma dalla sua rotta,mi dava l’idea che il suo Comandante fosse un po’ più furbo dell’altro.

La distanza si era ridotta a soli 2000 metri,per quanto, la corvetta non desse l’impressione di serrare sotto stimando la sua velocità non oltre i 12 nodi !

In compenso sembrava che tutto accadesse con estrema calma,quasi come se si trattasse di una esercitazione,piuttosto che di una missione ad elevato rischio. Ad ogni buon conto ordinai l’apertura di tutti i tubi,sia a prua sia a poppa,una volta compensati e allagati.

In camera di manovra si poteva udire il ronzio dei motori elettrici a basso regime e il respiro del personale di guardia con sottofondo il rumore prodotto dalle ruote dei timoni.

Bisognava che mi levassi di torno quella maledetta corvetta che in quel torno di tempo pareva mi avesse rilevato .

Trasmessi i dati di lancio al secondo ordinai di lanciare da poppa il primo siluro.

Ne seguii la corsa,visibilissima a causa della scarsa profondità di regolazione,finchè colpi al giardinetto la corvetta. Non ci fù una grossa esplosione,almeno non la solita ,nonostante che

Dalla superficie si fosse levata una alta colonna di fumo e acqua. Forse la carica era difettosa,o chissà quale altro motivo non l’aveva fatta detonare,fatto sta che la corvetta ,pur se a velocità ridottissima continuava a navigare,non più nella nostra scia,bensì per buttarsi in costa.

Forse il comandante cercava di arenarsi per evitare l’affondamento e con i bassissimi fondali

Ciò sarebbe stato comunque un pericolo per noi al ritorno,in uscita.

Il successivo ordine di lancio dell’altro tubo di poppa andò a vuoto . Ormai erano più le cose che non funzionavano che il contrario.Conclusi che l’unica soluzione era di effettuare una virata strettissima sulla sinistra,aiutandomi con le macchine e riprovare il lancio di prua,mentre il Gondar

Continuava la sua navigazione silenziosa.

Fortunatamente il lancio andò a buon fine : la corvetta saltò letteralmente in aria lasciando fuor d’acqua solo un mozzicone di albero bruciacchiato.

Rimettemmo velocemente in rotta regolandoci con il segnale del Gondar agli idrofoni..

Al periscopio osservai che le batterie costiere si allontanavano in distanza e scomparivano dietro un’ansa della costa,decisi quindi di dare aria per tutto,avendo constatato che tutto in giro non vi fosse altro pericolo. La manovra venne eseguita anche dal Gondar che probabilmente aveva sentito agli idrofoni il rumore prodotto dall’aria compressa nelle casse del Brin.

Una volta in superficie,ordinai che i tedeschi si portassero sul copertino di prua al cannone,non avevo molta voglia di rimanere un solo minuto in più in quello strettissimo budello.

Con i termici a 2/3 di giri serrammo sotto il Gondar che nel frattempo aveva ridotto fin poi a fermarsi del tutto. Fermammo le macchine anche noi e con un colpetto indietro arrestammo l’abbrivio fino a rimanere di fianco al Gondar a pochissimi metri da lui.

I tedeschi,rapidamente,balzarono nei loro gommoni e pagaiando freneticamente si allontanarono verso la riva deserta.

Non un saluto,non un grazie , Nulla di nulla !! Come erano giunti a bordo così se ne erano andati !

In fin dei conti,noi avevamo un lavoro da fare e s’era fatto,per cui altro non c’era da dire.

Manovrai nello stretto e angusto specchio d’acqua riuscendo a non incagliare il Brin e volgendo la prua all’uscita seguito dal Cte Truffa con il quale non c’era stato neanche il tempo di fare quattro chiacchiere magari davanti a un buon caffè caldo.

Un po’ prima del relitto ancora fumante della corvetta,ci immergemmo con calma,per evitare problemi con le batterie costiere.

Saremmo riemersi una volta fuori dell’insenatura e un po’ più larghi dal’isola.

Dopo di che il Brin avrebbe messo prua a Nord e il Gondar a Sud per rientrare alla base.

Il Brin aveva altri ordini. C’era da raggiungere l’Iride al largo della laguna veneta .

Salutammo il Gondar lasciandocelo di poppa ,scomparire rapidamente nella caligine della bruma adriatica,e augurandoci di rivederlo presto. Eravamo ormai rimasti in pochi.

Lasciai il secondo in plancia con il cambio della guardia per lasciarmi cadere sulla cuccetta vinto dalla stanchezza e dal sonno.

 

SPIE 1944

 

All’altezza più o meno di Lussino fui svegliato da uno dei marinai di guardia in camera di manovra,che andava in giro per il battello a chiamare il cambio.

Mi consigliò di indossare l’incerata,visto che fuori s’era messo a brutto. In realtà l’avevo già capito dalle ampie rollate del battello.

Una volta emerso dal portello in plancia,invariabilmente venni accolto da una muraglia di acqua

Sferzante e fredda. Neanche il tempo di prendere le consegne dal Secondo ed avevo già tutti gli indumenti fradici.

- Notizia dall’Iride ? chiesi al Secondo

- Affermativo Comandante.Non è più al largo di Pola.E fermo a Nord dell’accesso alle rade di Comacchio in attesa .

- Bene. Ha anche detto cosa bolle in pentola ?

- Ci sono alcune unità sottili inglesi in appoggio a due pescherecci che devono sbarcare sabotatori a terra.Pare si tratti di PT Boats e corvette in numero non accertato.

- Va bene.Va in cuccetta a dormire che fra qualche ora ci sarà da ballare di nuovo.

- Va bene comandante,se hai bisogno sai dove trovarmi – disse quasi ridendo il secondo.

Il buon vecchio Iride di Duval,compagno di tante missioni e quelli del Brin che all’epoca erano a bordo avevano tutti un debito di riconoscenza con lui,me compreso,quando ci aveva salvati dopo l’affondamento di un altro battello.

Anche lui aveva lasciato l’equipaggio libero di scegliere senza forzare nessuno,dopo il caos seguito

All’8 Settembre.

Aveva portato il battello subito in rada,a ridosso di Torre Scuola in attesa che gli eventi si sviluppassero ulteriormente e per evitare pericoli al suo Iride.

L’equipaggio non lo aveva tradito : in massa avevano affidato le loro vite nelle mani di quel Comandante taciturno,che tante volte gli aveva salvato la pellaccia con bravura e maestria.

Aveva posto una sola condizione : che la loro decisione fosse rapida e senza inutili perdite di tempo Il suo temperamento battagliero non dava spazio a indecisioni,ma soprattutto lui lasciava liberi gli altri ma pretendeva che anche gli altri lo mettessero in condizioni di fare le cose secondo i suoi tempi e le sue esigenze. Nulla di più .

Non avevamo avuto né il tempo né l’occasione per incontrarci e parlare un po’ della situazione.

Speravo che al ritorno da quella missione avessimo avuto un po’ di tempo per fare due chiacchiere.

C’era bisogno della sua opinione in merito a un dubbio che mi attanagliava la mente : se avessimo dovuto batterci con vecchi colleghi che ora erano passati dall’altra parte ,cosa avrebbe fatto lui ??

Cosa suggeriva la sua coscienza di marinaio e soldato ?

Una vedetta mi segnalò tre brevissimi lampi di luce azzurra leggermente di prua a dritta ; era il segnale concordato con l’Iride.

In base alla sua posizione certa,mi regolai nell’accostare a sinistra sulla rotta per la prima rada,quella esterna,di Comacchio.

In quel preciso istante,di poppa all’Iride esplose una fiammata,chiaramente visibile pur con la pioggia fittissima. L’immancabile corvetta inglese ! Lo avevano avvistato al Radar di cui ormai erano dotati già da tempo gli alleati,e l’aveva preso di mira.

Povero pazzo quell’inglese !! Non sapeva chi aveva di fronte !

Alla quarta inutile salva,con l’Iride ormai immerso, lo spirito guerresco del britannico andò a farsi friggere grazie a un siluro ben piazzato.

Una visibilissima serie di sciabolate di luce verso poppa e molto vicine,mi indusse a cercare riparo sott’acqua : al periscopio ebbi conferma che si trattava di una PT Boat in caccia.

Che rottura di scatole che erano quelle siluranti !

Inquadrai nell’oculare la lama di luce che frugava nelle tenebre e tentai un improbabile lancio di poppa a una distanza approssimata di circa 900 metri.

Cominciai a riflettere sul da farsi,perché era chiaro che si dovesse entrare nella prima e nella seconda rada solo ed esclusivamente in superficie a causa dei fondali molto bassi. Forse quella era una missione più adatta ai nostri MAS che a due sommergibili,ma tant’è che avevano mandato noi !

E di colpo a poppa un’esplosione ! Girai immediatamente il periscopio in quella direzione giusto in tempo per vedere gli ultimi bagliori spegnersi in acqua.

Da non credere ! La motosilurante si era letteralmente disintegrata colpita dal siluro del Brin !

Per prudenza chiesi notizie dagli idrofoni,ma non v’era più nulla da rilevare.

In quell’attimo mi immaginai quella che sarebbe stata la reazione di Duval,una volta appresa la notizia :

- Che cu#o Etna !

E mentre un largo sorriso si stampava sulla mia bocca ordinai aria per tutto e pari avanti mezza alle motrici elettriche.

Il Brin ritornava in mezzo al bailamme di pioggia e di oscurità. Stranamente non v’erano fulmini e il mare tutto sommato era piuttosto calmo nonostante il vento teso.

Agli idrofoni L’Iride di Duval risultava dritto di prua e non molta distanza.

Al centro dell’imboccatura tirammo dritto per la seconda rada dove si sapeva in corso un tentativo di sbarco di incursori. Dietro i lati dell’imboccatura avvistammo due corvette finite in secca sulla rive che non s’erano avvedute delle nostre manovre. Meglio così,avrebbero comunque potuto procurare problemi con i loro cannoni . Al ritorno avremmo pensato al da farsi. In poco tempo entrambi i battelli giunsero ad una piccola strozzatura che separa le due rade.

L’Iride accostò alla sua dritta per effettuare ricerca sul lato di levante della rada e il Brin invece dall’altro alto.

Fummo fortunati.Avvistammo quasi contemporaneamente i due grossi pescherecci che si avvicinavano alle rive carichi di truppe. Una fortunata quanto provvidenziale ,apertura nelle cortine d’acqua che cadevano giù ci avevano consentito un rapido avvistamento.

A circa 400 metri lanciai un primo siluro che colpi l’imbarcazione senza esplodere e quindi un secondo che dopo poco polverizzo letteralmente lo scafo nemico senza che questi potesse formulare una benché minima reazione.

Anche dall’altra parte della rada,Duval aveva portato a termine la sua missione.

Il Brin davanti con l’Iride a seguire per riguadagnare lo specchio d’acqua della rada esterna.

Puntai decisamente con i termici su di giri verso l’uscita di quella trappola . Le corvette così come si erano arenate non sarebbero state un problema.

Ma Duval non era ancora pago e la sua sete di lotta trovò una logica conferma nel voler finire il lavoro iniziato.

Mentre il Brin era quasi fuori dall’imboccatura e pronto a mettere in rotta per Sud,il vecchio Iride

Liquidò entrambe le altre corvette,prima una poi l’altra,ordinatamente come in una esercitazione di tiro.

Duval avrebbe commentato soltanto con poche parole :

- Beh ! C’era un lavoro da fare e l’abbiamo completato

Con lo sguardo verso poppa vidi anche l’Iride venir fuori dall’imboccatura e porsi nella scia del Brin.

Si rientrava alla base.

In quel crepuscolo che ormai erano i nostri giorni,i giorni dei nostri battelli,verso quell’ineluttabilità del destino al quale pareva che nessuno di noi volesse rassegnarsi o meglio,che volesse accettare.

 

Nord contro Sud , una marina contro un’altra , un esercito contro un altro ,italiani contro altri italiani,in una follia parossistica dove ogni buonsenso sembrava capitolare di fronte agli eventi

Che avevano stravolto la nostra Patria.

Sembrava , in antitesi , un’Italia memore di alti valori patriottici contro un’altra Italia che cinicamente badava solo alla sopravvivenza propria e di chi già si affacciava al mondo politico,apparentemente nuovo e con nuovi ideali.

Al fianco dei nuovi vincitori,un nuovo panorama di approfittatori,di mestatori, di colore e parte politica non ben definita in attesa di ulteriori e più redditizi sviluppi .

Mentre la terra e le città venivano dilaniate senza soluzione di continuità , un gruppo di intrepidi e fedeli uomini d’onore si stringeva intorno al suo carismatico comandante che vedeva le fila delle sue forze armate crescere ogni giorno di più.

Quando un giorno tutto ciò sarebbe finito,quando gli animi si sarebbero calmati,quando la storia avrebbe scritto le sue pagine ,una sparuta pattuglia di marinai e comandanti si sarebbe trovato di fronte a una lapide a ricordare gli scomparsi compagni di un tempo.

E qualcuno forse avrebbe udito un bellicoso e arzillo vecchietto chiedere ad un altro :

 

- Io però ancora non ho capito come ca##o hai fatto ad affondare quella silurante? Ti rendi conto che razza di cu#o hai avuto ??

- cu#o ?? Ma noi eravamo della Decima testone,l’hai dimenticato?

 

 

 

………………………….Cte Etna

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......già vero siamo della Decima....se c'è un lavoro da fare ...noi lo facciamo senza tanti preamboli, e quando si INIZIA si porta a Termine fino a quando anche l'ultimo cadrà.

 

W il Rè

 

W Betasom

 

 

Per tutti gli Ardimenti e le Libertà

 

C.te Duval

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