Visitatore Etna Inviato 28 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 28 Dicembre, 2006 Dopo varie esperienze condotte nella base sul lago d’Iseo,e l’avvento del Cte Grossi al comando di Betasom,si stava concretizzando un attacco contro il porto di New York. Era stato ipotizzato l’impiego di un sommergibile oceanico in qualitàdi “trasportatore†e di un sommergibile d’attacco tipo CA,entrambi modificati e adattati all’uopo; precedenti esperienze condotte con il RS Da Vinci,avevano dato confortanti risposte. Una volta giunti alla foce dell’Hudson River,il CA avrebbe proseguito fino al cuore di New York,cercando di infliggere un duro colpo all’orgoglio degli americani,che mai avevano visto piede nemico sul proprio suolo dopo la guerra d’indipendenza. La data ipotetica per tale missione era stata fissata per il Dicembre del 43 e si pensava di impiegare uno dei tre nuovi battelli,Murena,Sparide,Gronco,opportunamente modificati, assegnati alla X^ Mas. L’8 Settembre aveva posto fine al progettato attacco. Studiando cartine,carte nautiche,portolani,rotte,fondali,correnti………….io la missione l’ho immaginata così,sperando che nessun nostro marinaio si rivolti nella tomba …! ----------------------------------- Tutto era pronto ! Controllato,ricontrollato,collaudato,fino alla paranoia. Il meccanismo di sgancio del CA4 dalla sua sella,un semplice gancio a scocco,provato e riprovato Più volte. Il battello trasportatore prescelto era stato il RS Iride del Cte Duval,che giàda tempo era a Betasom seguendo di persona come sempre,i lavori al proprio battello. Non era molto entusiasta delle quattro orribili selle saldate in coperta,subito dietro la torretta,ad appena mezzo metro dal cupolotto della presa d’aria dei termici,ma da buon marinaio,nonostante Subisse l’imbruttimento del suo amato Iride,fece buon viso a cattivo gioco. Quando giunsi a Betasom,scelto dal comando di flottiglia quale pilota del CA4 d’assalto,non ci fu molto tempo per capirne i motivi ; conobbi gli altri tre componenti l’equipaggio,gente maledettamente in gamba,parchi di parole , e perfetti conoscitori del mezzo. Anche con il Cte Duval,si ebbero poche occasioni di parlare della missione,sapendo entrambi che avremmo avuto davanti a noi,diversi giorni per discuterne una volta preso il mare. La prima impressione che ebbi vedendo il CA4 ormeggiato di poppa all’Iride,fu quella di una scatola di sardine,anzi,se possibile,ancora più piccolo. Lungo all’incirca una decina di metri,dislocava 12/14 Tonnellate con una autonomia di 70 miglia a 2 nodi. Gli unici due siluri da 450 in dotazione trovavano posto esternamente ai lati dello scafo. La versione “gamma†di questo singolare battello,completava l’armamento con una decina di cariche da 100 kg e una ventina di cimici. L’equipaggio,me compreso,era di 4 persone,contro le normali 3 di tabella. Per quanto tutto mi apparisse pazzesco,qualcosa di terribilmente attraente catalizzava ogni mia attenzione ; del resto era stato sempre così fin da ragazzo : ogni cosa era una sfida con me stesso,per verificare fin dove potessi osare. Davanti al “mostriciattolo†in acqua,dalla quale spuntava solo una gobba oblunga e snella,su cui c’era verso prua un sottile periscopio,quindi una specie di bassa torrettina vetrata e subito dopo il portello di accesso all’interno, mi fermai a considerare su quanto poco potesse essere lo spazio interno ; in pratica,una volta calatisi all’interno ,ognuno doveva rimanere al proprio posto . Nonostante tutto,ogni cosa era messa al posto giusto,ben a portata di mano,e nulla pareva lasciato al caso. Forse avremmo fatto meglio a farci prestare qualche elmetto dall’antiaerea della base. Niente spazio al superfluo,considerando che anche un pacchetto di sigarette rientrasse sotto tale definizione. In una settimana circa,sapevo dove esattamente mettere le mani e come comandare quel recalcitrante e giovane puledro.Molte le uscite sul groppone dell’Iride,limitatamente al Bassin àflot,nel corso delle quali ogni cosa aveva dato ottima prova di funzionamento. Alla fine giunse il giorno della partenza ; il CA4 era stato sistemato e rizzato sulle sue selle in coperta sull’Iride,provviste imbarcate per il lungo viaggio,carburante a sufficienza ,siluri solo per armare i tubi,senza scorte supplementari,onde ridurre al massimo i pesi e trovare un giusto assetto. Il Direttore di macchina aveva giàapprontato le nuove tabelle di dosaggio in base ai consumi giornalieri di acqua e nafta,e che quotidianamente avrebbe aggiornato nelle immersioni d’assetto. L’Iride mollò gli ormeggi esterni al bacino verso le 9 di sera,in modo da essere protetti dall’oscuritàed evitare che occhi malevoli spiassero la nostra uscita. Appena al largo e liberi dalla scorta,l’Iride mise la prua al mare per immergersi solo all’alba e fra mille precauzioni per evitare danni o strappi al sistema di imbracatura del CA4.. Una cosa era certa,e cioè che navigare in immersione con quel “coso†sul groppone era davvero Un’impresa !!! Dopo il primo giorno di navigazione,prendemmo di nuovo tutte le carte e i documenti a disposizione per ristudiare tutto con calma,passo per passo,e il Cte Duval,che mai avrebbe rinunciato al suo battello,scherzando mi propose di fare a cambio : lui pilotava il CA4 fino al cuore di New York e io l’aspettavo sull’Iride,sostituendolo per tutto il tempo. Sapevo che avrebbe fatto carte false per essere al mio posto,ma sapevo anche che mai avrebbe lasciato ad altri il “suo†Iride ; lui faceva parte dello scafo,poteva essere la ruota di uno dei timoni,o forse il tubo del periscopio,o uno degli indicatori dell’apparato Calzoni ! Poteva perfino essere parte componente del metallo dello scafo stesso ! Duval ci avrebbe portato fino a Sud di Breezy Point,circa 2 o 3 miglia,compatibilmente con la presenza di unitàdi sorveglianza in zona. Oltre non era possibile. Quello sarebbe stato il punto di rilascio ottimale ancorché al limite,a causa della ridotta autonomia del CA4,che avrebbe proseguito da qual punto verso NordOvest nella Lower NY Bay e quindi nella Upper NY Bay. Si sarebbe passati nei pressi della Statua della libertàe quindi di Ellis Island,dove ci saremmo fermati il necessario per individuare eventuali bersagli da colpire. Indubbiamente c’era da tenere gli occhi ben aperti per individuare per tempo le reti di ostruzione ed evitare di finirvi contro,ma avevamo un vantaggio : gli americani non si aspettavano un simile attacco e tutte le luci della cittàerano accese e sfavillanti nel buio. Una volta piazzati i siluri, avemmo raggiunto lo stretto braccio di mare fra Governors Island e le banchine a ridosso di Brooklyn Heights e South Brooklyn,dove avremmo lasciato cadere le cariche a tempo.Le cimici le avevamo lasciate a Bordeaux,per l’indisponibiitàdi operatori gamma in tempo e prima della partenza. Fin qui il nostro ragionamento non faceva una piega ; ma il ritorno sull ‘Iride era atra faccenda e tutta legata alla capacitàdi reazione degli americani che comunque ci avrebbero messo un po’ prima di capire cosa succedeva e sguinzagliare ovunque le unitàdi sorveglianza. Eppure,nonostante tutto,noi del CA4 eravamo tranquilli e sicuri di farcela,e l’ottimismo di Duval era davvero contagioso. Del resto l’improvvisazione era per noi sommergibilisti la regola nei momenti difficili. D'altronde anche se fossimo stati catturati e fatti prigionieri,ammesso che non ci avessero messo una corda al collo subito,potevo approfittare per fare delle ricerche sulla scomparsa di mio zio. Nel 1926,alla vigilia del suo matrimonio,mio zio Leopoldo,Ufficiale Telegrafista di bordo,imbarcò sul piroscafo Alatrium,allora in armamento con la Soc.di Navigazione delle Ferrovie e diretto oltreoceano.Una volta giunto a Boston o forse un altro porto della costa Orientale,decise di sbarcare,o meglio disertare , e perdersi nell’immensa America e con lui altri 4 o 5 membri dell’equipaggio,fra cui forse anche il Comandante e il Direttore di Macchina. Per circa una decina d’anni mantenne contatti epistolari con i suoi fratelli che nel frattempo erano torturati dalla mancata sposa che a tutti i costi voleva sapere dove fosse finito il suo amato. Pare che lavorasse nelle miniere di sale in Louisiana per un po’ di anni e poi,convinto da una facoltosa americana a seguirlo fino a New York a far cosa non si è mai saputo. L’ultima lettera,datata forse Agosto 1937, fu resa al mittente, “retourned to sender†, a suo fratello Federico,che stanco di subire pressioni,aveva intimato l’aut aut al fratello : o ci autorizzi a dire dove sei o taglia i ponti con l’Italia in modo definitivo ! Zio Leopoldo non se lo fece ripetere e respinse quell’ultima dolorosa lettera. Unica notizia postuma appresa prima della guerra,fu che aveva chiesto al ministero il permesso di fondare una sezione del PNF in terra d’America. Forse aveva pensato che in questo modo poteva ottenere il perdono dal regime e magari ,perché no, anche il permesso di rientrare in Italia. Ma di lui,nulla più !! Non una parola,una lettera,un sussurro ; niente ! Perso nella sterminata America,lasciando la famiglia a curare il disonore per tale assurdo comportamento. Mentre mi domandavo quale fosse l’autoritàpiù competente a cui chiedere notizie,fui svegliato dal Cte Duval,anzi fui letteralmente catapultato giù dalla cuccetta ; eravamo arrivati !! Tutto era pronto : l’Iride sarebbe affiorato quel tanto sufficiente per aprire il portello in torretta e farci uscire per raggiungere il CA4 e così avvenne sullo sfondo della costa americana illuminata a giorno.Fui l’ultimo ad arrampicarmi sul gobbone del battello e a infilarmi nello strettissimo portello. Battevamo i denti dal freddo e a causa dei panni fradici che avevamo addosso. L’unica cosa fino a quel momento,a cui non s’era pensato : lasciare abiti di ricambio sul CA . Un ultimo sguardo e un saluto verso la torretta che lentamente prese a scomparire sott’acqua senza né bolle d’aria né schiuma ; appena l’acqua giunse alle camicie dei periscopi diedi un colpo secco al gancio a scocco e tutte le rizze d’acciaio finirono in acqua,dove,pochi attimi dopo,il CA prese a galleggiare libero.Con l’aiuto della bussola e delle luci della città,misi la prua verso NW a velocitàesasperatamente lenta ; solo la piccolissima torrettina era appena a pelo d’acqua e non visibile. Avevo il mio da fare per governare il piccolo battello : la corrente dell’Hudson si faceva sentire e come !!! Tutta l’operazione di messa a mare e rilascio era durata solo una 20na di minuti,senza ricevere disturbo dalle pur presenti unitàdi sorveglianza sia in rada esterna sia interna e lungo la foce dell’Hudson. Appena superato Staten Island sulla sinistra,avvistai il biancore della statua della libertàmettendo la prua in quella direzione. A poche decine di metri,avvistai la lunga fila dei gavitelli di sostegno delle reti protettive. Di sicuro,se gli americani non ci avessero regalato tutta quella luce ci saremmo infilati nelle maglie della rete. Tutto sembrava calmo e immobile,tranne qualche traghetto che andava da un lato all’altro del fiume; tutte le navi agli ormeggi avevano le luci accese e nulla dava cenno che quello fosse un paese in guerra : sulla terraferma,più verso l’interno,enormi ciminiere eruttavano nuvole di fumo Biancastro,ben visibile anche nel buio. Poco più di prua,il battello posareti , immobile nell‘acqua,come un cetaceo addormentato ! Certo che gli americani dovevano proprio sentirsi sicuri ! Se nel corso della loro storia,avessero dovuto subire l’onta di un piede nemico sul suolo patrio, forse tanta sicurezza sarebbe stata messa da parte ; del resto erano stati presi con le braghe in mano anche a Pearl Harbour ! Appena libero dal posareti sulla dritta del CA, accostai verso Nord per passare dietro la statua che rimase beata e tranquilla a sorvegliare e cullare il sogno e il sonno americano. A circa 300 metri accostai leggermente sulla dritta,giusto per lasciare un po’ d’acqua fra il CA ed Ellis Island ; le informazioni erano giuste . Almeno due navi passeggeri e trasporti vari disseminati lungo le tantissime banchine del porto ; in effetti New York era un porto immenso . Sullo sfondo di Governors Island si vedevano chiaramente i due fumaioli di una delle due navi passeggeri ; l’altra era più avanti,cioè più verso la parte settentrionale dell’isola. La distanza doveva essere ridotta al minimo,non oltre 300 metri, per avere certezza del successo ; in quelle condizioni si lanciava dritto di prua senza regolare angoli di tiro,un po’ come sparare un colpo di pistola. Immersi un po’ di più il battello per non far scorgere la piccolissima torretta,ma attraverso il minuscolo periscopio si riusciva a distinguere ben poco. Bisognava stare con gli occhi aperti,forse più per il timore e il pericolo di venire speronati che di essere avvistati. Dovetti rinunciare al periscopio,facendo risalire il battello leggermente e riducendo la velocitàal limite della governabilitàdello stesso CA . Faticavo moltissimo a tenerlo in rotta a causa della forte corrente,per cui fui costretto a dare ben 10 gradi di deriva alla lettura della bussola. Lentamente,come un animale marino in attesa della preda,avvicinai il CA alla nave da passeggeri di cui non si riusciva a distinguere del tutto il nome. , forse Morning Star . Era tempo ; regolata la profonditàdel siluro di dritta, abbassai la leva di lancio liberando il siluro dalle sue imbracature all’interno del tubo. In attesa dell’esito armai anche quello di sinistra e lo approntai per il lancio. Un boato profondo scosse tutta la baia risvegliandola dal suo torpore e anche il piccolo battello fu scosso dall’onda d’urto dell’esplosione. La Morning Star,avvolta dal fumo e dalle fiamme,si era seduta sul fondo con la poppa,ma non accennava ad affondare ; fui colto dall’incertezza se lanciare a quella stessa nave anche il siluro di sinistra o piuttosto lanciare all’altra nave passeggeri. Avrei lasciato entrambe le navi danneggiate o piuttosto avrei completato l’opera sul Morning .Star ? Nel primo caso avrei lasciato due navi danneggiate ma forse riparabili e gli americani in preda a un forte shock psicologico mentre se finivo la nave colpita forse ci sarebbe stata una eco minore. Dovevo decidere in fretta e sciolto ogni dubbio lanciai il secondo siluro alla Mornimg Star che colpita finì con tutto lo scafo fino al ponte di comando ,sommerso nell’acqua limacciosa del porto. Il piano prevedeva che ci si infiltrasse dietro Governors Island e seminare le cariche a tempo in dotazione,ma l’intera baia era in allarme e si intravedevano molti fasci di luce saettare un po’ ovunque ; prima dei DD sarebbero giunte le micidiali PT Boats Decisi quindi una variante all’ordine originario accostandomi ancora di più alla costa di levante e con rotta verso Sud per riguadagnare l’uscita . Durante il percorso e lungo qualche molo importante avei seminato le cariche. Forse gli americani se l’erano dormita alla grande fino a quel momento,ma dopo le due esplosioni e l’affondamento della nave,l’intera baia sembrava un nido di vespe. Seminammo le cariche a un miglio una dall’altra fino all’entrata della Lower Bay.Poi dovetti cambiare assetto al CA che alleggerito lasciava troppo scafo fuori dell’acqua. Lentamente riuscimmo a guadagnare sempre più miglia verso la foce dell’Hudson e la posizione in cui speravamo di ritrovare l’Iride. C’erano navi ovunque spaziasse lo sguardo e la superficie del mare era illuminata a giorno ; la decisione di seguire molto da vicino la costa si era rivelata la migliore,sebbene molte auto si erano fermate sulla strada che costeggiava la baia e puntavano i loro fari verso il mare. Con il battello immerso a circa un metro di profonditàgovernavo come potevo urtando di continuo contro vari ostacoli.,in prevalenza boe di segnalazione. Dopo una navigazione allucinante e al limite del crollo fisico,finalmente mi parve di avvistare Breezy Point ; forse se la fortuna ci assisteva ancora ce l’avremmo fatta,ma come avremmo potuto trasbordare sull’Iride ? Di sicuro dovevo abbandonare il CA affondandolo in acqua profonde , ma rimaneva il problema di risalire a bordo. La sorveglianza era diventata spasmodica anche appena fuori della foce del fiume ; velocissime PT Boats sfrecciavano ovunque,scandagliando il buio con i loro proiettori. A un certo punto udimmo una esplosione in lontananza pregando che fossero le nostre cariche ad esplodere.Quello poteva essere motivo di rientro di un po’ di unitàverso la parte superiore della baia. E così fu. Rimase un lontano DD,verso SudOvest a pattugliare la zona invano. Udimmo sott’acqua alcuni colpi soffocati : erano i segnali convenuti con l’Iride. Aprii il portello esterno dopo aver riportato il battello a mezzo metro sopra la superficie del mare,fermando i motori. Feci uscire gli altri tre uomini dell’equipaggio e ritornai in basso per accertarmi che la presa d’acqua fosse stata aperta. Riguadagnai veloce l’uscita,visto che l’acqua cominciava ad entrare abbondante e il battello si appesantiva. Rimanemmo in acqua al freddo per circa una decina di minuti, vedendo dopo poco emergere La torretta dell’Iride a breve distanza. Con rarissima abilità,l’equipaggio riusci a tenere fuori dell’acqua a mala pena un metro di torretta. Giungemmo a nuoto nei pressi della lucida sagoma e ci arrampicammo stanchi ma aiutati da mani veloci.In breve fummo nella sottostante camera di manovra,mentre silenzioso l’Iride di immergeva di nuovo mettendo prua verso levante. Il Cte Duval,di fronte a me,che stremato mi ero abbandonato sulle lamiere in camera di manovra insieme agli altri,mi porgeva una coperta e un generoso bicchiere di cordiale che mandai giù avidamente riprendendo un po’ di calore,mentre sentivo il forte liquore bruciarmi dentro. Non avevo la forza di dire granchè,ma Duval si aspettava anche solo un gesto,e questo almeno glielo dovevo subito. Ebbi solo la forza di abbassare più volte la testa e lui capì,dal momento che un largo sorriso gli si stampò da un orecchio all’altro. - Ben fatto Etna ! - Porca vacca ne parleranno anche sui libri di storia E mentre potenti pacche sulla spalla mi scuotevano dalla testa ai piedi, mi porse un Toscano giàacceso,appartenente alla sua riserva personale e privata alla quale nessun essere umano aveva accesso. - Te l’avevo promesso e questo te lo sei proprio guadagnato. Non ricordo di averlo fumato,o forse si,non ricordo più a distanza di tanti anni , ma una cosa la ricordo bene : dormimmo 12 ore di filato e al risveglio l’equipaggio dell’Iride si fece in quattro Per non farci mancare nulla,a cominciare da una colazione che negli ultimi anni ce l’eravamo solo sognata. Forse ce la facevo anche a trovare il mio Brin giàpronto all’arrivo. -------------------------------------------- Chissà,forse poteva anche essere andata così se la missione avesse avuto luogo. Ma sono fermamente convinto,che tutto ciò sarebbe stato ed è nelle migliori tradizioni marinare del nostro paese,ed un omaggio particolare e imperituro agli uomini della X^ Mas che vivranno sempre Nei miei ricordi e in quelli di ogni italiano che sia tale. Cte Etna Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
duval Inviato 28 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 28 Dicembre, 2006 Rapporto MICIDIALE. :s15: Questo è il motivo del perchè la Campagna vàportata AVANTI....... e....... FINITA. Ti aspetto nella Locanda della Base C.te Etna tutto.......è pronto. W il Rè Per tutti gli Ardimenti e le LibertàC.te Duval Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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