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La Battaglia Di Capo Matapan


Visitatore Perla

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Ciao Nichelio,

grazie di quanto hai scritto,

torno a ripetermi, se mio padre Ernesto non sbarcava dal Veneto, io non sarei nato.

In quanto mio padre oltre ad essere infermiere era anche addetto a controllare gli

stoppacci degli assi delle eliche che impedivano le infiltrazioni di acqua,

il perché di questi incarichi così diversi non li ho mai saputi.

 

Un caro saluto

 

Fassio

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Ero un bambino la prima volta che sono venuto a conoscenza dei fatti di Capo Matapan,ricordo che mi attirò una foto o un disegno su la copertina di un allora già vecchio Reader's Digest,a cui mio padre era abbonato.
Iniziava sempre così,la foto mi "acchiappava" e poi leggendo leggendo venivo rapito,già allora rimasi impressionato e negli anni a seguire quando mi è capitata l'occasione,non ho mai mancato per saperne di più su questa tragedia immane su le cui concause nemmeno accenno.
Come già sritto da qualche parte,ho avuto mio suocero superstite di Rn Roma ,fu a Punta Stilo e a Taranto sul Cavour nel 40 ,fina a quando è vissuto non mi sono mai fatto mancare una bella dose di angoscia/orgoglio.
Per quei ragazzi veramente è il caso di dire "Non mancò l'onore ma mancò ANCHE la fortuna..."

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Ciao Nichelio,

grazie di quanto hai scritto,

torno a ripetermi, se mio padre Ernesto non sbarcava dal Veneto, io non sarei nato.

 

 

Per quei ragazzi veramente è il caso di dire "Non mancò l'onore ma mancò ANCHE la fortuna..."

 

Mio padre era il marconista del sommergibile Nichelio, uno dei 31 che tornarono alla base. Anch'io posso dire come RN. Pola "se quella bomba d'aereo non fosse stata difettosa io non sarei nato!".

L'episodio è quello ben raccontato in un post di Incles che vi suggerisco di leggere se non già fatto.

Ed ora mi riallaccio alle parole di Cassiopea 51° quando parla della fortuna. E' proprio così, in guerra e nella vita ci vuole tanta bravura ma anche un pizzico di fortuna.

Nel caso del Nichelio, l'equipaggio portò a casa la pelle certamente per bravura (a sfuggire alla caccia nemica, ad evitare i siluri con giuste manovre, a mitragliare e colpire l'aereo che li attaccò) però quell'equipaggio parla anche di una "mano potente" che li ha protetti, quella della Fortuna. Non c'è altra spiegazione: se un aereo ti scarica addosso un grappolo di bombe e l'unica che ti colpisce è quella difettosa... questa è FORTUNA! Non voglio però sminuire il valore di quegli uomini e quindi dico anche che la fortuna può arridere una volta, ma non per tutta la guerra. Ci vuole anche bravura e, per mia fortuna, quegli uomini la ebbero.

 

Onori a loro per ciò che hanno fatto in guerra e grazie per aver poi dedicato la vita alla Marina Militare (almeno alcuni di loro).

 

Ciao,

Nichelio

Modificato da Nichelio
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ricevo e trasmetto mail ricevuta dal sig. Pasquale Littieri:

 

 

Buongiorno,
Ho letto un trafilo sulla vita di un mio pro zio il marinaio francesco chirico di Futani, morto a capo matapan, volevo solo informare chi era interessato che la nave era l'incrociatore fiume, ed il messaggio inviato all'interno della bottiglia venne ritrovato a villasimius, il messaggio era:
R. NAVE FIUME: PREGO DATE NOTIZIE ALLA MIA CARA MAMMA
MENTRE IO MUOIO PER LA PATRIA,
VIVA L'ITALIA...
il messaggio e custodito come una reliquia da noi, per noi un grande uomo ed eroe.
Se per favore poteste voi pubblicarlo nella discussione ne sarei felice, visto che c'erano persone interessate...
In attesa di una risposta porgo distinti saluti.
Lettieri Pasquale

 

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  • 4 weeks later...

Da quando ho memoria, nella mia camera a casa dei miei genitori, ci sono sempre stati 3 poster di Aviazione e Marina con le unità maggiori ed i cacciatorpediniere della Regia Marina e le unità della Marina Militare intorno ai primi anni 70.

 

Mi ha sempre colpito la didascalia dei 3 incrociatori e dei 2 caccia affondati a Matapan e fin da allora ho cercato di capire cosa fosse successo è perchè così tante navi (e marinai...) fossero scomparsi contemporaneamente. Crescendo e leggendo mi sono fatta la mia opinione sui come e sui perchè di quella notte, ma poco conta davanti a quasi 3000 morti.

 

Lo scorso anno con la nave sulla quale lavoro siamo passati in quelle acque e, al tramonto, ho rivolto il mio personale e solitario pensiero a quei morti. Ho anche preso una bottiglia d'acqua che da allora la conserve a casa.

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Ciao Sidescanner,

Grazie per quello che hai scritto,

ma ti devo ringraziare con un ritardo catastrofico, di quello che hai detto e fatto quando hai letto della morte di mio Padre.

Ti sono, e sarò sempre grato di ciò, quella cosa la porgo con il dovuto rispetto a chi per difendere la Patria vi lasciò la vita.

 

Grazie di cuore

 

Fassio

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  • 1 year later...

Qualcuno possiede magari questa foto dello Zara, ad una risoluzione maggiore?

 

Vorrei pubblicare sul mio blog una pagina sullo Zara il 29 marzo (75° dell'affondamento), e questa foto la trovavo particolarmente bella, ma è di qualità abbastanza scadente. Potrei giurare di aver visto in passato la stessa foto a dimensioni e definizione ben maggiori proprio su Betasom, ma non riesco a ritrovarla...

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iol mio contributo per onorare e non dimenticare i caduti.

http://www.cefalunews.net/cn/news/?id=49218

 

28/29 marzo 1941 Gaudo e Matapan

Durante la conferenza di Merano tenutasi il 13 e 14 febbraio 1941, il Grand Ammiraglio Raeder, rimproverò alla Regia Marina il suo atteggiamento difensivo nel Mediterraneo. Ciò portò Supermarina ( comando in capo della Marina)ad organizzare un azione contro i convogli inglesi che rifornivano la Grecia, fra il 27 ed il 28 marzo.

All’operazione avrebbero preso parte: la nave da battaglia Vittorio Veneto, nave di bandiera dell’ammiraglio Angelo Iachino a cui era affidato il comando delle operazioni con 4 cacciatorpediniere; la I^ divisione incrociatori pesanti: Zara, Fiume e Pola al comando dell’Ammiraglio Carlo Catteneo; la 8^Squadra incrociatori leggeri: Garibaldi e Duca degli Abruzzi al comando del Contrammiraglio Antonio Legnani, con 6 cacciatorpediniere; la 3^ divisione incrociatori pesanti: Trento, Trieste e Bolzano al comando dell’ammiraglio Luigi Sansonetti, il supporto aereo doveva essere fornito da 27 aerei della Regia Aeronautica e del Comando Aereo Tedesco ( CAT) della Sicilia.

Il 23 marzo il Vittorio Veneto, giunse a Napoli da La Spezia dove era stato spostato per motivi precauzionali dopo l’attacco a Taranto, il giorno stesso l’ammiraglio Iachino ricevette da Supermarina l’ordine di operazioni, che prevedeva di portarsi ad Est dell’isolotto di Gaudo ed intercettare i convogli nemici. Lo stesso ordine, purtroppo per la Regia Marina, fu inviato al CAT, che lo ritrasmise al proprio comando e al comando dell’Africa Korps, dopo averlo cifrato con la macchina Ultra, purtroppo il metodo di cifratura tedesco era già stato decrittato dagli Inglesi, pertanto l’ordine di operazioni fu subito passato alla Royal Navy, che lo invio subito all’ammiraglio Cunninghan, capo della Mediteraan Flett.

Alle ore 21.00 del 26 marzo, il Vittorio Veneto lascia il porto di Napoli, la tarda ora fu decisa dall’ammiraglio al fine di evitare che l’uscita della nave fosse notata e la notizia fosse trasmessa agli inglesi, e fece rotta verso lo Stretto di Messina. Alla stessa ora salpò da Taranto l’8^ squadra seguita due ore dopo dalla I^ divisione scortata dalla 9^ flottiglia cacciatorpediniere. Alle 5.30 del 27 marzo la 3^ divisione e 3 caccia lasciarono il porto di Messina, alle 6.00 mentre il Vittorio Veneto traversava lo stretto, escono altri 4 caccia che vanno a sostituire quelli di scorta alla nave da battaglia. Usciti dallo stretto e riunitisi alle navi salpate da Taranto, la squadra assunse inizialmente una rotta per 134°, ossia verso la Libia, al fine di confondere eventuali ricognitori o sommergibili che l’avessero avvistata. Intanto gli inglesi a titolo precauzionale avevano sospeso il traffico fra il Pireo ed Alessandria.

Alle ore 12.30 circa, un ricognitore Sunderland avvistò la 3^ divisione che apriva la formazione e lanciò un messaggio d’avvistamento, che rapidamente decifrato a bordo della nave ammiraglia(1) diceva: avvistati 3 incrociatori ed un cacciatorpediniere rotta 120° velocità 15 nodi, il ricognitore, aveva mal valutato sia la rotta che la velocità della navi, ma questo vanificò lo stratagemma di Iachino, la rotta 120 portava a Creta. Alle 18.00 arrivò da Supermarina la notizia dell’avvistamento, assieme a quella che causa avverse condizioni meteo, la Regia Aeronautica non avrebbe effettuato le previste ricognizioni su Alessandria.

Intanto, la Forza A dell’ammiraglio Cunningham, composta dalle Corazzate Warspite( nave di Bandiera) Barham e Vailant, con la portaerei Formidable e 9 cacciatorpediniere si preparava a lasciare Alessandria e la Forza B dell’ammiraglio Pridham-Wippell, formata dagli incrociatori leggeri Orion, Ajax, Perth e Gloucester con 4 cacciatorpediniere si preparava a uscire dal Pireo. L’ammiraglio Cunningham aveva disposto l’incontro delle due formazioni all’alba del 28 a SudEst di Gaudo, nella stessa zona dove secondo gli ordini si doveva trovare la Squadra italiana. Alle 13.00 salpò dal Pireo la forza B, mentre la Forza A, sempre per nascondere la partenza, lascio Alessandria alle 19.00; l’intenzione inglese era quella si imporre la battaglia e distruggere le navi italiane, pertanto Cunningham diede ordine ai suoi incrociatori che non appena fossero stati in contatto con il nemico, avrebbero dovuto ripiegare verso la Forza A, lo stesso ordine, era stato dato a Sansonetti dall’ammiraglio Iachino.

Verso le 6.00 del 28 marzo, dal Vittorio Veneto fu lanciato un RO43, idrovolante da ricognizione, che verso le 6.30 avvistò gli incrociatori della Forza B, ricevuto il segnale d’avvistamento Iachino, all’oscuro dell’uscita in mare delle Mediteraan Flett, ritenne che si trattasse della scorta di un convoglio inglese, pertanto ordino a Sansonetti di attaccarli. Alle 08.15 la divisione italiana apri il fuoco, gli inglesi, che erano armati con cannoni di calibri inferiore(152mm contro i 203mm italiani) accostarono subito in direzione della Forza A zizzagando e stendendo una cortina fumogena, Iachino insospettito dalla manovra ritenne che gli inglesi cercassero di attirare gli incrociatori italiani verso le basi aeree dell’isola di Creta e dato che non si erano ancora visti gli aerei di copertura promessigli, ordino a Sansonetti di ripiegare verso di lui, alle 08.50 circa, gli incrociatori italiano sospesero il fuoco e si diressero verso la nave da battaglia, a questo punto gli inglesi per non perdere il contatto invertirono la rotta ed iniziarono a seguire gli italiani. Iachino, informato della cosa, iniziò a manovrare per prenderli fra due fuochi. Pochi minuti prima delle 11.00 gli inglesi si trovarono sotto il tiro dei grossi calibri della Corazzata. Alle 11.00 apparvero in cielo 6 biplani, che inizialmente furono scambiati per CR42 della Regia Aeronautica, tanto che gli inglesi li fecero bersaglio della loro antiaerea, si trattava invece di aerosiluranti Albacore, lanciati poco prima delle 10.00 dalla portaerei Formidable, l’equivoco fu chiarito quando gli aerei si misero in formazione d’attacco contro la corazzata italiana, che sospeso il fuoco dei grossi calibri iniziò manovre evasive e apri il fuoco con i pezzi antiaerei. I siluri furono lanciati alla distanza di 2000m ma la nave italiana riuscì ad evitarli tutti e sei. Iachino, ritenendo che gli aerei provenissero da basi a terra, vistosi scoperto ed non avendo copertura aerea, alle 11.30 diede ordine di rientro a Taranto. La squadra italiana fu ripetutamente attaccata da bimotori Bristol Blenhem delle basi greche alle 14.20, 14.50, alle 15.19 mentre era in corso un ennesimo attacco, furono improvvisamente avvistati gli aerosiluranti della Formidable, la corazzata italiana, accosto a dritta e riuscì ad evitare due siluri lanciati dalla distanza di 1000m, mentre un terzo aerosilurante, lancio da una distanza inferiore, anche se questo gli costo l’abbattimento, alle 15.30 il siluro esplose a poppa aprendo una falla a 5m sotto la linea di galleggiamento che provocò l’imbarco di 4000 tonnellate di acqua, il blocco dei timoni e l’arresto della nave. Dopo pochi minuti, la nave riprese a muoversi seppur alla velocità di 16 nodi, alle 16.42 i timoni ripresero a funzionare e la velocità aumento a 19 nodi. L’ammiraglio Iachino, lasciata libertà di manovra alla 8^ squadra per il rientro alla base, dispose tutte le altre unità a difesa della nave colpita, costituì un forte apparato difensivo, disponendo le unità su file parallele a meno di 900m, con 2 caccia a prora, e due a poppa, sul fianco sinistro dispose gli incrociatori Trento, Trieste e Bolzano ed esternamente a questi 3 caccia, sulla destra gli incrociatori Zara, Pola e Fiume, ed esternamente 4 caccia, con questa formazione sperava di giungere a Taranto senza ulteriori danni, ignaro che la flotta inglese si trovava a circa 60 miglia alle sue spalle. Cunningham, intanto si rese conto che se non fosse riuscito a rallentare ulteriormente le navi italiane, non sarebbe mai riuscito a raggiungerle, infatti le sue navi sviluppavano una velocità di 20 nodi contro i 19 delle italiane, lanciare un attacco con gli incrociatori, avrebbe comportato la loro perdite, considerando il dispositivo difensivo italiano e la maggiore gittata dei cannoni italiani, decise pertanto di lanciare un ultimo attacco aereo nell’imminenza del tramonto. Alle 19.30 nell’incerta luce crepuscolare gli aerei attaccarono la formazione italiana, che per 15 minuti, dimostrando grande perizia manovro in formazione emettendo un intenso fuoco di sbarramento, alle 19.45 tutto finì e le navi proseguirono nelle tenebre. Alle 20.11 fu intercettato un messaggio dal Pola che riferiva di essere stato colpito a poppa e di essere fermo e senza energia elettrica, non conoscendo la posizione della flotta inglese, Iachino autorizzo l’ammiraglio Catteneo ad andare in soccorso del Pola, gli incrociatori Zara e Fiume, con i cacciatorpediniere Alfieri, Gioberti, Carducci e Oriani, invertirono la rotta.

Nel mentre alle 20.15 l’incrociatore Orion, aveva rilevato il Pola sul radar, credendo che si trattasse del Vittorio Veneto, inviò la posizione al comandante in capo e continuò l’inseguimento, alle 22.20 la corazzata Vailant, rilevò al radar il Pola ad una distanza di 6000m, Cunningham, diede ordine di brandeggiare tutti i cannoni delle tre corazzate verso quella che riteneva l’ammiraglia italiana, pochi istanti prima dell’apertura del fuoco, il Commodoro Edelisten, scorse alla destra della formazione le sagome di due grosse navi ( alla faccia del radar) che avanzavano verso di loro, furono rapidamente identificati come incrociatori italiani, le torri delle navi da battaglia furono brandeggiate sul lato opposto ed appena i riflettori illuminarono le navi ( gli inglesi utilizzavano un sistema di oscuramento che permetteva loro di accendere i riflettori in anticipo cosi che fossero in piena efficienza al momento dell’uso senza però rilevare la posizione) i cannoni aprirono il fuoco riversando sulle navi tutta la loro potenza, alla distanza di 3500m, non fu difficile colpire i bersagli, l’effetto del tiro ad alzo 0 fu micidiale, basti pensare che ogni proiettile pesava circa 900Kg ed ad alzo zero il tiro era molto rapido, in quanto i cannoni si trovavano già in posizione di ricarica, lo Zara ricette 104 proiettili, mentre il Fiume fu colpito da 22, il tiro si diresse poi sui caccia, e solo l’Alfieri riuscì a rispondere al fuoco prima di essere affondato, mentre il Carducci fu affondato mentre cercava di stendere una cortina fumogena fra gli incrociatori e le corazzate, mentre L’Oriali e il Gioberti, seppur danneggiati, riuscirono a passare attraverso la formazione inglese ed a dileguarsi nel buio ( sempre alla faccia del radar), nonostante i colpi ricevuti lo Zara era ancora a galla, tanto che furono necessari tre siluri per affondarlo alle 2.40 del 29 marzo. Nel frattempo, il cacciatorpediniere Jervis si avvicinò al bersaglio immobile, identificandolo come il Pola, non riscontrando cenni di reazione, lo abbordò, l’equipaggio catturato e trasferito sul caccia, alle 3.40 lo stesso caccia, lancio un siluro che affondò l’incrociatore. Intanto Iachino, che rilevo il chiarore dei grossi calibri, capì la situazione, ed invio un messaggio a Roma per l’invio di soccorsi.

Fino alle 11.00 del mattino le navi inglesi perlustrarono l’area dello scontro alla ricerca di superstiti, poi apparvero gli aerei tedeschi, un po’ in ritardo, temendo attacchi, Cunningham diede l’ordine di rientro, mentre faceva lanciare un messaggio in chiaro all’ammiraglio Riccardi, con la posizione dello scontro, questo rispose di aver già provveduto all’invio della nave ospedale Gradisca, purtroppo la nave a causa della sua bassa velocità arrivò sul luogo solo il 31.

La notte di Matapan, costò alla Regia Marina oltre alla perdita di tre incrociatori pesanti e due cacciatorpediniere, la ben più dolorosa perdita di 2023 marinai, 782 della Zara, 813 del Fiume, 328 del Pola, 211 dell’Alfieri e 169 del Carducci. Gli effetti della battaglia, furono che le grandi navi della Regia Marina, non si spinsero più nell’Egeo e non tentarono più uscite offensive lontano dalle loro basi, Mussolini, riconobbe l’errore di aver bloccato la costruzione delle portaerei tanto richieste dalla Regia Marina, ordinando la costruzione dell’Aquila e dello Sparviero, che però non vennero mai completate. Ancora oggi il 29 di marzo, la Marina Militare onora i suoi caduti a Matapan, ricordando il sacrificio dei suoi caduti.

 

Bibliografia:

Grandi battaglie del XX secolo, Curcio Editore di Arrigo Petacco.

Storia della Marina Fabbri Editori

Le battaglie navali del mediterraneo nella seconda guerra mondiale, Modadori di Arrigo Petacco.

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Tratto dal Sito www.capodomo.it

 

La battaglia di Capo Matapan

 

Nota: la pagina è solo una sintesi personalizzata, senza alcuna pretesa, di contenuti, talvolta non concordanti, tratti dai più affidabili siti nazionali ed inglesi che si sono occupati dell'argomento.

La missione è fallita.

Alle 19:50 del 28 marzo 1941, mentre la flotta italiana, con la nave da battaglia Vittorio Veneto al centro, gravemente danneggiata, stava rientrando alle proprie basi, l'incrociatorePola fu colpito dal siluro lanciato da un Fairey Albacore decollato dalla portaerei ingleseFormidable. Poco dopo il Pola si arrestò incapace di muoversi e manovrare, disarmato. Questo fu l'inizio della battaglia di Capo Matapan, tragedia per migliaia di marinai ed una delle più gravi disfatte della Marina Italiana.
La missione assegnata da Supermarina all'ammiraglio Iachino, di intercettare convogli nemici nell'Egeo da e verso la Grecia, era fallita.

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Nave da battaglia Vittorio Veneto

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Swordfish.jpg

Aerosiluranti Fairey Wordfish decollano dalla portaerei Formidable

La sorpresa su cui si faceva affidamento era subito svanita per la pronta individuazione della flotta da parte di un ricognitore inglese, conseguenza di un supporto aereo di ricognizione e copertura, sollecitato e promesso, quasi completamente assente e di una attività di intelligence carente.
L'ammiraglio Iachino, sulla Vittorio Veneto, non aveva mai potuto contare, sin dall'inizio della missione, su una conoscenza sufficientemente esatta della consistenza della flotta inglese che lo fronteggiava, né della dislocazione delle navi. Non erano mancati peraltro, e non sarebbero mancati in seguito, errori di valutazione, inefficienze nella trasmissione delle informazioni e comandi da Supermarina e tra le unità della flotta.

La Vittorio Veneto è colpita

albacore3.jpg

Aerosilurante Fairey Albacore

Durante le inconcludenti operazioni navali della mattina a sud dell'isola di Gaudo, Iachino aveva potuto sperimentare quanto le sue navi, prive di qualunque copertura aerea, fossero esposte agli attacchi degli aerosiluranti e bombardieri inglesi.
Alle ore 15:19 del 28 marzo, la Vittorio Veneto era stata infatti colpita dal siluro di un Fairey Albacoredecollato dalla portaerei Formidable.
La nave con gravi danni al sistema di propulsione e direzionale, si era fermata, inerte. Poi era stato possibile rimetterla in parziale efficienza e dopo circa un'ora aveva iniziato, alla velocità ridotta di 16 nodi e fortemente appoppata, il ritorno verso l'Italia.

La flotta italiana rientra alla base

L'ammiraglio Iachino aveva disposto le navi della flotta a protezione della Vittorio Veneto: la I Divisione, con gli incrociatori pesanti Zara, Fiume e Pola, al comando dell'ammiraglio Cattaneo, alla destra e la III Divisione, con gli incrociatori leggeri Trieste, Trento e Bolzano, al comando dell'ammiraglio Sansonetti, alla sinistra.

Le rispettive squadriglie di cacciatorpedinieri di scorta formavano due ulteriori linee difensive all'esterno.

La forza aeronavale inglese all'attacco

Ad una distanza di circa 60 miglia la flotta inglese dell'ammiraglio Cunningham era all'inseguimento. Era composta dalla Force A, al diretto comando di Cunningham, con le corazzate Warspite, Valiant, Barham e la portaerei Formidable, e la Force B al comando del viceammiraglio Pridham Wippel, che comprendeva gli incrociatori leggeri Orion, Ajax, Perth eGloucester. Quattro squadriglie di cacciatorpedinieri completavano la flotta.

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Incrociatori Fiume, Zara e Pola nella base di Taranto

Nave_carducci.jpg

Cacciatorpediniere Carducci (simile ai Oriani, Gioberti, Alfieri )

Le probabilità che la flotta inglese riuscisse a raggiungere quella italiana erano però molto ridotte vista la notevole distanza e la mediocre velocità che le navi inglesi riuscivano a sviluppare. Alle 17:35 l'ammiraglio Cunningham, dalla corazzataWarspite ordinò allora un nuovo attacco di aerosiluranti per il colpo di grazia allaVittorio Veneto.

Il Pola è colpito

Gli aerei inglesi aspettarono il crepuscolo per sferrare il loro attacco. Le navi italiane ebbero però in tal modo la possibilità di incrementare l'efficacia della loro difesa creando cortine fumogene che ostacolassero l'individuazione dei bersagli da parte degli aerei attaccanti.
Ciò valse a salvare l'ammiraglia Vittorio Veneto e le altre navi, ma non il Pola, in coda alla formazione, che alle 19:46 fu colpito dal siluro sganciato da un aereo da distanza molto ravvicinata.
Le conseguenze furono molto gravi. La sala macchine fu devastata, molte caldaie si spensero, le macchine si fermarono, e la nave, imbarcata una grande quantità di acqua, rimase immobile, priva di energia elettrica. Il funzionamento delle armi di bordo, sebbene non totalmente precluso, risultò fortemente compromesso.

Da quel momento vi fu uno scambio concitato di messaggi tra il Pola che comunicava i danni subiti e chiedeva di essere rimorchiato, l'ammiraglio Cattaneo che chiedeva all'ammiraglio Iachino il permesso di inviare 2 cacciatorpedineri in soccorso al Pola e Iachino che comandava invece a Cattaneo di intervenire con tutte le unità della I Divisione.
Si perse molto tempo, preziosissimo in quella circostanza.

La I Divisione inverte la rotta per soccorrere il Pola

Soltanto alle 21:06, mentre la flotta aveva nel frattempo continuato ad allontanarsi verso l'Italia lasciando il Pola alle sue spalle, l'ammiraglio Iachino, ritenendo erroneamente (come lui stesso afferma) che nessuna nave inglese si trovasse nel raggio di 75 miglia, e confidando comunque che gli inglesi non avrebbero assunto iniziative offensive nell'oscurità della notte, con una decisione che sarà oggetto di interminabili polemiche, confermò all'ammiraglio Cattaneo, sullo Zara, il suo ordine di invertire la rotta con il Fiume e 4 cacciatorpedinieri ( Alfieri, Gioberti, Carducci, Oriani, ) per rimorchiare il Pola immobilizzato, o se ciò fosse risultato impossibile, trarre in salvo l'equipaggio ed affondare la nave.

Cattaneo ubbidì all'ordine e si diresse verso il Pola, ormai distante 24 miglia.
Anche le modalità con cui egli condusse questa operazione sono state oggetto di un vivace e mai esaurito dibattito.
Da più parti, ed in particolare dallo stesso Iachino, è stato fortemente criticato che egli avesse incomprensibilmente proceduto a velocità ridotta e senza adottare quelle misure precauzionali, riguardanti la disposizione delle navi, l'allertamento e l'armamento, che sarebbero invece state indispensabili in quelle circostanze. Critiche a cui lo stesso Cattaneo non potè controbattere in quanto deceduto quella notte insieme a gran parte dell' equipaggio dello Zara.

Alle 21:27 l'ammiraglio Cattaneo comunicò al Fiume di prepararsi al rimorchio del Pola.

Le navi inglesi individuano il Pola

Qualche ora prima, al calar della sera, l'ammiraglio Cunningham, consapevole dell'eccessiva lentezza delle corazzate al suo comando, aveva ordinato all'ammiraglio Pridham Wippell, con i suoi 4 incrociatori leggeri, ed al capitano Mack, con una squadriglia di 8 cacciatorpedinieri, di forzare l'andatura all'inseguimento della flotta italiana con l'obiettivo di affondare laVittorio Veneto in avaria.

Alle 20:40 il radar dell'incrociatore Orion che guidava la flotta inglese aveva individuato la sagoma immobile del Pola. L'ammiraglio Pridham Wippell non l'aveva però riconosciuta come tale in quanto il dramma di quella nave era ancora sconosciuto agli inglesi. Ritenendo invece che si trattasse della Vittorio Veneto, che sapeva colpita e in avaria, ne aveva comunicato la posizione all'ammiraglio Cunningham che lo seguiva a distanza e aveva continuato la ricerca del grosso della flotta italiana.

Cunningham raggiunse la posizione indicata poco dopo le 22:00, quando anche il radar dellaValiant vide la sagoma del Pola immobilizzato sulla sinistra davanti a prua. Ritenendo anch'egli che la nave individuata fosse la Vittorio Veneto, ordinò alle navi al suo comando di prepararsi all'attacco.

Il comandante del Pola, accortosi delle navi inglesi in avvicinamento e scambiandole per le unità soccorritrici, ordinò il lancio di un razzo rosso da segnalazione per indicare la posizione della nave. Il razzo fu avvistato sia dallo Zara che dalle navi della flotta inglese.

Qualche minuto dopo, invece, alle 22:25, il colpo di scena che segnerà l'inizio della tragedia per le navi italiane. Le vedette dell'ammiraglia Warspite individuarono ad una distanza di 4 miglia davanti a loro, sulla sinistra, la formazione italiana dell'ammiraglio Cattaneo che stava sopraggiungendo in soccorso al Pola.

Warspite.jpg

HMS Warspite

(Foto Wright & Logan, coll. M. Brescia)

Subito l'ammiraglio Cunningham ordinò alle sue 3 corazzate di prepararsi a far fuoco contro i nuovi bersagli, mentre allaFormidable veniva ordinato di defilarsi.

Le navi italiane procedono ignare e senza alcuna precauzione

Lo Zara, il Fiume, e i cacciatorpedinieri in quel momento navigavano nella più completa ignoranza della presenza della flotta nemica. L'ammiraglio Cattaneo, al pari di Iachino, era propenso a ritenere le navi inglesi molto più lontane, e, nella peggiore delle possibilità, trattarsi di incrociatori leggeri e relativa scorta.

Guidava la fila lo Zara seguito dal Fiume e dai quattro cacciatorpedinieri, nell'ordine: l'Alfieri, il Gioberti, il Carducci e l'Oriani.

Raccontarono i sopravvissuti che a bordo, dopo un'intera giornata di attacchi aerei e navali, regnava una certa rilassatezza. Gli uomini ai posti di combattimento erano, come consuetudine di notte, in condizione di riposo.

Parte dell'equipaggio del Fiume era in quel momento impegnato ad organizzare le operazioni di rimorchio del Pola

Le navi inglesi aprono il fuoco

Alle 22:27 il CT Greyhound accese il proiettore di bordo illuminando il secondo incrociatore della colonna, il Fiume. Subito dopo la Warspite aprì il fuoco sulla nave da una distanza di circa 3000 metri.

Ancora pochi secondi ed anche il Valiant e il Barham aprirono il fuoco sull'incrociatore di testa, lo Zara.

Violentissime bordate seguiro in successione colpendo tutte le navi italiane che si trasformarono in immensi roghi.

Le devastazioni prodotte dalla tempesta di proiettili impedirono ogni reazione da parte italiana. L'unica unità che in quella tragica notte reagì al fuoco inglese fu il cacciatorpediniere Alfieri che, anche se ripetutamente colpita, riuscì a lanciare, senza successo, una salva di siluri e a far fuoco verso le navi avversarie.

L 'impari scontro durò non più di tre minuti.

L'incrociatore Fiume affondò poco dopo le 23:00. Lo Zara, avvolto dalle fiamme, rimase a galleggiare inerte. I cacciatorpedinieri Alfieri e Carducci affondarono nei primi 5 minuti.

Gli altri due riuscirono a sganciarsi e fuggire: il Gioberti, indenne, l'Oriani gravemente colpito.

L'equipaggio del Pola assistette passivamente, da breve distanza, allo scontro.

Anche l'ammiraglio Iachino, molto più lontano e in navigazione verso l'Italia, vide nella notte, alle sue spalle, i bagliori degli incendi sulle navi colpite.

Cunningham, temendo la presenza di altri cacciatorpedinieri italiani, si allontanò subito dal luogo del combattimento, lasciando ai cacciatorpedinieri inglesi il compito di raccogliere i superstiti e di finire le navi ancora galleggianti.

gradisca3.jpg

Nave Ospedale Gradisca

Lo Zara fu finito da due siluri del cacciatorpediniere HMS Jervis alle 2:40, mentre un gruppo di volontari stava cercando di attuare le operazioni di autoaffondamento.

Il Pola, che fino ad allora era rimasto in ombra e non coinvolto nello scontro, fu individuato verso mezzanotte dai cacciatorpedinieri Jervise Nubian. Questi, dopo aver tratto in salvo i membri dell'equipaggio che si trovavano ancora a bordo, lo affondarono con siluri, poco dopo le 3:00.

La passività con cui il Pola assistette alla distruzione delle due navi sorelle e al massacro dei marinai italiani, e il comportamento sbandato e fuori controllo di parte dei quadri di comando e dell'equipaggio sono stati il terzo elemento, oltre i due su citati, al centro del rovente dibattito che seguì all'infausto battaglia.

I soccorsi ai naufraghi

Dei numerosissimi naufraghi dispersi in mare i cacciatorpedinieri inglesi ne raccolsero oltre 900, compresi i marinai del Pola. Le azioni di soccorso furono però interrotte all'alba del giorno successivo per la comparsa di aerei tedeschi, non prima che l'ammiraglio Cunningham avesse comunicato a Supermarina le cooordinate della posizione dello scontro sollecitando l'invio di soccorsi. Nell'arco della giornata del 29, alcuni cacciatorpedinieri greci continuarono però le operazioni di soccorso raccogliendo oltre 100 naufraghi.

La nave ospedale Gradisca, salpata da Taranto alle 15:30 del giorno 29, giunse sul luogo della battaglia soltanto verso la sera del 30, trattenendosi in quelle acque fino al giorno 5 di aprile. Raccolse ancora in vita soltanto 160 marinai .

L'organizzazione delle operazioni di soccorso è stata il quarto elemento al centro delle polemiche del dopoguerra. Senza nulla togliere all'abnegazione dei soccorritori, è stato criticato l'invio, già di per sè tardivo, di una nave lenta (max 16 nodi), idonea al trasporto di feriti ma palesemente inadatta alla raccolta di naufraghi dispersi in un ampio tratto di mare. Forse altre forme di intervento sarebbero state opportune.


Marinai nella battaglia di Capo Matapan :

Nave

deceduti

salvati

imbarcati

Incrociatore

Fiume

814

269

1083

Incrociatore

Zara

799

287

1086

Incrociatore

Pola

336

688

1024

Cacciatorpediniere

Carducci

171

35

206

Cacciatorpediniere

Alfieri

210

35

245


Nella battaglia di Capo Matapan gli inglesi ebbero solo 3 vittime: i componenti l'equipaggio dell'aerosilurante Fairey Albacore che fu abbattuto un istante dopo aver lanciato il siluro che avrebbe colpito la Vittorio Veneto.

flotta1.jpg

27 Marzo 1941

Lo Zara, il Pola e il Fiume, seguiti dal Duca degli Abruzzi

e dal Garibaldi, partono per la loro ultima missione

 

 

 

Matapan : dalla rivista - LIFE 14 aprile 1941 -

 

m1.jpg

Aerosilurante inglese lancia il suo siluro

contro la Vittorio Veneto

m2.jpg

Il cacciatorpediniere Greyhound illumina con il suo proiettore l'incrociatore Fiume

bersagliato dalle cannonate delle corazzate inglesi

m3.jpg

Il cacciatorpediniere inglese Jervis trae in salvo l'equipaggio del Pola prima di affondarlo

 

2008 - Capodomo - di Raul Cristoforetti

 

 

fiume2.jpg

 

 

 

ONORI per SEMPRE !!

 

BERILLO

 

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Salve a tutti,

 

Da totale neofita all'ambiente (il mio elemento è l'aria, non l'acqua, ma vorrei comunque approfondire la conoscenza), come fu possibile non rendersi conto della presenza di una portaerei e non agire di conseguenza? Capisco che col senno di poi sia facile parlare, ma le decisioni prese in quei concitati giorni a cosa possono essere ricondotte?

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Salve a tutti,

 

Da totale neofita all'ambiente (il mio elemento è l'aria, non l'acqua, ma vorrei comunque approfondire la conoscenza), come fu possibile non rendersi conto della presenza di una portaerei e non agire di conseguenza? Capisco che col senno di poi sia facile parlare, ma le decisioni prese in quei concitati giorni a cosa possono essere ricondotte?

 

C'è letteratura in abbondanza sull'argomento, condensare qui in un unico intervento sarebbe ingiusto.

 

Sicuramente un problema fu proprio l'aria, ovvero la mancanza di efficaci ricognizioni aeree: senza osservazioni aeree non ci si può rendere conto delle forze che il nemico le dispiega (se le dispiega) o lo stato delle stesse; di nuovo, senza l'arma aerea non c'è copertura adeguata per ostacolare il bombardamento da parte degli aerei nemici (fu proprio un aereo a danneggiare gravemente la RN Pola, a cui poi le altri navi italiane prestarono soccorso, per esempio, come fu un aereo a silurare la RN Vittorio Veneto).

 

Altro problema non da poco fu la capacità che avevano gli Alleati di di decrittare i messaggi di Enigma, cosa che permise di prevenire le mosse italiane e tedesche, sposando il traffico mercantile e schierando gli assetti per fronteggiare le operazioni navali.

 

Questi, se non ricordo male, furono tra i motivi più noti, ma ce ne sono altri che i più esperti sapranno elencare.

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C'è letteratura in abbondanza sull'argomento, condensare qui in un unico intervento sarebbe ingiusto.

 

Sicuramente un problema fu proprio l'aria, ovvero la mancanza di efficaci ricognizioni aeree: senza osservazioni aeree non ci si può rendere conto delle forze che il nemico le dispiega (se le dispiega) o lo stato delle stesse; di nuovo, senza l'arma aerea non c'è copertura adeguata per ostacolare il bombardamento da parte degli aerei nemici (fu proprio un aereo a danneggiare gravemente la RN Pola, a cui poi le altri navi italiane prestarono soccorso, per esempio, come fu un aereo a silurare la RN Vittorio Veneto).

 

Altro problema non da poco fu la capacità che avevano gli Alleati di di decrittare i messaggi di Enigma, cosa che permise di prevenire le mosse italiane e tedesche, sposando il traffico mercantile e schierando gli assetti per fronteggiare le operazioni navali.

 

Questi, se non ricordo male, furono tra i motivi più noti, ma ce ne sono altri che i più esperti sapranno elencare.

Consigli su libri al riguardo?

 

Eh si...lo stivale come portaerei inaffondabile non era una grandissima idea alla fine. Il tiro contraereo era così inefficiente? Alla fine se non sbaglio erano Albacore (biplani) che hano silurato, anche nel caso della Bismack con gli Swordfish, come mai così difficili da tirare giù?

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,,,Consigli su libri al riguardo?

 

L'ottimo libro di Francesco Mattesini " L'operazione Gaudo e lo scontro notturno di Capo Matapan " USMM 1998. Cercando con google non mi pare sia stato recensito nella biblioteca do Betasom. Trovi qui una buona presentazione:

https://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=21268

Se non lo trovi in libreria puoi acquistarlo direttamente all'USMM a prezzo ridotto.

Catalogo pubblicazioni e condizioni di vendita in http://www.marina.difesa.it/conosciamoci/editoria/Pagine/CatalogopubblicazioniUfficioStorico.aspx

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Consigli su libri al riguardo?

Attualmente direi che l' opera più completa su Matapan sia il libro di Francesco MATTESINI "L' OPERAZIONE GAUDO E LO SCONTRO NOTTURNO DI CAPO MATAPAN" edito dall' UFF. STORICO della M.M. nel 1998 e recensito in Biblioteca.

 

Da parte Inglese segnalo il libro di S.W. C. PACK "AZIONE NOTTURNA AL LARGO DI CAPO MATAPAN, edito da MURSIA nel 1973, anche questo recensito in Biblioteca.

 

Anche il libro del C.te R. SETH "DUE FLOTTE SORPRESE", edito da GARZANTI nel 1962, è interessante.

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Il volume di mattesini é presente nella nostra biblioteca,ne avevo fatto una brevissima recensione io stesso.

 

Altri volumi su Matapan dunque....

 

-Morte per acqua a Capo Matapan di G.Capriotti (tratta la vicenda dal punta di vista del Caccia "Carducci".

-L'Odissea di un Marinaio dell'Amm.Cunningham (relativa al capitolo di Matapan per sentire la campana del vincitore).

-Le azioni navali dal 10/6/40 al 31/3/41 di G.Fioravanzo (sempre relativo al capitolo di Matapan,un'opera di riferimento sulla nostra guerra navale anche se risente un po dell'età e di più recenti studi).

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