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65 Anni Fa Capo Matapan


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L’AGGUATO DI CAPO MATAPAN”

La tragica fine delle Unità della Prima Divisione Navale (gli Incrociatori FIUME POLA e ZARA e di due Cacciatorpediniere della Scorta, ALFIERI e CARDUCCI).Quella di Capo Matapan (punta estrema a sud del Peloponneso, nel mare Egeo) è una delle più terribili tragedie umane che si siano consumate in mare.

Sono trascorsi 65 anni da quella notte, tra il 28 e 29 marzo 1941, durante la quale, in pochi maledetti minuti, la Marina Italiana subì la perdita di tre incrociatori e due cacciatorpediniere.

La missione, denominata “Operazione Gaudo”, dal nome dell’isolotto a sud di Creta, aveva l’obiettivo di intercettare i convogli che, partendo da Alessandria d’Egitto, rifornivano l’apparato bellico alleato stanziato a Creta. La Squadra Navale italiana, agli ordini dell’Ammiraglio di Squadra Angelo Iachino, era composta dalla corazzata “Vittorio Veneto” (nave ammiraglia); da sei incrociatori pesanti da 11.000 tonnellate: tre della Prima Divisione Navale (Amm. Cattaneo), ”Zara”, “Pola e “Fiume”, tre della Terza Divisione (Amm. Sansonetti) Trieste”, Trento”, e “Bolzano”; due incrociatori leggeri dell’Ottava Divisione (Amm. Legnani), “Abruzzi” e “Garibaldi”, e tredici cacciatorpediniere delle Squadriglie: Sesta, Nona, Dodicesima e Tredicesima. Tali forze salpano, tra il 26 ed il 27 di marzo, da varie basi italiane (La Spezia, Napoli, Messina, Taranto e Brindisi). Ma gli inglesi già conoscono le intenzioni della nostra Marina.

A scoprire tale intendimento è l’Intelligence Service inglese, capace di intercettare e decifrare, quasi in tempo reale, gli ordini operativi che Supermarina inviava ai Comandi dipendenti. Con l’apertura degli archivi segreti inglesi, dopo cinquant’anni dalla fine della guerra, si è finalmente chiarito che ciò avvenne perché l’Inghilterra era venuta in possesso della decifrante “ultra” costruita ed usata dai tedeschi. Ciò ridimensiona le tante accuse di “tradimenti” sostenute da molti e, più di tutti, da Antonio Trizzino nel suo libro “Navi e Poltrone” Che suscitò tanto scalpore qualche decennio scorso. Gli inglesi, già dal 25 di marzo, erano venuti a conoscenza che la Flotta Italiana stava preparando qualcosa di grosso decifrando un messaggio che Supermarina aveva inviato al Comando Militare dell’Egeo il seguente messaggio: “OGGI 25 MARZO EST GIORNO X-3”; quindi il fatidico giorno X sarebbe stato il 28 Marzo. L’Amm. Cunningham, comandante in capo della Mediterranean Fleet, ne ha la certezza il mattino del 27 marzo quando, un suo aereo ricognitore, gli comunica l’avvistamento della Squadra Navale Italiana a 70 miglia ad est di Capo Passero, con direttrice di marcia S.E.

L’Ammiraglio inglese ordina a tutti i convogli di rientrare nei porti più vicini e allerta nel frattempo le unità della Mediterranean Fleet dislocate nel Mediterraneo Medio Orientale e il giorno 27, dopo il tramonto per non essere avvistato dalla ricognizione aerea italo-tedesca, prende il mare, da Alessandria d’Egitto, con la potente squadra da battaglia costituita dalle corazzate “Valiant”, “Bahram” e “Warspite” (nave Ammiraglia) e dalla portaerei “Formidable”, scortate da numerosi incrociatori e cacciatorpediniere.

In definitiva le due Squadre avversarie si vanno incontro; con la differenza che gli inglesi sanno di andare sicuramente incontro alla Squadra Italiana, mentre quest’ultima, pur considerando un’auspicabile” presenza di navi da guerra nemiche, con cui finalmente misurarsi, è ignara della presenza in mare delle navi da battaglia inglesi, anche per l’errata informazione a Iachino (cosa che ha fatto e fa ancora discutere), cui viene inoltre a mancare, fin dal mattino del 28, la ricognizione aerea italo-tedesca, non decollata dagli aeroporti delle basi italiane dell’Egeo per avverse condizioni meteorologiche: “Scarsa visibilità.”

Lo ”scontro” ha inizio alle prime ore del mattino del 28 marzo con continui attacchi di aerosiluranti inglesi provenienti dalla portaerei Formidable che, ad ondate, attaccano le Unità italiane che li respingono con un veemente fuoco di sbarramento, senza riportare significativi danni, mentre la distanza dal “grosso” delle Unità di Cunningham si è ridotta ormai tra le 60 e le 70 miglia.

Non essendo Iachino a conoscenza della presenza in mare della Portaerei britannica, deduce, erroneamente, che gli aerosiluranti provengono dagli aeroporti inglesi dell’isola di Creta. Nel primo pomeriggio, durante uno di tali attacchi, è danneggiata il “Vittorio Veneto” che è costretta a ridurre la sua velocità a 15 nodi. A questo punto, vista ormai l’inutilità di continuare la missione, Iachino ordina alle sue Unità di rientrare alle basi, facendo assumere rotta nord-nord-ovest e alla “Vittorio Veneto”, riparate le avarie, di assumere la velocità di 19 nodi. Si era quindi creata una situazione di moto relativo tra le due formazioni che non avrebbe consentito a quella inglese di raggiungere quella Italiana se non, forse, nelle prime ore del giorno successivo, vale a dire troppo sotto le coste italiane, evento che gli inglesi avrebbero sicuramente evitato per non correre gravi e temuti rischi.

L’Ammiraglio inglese, resosi conto di quanto sopra, ordina alla portaerei.” Formidable”, nell’approssimarsi del tramonto, di far levare in volo un’altra ondata di aerosiluranti per portare un ultimo massiccio attacco alle Unità di Iachino. Dieci aerosiluranti (sei Albacore e quattro Swordfish) attaccano da ponente, al calare del sole, le Unità italiane che li accolgono con un nutrito fuoco di sbarramento antiaereo, evitando, con opportune manovre, il lancio dei loro siluri, abbattendone un paio. Purtroppo un siluro, lanciato da un Albacore, colpisce, nella zona poppiera, il “Pola” che, per i gravi danni subiti all’apparato di propulsione ed a quello elettrico, si arresta, non potendo più né governare né sparare.

Fu questo l’evento imprevisto che permise a Cunningham di acquisire quel vantaggio che per tutta la giornata aveva caparbiamente cercato. L’Ammiraglio Iachino, informato da Cattaneo dell’immobilizzazione del “Pola”, verso le 20.30, gli impartisce l’ordine, rivelatosi poi tragico, d’invertire la rotta con il resto della Divisione (“Zara”, “Fiume” e i cacciatorpediniere “Alfieri”, “Gioberti”, “Carducci” e “Oriani”) per soccorrere e rimorchiare il “Pola”.

La manovra è eseguita, a malincuore da parte di Cattaneo che ha il sentore della presenza della flotta inglese nelle vicinanze. E’ ormai buio inoltrato e le Unità di Cattaneo navigano alla cieca (non avevano il radar, mentre le inglesi si).Le Unità inglesi avevano intanto raggiunto e localizzato il “Pola” e stanno dirigendo verso di esso per affondarlo, quando, non “credendo ai loro occhi”, scoprono sui loro schermi radar le altre unità della Divisione italiana, modificano la loro manovra di avvicinamento al Pola, disinteressandosi per il momento, in quella di attacco delle nostre navi, completamente ignare della loro presenza. Dopo qualche minuto, dalle ore 22,23 alle 22,26, ad una distanza compresa tra 2.800 e 3.200 metri, illuminando improvvisamente le nostre navi con i proiettori, le Unità inglesi aprirono il fuoco. Le tre corazzate inglesi sparano, in quattro minuti, con una precisione di tiro impressionante, data anche la breve distanza, 100 colpi perforanti dai grossi calibri da 381 mm. L’effetto delle salve, ciascuna delle quali di 6/8 proiettili del peso singolo di circa una tonnellata, è indescrivibile. Riescono a disimpegnarsi, indenni, l’“Oriani” ed il “Gioberti”, mentre la reazione delle altre unità è quasi nulla per i gravissimi danni provocati dalle improvvise bordate nemiche. Quel mare diviene un immane rogo e le unità colpite, in fiamme, sono successivamente affondate dai siluri lanciati dalle navi inglesi minori. La stessa sorte tocca al “Pola” verso le prime ore del mattino, dopo che gli inglesi, anche con l’ausilio di unità greche fatte uscire all’uopo dai loro porti, hanno tratto in salvo e catturato gran parte dell’equipaggio.

3.684, tra Ufficiali, Sottufficiali, Marinai e personale civile imbarcato, erano, al momento dell’affondamento, gli uomini che costituivano gli equipaggi di quelle belle e sfortunate Navi. In quella terribile notte perirono ben 2.308 uomini (l’ottanta per cento tra un’età compresa tra i venti ed i venticinque anni), chi subito straziato dalle deflagrazioni dei colpi giunti a bordo, chi annegato, dopo lunga e penosa agonia, per le ferite e le ustioni riportate, chi dilaniato dai pescecani sotto gli occhi atterriti dei compagni superstiti, alcuni dei quali, come l’allora tenente di vascello Cimaglia, ora ammiraglio, ricorda con orrore e raccapriccio. 1196 furono quelli raccolti dalle navi inglesi e greche, con gesto di ammirevole umanità ed in nome di quella solidarietà che caratterizza ed unisce la “gente di mare”, aldilà dei confini e delle diverse etnie. Per questi si aprirono i campi di prigionia in India ed in Egitto. Molti di loro non tornarono....!

Il mattino del 29 marzo, Cunningham ordina alle sue navi di fare rientro alle loro basi e, con ulteriore nobile gesto, fa comunicare a Supermarina la posizione dell’affondamento che, appresa la notizia, confermatagli anche dai due caccia superstiti, invia nella zona, la nave ospedale “Gradisca”.

Purtroppo la tragedia si era consumata a 450 miglia dalle basi italiane e l’Unità giunse in zona dopo circa tre giorni. Furono raccolti ancora 170 uomini, ormai stremati, in un mare pullulante di cadaveri galleggianti, enorme orrido banchetto dei pescecani che infestavano quella zona di mare.

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Grazie per il ricordo...

Meritano di essere menzionate comunque le disperate reazioni del CT Alfieri, che sparò qualche salva e tentò d'andare in punteria coi siluri; e la dimenticata azione del CT Carducci, che prima di affondare si disimpegnò per coprire con una cortina di fumo i sezionari Gioberti e Oriani.

 

Tra i tanti, troppi nomi da menzionare ricordo quello di un sommergibilista: il CF Ginocchio, com.te del Carducci, che con la sua forza d'animo, anche facendo recitare la sera la Preghiera del Marinaio, trasse in salvo i naufraghi della sua zattera dopo giorni di stenti.

 

GM Andrea

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grazie Comandante!

 

onori ai nostri caduti, anche quelli non direttamente connessi con il combattimento. per il mare grosso affondarono nel rientro a Taranto, delle torpediniere. ricordo lo scirocco, non ricordo se e quante altre.

 

Onori a loro...

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grazie Comandante!

 

onori ai nostri caduti, anche quelli non direttamente connessi con il combattimento. per il mare grosso affondarono nel rientro a Taranto, delle torpediniere. ricordo lo scirocco, non ricordo se e quante altre.

 

Onori a loro...

 

Ti correggo...i due CCTT cui ti riferisci (Scirocco e Lanciere) affondarono per il mare grosso esattamente 64 anni fa, il 22 marzo 1942, al termine della Seconda Sirte (cfr. Vittorio di Sambuy, L'onda immensa, IRECO 2004).

Onori anche a loro...

 

GM Andrea

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signori

grazie a tutti per il ricordo di quella tragica notte io ne so qualcosa poichè il mio prozio era imbarcato come cannoniere sul Fiume e non è più tornato è stata una tragedia per la mia famiglia si dette il caso che proprio il 28 di marzo lui compisse 20 anni e purtroppo una cannonata se lo è portato via

comunque c'è da dire che i nostri uomini si comportarono in maniera egregia in un frangente come quello e bisogna sempre ricordare il gesto che gli inglesi fecero il chè sta ad indicare quanto rispetto e stima i nostri avversari avevano nei nostri confronti

molte giovani vite si sono perse in mare purtroppo

ma non si è vista mai vigliaccheria chi è scomparso è scomparso comportandosi non dico da ignaro eroe ma comunque da grande persona e per fortuna allora ancora molte regole cavalleresche venivano rispettate

continuo a dirlo fu una tragedia ma un plauso alla cavalleria dell'ammiraglio cunningham

e un ricordo a coloro che non ci sono più

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Prima di tutto ONORE AI NOSTRI CADUTI!!!

 

Poi una piccola nota storica.

L'azione di Gaudo, da cui deriverà la tragica battaglia (Battaglia?, forse tiro al bersaglio è il termine più appropriato) nasce dall'incontro di Merano. Gli alleati tedeschi sono molto critici nei confronti degli italiani, a causa degli apparenti scarsi risultati che la flotta italiana ha conseguito contro gli Inglesi, in particolar modo nella battaglia di punta Stilo, l'azione di Taranto e il bombardamento di Genova, dando l'impressione di una sudditanza psicologica nei confronti della Royal navy, se non addirittura vera paura nell'impegnare il grosso della flotta contro i Britannici. In sudditanza psicologica nei confronti della Kriegsmarine per le sconfitte subite, accetta, peraltro malvolentieri, le critiche che le vengono rivolte e si stabilisce che venga compiuta una incursione contro il traffico navale alleato tra Egitto e Grecia. Però gli inglesi hanno tutti i vantaggi dalla loro, e in particolar modo portaerei e AVIAZIONE NAVALE , che gli italiani non hanno. Infatti i fattori tattici che si riveleranno decisivi saranno il siluramento della Vittorio Veneto e del Pola. Per aiutare gli italiani i tedeschi hanno fornito delle macchine cifranti, Enigma, non sapendo, purtroppo, che a Benchley Parck (londra) gli inglesi sono riusciti a costruire un primitivo computer elettromeccanico in grado di violare i codici di ultra in 24/48 ore. Inoltre, benchè anche gli italiani dispongano di tali apparecchi enigma, risulterà, negli anni 70, dopo al rimozione del segreto di stato da parte dei britannici, che i messaggi intercettati e decifrati furono per lo più quelli che il comando tedesco sud inviava a Berlino, (con date, orari e rotte delle nostre navi, sigh...). Da ciò nasce la tragedia di Matapan.

Veniamo ora ai limiti e agli errori della nostra marina:

 

 

 

In realtà i limiti delle nostre forze sono prima di tutto strategici, poi addestrativi e operativi.

Strategici perchè?: La marina italiana è consapevole che, letteralmente imbottigliata nel mediterraneo a causa di Gibilterra e Alessandria, potrà sconfiggere la flotta britannica solo buttandola letteralmente fuori dal "Nare Nostrum". Infatti la marina britannica è superiore in mezzi e addestramento e benchè costretta a frazionare le sue forze potrà sempre sostituire le navi che andassero perse in una ipotetica grande battaglia navale, anche vittoriosa per le armi Italiane. Inoltre le capacità industriali britanniche, sostenute dagli USA, permettono di sostituire le perdite e ingrandire la Royal Navy, lItalia non sarà in grado di di sostituire neppure le navi perdute. La strategia adottata pertando è di tipo indiretto, garantire i rifornimenti alla forze di terra in nord'Africa affinchè esse caccino i Britannici dal Medio oriente. Una volta presa Alessandria e caduto il dominio inglese sulla penisola arabica la flotta Italiana taglierà in due l'impero Britannico, imposessandosi dei preziosi combustibili arabi e probabilmente costringendolo alla resa. Infatti, anche piccole forze corsare di superficie e i sommergibili italiani, lanciati ad attaccare il traffico mercantile nell'oceano indiano metterabbero la royal navy in una tragica scelta, difendere i convogli VERSO la madrepatria o quelli verso e da le colonia asiatiche, senza avere le risorse per farlo.

Tuttavia per fare ciò manca un assetto che si rivelerà fondamentale, una vera aviazione navale e un ottimo coordinamento con la regia Marina. Tutto ciò non è stato preparaato in tempo di pace, e in guerra si riuscirà ad everlo solo nella meta del 1942, come dimostreranno le battaglie di mezzo Giugno e mezzo agosto, le due vere sconfitte delle forze inglesi nel mediterraneo.

In base al presupposto strategico adottato la marina italiana darà sempre im massimo nella difesa del traffico per la Libia, (che non fu mai interrotto degli alleati, anche nel 1943). Tuttavia quando vi furono scontri tra le navi d battaglia la marina italiana si dimostrera sempre troppo cauta, timorosa che una grande sconfitta navale potesse tagliare in maniera definitiva il traffico con la Libia e perdendo la guerra in un colpo solo. Purtroppo ciò che mancò all'Italia forono delle forze di terra e aerea adeguate al raggiungimento dello scopo. Le avrebbero avute i tedeschi, ma preferirono adare a morire congelati in Russia.....

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