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  1. Titolo: Scritti militari 1 La rivoluzione armata Autore: Lev Trotskij, prefazione di Pierre Naville Casa editrice: Feltrinelli, Milano Anno di edizione: 1971 Pagine: 780 (con una grande carta geografica ripiegata più volte) Dimensioni: 14 X 22 Prezzo originario: £ 5.000 Prezzo di vendita: Euro 35 Reperibilità: molto rara Sinossi dell’editore: La rivoluzione armata è il primo volume degli Scritti militari di Trotzki, e raccoglie i suoi discorsi, rapporti, ordini del giorno e altri docu­menti che riguardano la direzione dell'Armata rossa negli anni 1918­/1919. La pace di Brest-Litovsk, di cui Trotskij fu il negoziatore, era stata appena conclusa con la Germania. Fin dalla primavera e dall'estate 1918, rivolte antisovietiche si verificavano nelle regioni baltiche, in Ucraina, nel Caucaso e negli Urali. Gli anglo-francesi le appoggia­vano dal Mar Baltico e dal Mar Nero, mentre gli americani e i giap­ponesi sbarcavano sulle coste del Pacifico. Seguirà un periodo di parecchi anni — approssimativamente fino al 1921 — in cui il de­stino della Russia dipenderà da un insieme di azioni di guerra e di operazioni militari, nelle quali Trotzki — come commissario del po­polo alla guerra e presidente del Comitato rivoluzionario di guerra — avrà un ruolo eminente. I testi che presentiamo, oltre al loro insostituibile valore documen­tario e illuminante un periodo essenziale della Rivoluzione russa, ci rivelano anche le eccezionali doti di scrittore e di uomo d'azione di Trotzki. I suoi rapporti, i suoi discorsi, i suoi ordini non sono semplici atti di comando o istruzioni. Sono relazioni e spiegazioni al popolo, ai soldati. È la politica che comanda la guerra, ed è mediante la politica che Trotskij la conduce e la spiega. Egli fa la storia della guerra civile nel momento stesso in cui la vive, ed è questo che dà ai suoi scritti un significato tutto particolare. La pubblicazione di quest'opera, mai prima tradotta — proibita e addirittura sconosciuta in URSS tranne che a qualche specialista militare — dà per la prima volta la possibilità di conoscere nella sua complessità e "dall'interno" ciò che è stata la guerra civile in cui fu gettata al suo inizio la Rivoluzione russa. Sinossi personale: Se la letteratura sull’Armata Rossa nel corso della II guerra mondiale e nei decenni del dopoguerra abbonda, tanto da poter dire che la quantità supera sovente la qualità, le scaturigini della macchina militare dell’impero sovietico, di uno dei più grandi eserciti del mondo, restano terra incognita. La ragione, vi è buon motivo di ritenere, è di ordine politico: il suo primo organizzatore e comandante, comandante politico va sottolineato, fu un eretico del movimento comunista, prima emarginato poi espulso ed infine ucciso da sicari. Tutto questo ha fatto si che le origini dell’Armata Rossa restassero, non solo in URSS, poco o punto considerate. Il corposo volume in esame è quindi un prezioso strumento per comprendere le scaturigini dell’esercito sovietico. Indubbiamente è una storia scritta dalla parte del vincitore e quindi priva di uno spessore critico e oggettivo, ma la quantità dei materiali offerti ci permette molteplici considerazioni e giudizi. Vi è comunque un fatto da considerare: le rivoluzioni moderne hanno sempre affermato il loro essere un inizio di una nuova epoca della storia umana. La rivoluzione russa poi, con l’istituzione dell’ordine socialista riteneva di aver dato inizio ad un sistema sociale che avrebbe soppiantato quello capitalista su scala planetaria. Al di là dell’affermazione politica pel campo militare si può dire ch oltre a costruire l’esercito del nuovo stato a partire dai vecchi quadri zaristi, Trotskij dovette combattere le tendenze contrarie alla creazione di un esercito regolare propugnate oltre che dagli anarchici dai social rivoluzionari. Un volume dunque fitto di spunti di studio che va tratta di un punto di svolta di una delle grandi potenze mondiali e del suo esercito. La pagina che presento rivela comunque la sostanziale unità della strategia russa: quella di attirare l'avversario verso un grande centro abitato per dissanguarlo in un combattimento strada per strada. Il proclama di Trotskij riecheggia quindi le battaglie contro gli eserciti di Carlo XII, Napoleone Bonaparte ed Hitler. Una pagina: Pietrogrado si difende anche dall'interno Il problema non è soltanto di difendere vittoriosamente Pietro­grado, ma anche di farla finita una volta per tutte con l'armata nord-ovest dell'avversario. Da questo punto di vista, sul piano strettamente militare, sarebbe più vantaggioso per noi lasciare che le bande di Judenic si aprissero un varco nelle mura della città, perché Pietrogrado facilmente si tra­sformerebbe in una trappola per le truppe di Guardie bianche. Pietrogrado non è né Jamburg né Luga. La capitale del nord della rivoluzione operaia occupa una superficie di 91 verste quadrate. Pietrogrado ha quasi 20.000 comunisti, una importante guarnigione, una difesa composta di truppe d'artiglieria e di genio che dispongono di mezzi enormi, quasi inesauribili. Una volta entrate in questa città gigantesca, le Guardie bianche cadranno in un labirinto di ferro, dove ogni casa sarà per loro un enigma, una minaccia, un pericolo mortale. Da dove arriverà il colpo? Dalla finestra? dalla soffitta? dallo scantinato? dall'angolo della stra­da? Da ogni parte! Abbiamo a nostra disposizione mitragliatrici, fu­cili, pistole, bombe a mano... Possiamo chiudere le strade con ferro spinato, lasciarne alcune aperte per trasformarle in trabocchetti. Per fare questo bastano soltanto alcune migliaia di uomini fermamente decisi a non cedere Pietrogrado. Quali sono le forze del nemico? Supponiamo che siano cinquemila, diciamo pure diecimila. Nelle strade non potranno manovrare né in masse compatte né in linee spiegate. Si dovranno dividere in piccoli gruppi e in piccoli distaccamenti che si sperderanno nelle strade e nei vicoli di Pietrogrado senza un diretto legame tra loro, minacciati a ogni angolo di strada. Tutto l'apparato delle comunicazioni interne della città resterebbe completamente nelle nostre mani. Occupando la posizione centrale, noi agiremmo a raggiera, dal centro verso la periferia, dirigendo ogni volta l'attacco nella direzione più importante per noi. La possibilità di continui spostamenti di truppe e la profusione di mezzi di trasporto moltiplicherebbero per dieci le nostre forze. Ogni combattente senti­rebbe dietro di lui una base bene organizzata e abbondanti riserve mobili. Se le Guardie bianche arrivassero ad avvicinare la loro artiglieria alla città prima dell'arrivo dei nostri rinforzi, anche in questo caso non raggiungerebbero nessun risultato notevole. Il bombardamento di Pietrogrado potrebbe causare danni a edifici isolati, uccidere un certo numero di abitanti, donne e bambini. Ma le migliaia di combattenti rossi disseminati dietro gli sbarramenti di filo spinato, dietro le bar­ricate, nei sotterranei e nelle soffitte sarebbero esposti a un rischio com­pletamente insignificante in rapporto al numero complessivo degli abi­tanti e dei proiettili lanciati. Al contrario, ogni Guardia bianca, entrata nella città, sarebbe esposta a un pericolo personale, diretto e immediato, perché i difen­sori di Piertogrado la colpirebbero da dietro le barricate, le finestre, gli angoli delle strade. La situazione sarebbe ancora più difficile per le Guardie bianche a cavallo, perché il cavallo diventerebbe subito per ciascuna di esse un grave handicap. Basterebbero due o tre giorni di un simile combattimento nelle strade per trasformare le bande entrate nella città in un gregge spa­ventato, braccato, di vigliacchi che si arrenderebbero a gruppi o iso­latamente ai passanti disarmati e persino alle donne. L'essenziale è di non perdere il nostro sangue freddo nei primi momenti. Si sa da sempre che per una grande città esiste il rischio di un grande panico. E senza dubbio a Pietrogrado vi sono ancora numerosi servi piccolo-borghesi del vecchio regime, senza volontà, senza energia, senza idee, senza coraggio. Questa massa informe è incapace di fare qualcosa da sola. Ma nel momento critico, per la paura degli individui e il panico della massa, può diventare pericolosa. Per fortuna della rivoluzione, a Pietrogrado vi sono anche uomini con un altro spirito, un'altra tempra: sono i proletari d'avanguardia, e in primo luogo la giovinezza cosciente della classe operaia. Su questi elementi si basa la difesa interna di Pietrogrado o meglio lo sterminio delle bande di Guardie bianche, se queste con un balzo entrassero all’improvviso nella capitale proletaria. Certo, i combattimenti nelle strade implicano vittime accidentali, la distruzione di valori culturali. È una delle ragioni per cui il comando operazionale deve prendere tutte le misure per non lasciare penetrare il nemico a Pietrogrado. Ma se le unità di combattimento non si di­mostrassero all'altezza e aprissero al nemico, che ha rischiato il tutto per tutto, la strada di Pietrogrado, questo assolutamente non signifi­cherebbe la fine della lotta sul fronte di Pietrogrado. Al contrario, la lotta prenderebbe un carattere più intenso, più accanito, più deci­sivo. Le Guardie bianche sarebbero soltanto loro responsabili delle vit­time innocenti e delle assurde e inutili distruzioni. E noi arriveremmo con una lotta audace, accanita e decisiva nelle strade di Pietrogrado a sterminare completamente le bande del nord-ovest. Pietrogrado, preparati! I giorni di ottobre sono già stati dei grandi giorni per te. In questo mese di ottobre, il destino ti invita a scrivere una nuova pa­gina, forse la più gloriosa della storia della lotta del proletariato. 16 ottobre 1919, Bologoe-Pietrogrado. In viaggio, n° 98.
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