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max42

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  1. Mi scuso per le imperfezioni che inevitabilmente ci sono nell'editing. Ho dovuto fare un lavoro piuttosto impegnativo di copia e incolla per inserire le foto nel testo del mio diario e, contemporanemente, modificare parzialmente quanto scritto a suo tempo per renderlo consistente con la storia del Canale. Tra l'altro la gestione del post non è semplice (almeno per me), perchè ogni tanto nel copia e incolla succede qualche pasticcio. L'obiettivo era comunque di far vedere come funziona il Canale di Panama e credo di esserci riuscito, al di là del mio approccio alquanto "naif" alla gestione del post. Mi fa comunque piacere che, nel complesso, ti sia piaciuto.
  2. Questa descrizione è tratta dal mio “giornale di bordo” tenuto in occasione di un viaggio in Cina attraverso l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico a bordo della portacontainer tedesca ZIM SAN FRANCISCO a cavallo tra il 2009 e il 2010. È ancora notte quando sale a bordo il pilota che ci guiderà nella chiusa di Gatun . Avevamo dato fondo all’ancora ieri pomeriggio nella Limon Bay, di fronte a Colón e adesso stiamo per iniziare questo interessantissimo percorso che ci porterà, in serata, nelle acque dell’Oceano Pacifico. Imbocchiamo a lento moto un breve tratto del canale che ci porta alla chiusa di Gatun, dove saliremo i tre “scalini” costituiti dai bacini che ci immetteranno nel Lago di Gatun. Ormai si è fatto giorno, ma persiste quell’atmosfera lattiginosa dovuta all’incredibile tasso di umidità che grava perennemente sull’istmo. Due rimorchiatori spingono sulle fiancate per allineare la nave all’imboccatura del primo bacino di sinistra. La ZIM SAN FRANCISCO è allineata sulla porta del bacino in attesa che termini il suo riempimento per consentire alla nave che la precede di passare a quello successivo. Quindi il bacino verrà nuovamente svuotato, la porta verrà aperta ed entreremo a nostra volta. Notare sulla destra un’altra portacontainer che sta entrando nel bacino parallelo assistita da due locomotori che si intravedono in prossimità della prua; altri due (nascosti dalla nave) si trovano sul lato di dritta. Nella seconda conca di destra si vede una nave in procinto di passare nella terza conca per raggiungere il livello del Lago di Gatun. Sul muro che separa le due serie di bacini, all’altezza della nave di cui sopra, si vede la cabina di controllo dell’intera chiusa. Attendiamo che la nave che ci precede passi nel secondo bacino e che venga svuotato il primo, dopodiché potremo accedervi noi. L’operazione si conclude in meno di mezz’ora. La velocità di riempimento e svuotamento dei bacini lascia esterrefatti, considerando che la progettazione è avvenuta oltre un secolo fa: in circa dieci minuti vengono immesse o estratte dalle 100 aperture create sul fondo ben 190.000 tonnellate d’acqua. L’immissione è spettacolare: in superficie si notano solo dei gorgoglii che non provocano quelle turbolenze all’interno del bacino che potrebbero nuocere alla indispensabile immobilità della nave. Non appena la prua è all’interno dei due moli, ancora prima di oltrepassare la porta che è stata spalancata quando il livello dell’acqua al suo interno si è uniformato a quello del mare, due locomotori a cremagliera – che la gente del Canale ha soprannominato “muli” (mulas) fin dal momento della sua inaugurazione – agganciano la nave poco a poppavia di ciascun mascone con i loro cavi d’acciaio che gli ormeggiatori saliti a bordo assieme al pilota incappellano alle bitte della ZIM SAN FRANCISCO. Ogni locomotore ha rilasciato due cavi che vengono tenuti in tensione da altrettanti verricelli installati sul locomotore stesso. Non appena anche la poppa sarà entrata tra i due moli, altri quattro rimorchiatori compiranno la stessa operazione agganciandola all’altezza del giardinetto. I locomotori sono essenziali per poter transitare attraverso le chiuse. Si muovono in una sorta di simbiosi con la nave, mantenendola nella mezzeria del bacino durante il suo ingresso e poi tenendola bloccata durante le operazioni di riempimento o di svuotamento. Non svolgono alcuna funzione di rimorchio, in quanto la nave entra nella chiusa con i propri mezzi, facendo girare il motore al regime minimo consentito, ma solo quella di stabilizzatori. Viaggiano su binari a cremagliera che corrono sulla sommità degli argini e per tutta la loro lunghezza, salendo e scendendo agevolmente lungo i piani inclinati, che hanno una pendenza di 45°, posti in corrispondenza dei salti di livello di due conche successive e mantenendo in tensione con i loro verricelli i cavi d’acciaio che li collegano alla nave. Generalmente il secondo locomotore di sinistra a prua ha il compito di coordinare le operazioni di tutto il gruppo per quanto riguarda tesare o allascare i cavi, con il suono di una campana secondo un codice prestabilito. Tutto deve essere svolto con la massima precisione, perché lo spazio tra le fiancate della nave e le pareti del bacino non supera i 50 cm. La ZIM SAN FRANCISCO è nel bacino in fase di riempimento. In prossimità della prua si vede il secondo locomotore di dritta. Quando la conca sarà riempita, la porta che si intravede dopo la rampa verrà aperta e la nave procederà nel secondo bacino, tenuta in mezzeria dai locomotori che saliranno la rampa manovrando opportunamente i verricelli per mantenere la corretta tensione dei cavi. A metà della seconda conca si vede la cabina di controllo. Sulla destra nella foto, la MOL ENDEAVOR è già nel secondo bacino, come si nota dalla porta chiusa a pochi metri dalla poppa. I locomotori originali, costruiti dalla General Electric, pesavano 43 tonnellate, erano dotati di un solo verricello e potevano esercitare una forza di trazione di 11.326 kg. alla velocità massima operativa di 3,2 km/h. La velocità massima di ritorno era di 8 km/h. Invece, i locomotori costruiti nel 1964 dalla Mitsubishi pesavano 50 tonnellate e potevano esercitare una forza di trazione di 31.795 kg. alla velocità massima di esercizio di 4,8 km/h e di 14,4 km/h in ritorno. Erano inoltre dotati di due verricelli. Il peso dei locomotori attualmente in esercizio è di 50 tonnellate, operano con due verricelli da 290 HP ciascuno, rispetto ai 170 HP del precedente modello ed hanno una forza di trazione di 31.795 kg. a 4,8 km/h e di 18.171 kg. a 8 km/h. I nuovi modelli hanno inoltre una velocità di ritorno di 16 km/h. Impieghiamo due ore a superare le tre conche e ci troviamo ora nel Lago di Gatun, 26 metri sopra il livello del mare. Qui dovremo rimanere all’ancora fino alla formazione del convoglio del quale faremo parte. Il pilota e gli ormeggiatori sono sbarcati. Al momento di riprendere la navigazione salirà a bordo il nuovo pilota che ci guiderà lungo il Canale. Per una legge dello stato di Panama, il comando della nave, sia essa mercantile o militare, è assunto dal pilota. Credo che questo sia l’unico caso al mondo, perché il diritto marittimo internazionale definisce il pilota come “consulente” del comandante, al quale compete la responsabilità della navigazione e la decisione ultima sulle manovre da eseguire; per la verità non mi è mai capitato, sia quando navigavo per professione che in questi ultimi anni che l’ho fatto per turismo, di vedere un comandante che contraddice un pilota. Nel caso del Canale di Panama, il comandante resta comunque responsabile del funzionamento della nave e dell’operatività dell’equipaggio. La cabina di controllo e uno dei locomotori di poppa dopo la salita della rampa. Stiamo gà procedendo verso la terza conca. Quando entriamo nel Taglio di Culebra, il Canale si stringe ulteriormente ed a vederne le sponde alte e scoscese è inevitabile tornare con la mente all’enorme lavoro compiuto per effettuare il taglio dello spartiacque continentale. Sono ancora visibili gli spiazzi dove avevano sede i vari cantieri ed i terrazzamenti sui quali John Stevens fece posare i binari per i treni che trasportavano alle discariche il materiale estratto, mano a mano che progredivano gli scavi. Navi all’ancora nel Lago di Gatun in attesa della formazione del convoglio. La nostra attesa non dura molto, infatti dopo circa un’ora sale a bordo il nuovo pilota, quindi salpiamo l’ancora e ci inseriamo nel convoglio che si sta formando. Inizia la navigazione nel Canale, costituito in questo primo tratto da un sentiero tortuoso delimitato da boe nel Lago di Gatun. Mi colpisce l’intrico della vegetazione della foresta pluviale che ricopre le sponde e le numerose isolette del lago. Il caldo, unito all’elevatissima umidità, è soffocante e il pensiero torna agli immani sacrifici delle decine di migliaia di lavoratori che, in un clima così avverso e con una natura tanto ostile, hanno portato a termine questa opera titanica avvalendosi di una tecnologia primitiva se confrontata con l’attuale. Navigazione nel Lago di Gatun. Appena fuori dal lago, il Canale comincia a stringersi. All’altezza di Gamboa, alla confluenza col Rio Chagres, avviene il cambio del pilota e a poppa si aggancia un rimorchiatore che aiuterà la nave nelle curve più strette del Taglio di Culebra, costituendo inoltre una sicurezza per mantenerla in asse nel caso di un’improvvisa avaria al timone o al motore. Navigazione nel Canale all’altezza di Gamboa. Quando entriamo nel Taglio di Culebra, il Canale si stringe ulteriormente ed a vederne le sponde al-te e scoscese è inevitabile tornare con la mente all’enorme lavoro compiuto per effettuare il taglio dello spartiacque continentale. Sono ancora visibili gli spiazzi dove avevano sede i vari cantieri ed i terrazzamenti sui quali John Stevens fece posare i binari per i treni che trasportavano alle discariche il materiale estratto, mano a mano che progredivano gli scavi. A tratti la Ferrovia di Panama costeggia il Canale. È ben diversa da quella descritta dalle cronache dell’epoca. Ora è completamente elettrificata ed a doppio binario, percorsa da sporadici lunghissimi treni merci, trainati da due locomotori, carichi esclusivamente di container. Il taglio di Culebra (o di Gaillard). Sulla destra (ma sul lato sinistro del Canale procedendo verso l’Oceano Pacifico perché la foto è stata presa di poppa) è visibile il pendio del Cerro Culebra. Una foto storica risalente a pochi mesi dopo l’apertura del Canale. Un mercantile transita nel Taglio di Culebra in direzione Oceano Pacifico. Da notare la larghezza del Canale molto inferiore all’attuale e i terrazzamenti su entrambe le sponde, sui quali erano sistemati i binari dei treni che trasportavano alle discariche i materiali di scavo. I terrazzamenti sul pendio del Cerro Culebra sono visibili ancora oggi. Poco meno di un’ora dopo arriviamo alla chiusa di Pedro Miguel costituita da un unico bacino. Questa chiusa immette sul Lago di Miraflores, dove sono sistemate delle boe per l’ormeggio delle navi quando le chiuse di Pedro Miguel o di Miraflores sono particolarmente congestionate per il transito simultaneo di navi in entrata e in uscita dal Canale. La chiusa di Pedro Miguel e il lago di Miraflores. Non appena usciti dalla chiusa, attraversiamo il lago in tutta la sua lunghezza senza dover attendere. Sulla destra nella foto si vede una nave ormeggiata alle boe in attesa di entrare nella chiusa in direzione Oceano Atlantico. Siamo ora alla chiusa di Miraflores dove scenderemo gli ultimi due “gradini” per tornare al livello del mare. La chiusa di Miraflores. Sulla sinistra il fabbricato a terrazze è il Visitor Center, sempre affollato di turisti che osservano il passaggio delle navi nella chiusa. Un treno di container diretto al porto di Balboa all’imboccatura del Canale sul lato Oceano Pacifico. Dietro la collina sono visibili i grattacieli di Panama City. Siamo alla fine della nostra navigazione nel Canale di Panama. Dopo il porto di Balboa passiamo sotto il Ponte delle Americhe, che a partire dal 1962 quando fu inaugurato, costituiva l’unico collegamento terrestre tra Nord e Sud America attraverso l’istmo di Panama lungo la Pan American Highway. Nel 2004 è stato aperto al traffico anche il Ponte del Centenario che si trova tra il Taglio di Culebra e la chiusa di Pedro Miguel e sul quale è stata deviata la Pan American Highway. Eccoci finalmente nell’Oceano Pacifico. Prossimo porto San Francisco.
  3. Grazie Pellicano per questa tua aggiunta di notizie, specialmente per quanto riguarda l'alternativa Nicaragua. Concordo perfettamente sulle tue osservazioni circa l'estrema difficoltà che comporta la sua realizzazione, soprattutto per i problemi di dragaggio, non solo sulla parte degli accessi data la conformazione morfologica del territorio, ma anche nel lungo percorso sul Lago di Nicaragua, il cui fondale non supera i 10 m. Ritengo anch'io che possa trattarsi di un bluff: il principale azionista della HK Nicaragua Canal Development Investment è un miliardario cinese la cui ricchezza, da quanto ho capito, ha origini piuttosto nebulose. Comunque, ad oggi, non ci sono smentite ufficiali o ripensamenti evidenti su questo progetto. Per quanto riguarda il canal seco, ti posso assicurare che è ampiamente usato sicuramente non come alternativa al Canale, ma come complemento. Ogni giorno numerosi treni merci (non mi risulta che sia esercitato anche un servizio passeggeri) composti esclusivamente da una serie lunghissima di vagoni portacontainer percorrono la Ferrovia di Panama in entrambi i sensi. Evidentemente si tratta di carichi provenienti da navi la cui linea non prevede porti sull'altro oceano, ma che trasportano comunque container diretti a quei porti, per cui viene effettuato il transhipment. Si tratta comunque di un settore marginele del traffico di merci attraverso l'istmo. Nella Parte Terza di questa storia, nella quale descriverò il transito a bordo di una nave attraverso il canale, posterò delle foto, tra le quali una di un treno che percorre un tratto della ferrovia molto vicino al canale. E' stato un piacere leggere queste tue annotazioni, davvero molto interessanti. Te ne ringrazio ancora.
  4. Storicamente, gli Stati Uniti avevano preso coscienza abbastanza tardi della validità di un canale che collegasse l’Atlantico al Pacifico attraverso l’istmo centro americano, anche se non necessariamente nel territorio di Panama. Nel 1848, la scoperta dell’oro in California aveva originato un enorme volume di traffici attraverso l’istmo, che si sviluppava per la maggior parte tramite la Ferrovia di Panama e solo allora l’interesse americano per la costruzione di un canale crebbe enormemente. L’elezione di Ulysses Grant a 18° Presidente degli Stati Uniti diede un ulteriore impulso alla politica americana del Canale. L’esperienza personale di Grant risaliva al Luglio 1852 quando, capitano dell’Esercito, aveva guidato la 4° Compagnia di Fanteria attraverso l’istmo di Panama per prendere servizio in una guarnigione della California. Il distaccamento, composto da parecchie centinaia di uomini e dai loro familiari, fu vittima di una violenta epidemia di colera che scoppiò a Panama, causando la morte di 150 uomini, donne e bambini. Anni dopo Grant scriveva nelle sue memorie su quella tragica avventura: “L’orrore delle strade nella stagione delle piogge è indescrivibile”. Nel 1869, il Presidente Grant ordinò una spedizione conoscitiva in America Centrale. Essa fu organizzata dal Commodoro Daniel Ammen e si svolse sotto l’egida del Ministro della Marina. Vennero effettuati rilievi a Tehuantepec (Messico) dal Capitano Robert W. Shufeldt, a Darien dal Comandante Thomas Oliver Selfridge ed in Nicaragua dal Comandante Chester Hatfield, dal Comandante Edward P. Lull e dall’ingegnere civile Aniceto G. Menocal; infine a Panama, lungo il tracciato della ferrovia, da Lull e Menocal. La buona qualità di questi rilievi è riconosciuta ancora oggi. È interessante notare che il tracciato attuale del Canale di Panama è pressoché identico a quello proposto al termine di questa ispezione. Il Presidente Grant nominò allora una commissione per il canale interoceanico, col compito di analizzare i risultati portati da questa spedizione della Marina svoltasi dal 1870 al 1875. Il rapporto della commissione, consegnato nel 1876, fu però favorevole al tracciato attraverso il Nicaragua. La Commissione Americana per il Canale nell’Istmo, operante dal 1899 al 1901, generalmente nota come Seconda Commissione Walker dal nome del suo presidente contrammiraglio John G. Walker, al quale dopo il fallimento francese fu assegnato il compito di studiare nuovamente tutti i tracciati possibili, fu nominata dal successore di Grant, William McKinley. Questa volta furono presi in speciale considerazione sia il tracciato di Panama che quello del Nicaragua. Quest’ultima ipotesi tornò ad essere la favorita, soprattutto perché supportata dal consenso popolare: Panama appariva come sinonimo di sconfitta, mentre il Nicaragua sembrava offrire un’ottima occasione per il progetto americano. Dopo l’assassinio di McKinley, fu eletto presidente Theodore Roosevelt. Questi aveva delle idee chiarissime e concrete riguardo al Canale e lo riteneva praticamente indispensabile per gli Stati Uniti, allo scopo di mantenere la supremazia su entrambi gli oceani. Roosevelt era un sostenitore delle teorie di Thayer Mahan, un ufficiale della Marina Militare, che le espose in un libro dal titolo Influenza del Potere Navale nella Storia, pubblicato nel 1890. In sostanza, egli sosteneva che la supremazia sui mari era parte integrante dei successi commerciali e militari di una nazione. Quindi, per Roosevelt, la costruzione di un canale che fosse controllato dagli Stati Uniti divenne un fatto di primaria importanza. Un evento casuale che accadde in quel tempo dimostrò questa verità a Roosevelt ed al mondo. Nel gennaio 1898, la corazzata MAINE fu spostata da Key West, in Florida, all’Avana per proteggere gli interessi americani dagli atti di violenza e dai disordini che si registravano in quel periodo a Cuba. Tre settimane più tardi, alle 21.40 del 15 febbraio, la MAINE saltò in aria per l’esplosione accidentale di oltre 5 tonnellate di cariche per i cannoni da 5 e 10 pollici, causando la morte di 260 uomini. Venne allora impartito l’ordine di raggiungere la costa atlantica ad un’altra corazzata, la OREGON, all’ancora nel porto di San Francisco, che avrebbe dovuto affrontare un viaggio di 14.000 miglia doppiando Capo Horn. La nave, salpata il 19 marzo, arrivò in vista delle coste della Florida solo dopo 66 giorni di navigazione, ma fortunatamente ancora in tempo per prendere parte alla guerra Ispano-Americana che era frattanto scoppiata, ed in particolare alla battaglia di Santiago Bay nell’isola di Cuba. Questo fatto mostrò chiaramente, se ve ne fosse stato ancora il bisogno, l’importanza militare di un canale che collegasse i due oceani. In ossequio alle conclusioni della Seconda Commissione Walker, il Governo degli Stati Uniti spingeva per la realizzazione dell’opera. Quasi contemporaneamente, la Compagnie Nouvelle aveva indetto un’assemblea degli azionisti a Parigi e, fiutando l’interesse degli Stati Uniti nel subentro alla costruzione del Canale, giocò al rialzo, attribuendo il nuovo valore di 40 milioni di dollari agli investimenti già effettuati a Panama, allo scopo di speculare su una probabile transazione commerciale con gli Americani. Si dice che il secco commento dell’ammiraglio Walker a questa notizia fu: «Questo pone il problema su un piano completamente diverso». Il Governo, con solo due voti contrari, approvò il Disegno di Legge Hepburn, che prevedeva la soluzione Nicaragua. Fino a quel momento la Casa Bianca si era mantenuta in disparte, ma dopo il voto del Governo sulla Legge Hepburn, il presidente Roosevelt convocò i componenti della Commissione Walker per una riunione a porte chiuse e comunicò loro che l’offerta francese doveva essere accettata e che la Commissione avrebbe dovuto stendere un rapporto supplementare per rimangiarsi la decisione originaria; da questo rapporto sarebbe inoltre scaturito un parere favorevole ed unanime verso l’alternativa Panama. La Commissione si attenne scrupolosamente al volere del Presidente. Nel gennaio 1902 Roosevelt sottopose il rapporto supplementare al Congresso. Il senatore del Wisconsin John Coit Spooner introdusse un emendamento al disegno di legge Hepburn, che autorizzava il Presidente ad acquistare dalla Francia i beni della Compagnie Nouvelle e i diritti di concessione ad un prezzo massimo di 40 milioni di dollari. Il disegno di legge stabiliva anche che se gli accordi tra gli Stati Uniti e la Colombia (lo stato del quale allora Panama formava una provincia) per il subentro alla Francia non fossero stati perfezionati in un tempo ragionevole, il Presidente sarebbe stato autorizzato a trattare col Nicaragua un percorso alternativo. Il Senatore John Tyler Morgan, da tempo sostenitore del tracciato attraverso il Nicaragua, si battè tenacemente per giungere subito a questa soluzione. Dall’altra parte c’era però la “Lobby di Panama”, guidata da William Nelson Cromwell e proprio da quel Philippe Bunau-Varilla che aveva ricoperto un ruolo di grande responsabilità nei lavori francesi. Poiché deteneva personalmente numerose azioni della Compagnie Nouvelle, era evidentemente interessato a cederle, sopravalutate, agli Americani. Ma anche Cromwell aveva i suoi buoni motivi per spingere la conclusione dell’affare: era un avvocato, ma anche azionista ed uno dei direttori della Compagnie, nonchè consigliere d’amministrazione della Ferrovia di Panama e pertanto era convinto che dall’esito positivo della trattativa con i Francesi avrebbe potuto ricavare importanti interessi personali, come infatti avvenne: oltre ad un buon utile derivante dalla cessione del proprio pacchetto azionario, ottenne anche un compenso di 800.000 dollari per i suoi servizi. Un altro membro del Congresso, il Senatore Mark Hanna, era favorevole al tracciato di Panama, ma per motivi tecnici che aveva già illustrato nelle sue relazioni: sarebbe stato un canale più corto, più rettilineo, sarebbe occorso meno tempo per il suo transito, sarebbero state necessarie meno chiuse, avrebbe avuto porti migliori ai suoi ingressi, esisteva già una ferrovia ed, alla fine, sarebbe costato meno. Il discorso e le argomentazioni di Hanna davanti al Senato furono di grande effetto, ma insufficienti ad ottenere il numero di voti richiesto per l’approvazione. Ecco allora spuntare nuovamente Bunau-Varilla, che spedì ad ogni senatore una lettera contenente un francobollo da 1 centavo con un’immagine del Nicaragua. Sullo sfondo appariva il vulcano Momotombo, l’unico ancora attivo nella zona. Il 19 giugno 1902 il Senato votò a favore del tracciato di Panama con una maggioranza di soli otto voti. Il punto di vista tecnico che prevalse fu importante. Fra gli ingegneri che sostenevano la tesi di Panama, il più competente e documentato era George Shattuck Morison, che è ritenuto ancor oggi l’artefice di molti importanti cambiamenti sul percorso che avrebbe dovuto seguire il Canale, convincendo, tra gli altri, Walker, Hanna e perfino il Presidente Roosevelt, al quale, il 10 dicembre 1901, scrisse una lettera contenente le motivazioni tecniche e le sue convinzioni personali per la scelta del tracciato attraverso Panama. Roosevelt ammise successivamente che gli ingegneri lo avevano aiutato ad accrescere le sue cognizioni in tutti i campi. Ora che il tracciato era deciso, era tempo di avviare la negoziazione con la Colombia per ottenere la concessione della costruzione del Canale attraversando la provincia di Panama. Ne scaturì il Trattato di Hay-Herrán, messo a punto dall’incaricato d’affari per la Colombia Tomás Herrán ed il Segretario di Stato John Hay, ma il Governo colombiano lo rifiutò. Si racconta che un Roosevelt furioso non fosse più intenzionato a portare avanti il negoziato. Però egli “voleva quel canale” e decise quindi di appoggiare il movimento indipendentista di Panama. Ordinò di dare una dimostrazione della potenza militare degli Stati Uniti, dispiegando una flotta di navi da guerra che effettuasse un blocco navale su entrambi i lati dell’istmo: a Colón piazzò l’ATLANTA, la MAINE (la prima di una nuova classe di corazzate), la MAYFLOWER e la PRAIRIE. A Panama City, la BOSTON, la MARBLEHEAD, la CONCORD e la WYOMING. Le truppe americane invasero il territorio per proteggere la ferrovia e bloccare gli accessi via terra. Un contingente di 2.000 uomini dell’esercito colombiano fu sconfitto nella giungla di Darien e costretto alla ritirata. Roosevelt si sarebbe più tardi vantato così della sua decisione: “…conquistai l’Istmo, diedi il via ai lavori del Canale e poi il Congresso non avrebbe dibattuto sul Canale, ma su di me…”. Senza l’intervento militare americano, è molto improbabile che il movimento indipendentista di Panama avesse potuto ottenere la secessione. Comunque, il 3 Novembre 1903 Panama dichiarò la propria indipendenza dalla Colombia. Il Trattato Hay–Bunau-Varilla, negoziato da Philippe Bunau-Varilla in qualità di Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario nella nuova repubblica e da John Hay, fu mandato a Panama per la ratifica. Esso garantiva agli Stati Uniti la sovranità perpetua sul Canale e su una striscia di territorio larga dieci miglia, cinque per ogni sponda del Canale. Che piacesse o meno, i fondatori del nuovo Stato non potevano far altro che accettare, perché un rifiuto avrebbe comportato la perdita di ogni appoggio degli Stati Uniti alla nascente repubblica e nei futuri rapporti con la Colombia. L’accordo dava finalmente agli Stati Uniti il controllo su questo nuovo paese vasto e sottosviluppato, indispensabile per dare il via alla continuazione della costruzione del Canale. Il trattato fu ratificato a Panama il 2 dicembre 1903 e negli Stati Uniti il 23 febbraio 1904. L’atteggiamento audace di Roosevelt fu un successo strategico americano, ma, per anni, vi furono ripercussioni politiche negative con gli stati latino americani. Contestualmente alla ratifica americana, Panama ricevette un indennizzo di 10 milioni di dollari. Tre giorni dopo Bunau-Varilla rassegnò le dimissioni e fece ritorno in Francia. Il via alla prosecuzione dei lavori fu dato il 4 maggio 1904. Nel corso di una breve cerimonia, il generale del Genio dell’Esercito Americano Mark Brooke ricevette le chiavi dei magazzini e dell’ospedale di Ancon. Tra i primi ad arrivare sul luogo delle operazioni fu l’ufficiale medico dell’Esercito William Crawford Gorgas, accompagnato dal suo staff. Frattanto, la ricerca medica si stava orientando verso l’ipotesi che esistesse uno stretto collegamento tra le zanzare, la malaria e la febbre gialla. Già nel 1881, il dott. Carlos Juan Finlay si era convinto che la febbre gialla fosse trasmessa da uno specifico vettore: la Stegomyia Fasciata (chiamata poi Aedes Aegypti). Solo che non riuscì a dimostrare alla classe medica dell’epoca la portata di questa sua avveniristica scoperta. Però, altri medici ripresero la teoria di Finlay e il dottor Henry Rose Carter, facendo delle ricerche in Mississippi, scoprì “l’incubazione esterna”, ossia il fatto che fosse necessario un certo periodo di tempo perché avvenisse la trasmissione della malattia da una persona all’altra. Resta comunque il fatto che le grandi scoperte sulla febbre gialla si devono alle ricerche che il dottor Walter Reed, all’epoca diretto superiore di Gorgas, fece a Cuba nel 1900. Egli provò che la Stegomyia Fasciata era la portatrice del contagio, demolendo tutte le precedenti teorie che attribuivano alle “fomitas” – il termine usato per indicare i fumi che si alzavano dai vestiti, i materassi e la biancheria da letto delle vittime della febbre gialla che venivano bruciati – la trasmissione della malattia. Lo stesso Gorgas, un sopravvissuto al contagio, e quindi immune, collaborò in maniera determinante col gruppo di ricerca. Ancora scettico suggerì a Reeds di dare una prova definitiva della validità della sua teoria. L’Avana era un focolaio di febbre gialla e quindi il luogo migliore per sperimentare l’efficacia del vaccino. I risultati furono sorprendenti: dai 1.400 casi registrati nel 1900, si passò ai soli 37 casi del 1901. Le bonifiche effettuate nel territorio non solo portarono all’eliminazione della Stegomyia Fasciata, ma ridussero drasticamente anche la presenza dell’Anofele, tanto che i casi di malaria furono dimezzati. Questa fu la stessa tecnica che Gorgas introdusse a Panama nel 1904. Le abitudini riproduttive della Stegomyia fanno sì che essa prediliga vivere negli insediamenti urbani, rendendo relativamente semplice la sua eliminazione, al contrario di quanto avviene per l’Anofele che è diffusa ovunque, nella giungla come nei terreni scoperti, rendendo estremamente difficile il suo controllo. Tra l’altro, come Gorgas ripeteva continuamente, la malaria era molto più pericolosa della febbre gialla e infatti nel periodo francese dei lavori, essa mietè un grandissimo numero di vite umane. Per Gorgas era urgente ottenere lo sterminio delle zanzare prima che arrivassero nuove maestranze non immuni. Purtroppo i suoi superiori, nella prima Commissione Americana per il Canale nell’Istmo, sottovalutarono queste nuove scoperte scientifiche e di conseguenza non ne appoggiarono le teorie. Un congresso scientifico che si tenne nel 1903 a Parigi riesaminò il lavoro fatto da Reed sulla febbre gialla, proclamandolo “un fatto scientificamente provato”, ma i responsabili della Commissione continuarono a ritenere che le “farneticazioni” di Gorgas rappresentassero solo una perdita di tempo e di denaro. Anche l’Ingegnere Capo della Commissione Americana per il Canale nell’Istmo, John F. Fallace, era annoverato tra gli scettici. Fortunatamente, nel 1905 gli succedette John F. Stevens che fornì il suo pieno appoggio a Gorgas e lo dotò dei fondi necessari. Gorgas scrisse in seguito: “L’effetto morale di una presa di posizione ufficiale da parte di un personaggio così prestigioso fu enorme e mi riesce difficile valutare quanto si debba a questo signore per il successo ottenuto nel risanamento dell’istmo”. La decisione di Stevens appare ancora più ammirevole per la sua dichiarazione rilasciata a posteriori: “Forse, analogamente a molte altre persone, avevo acquisito poche informazioni sulla teoria delle zanzare e, come la maggior parte degli incompetenti, avevo poche speranze sulla sua efficacia; non ne intravedevo neppure lontanamente la sua enorme importanza”. Le operazioni per debellare la febbre gialla prevedevano l’applicazione di zanzariere su porte e finestre, la fumigazione di tutte le case di Panama City e di Colón, la disinfezione settimanale dei serbatoi dell’acqua e dei pozzi neri. Il passo avanti più importante fu compiuto con la distribuzione dell’acqua corrente nelle case; ciò consentì di eliminare i serbatoi d’acqua per usi domestici, che costituivano il luogo ideale per la riproduzione delle zanzare portatrici della febbre gialla. Il risultato della crociata di Gorgas fu l’eliminazione totale e permanente della malattia dall’istmo: l’ultimo caso si registrò a Panama City l’11 novembre 1905. A differenza della febbre gialla, la malaria non conferisce l’immunità. Con la diffusione endemica della malattia nell’istmo, era indispensabile tenere a letto coloro che ne erano colpiti, nel tentativo di evitarne la morte per debilitazione. La malaria, piuttosto che la febbre gialla, fu la causa principale dei decessi durante i lavori di costruzione portati avanti dai Francesi e dagli Americani. Nel corso del 1905, il primo anno del subentro degli Stati Uniti, quasi tutti i lavoratori americani, compreso Gorgas, contrassero la malaria mediamente dopo appena un mese di permanenza nell’istmo. Gorgas fece la seguente affermazione: “Se riusciremo a tenere sotto controllo la malaria, le altre malattie mi preoccupano veramente poco. Ma se non riusciremo a controllarla, la nostra mortalità sarà molto pesante”. Le squadre di bonifica prosciugarono oltre 250 Km² di paludi e circa 1.600 Km. di fossi, tombarono con cemento armato 500 Km. di corsi d’acqua, colmarono di rocce 300 Km. di trincee naturali del terreno, rivestirono con piastrelle più di 360 Km. di canali di scolo, tagliarono centinaia di ettari di vegetazione selvaggia, spruzzarono sulle acque stagnanti migliaia di litri di disinfettante, popolarono le acque con migliaia di pesciolini che si nutrivano delle larve di Anofele ed allevarono ragni, formiche e lucertole che si nutrivano degli insetti adulti. Per impedire che le larve fuggissero dalle acque divenute inospitali per gli insetticidi che contenevano e si andassero a rifugiare e sviluppare tra l’erba e le alghe circostanti, le sponde degli stagni e dei fiumi furono irrorate mensilmente con 250 litri di veleno (una miscela di acido fenico, resina e soda caustica). Sebbene questi interventi coprissero solo una piccola superficie dell’istmo, l’incidenza della malaria nelle zone popolate subì una drastica riduzione. Durante l’anno fiscale 1906-1907 erano morti di malaria 211 lavoratori, raggiungendo il picco del 7,45‰; nel 1913 la percentuale si era ridotta allo 0,30‰. Questi risultati accrebbero considerevolmente le possibilità di successo degli Americani nella costruzione del Canale. Un rapporto del 1941 dichiarava che, nel corso degli ultimi vent’anni, si erano verificati solo sette casi di decesso per malaria tra gli addetti del Canale. Come previsto dal Trattato Hay–Bunau-Varilla del 1903, i villaggi indigeni e le città nella zona del Canale interessata dal riempimento del lago di Gatun furono ricostruiti nelle aree circostanti. Molti di questi insediamenti si erano creati con l’inizio della navigazione nel Rio Chagres, quando il suo corso costituiva la via di collegamento commerciale più importante attraverso l’istmo. A lavori del Canale ultimati, altri centri abitati si spopolarono e vennero abbandonati: tra questi, alcuni erano stati costruiti sugli stessi siti degli insediamenti del periodo francese, come Emperador, altri erano nati come centri di riparazione degli scavatori a vapore; venne abbandonato l’ufficio tecnico della sezione centrale del Canale, che sorgeva in prossimità degli scavi del Taglio di Culebra. Viceversa, la città di Culebra, dove era ubicata la direzione generale americana dei lavori, fu ricostruita. John F. Stevens, che rimase in carica dal 1° luglio 1905 al 1° aprile 1907, dovette confrontarsi subito con diversi problemi e risolverli. Poiché Panama era, a dir poco, insufficientemente sviluppata ed attrezzata per accogliere la popolazione addizionale dovuta alla crescita della forza di lavoro, egli varò un grande progetto per assegnare ai lavoratori alloggi adeguati ed i necessari rifornimenti di cibo. Di fatto, tutto ciò che serviva per la costruzione del Canale, dalle attrezzature tecniche agli alloggi degli operai ed ai rifornimenti alimentari, doveva essere portato nell’istmo e distribuito lungo il tracciato dei lavori. La Ferrovia di Panama, che Stevens definì essere un elemento vitale nella realizzazione dell’opera, fu completamente rimodernata. Il materiale rotabile francese, troppo leggero, inadeguato e sottodimensionato, fu sostituito con quanto di meglio offriva il mercato e la ferrovia dovette farsi carico, oltre al trasporto di operai, materiali e rifornimenti, anche della rimozione dall’area dei cantieri delle rocce e dei detriti scavati durante i lavori precedenti, tanto che Stevens ebbe a dire: “Questa non vuole essere una critica ai Francesi, ma non riesco a rendermi conto come siano riusciti a fare ciò che hanno fatto con i macchinari di cui disponevano”. Furono ordinati un armamento ferroviario più pesante, nuove locomotive, carri merci, vagoni ribaltabili e vagoni frigoriferi. Vennero aumentati e migliorati i binari di raccordo e le cabine di segnalazione a ponte. Fu anche reclutato negli Stati Uniti un folto gruppo di tecnici addestrati, deviatori, gestori di linea, meccanici, responsabili di scalo, capitreno, spedizionieri, capistazione e macchinisti per rimettere in funzione al più presto la strada ferrata; quando tutti i pezzi furono imbarcati sulle navi, partirono anche loro per incominciare il nuovo lavoro sulla Ferrovia di Panama. Tutte le altre attrezzature furono revisionate o sostituite. Le comunicazioni furono migliorate con nuove apparecchiature telegrafiche e telefoniche. Stevens, nel giro di sei mesi, triplicò il personale e diede il via alla costruzione di diversi nuclei urbani per ospitarlo. In ciascuno di essi erano previsti alloggi, mense, ospedali, alberghi, scuole, chiese, magazzini frigoriferi, circoli di dopolavoro e lavanderie. Furono asfaltate le strade e costruita la rete fognaria a Colón ed a Panama City. Circa la metà dei 24.000 operai ingaggiati per la costruzione del Canale furono impiegati nella realizzazione dei fabbricati e delle opere di urbanizzazione. Il nuovo Ingegnere Capo mise anche a punto un geniale sistema di escavazione e di eliminazione delle rocce e dei detriti, progettando un sistema complesso ma molto efficiente di binari a differenti livelli all’interno delle trincee, sfruttando i terrazzi creati dai Francesi. La programmazione dei treni di materiali da asportare era organizzata al livello dove erano in corso i lavori di escavazione. La capacità di trasporto andava di pari passo con l’approfondimento del letto del Canale, col risultato di ottimizzare l’impiego dei convogli e degli scavatori a vapore. Il colonnello Gorge Washington Goethals, che succedette a Stevens nella carica di Ingegnere Capo e sotto la cui direzione fu completato il Canale, rilasciò la seguente dichiarazione: “Stevens risolse tutti gli imprevisti che si presentarono nel corso della realizzazione di questa stupenda opera, inventando, progettando e attivandosi per mettere in pratica le soluzioni ottimali. È pertanto a lui, molto più che a me, che giustamente appartiene l’onore di essere definito il ‘genio’ del Canale di Panama”. Fu Stevens a convincere Roosevelt della validità progettuale di un canale a chiuse anziché a livello del mare e sempre lui ad esercitare pressioni politiche sul Congresso degli Stati Uniti perché venissero assegnati gli enormi capitali necessari. Anche il francese Godin de Lépinay si era battuto in questo senso al Congresso Internazionale di Parigi del 1879, ma la differenza fu che Stevens riuscì ad ottenne quanto chiedeva e lui no. Ancora a Stevens, che aveva assistito di persona ad una piena del Rio Chagres, toccò affrontare con decisione questo argomento, parlandone con uomini politici, spiegando la situazione con l’aiuto di statistiche e carte geografiche e ripetendo più volte nel corso di un acceso dibattito al Comitato Governativo fra gli Stati dell’Unione per il Commercio Estero, che “il vero grande problema da risolvere per proseguire nella costruzione del Canale era il controllo del Rio Chagres”. Egli collaborò anche alla stesura della bozza del discorso che il Senatore esperto in economia Philander Knox tenne il 19 Giugno 1906 sul tema generale del Canale, sul progetto delle chiuse ed in particolare su quello della diga di Gatun, che ancora oggi costituisce un efficiente sifone per regolare il livello del lago e quindi del Canale, in particolare nella stagione delle piogge. Due giorni dopo il discorso di Knox, il Senato votò a favore di un canale a chiuse con 36 voti favorevoli e 31 contrari; il 27 giugno il Governo diede la sua approvazione. Come si vede, solo una piccola differenza di voti fu determinante per consentire agli Stati Uniti di portare a compimento quest’opera immane, facendo accantonare definitivamente la proposta di realizzarla a livello del mare che, in ogni caso, non sarebbe stato tecnicamente possibile. Stevens aveva definito il progetto avversario “una proposta assolutamente insostenibile e una sciocchezza impraticabile”, convinto che non si sarebbero mai trovati i finanziamenti per realizzarlo. A parte l’enorme differenza di costi e di tempi di costruzione, Stevens aveva immediatamente capito che un canale a chiuse “avrebbe consentito un transito più sicuro e veloce delle navi ed inoltre avrebbe rappresentato la migliore soluzione per contenere le esondazioni del Rio Chagres. Tra l’altro i suoi costi fissi, operativi e di manutenzione sarebbero stati inferiori a quelli di un canale a livello del mare”. I tempi che prevedeva per il completamento dell’opera erano stimati in otto anni e quindi i lavori sarebbero terminati nel gennaio 1914, mentre la sua stima dei tempi per un canale a livello del mare non era inferiore a diciotto anni; pertanto l’apertura sarebbe potuta avvenire soltanto nel 1924. L’esperienza accumulata nel campo dell’ingegneria ferroviaria lo aveva portato a scegliere per il canale un percorso quanto più possibile rettilineo. Una volta dichiarò in proposito: «Il problema è di grande importanza, ma non è necessario un miracolo per risolverlo». Roosevelt non nutrì mai riserve sull’abilità tecnica ed esecutiva di Stevens, il quale però aveva una personalità molto suscettibile, che non gli consentì di accettare che i lavori del Canale fossero condizionati da decisioni politiche. Nonostante il successo ottenuto nella risoluzione dei problemi immediati ed il buon andamento delle operazioni, Stevens inspiegabilmente ed improvvisamente rassegnò le proprie dimissioni, con effetto dal 1° aprile 1907. Tra le molte congetture che si fecero attorno a questa decisione, Stevens non rilasciò dichiarazioni, se non che si trattava di “motivi personali”. Ora che il progetto era finalmente decollato e stava procedendo senza particolari intoppi, Theodore Roosevelt decise che era giunto il momento di porre in atto un cambiamento di strategia. Mentre all’inizio considerava l’opera come una necessità politica, commerciale e militare, poteva ora permettersi il lusso di lasciarsi condizionare dalla “realtà romanzesca” della situazione generata dalle drammatiche sfide conseguenti allo stravolgimento del progetto originario e dalle numerose difficoltà sopravvenute. Negli ultimi tempi Roosevelt amava paragonare la costruzione del Canale ad un’immensa battaglia che coinvolgeva l’onore nazionale e quello dei lavoratori che vi erano impegnati. Primo presidente in carica a lasciare il territorio degli Stati Uniti, nel novembre 1906 si recò a Panama per rendersi conto personalmente di come stavano andando le cose. Al termine dei primi tre giorni trascorsi sul posto, fece un discorso a braccio alle parecchie centinaia di Americani presenti, tra i quali c’era anche John Stevens. Questi stralci del suo discorso danno un’idea di quello che era il suo pensiero. «…Chiunque voi siate, se state facendo correttamente il vostro dovere, il Paese vi sarà riconoscente, come lo sarebbe verso un soldato al fronte in una grande guerra. Colui che fa il proprio dovere, non importa quale posizione ricopra, è l’uomo giusto per quel lavoro. Ma fare il proprio dovere è qualcosa di più che guadagnarsi lo stipendio. Quando vi ho visto lavorare, quando ho visto ciò che avete fatto e che state facendo, ho avuto la netta sensazione di trovarmi di fronte a dei grandi uomini del nostro Paese che stanno combattendo una grande battaglia ... …Voi state lavorando bene e duramente per portare a termine questa impresa ciclopica e vi presentate esattamente come i valorosi combattenti di una delle poche grandi guerre che vi sono state nella storia del mondo. Questa è una delle opere più impegnative mai realizzate e voi dovete essere orgogliosi di avervi partecipato… …Nelle Forze Armate, ciò che più apprezzo è lo spirito di cameratismo. Se un uomo è un generale, oppure l’ultima recluta, la più giovane recluta, non fa alcuna differenza. Se egli svolge bene il proprio compito, se è un buon camerata, sarà sempre e comunque considerato un cardine della struttura militare. E così deve essere per voi. Indipendentemente dal fatto che ricopriate il ruolo di ingegnere capo, soprintendente ai lavori, capo squadra, conduttore di un escavatore a vapore, macchinista od operaio, deve sempre prevalere lo spirito di cameratismo…» Dalla lettura di questi interventi, è facile capire come sia stato chiaro per Roosevelt che Stevens, dimettendosi, avesse completamente travisato i concetti fondamentali di un’impresa così grande e nobile, vedendola solamente come un lavoro da svolgere, senza mettervi il cuore e lo spirito che lui auspicava. Apparentemente sembrava che Roosevelt non serbasse rancore verso Stevens, ma non lo menzionò nella sezione della sua autobiografia riguardante il Canale. Questa esperienza lo convinse anche che non avrebbe potuto commettere una seconda volta un simile errore di valutazione caratteriale e per la sostituzione scelse un militare appartenente al Corpo del Genio, dal quale si fece promettere di mantenere la carica di Ingegnere Capo e Direttore dei Lavori fintanto che il suo Presidente, nonchè Comandante in Capo delle Forze Armate, glielo avesse chiesto. Il 4 marzo 1907 Roosevelt nominò il tenente colonnello George Washington Goethals Presidente e Ingegnere Capo della Commissione per il Canale nell’Istmo, nonchè Presidente della Ferrovia di Panama e della compagnia di navigazione ad essa collegata. Nel complesso gli furono conferiti molti più poteri e responsabilità di quanti ne avesse il suo predecessore. Rispondeva direttamente al Ministro della Guerra ed al Presidente. Goethals fu promosso colonnello nel 1909 e maggior generale il 4 marzo 1914. Il nuovo Ingegnere Capo dimostrò di essere la persona più adatta per gestire questo enorme potere e non approfittò mai della sua posizione. Fu sempre molto rispettato per la sua modestia, che lo faceva rifuggire dalla popolarità del vincitore, e per la rettitudine che dimostrò in ogni occasione. I suoi detrattori insinuavano che avrebbe dato un’impronta di tipo militaresco alla prosecuzione dei lavori, ma lui li mise subito a tacere dicendo: «Io non sono più un ufficiale superiore dell’Esercito degli Stati Uniti. Ora mi ritengo comandante dell’esercito del Canale di Panama e i nemici che dovremo vincere sono il Taglio di Culebra e le difficoltà che troveremo nella costruzione delle chiuse e delle porte alle due estremità del Canale. Tutti coloro che faranno il proprio dovere non avranno alcun motivo di tacciarmi di militarismo». A conferma di ciò, egli non indossò mai l’uniforme durante la sua permanenza nell’istmo. In effetti, Goethals aveva un ottimo curriculum per ricoprire l’incarico assegnatogli: si era qualificato al secondo posto a West Point ed aveva avuto esperienze precedenti nella progettazione di dighe e chiuse. Anche molti dei suoi diretti collaboratori erano dei militari, come il tenente colonnello Harry F. Hodges, il maggiore William L. Sibert, il maggiore David Du Bose Gaillard ed il contrammiraglio Harry Harwood Rousseau. Hodges era responsabile della progettazione e dell’installazione delle porte delle chiuse. Sibert era a capo della Divisione Atlantico, comprendente anche le porte e le chiuse di Gatun. La Divisione Centrale, con il lago di Gatun e il Taglio di Culebra, dipendeva invece da Gaillard, che purtroppo morì di un tumore al cervello poco prima che il Canale fosse ultimato. Per rendergli onore, il Presidente Woodrow Wilson dispose, con ordine esecutivo del 17 aprile 1915, che il nome di Culebra Cut fosse cambiato in Gaillard Cut. L’unico ingegnere civile di questo gruppo di altissimo livello era Sydney B. Williamson, responsabile della Divisione Pacifico, che si estendeva dall’estremità meridionale del Taglio di Culebra all’oceano; era anche responsabile della costruzione delle chiuse di Pedro Miguel e Miraflores, nonchè delle relative porte di sicurezza. Rousseau, unico membro della Marina, era responsabile della progettazione e della costruzione dei terminali, dei pontili, delle stazioni di rifornimento di carbone, dei bacini di carenaggio, delle officine di riparazione, dei magazzini e di tutte le strutture ausiliarie. Le modifiche più importanti al progetto furono apportate in corso d’opera. Per esempio, la larghezza del Canale al Gaillard Cut fu aumentata da 60 a 90 metri. Per soddisfare una richiesta della Marina, i bacini delle chiuse furono allargati da 30 a quasi 34 metri, allo scopo di consentirne l’accesso alle corazzate. Una serie di piccole isole sul lato del Pacifico fu unita per creare un frangiflutti lungo tre miglia che smorzasse le onde di marea ed impedisse il deposito di sedimenti che avrebbero potuto ostruire l’ingresso del Canale. Il reclutamento della manodopera fu un grosso problema per gli Americani. A causa della scarsa densità della popolazione, non esisteva in alcuna parte della Repubblica di Panama un’eccedenza di offerta di manodopera. Ci si rese presto conto che tutte le categorie di lavoratori avrebbero dovuto essere ingaggiate all’estero e gli addetti ai lavori più impegnativi addirittura negli Stati Uniti. Oltre 5.000 Americani erano già impegnati nella realizzazione del Canale. Le isole dei Caraibi erano il posto più indicato per reclutare la manovalanza, così come avevano fatto i Francesi alcuni anni prima, i quali, però, quando interruppero i lavori, abbandonarono a Panama molti dei 20.000 operai caraibici che dovettero essere rimpatriati a spese degli stati di provenienza. Questo precedente fece sì che tanto i lavoratori, quanto i rispettivi governi, fossero molto riluttanti a partecipare allo sforzo americano. Alla fine, le autorità delle Barbados autorizzarono un reclutamento su larga scala, che portò a 19.900 il numero dei lavoratori presenti nei vari cantieri, pari a circa il 10% dell’intera popolazione di Panama ed al 35% dei maschi adulti. Nel 1907, quando vennero abrogate le restrizioni, furono assunti quasi 7.500 uomini provenienti dalle isole francesi della Martinica e di Guadalupa e proprio nello stesso anno, con l’ingresso nell’istmo di altri 15.000 operai, si raggiunse la punta massima nell’impiego di manodopera. Quando si sparse la voce degli alti salari e delle buone condizioni di vita offerte dagli Americani, non ci fu più bisogno di andare a cercare la manovalanza e nel 1909 vennero risolti tutti i contratti con gli agenti reclutatori. A differenza dei Francesi, gli Americani non seguirono la politica degli appalti, ad eccezione di progetti particolari che richiedevano manodopera altamente specializzata, come la costruzione delle porte delle chiuse. Il nuovo progetto del Canale prevedeva tre livelli di chiuse a Gatun, un livello a Pedro Miguel e due a Sosa Hill. Alla fine del 1907 fu deciso il trasferimento delle chiuse di Sosa Hill a Miraflores, in primo luogo perché il nuovo sito garantiva delle fondazioni più stabili e poi perché offriva una migliore protezione contro eventuali bombardamenti navali. Le chiuse presero il nome dalle località geografiche preesistenti alla costruzione del Canale. Tutti i bacini avevano la stessa dimensione: 304,8 metri di lunghezza per 33,53 metri di larghezza e furono costruiti a coppie. In entrata dall’Atlantico le chiuse di Gatun generano tre “gradini” con altrettante coppie di bacini. In uscita sul versante del Pacifico, il primo “gradino” si trova a Pedro Miguel a gli altri due a Miraflores; in totale sei chiuse con dodici bacini. Le loro porte sono state definite il trionfo strutturale del Canale di Panama e ne costituiscono la sua straordinaria caratteristica. All’epoca della costruzione, il loro peso totale, le dimensioni e l’originalità del progetto surclassarono ogni altra struttura di questo tipo esistente e sono ancora oggi considerate una meraviglia mondiale dell’ingegneria. Da quando fu gettata la prima colata di calcestruzzo per le fondazioni, il 24 agosto 1909 a Gatun, occorsero quattro anni per portare a termine le chiuse. Alla fine dell’800 il calcestruzzo era poco usato nell’edilizia: quasi esclusivamente per pavimentazioni e fondazioni. Sulla scienza del calcestruzzo c’era ancora molto da imparare ed inoltre non erano state stabilite le specifiche riguardanti la predeterminazione delle percentuali d’acqua, cemento e sabbia; così come l’individuazione di un efficiente sistema di trasporto dalla centrale di betonaggio ai cantieri. L’impiego del calcestruzzo a Panama fu una sfida senza precedenti, che non ebbe uguali per volume di materiale utilizzato, fino agli anni ′30, quando venne costruita la diga di Boulder nel Nevada. Seppure in mancanza dei dettami della moderna scienza delle costruzioni, i risultati furono ugualmente straordinari. Dopo un secolo di servizio, il calcestruzzo del canale principale e di quelli di scarico è in condizioni pressoché perfette e ciò costituisce, per la moderna ingegneria, uno degli aspetti più eccezionali dell’intera opera. Il cemento necessario per portare avanti i lavori, dalle chiuse, alle dighe, ai canali di scarico, veniva trasportato da New York con due navi di servizio, la ANCON e la SAN CRISTOBAL, che facevano la spola con Colón. Sul versante Atlantico la ghiaia e la sabbia provenivano via mare da cave situate ad Est di Colón: la ghiaia da un grande impianto di frantumazione a Portobelo e la sabbia da Nombre de Dios. Sul versante Pacifico, la roccia veniva estratta e frantumata ad Ancon Hill, mentre la sabbia proveniva da Punta Chame nella baia di Panama. Tre uomini, il tenente colonnello Harry Hodges, Edward Schildhauer ed Henry Goldmark, erano i soli responsabili della progettazione delle chiuse. Il lavoro richiese anni di studi avanzati. Hodges, uno strettissimo collaboratore di Goethals, aveva la supervisione generale dell’intero progetto e della costruzione delle porte; probabilmente era la responsabilità tecnica più impegnativa di tutta l’opera. Goethals affermò che, senza l’apporto di Hodges, il Canale non avrebbe potuto essere terminato. Schildhauer era un ingegnere elettrico e Goldmark era incaricato di progettare i particolari delle chiuse. Il fattore chiave di tutta l’impresa era, ed è ancora oggi, l’acqua. Essa provvede a sollevare le navi fino a 26 metri sopra il livello del mare, consentendone l’ingresso nel Lago di Gatun sul versante Atlantico, le fa transitare attraverso lo spartiacque continentale e le fa nuovamente scendere al livello del mare a Balboa, sul versante Pacifico. L’acqua serve anche a generare l’energia elettrica per gli usi del Canale, necessaria a far funzionare i motori che aprono e chiudono le porte delle chiuse, le valvole che comandano l’afflusso dell’acqua ed i motori dei locomotori di manovra. L’acqua viene spostata solo con la forza di gravità, senza l’ausilio di pompe. È immessa nei bacini, o scaricata, attraverso due gigantesche gallerie sotterranee di 5,5 metri di diametro che scorrono nel senso della lunghezza tra il centro e le pareti laterali interne dei bacini. Da queste gallerie si diramano, ad angolo retto, 20 gallerie più piccole per ogni bacino, che scorrono ai suoi lati e sotto il fondo. Ognuna di queste gallerie trasversali ha cinque aperture, un totale di 100 per ogni bacino, attraverso le quali entra o esce l’acqua, in funzione di quali valvole vengono aperte o serrate. In questo modo, l’immissione e lo scarico dell’acqua avviene uniformemente su tutta l’area del fondo della conca, evitando turbolenze che disturberebbero il controllo delle navi. Per riempire un bacino, le valvole principali poste all’ingresso più basso sono serrate, mentre quelle poste all’ingresso più alto sono aperte. L’acqua scorre dal lago lungo le grandi gallerie principali, per immettersi in quelle trasversali in corrispondenza dei bacini delle chiuse e, dalle loro aperture, nel bacino che si vuole riempire. Viceversa, per vuotarlo, le valvole poste nella parte più alta sono serrate e quelle nella parte più bassa aperte, facendo così defluire l’acqua verso il mare. Le porte dei bacini costituiscono un’opera di ingegneria particolarmente interessante. Sono incernierate su due battenti. La loro parte inferiore, cava ed a tenuta stagna, fa sì che l’acqua eserciti una spinta di galleggiamento, riducendo enormemente il carico sulle cerniere. Tutti i battenti hanno una larghezza di quasi venti metri ed uno spessore di sette. L’altezza varia da 14 a 25 metri, a seconda della loro ubicazione. Per esempio, le porte inferiori delle chiuse di Miraflores sono le più alte, a causa delle grandi escursioni di marea del Pacifico. Il semplice e potente meccanismo per manovrarle fu concepito da Edward Schildhauer. All’inizio, il suo progetto non specificava quale congegno di chiusura sarebbe stato adottato; ma, in ogni caso, ogni particolare di questa delicata apparecchiatura avrebbe dovuto essere studiato con la massima precisione e fabbricato a regola d’arte per garantire un’affidabilità totale. Le porte dovevano aprirsi e chiudersi con facilità, benchè sottoposte ad un’enorme pressione. Il funzionamento avviene ancora oggi tramite due bracci d’acciaio a cremagliera, detti “puntelli”, fissati alla mastra superiore delle porte. In ogni cremagliera si innesta un’enorme e robustissima ruota dentata, alloggiata orizzontalmente dentro la parete della chiusa. Ognuna di queste ruote ha un diametro di sei metri ed è azionata da un motore elettrico. Quando le porte sono in movimento, la ruota ed puntello lavorano come lo sterzo di un’automobile. Alle chiuse di Pedro Miguel e Miraflores, ogni bacino, eccettuato il più basso, ha un gruppo di porte intermedie, allo scopo di risparmiare acqua riducendone la dimensione se la nave in transito non è una delle gigantesche Panamax costruite appositamente per sfruttare al massimo la potenzialità offerta dal Canale. Sulle chiuse più alte furono adottati dei sistemi di sicurezza per evitare che il danneggiamento della porta inferiore provocasse l’inondazione dei bacini posti più a valle. Vennero inoltre previste doppie porte sul lato verso il mare dei bacini d’ingresso su ciascun versante. Furono anche installate delle barriere costituite da catene d’acciaio tese tra le pareti dei bacini nel senso della larghezza per proteggere le porte da eventuali urti da parte delle navi. Solo dopo che la nave era completamente ferma, tenuta immobile dai locomotori, le catene venivano abbassate. Se una nave fosse andata fuori controllo arrivando ad urtare la catena, un dispositivo automatico di rilascio avrebbe consentito di allentarla progressivamente, fino all’arresto completo della nave, limitando così i possibili danni. Ma le elevate spese di manutenzione, unite all’estrema improbabilità del loro utilizzo, convinse il consiglio di amministrazione del Canale ad approvarne la rimozione nel luglio 1976, ad eccezione dei bacini più alti di Gatun e di Pedro Miguel; queste ultime barriere furono rimosse solo nell’ottobre del 1980. Venne installato anche un altro dispositivo a protezione delle porte d’emergenza: si trattava di una diga mobile costruita sulle pareti laterali all’entrata di ogni bacino superiore, tra le catene di sbarramento e le porte di emergenza. Era una grande paratia di acciaio che scorreva orizzontalmente attraverso l’entrata della conca in circa due minuti se si fosse verificata una situazione di pericolo. Si sarebbero quindi aperti numerosi sportelli sulla paratia per consentire il deflusso dell’acqua fino allo svuotamento del bacino. Queste dighe di emergenza non entrarono mai in funzione e furono rimosse a metà degli anni ′50. Già durante il periodo della costruzione, l’elettricità forniva l’energia necessaria al funzionamento di teleferiche, gru, frantumatori di roccia e betoniere. La completa elettrificazione del Canale, avvenuta nel primo decennio del ventesimo secolo, fu una novità assoluta. Per rendere operative le chiuse dovettero essere installati circa 1.500 motori elettrici. La General Electric produsse quasi la metà delle apparecchiature utilizzate nella costruzione e praticamente tutte quelle permanenti: motori, relé, interruttori, generatori ed inoltre fornì la cablatura completa. Costruì anche gli originali locomotori a cremagliera per il governo delle navi nelle chiuse e tutta la rete di illuminazione. I locomotori di manovra, progettati anch’essi da Schildhauer, lavorano su binari costruiti sul bordo degli argini dei bacini e, all’epoca, operavano ad una velocità di circa 3 km/h. Un aspetto molto importante del progetto è che si devono poter arrampicare sui piani inclinati di 45° che si trovano tra due chiuse successive. I primi esemplari furono costruiti a Schenectady, New York, ad un costo unitario di 13.000 dollari. Schildhauer progettò anche i concetti basilari del sistema di controllo delle chiuse, che vennero poi sviluppati in collaborazione con la General Electric. Tutte le operazioni sono comandate da una cabina di regia costruita sulla parete centrale dei bacini superiori, da dove è possibile avere una vista completamente libera su tutta l’area della chiusa e su ciò che avviene al suo interno. La manovra delle porte avviene tramite motori elettrici comandati da un pannello situato nella cabina di controllo e questo sistema, in uso da un secolo, funziona ancora perfettamente. Le chiuse del versante Pacifico furono le prime ad essere terminate: questo risultato portò alle stelle il morale di tutti i lavoratori. Il 20 maggio 1913 gli scavatori n° 222 e n° 230, che avevano lentamente recuperato il ritardo accumulato nel Gaillard Cut, si incontrarono sul fondo del Canale. Era stata raggiunta la profondità di 12 metri sotto il livello dell’acqua e il taglio aveva raggiunto la quota di progetto. I lavori di scavo terminarono quasi quattro mesi più tardi e quando l’ultimo scavatore a vapore finì il suo lavoro la mattina del 10 settembre 1913, fu anch’esso caricato sul treno che portava via l’ultimo viaggio di materiali di risulta. Al rimorchiatore GATUN, che era utilizzato sul versante Atlantico per trainare le chiatte, toccò l’onore di collaudare il funzionamento delle chiuse di Gatun. La tenuta era perfetta, sebbene le valvole fossero manovrate manualmente perché il pannello della centrale di controllo non era ancora ultimato. Quasi a voler effettuare un’ulteriore verifica, il 30 settembre si verificò un violento terremoto che mandò fuori scala i pennini dei sismografi installati ad Ancon. A parte delle piccole frane nelle zone interne e il crollo di qualche muro in alcuni palazzi di Panama City, Gorgas nel suo rapporto a Washington scrisse che non si era verificato alcun danno in nessuna parte del Canale. Quella stessa settimana, sei grandi condutture interrate a Gamboa immisero l’acqua del Rio Chagres nel Gaillard Cut. Quindi, il 10 ottobre 1913, il Presidente Woodrow Wilson premendo un bottone a Washington, trasmise telegraficamente a Panama, via New York e Galveston, e da lì alla stazione di controllo delle condutture, l’ordine di completare l’allagamento del Gaillard Cut collegandolo al Lago di Gatun. Avvicinandosi il termine dei lavori, cominciò il licenziamento di migliaia di operai; i villaggi furono abbandonati e si arrivò alla demolizione di centinaia di fabbricati. Gorgas, esaurito il suo compito, si dimise per andare a collaborare con il gruppo di medici che lottavano contro la pneumonia, una malattia diffusa tra i minatori che lavoravano nei giacimenti auriferi del Sud Africa e venne promosso Generale Medico. Il 1° aprile 1914, la Commissione per il Canale nell’Istmo venne sciolta e fu creata una nuova entità amministrativa, il Governatorato della Zona del Canale. Il Senato degli Stati Uniti nominò all’unanimità governatore il Generale Goethals. Venne programmata una grande celebrazione che si sarebbe tenuta il 15 agosto 1914 per festeggiare adeguatamente l’apertura ufficiale del Canale di Panama, ma l’inaugurazione non avvenne con la grandiosità prevista perché lo scoppio della Prima guerra mondiale costrinse gli organizzatori a cancellare i festeggiamenti programmati. L’inaugurazione si ridusse ad una modesta cerimonia, nel corso della quale la nave cementiera ANCON, sotto la guida del Capitano John A. Constantine, primo pilota del Canale, lo percorse in tutta la sua lunghezza. Non vi fu la presenza di autorità internazionali e Goethals, dopo aver assistito dalla banchina all’inizio del viaggio, continuò a seguirlo in treno. Peraltro il Canale era già stato attraversato da una flotta internazionale di navi da guerra salpata da Hampton Roads il 1° gennaio 1914 e diretta a San Francisco per presenziare all’inaugurazione ufficiale dell’Esposizione Internazionale Panama-Pacifico, una sorta di celebrazione mondiale dell’opera compiuta. Il primo mercantile pagante a transitare nel Canale di Panama fu l’ALEXANDRE LA VALLEY, un vecchio cargo francese che, giunto sulla costa atlantica dell’istmo, fu in grado di proseguire il suo viaggio nell’Oceano Pacifico dopo meno di dodici ore. Il Canale costò agli Americani circa 375 milioni di dollari, compresi i 10 milioni pagati alla Repubblica di Panama ed i 40 milioni spesi per il subentro alla Compagnia francese. Fu il progetto costruttivo più costoso mai realizzato dagli Stati Uniti fino a quel momento. Le opere di consolidamento richiesero ulteriori investimenti per 12 milioni di dollari. Stranamente, a differenza di quanto avviene generalmente per progetti di questo spessore, il Canale ebbe un costo inferiore a quello stimato, con un risparmio di circa 23 milioni di dollari rispetto a quanto preventivato nel 1907, nonostante gli interventi imprevisti per arginare le frane e le varianti apportate al progetto originario per aumentarne la larghezza. Ancora più sorprendente è come questo immenso e complesso progetto sia stato portato a termine senza che venisse sollevato nessuno di quegli scandali o casi di corruzione che spesso sono le piaghe di opere grandiose. E anche negli anni seguenti non venne denunciato nessun caso di questo genere. Purtroppo, l’opera fu segnata da un alto tributo di vite umane. In base ai registri dell’ospedale di Ancon, durante il periodo americano dei lavori vi furono ben 5.609 decessi per malattie ed incidenti. Se si aggiungono anche le morti del periodo francese si arriva, secondo una stima di Gorgas, a circa 25.000 vittime. Ma il numero vero non si saprà mai, perché i Francesi registravano solo le morti che avvenivano in ospedale e non quelle nei cantieri. Durante il periodo americano, fino al 1° luglio 1914, furono scavati 182 milioni di metri cubi di materiali che, aggiunti ai 23 milioni scavati dai Francesi, danno un totale di circa 205 milioni di metri cubi: più di quattro volte il volume originariamente stimato da de Lesseps. A Theodore Roosevelt è largamente riconosciuto il merito della realizzazione del Canale di Panama, ed egli non lo smentì mai. Ma dei tre presidenti che svolsero il loro mandato nel periodo dei lavori, Roosevelt, Howard Taft e Woodrow Wilson, fu Taft a dare la partecipazione più costruttiva e per il periodo più lungo. Egli si recò a Panama cinque volte in qualità di Ministro della Guerra di Roosevelt ed altre due come Presidente. Assunse John Stevens e, quando questi si dimise, raccomandò la sostituzione con Goethals. Quando nel 1909 Taft si insediò alla Casa Bianca al posto di Roosevelt, l’avanzamento dei lavori di costruzione era al 50%. Nonostante ciò Goethals scrisse: “Il vero artefice del Canale di Panama è stato Theodore Roosevelt”. Le seguenti parole di Theodore Roosevelt sono incise su una targa affissa sulla rotonda del palazzo dell’Autorità del Canale e riassumono significativamente la sua filosofia personale ed il suo pensiero sulla realizzazione di questa opera immane: “La costruzione del Canale di Panama è il frutto di azioni che nessuno avrebbe potuto condurre meglio. Il merito è tutto degli uomini che attualmente sono sul campo; i loro visi sono sfigurati dalla polvere, dal sudore e dal sangue; c’è chi si impegna validamente, chi sbaglia e ci delude grandemente; c’è chi conosce i grandi entusiasmi, la grande devozione al lavoro ed impegna tutto se stesso in una causa di elevato valore; c’è chi, nel migliore dei casi, si riconoscerà nei grandi risultati raggiunti e chi, nel peggiore dei casi, fallirà l’obiettivo, ma avrà ugualmente dato una grande prova di coraggio. Accanto a questi uomini non c’è posto per quelle anime fredde e timide che non conosceranno mai né la vittoria né la sconfitta.” Nel 2007 sono iniziati i lavori di ampliamento del Canale che sostanzialmente consistono nella costruzione di due nuove chiuse, una sulla sponda atlantica e l’altra sulla sponda pacifica. Ciascuna chiusa è composta da tre bacini che formano altrettanti “gradini” per innalzare le navi all’attuale livello del Canale. Le chiuse sono collegate da nuovi raccordi di accesso all’attuale percorso attraverso l’istmo, che è stato allargato e approfondito per consentire il transito di navi lunghe fino a 366 metri (contro i 294 attuali), larghe 55 metri (attuali 33,5), con pescaggio di 18,3 metri (attuali 12,8). Le chiuse attuali continueranno ad essere mantenute in esercizio per il transito delle attuali navi tipo Panamax che hanno le dimensioni riportate in parentesi. Alle circa 40 navi al giorno che transitano attraverso le chiuse esistenti, se ne aggiungeranno altre 10-14 che utilizzeranno le nuove chiuse. I lavori avrebbero dovuto essere completati entro quest’anno, in concomitanza col centenario del Canale, ma le numerose interruzioni dei lavori dovute a controversie contrattuali e a scioperi, hanno fatto slittare la data al dicembre 2015, sempre che questa scadenza venga rispettata. Nel frattempo si va delineando un temibile concorrente per il Canale di Panama, in quanto il Nicaragua ha rilasciato la concessione ad una società con sede ad Hong Kong, la HK Nicaragua Canal Development Investment, pare a capitale cinese, per la costruzione di un canale che colleghi i due oceani sfruttando anche il bacino del Lago Nicaragua. Il progetto già approvato prevede l’imboccatura sull’Atlantico a Punta Gorda e quella sul Pacifico alla foce del fiume Brito. La lunghezza totale del canale sarà di 278 Km., di cui 105 attraverso il lago. Le sue dimensioni saranno enormemente maggiori di quelle del Canale di Panama dopo l’ammodernamento. Infatti la sua larghezza varierà tra 230 e 520 metri e avrà una profondità minima di 27,6 metri. Un altro fatto che lo renderà estremamente competitivo, è che trovandosi il Nicaragua più a nord di Panama, il percorso tra le coste Est e Ovest degli Stati Uniti risulterà accorciato di 800 miglia. I lavori dovrebbero cominciare entro questo mese di dicembre.
  5. Si, le metterò a corredo della descrizione del passaggio nella Parte Terza
  6. Nel corso dei numerosi viaggi compiuti a bordo di navi mercantili, mi è capitato più volte di attraversare il Canale di Panama, un’opera grandiosa di cui proprio quest’anno ricorre il centenario dell’inaugurazione. Le vicende che hanno riguardato la sua costruzione sono particolarmente interessanti, ma spesso poco conosciute. In uno dei miei passaggi, durante le circa 10 ore di navigazione che occorrono per percorrerlo, ho attaccato discorso con un pilota del Canale che era salito a bordo, il quale, colpito dal mio interessamento, mi ha fornito gli elementi per mettermi in contatto con l’Autorità del Canale che ha esaudito la mia richiesta di documentazione sulla sua storia fornendomi anche del materiale dai propri archivi. Credo che molti amici di BETASOM possano essere interessati a conoscere i fatti ed i colpi di scena che si susseguirono nei 34 anni in cui si svolsero i lavori. Una cartina del canale in italiano fornitami dall’Autorità del Canale ricavata da un’immagine satellitare. Sono visibili sul versante Atlantico le 3 chiuse di Gatun e sul versante Pacifico la chiusa di Pedro Miguel all’entrata del Lago di Miraflores e le due chiuse di Miraflores all’uscita del lago omonimo. Grazie a questi due gruppi di chiuse il percorso del canale si snoda a 26 m. s.l.m. La prima ipotesi di una via navigabile che attraversasse l’istmo di Panama collegando gli oceani Atlantico e Pacifico, risale a Vasco Núñez de Balboa che, nel 1513, scoprì che i due oceani erano separati solamente da una sottile striscia di terra. L’Imperatore di Spagna Carlo V diede il proprio consenso alla costruzione di un passaggio attraverso l’istmo. Con decreto emanato nel 1534 l’imperatore di Spagna Carlo V, in piena fase di colonizzazione dei territori del Nuovo Mondo, ordinò al governatore della Regione di Panama di effettuare uno studio di fattibilità di un canale che raggiungesse l’Oceano Pacifico seguendo il corso del Rio Chagres. Questo fu il primo embrione di progetto di un canale navigabile che attraversasse l’istmo e, più o meno, era stato identificato lo stesso percorso dell’attuale via d’acqua. Tuttavia, al termine dello studio, il parere del governatore fu assolutamente negativo, in quanto riteneva che sarebbe stato impossibile per chiunque portare a termine una tale impresa a causa delle difficoltà tecniche che essa comportava, insormontabili per l’epoca. L’argomento rimase lettera morta fino al 1876, quando la Società Geografica di Parigi promosse un comitato internazionale di studi per colmare le lacune nella conoscenza geografica del territorio centro-americano, allo scopo di costruire un canale interoceanico. Venne quindi costituita la Società Civile Internazionale del Canale Interoceanico di Darien, presieduta da Ferdinand de Lesseps, il costruttore del Canale di Suez. L’esplorazione dell’istmo fu affidata al Tenente della Marina Militare Francese Lucien Wyse, nipote di Luciano Bonaparte. Armand Réclus, anche lui Tenente di Marina, era il suo assistente. Nell’aprile 1877, Wyse ritornò a Parigi dopo aver analizzato numerose possibili alternative nelle regioni di Darien ed Atrato. Tuttavia de Lesseps, forte della sua autorevole esperienza maturata nella realizzazione del Canale di Suez, bocciò i progetti elaborati perché prevedevano tutti la costruzione di gallerie e di chiuse. In un secondo sopralluogo nell’istmo, iniziato il 6 dicembre 1877, Wyse verificò la fattibilità di altre due ipotesi: il percorso di San Blas e quello che si snoda dalla Limon Bay a Panama City. La scelta cadde su quest’ultimo, basato sulla costruzione di un canale a livello del mare, con un percorso parallelo ai binari della ferrovia di Panama. Sarebbe stato inoltre necessario costruire una galleria di ben 7.720 metri attraverso lo spartiacque continentale a Culebra. Con questo progetto nelle mani, Wyse andò a Bogotà dove, a nome della Società, negoziò un trattato con il Governo della Colombia. Il trattato, sottoscritto il 20 marzo 1878, fu denominato “Concessione Wyse”. La Società Civile Internazionale del Canale avrebbe avuto pieno diritto di costruire un canale interoceanico attraverso l’istmo. Una clausola del trattato prevedeva che il canale sarebbe passato gratuitamente alla Colombia dopo 99 anni dalla sua entrata in esercizio. Il 15 maggio 1879 si tenne a Parigi il Congresso Internazionale di Studi del Canale Interoceanico, sotto l’egida della Società Geografica di Parigi. I detrattori sostenevano che lo scopo principale del Congresso fosse di legittimare la Concessione Wyse, fatto estremamente importante, come riconobbe lo stesso de Lesseps, per ottenere i necessari finanziamenti. L’obiettivo non era l’approvazione del percorso o del progetto del Canale, che di fatto erano già avvenuti ad opera di de Lesseps, ma quello di dare alla Concessione Wyse un imprimatur ufficiale. Prima dell’apertura del Congresso furono presentate 14 proposte per un canale a livello del mare, nelle quali era inclusa anche quella di Wyse e Réclus sostenuta da de Lesseps. Un sottocomitato ridusse le alternative a due: Nicaragua e Panama. Com’era prevedibile, gli ingegneri partecipanti al Congresso fornirono diverse teorie in relazione ai vari progetti. Uno di questi ingegneri era il barone Godin de Lépinay, capo del Dipartimento Francese dei Ponti e delle Strade di Grande Comunicazione, noto per la sua intelligenza e per la disponibilità ad ascoltare anche chi non la pensava come lui. Era l’unico della delegazione francese ad avere esperienza di costruzione nelle zone tropicali per avere realizzato, nel 1862, la ferrovia tra Cordoba e Veracruz in Messico. Al Congresso fece una convincente dissertazione a favore di un canale a chiuse. Il progetto di Lépinay prevedeva la costruzione di due chiuse: una sul Rio Chagres, in prossimità della sua foce sull’Atlantico, e l’altra sul Rio Grande in prossimità del Pacifico. Si sarebbe così creato un lago artificiale ad una quota di circa 25 metri sul livello del mare. I principali vantaggi di questo progetto erano la riduzione dei lavori di scavo e l’eliminazione del pericolo costituito dalle piene del Rio Chagres. Inoltre ciò avrebbe ridotto l’insorgenza di malattie tropicali che, secondo le teorie prevalenti dell’epoca, sarebbero state originate da una sorta di emanazione tossica proveniente dall’esposizione all’aria del terreno appena sbancato. Il tempo previsto per la realizzazione dell’opera era di sei anni. Questo studio conteneva tutti i concetti basilari che furono poi adottati nella costruzione dell’attuale canale. La Società del Canale Interoceanico avrebbe adottato queste teorie per la realizzazione delle chiuse, che vennero programmate solo nel 1887, dopo la definitiva rinuncia alla costruzione a livello del mare. Se la Francia avesse adottato subito questa soluzione, nel 1879, avrebbe probabilmente portato a termine con successo l’impresa, anziché rinunciare alla prosecuzione dei lavori a favore degli Stati Uniti, ai quali andarono anche i relativi diritti di sfruttamento. È chiaro che, visto lo svolgimento dei fatti, al progetto de Lépinay non fu data molta attenzione. Nel frattempo prese il via il “Piano Nicaragua”, portato avanti da Aniceto Garcìa Menocal per conto del Governo degli Stati Uniti. Cubano di nascita, Menocal era un ingegnere civile, incaricato dal commodoro Ammen di sondare la disponibilità del Nicaragua a rilasciare un’ulteriore concessione agli Stati Uniti; ma tutti i tentativi effettuati non sortirono alcun successo. De Lesseps pensò che una settimana sarebbe stata sufficiente ad ottenere l’approvazione del suo progetto e si dedicò a tempo pieno allo studio dei particolari. Con gli eventi che ora minacciavano di sfuggirgli di mano, “fece cadere la cappa d’indifferenza”, come scrisse un delegato, e convocò un’assemblea straordinaria degli azionisti della Società del Canale Interoceanico. Parlando con sicu- rezza davanti ad una grande carta geografica, un de Lesseps assolutamente calmo e tranquillo riuscì per la prima volta a condizionare il congresso. Parlava fluentemente, con un linguaggio semplice e diretto, ma con grande convinzione e, anche senza una preparazione approfondita del suo discorso, fece apparire ogni cosa corretta e fattibile. La carta geografica alla quale faceva riferimento con studiata familiarità, mostrava chiaramente che il percorso migliore era quello che attraversava l’istmo di Panama che, tra l’altro, era già stato scelto per la realizzazione della ferrovia transcontinentale. De Lesseps sosteneva che era fuori di ogni dubbio che un canale a livello del mare sarebbe stata la soluzione vincente ed era altrettanto lapalissiano che l’istmo sarebbe stato il luogo migliore per realizzarlo. Si sarebbero certamente presentati dei problemi in corso d’opera, ma sarebbero stati tutti risolti come era già accaduto a Suez. Il suo auditorio rimase affascinato dalle argomentazioni addotte. Dopo il discorso di de Lesseps caddero tutte le barriere ostili al suo progetto e il Comitato Tecnico raccomandò la costruzione di un canale a livello del mare attraverso l’istmo di Panama. Ma non tutto si svolse in armonia ed all’unanimità: prima della votazione, quasi la metà dei membri del Comitato abbandonarono l’aula. Dopo la votazione, a congresso pienamente ricostituito, venne data lettura della Relazione del Comitato, seguita dalla storica votazione finale. La risoluzione del Comitato recitava testualmente: “È convincimento del Congresso che l’escavazione di un canale interoceanico a livello del mare, estremamente auspicabile nell’interesse del commercio e della navigazione, sia fattibile; ed inoltre, per approfittare delle agevolazioni naturali per l’accesso e la gestione operativa che una via d’acqua di questo tipo deve offrire prima di ogni altra cosa, il canale si dovrebbe snodare dal Golfo di Limon alla Baia di Panama”. La risoluzione passò con 74 voti a favore ed 8 contrari. Tra i “no” spiccavano i voti di de Lépinay e di Gustave Eiffel, il progettista dell’omonima torre di Parigi. Trentotto membri del comitato erano assenti e 16, tra cui Ammen e Menocal, si astennero. La maggioranza dei voti favorevoli non comprendeva nessuno dei 5 delegati della Società Francese di Ingegneria. Dei 74 voti a favore, solo 19 furono espressi da ingegneri e, tra questi, solo uno, il Panamense Pedro Sosa, aveva una conoscenza diretta del territorio centro-americano. A seguito di questa risoluzione, il 17 agosto 1879 fu costituita la Compagnia Universale del Canale Interoceanico di Panama, della quale fu nominato presidente de Lesseps. Fu acquistata dalla Società Civile del Canale la Concessione Wyse e fu decisa una nuova verifica in loco: una commissione tecnica internazionale, costituita dal fior fiore degli ingegneri, si recò a Panama, accompagnata da de Lesseps, per rendersi conto direttamente delle caratteristiche dell’istmo. Mantenendo la sua promessa di dare sollecitamente il via ai lavori, il 1° gennaio 1880 de Lesseps organizzò una cerimonia speciale nel corso della quale la sua giovane figlia Ferdinanda avrebbe avuto l’onore di dare il primo colpo di piccone. Lo scopo di questa cerimonia era di insediarsi alla foce del Rio Grande, dove era previsto lo sbocco sul Pacifico del futuro canale. Il giorno designato, una scialuppa a vapore del piroscafo TABOGUILLA avrebbe dovuto sbarcare de Lesseps ed un gruppo di selezionatissimi ospiti a tre miglia dal luogo dove si sarebbe svolta la cerimonia. Ma il protrarsi dei precedenti festeggiamenti che si erano svolti a bordo della nave ritardarono l’ora prevista per lo sbarco e la bassa marea intervenuta nel frattempo, impedì al TABOGUILLA di ancorarsi nel posto prescelto per calare in mare la scialuppa. L’estroverso de Lesseps fu, come sempre, pronto con una soluzione alternativa: aveva portato dalla Francia un piccolo badile ed un piccone da cerimonia: dichiarando che, in ogni caso, l’atto era puramente simbolico, fece assestare dalla figlia Ferdinanda un colpo di piccone su una cassa di champagne vuota che era utilizzata a bordo per raccogliere i rifiuti. Una cassa di champagne vuota era interpretata come simbolo di buon augurio e l’applauso che ne seguì consacrò l’ufficialità dell’atto. De Lesseps decise poi che si sarebbe tenuta un’altra cerimonia per l’inizio dei lavori nel cantiere della sezione del canale che avrebbe comportato lo scavo più profondo, attraverso lo spartiacque continentale, a Culebra. Il 10 gennaio 1880, dirigenti ed ospiti di riguardo si radunarono al Cerro Culebra per presenziare alla cerimonia, durante la quale sarebbe avvenuto il brillamento di una mina che doveva far saltare una formazione di basalto che si trovava immediatamente sotto la sommità della collina. Dopo la benedizione del vescovo locale, Ferdinanda fu nuovamente chiamata a fungere da madrina, premendo il pulsante del detonatore che innescò l’esplosione della carica. Charles, il figlio di de Lesseps, venne nominato supervisore dell’avanzamento giornaliero dei lavori, mentre lo stesso de Lesseps si assunse l’importante compito di pubblicizzare l’impresa e di raccogliere il denaro per finanziarla attraverso una sottoscrizione privata. Non essendo a conoscenza dei più recenti aggiornamenti scientifici e tecnici, de Lesseps – che tra l’altro non era neppure ingegnere – si comportò in maniera alquanto dilettantesca rispetto alla tecnologia emergente. Sebbene fosse abbastanza preoccupato per i problemi che si presentavano nel portare avanti questa gigantesca impresa, era sicuro che le persone giuste, con le idee giuste ed i macchinari giusti, si sarebbero in qualche modo miracolosamente materializzate dal nulla, rendendo possibile la loro soluzione. Gli investitori furono attratti dall’entusiasmo sconfinato che egli riponeva nel progetto e da una fiducia illimitata nei miracoli della tecnologia dell’epoca. Nel frattempo, la Commissione Tecnica Internazionale rese pubbliche le difficoltà che si incontravano nell’esplorazione e nella stesura della cartografia del tracciato del canale. Tra Colón e Panama City il suo percorso venne diviso in due sezioni, ciascuna delle quali affidata ad un gruppo di ingegneri. I risultati di questa verifica furono espressi in un rapporto finale redatto nella sede della Commissione a Panama City. Il Governo di Parigi chiese allora alla Commissione Tecnica Internazionale di controllare tutti gli studi precedenti, compresi quelli di Wyse e Réclus e quelli americani di Lull e Menocal. Ufficialmente lo scopo era di determinare il percorso definitivo del canale per poter approntare i disegni particolareggiati ed i piani di lavoro, ma in realtà si voleva lanciare agli investitori il messaggio che de Lesseps era l’artefice di un progetto affrettato, divulgato poco correttamente e contenente degli errori che, con molta probabilità, avrebbero provocato una lievitazione dei costi al di fuori di ogni controllo. Purtroppo le poche settimane di tempo concesse per questo lavoro di verifica furono insufficienti per portare a termine un’investigazione di così grande importanza. Per questo motivo il contenuto della relazione finale della Commissione Tecnica, consegnata il 14 febbraio 1880, era scientificamente e professionalmente debole e aggiungeva pochissimi elementi al progetto elaborato da de Lesseps. Confermando la validità della realizzazione del canale a livello del mare, la Commissione non rilevava importanti difficoltà operative nel taglio della profonda trincea attraverso lo spartiacque continentale a Culebra e stimava che l’opera avrebbe potuto essere completata in circa otto anni. Veniva anche raccomandata la costruzione di un frangiflutti protettivo a Limon Bay e di una chiusa per arginare le escursioni di marea all’imboccatura dell’Oceano Pacifico. Per l’esecuzione dei lavori, de Lesseps stipulò un contratto con l’impresa Couvreux & Hersent, che aveva già collaborato con lui a Suez. Armand Réclus, Direttore Generale della Compagnia Universale, guidava il primo gruppo di costruzione composto da circa quaranta ingegneri e funzionari. Essi arrivarono a Colón il 29 gennaio 1881 a bordo del piroscafo LAFAYETTE. Réclus si aspettava ottimisticamente che il lavoro preparatorio non richiedesse più di un anno, ma la scarsa popolazione di Panama non gli permise di reclutare la manodopera necessaria e la folta giungla che ricopriva il territorio non gli consentiva quella facilità di movimento necessaria per portare avanti i lavori. Gaston Blanchet, direttore della Couvreux & Hersent, che era giunto sull’istmo con il gruppo di Réclus, morì dieci mesi dopo l’avvio dei lavori, apparentemente di malaria: fu un evento tragico, perché era la mente operativa della Compagnia. Nonostante tutto, i lavori proseguirono. I controlli furono portati a termine ed il percorso del canale definito più accuratamente. Venne dato il via alla costruzione dei fabbricati di servizio e degli alloggi per le maestranze. La consegna dei macchinari era prevista a breve; alcuni sarebbero arrivati dall’Europa, altri dagli Stati Uniti, ma in ogni caso erano tutti molto urgenti: dalle motolance agli escavatori, ai camion da cantiere, alle gru, alle attrezzature telegrafiche e telefoniche. In ottobre, le attrezzature ed i materiali cominciarono ad arrivare a Colón, ma si accumulavano più velocemente di quanto gli uomini riuscissero a familiarizzarsi con il loro utilizzo. Nel dicembre 1881, la Compagnia Universale stabilì il suo quartier generale al Grand Hotel di Panama City, in Piazza della Cattedrale. Il 20 gennaio 1882, un banchetto con trattenimento danzante a Panama City segnò l’inizio ufficiale dei lavori di scavo del Taglio di Culebra. In realtà, il loro avanzamento era pressoché nullo per la mancanza di organizzazione nel cantiere e gli ingegneri continuavano a fare controlli ai lavori preliminari, che si erano resi necessari a causa delle carenze contenute nello studio originale, e ad inviare rapporti a Parigi. Per fronteggiare le malattie, essenzialmente endemiche, la Compagnia Universale creò un presidio medico nell’istmo affidandolo alla cura delle suore di San Vincenzo de’ Paoli. Il primo ospedale con 200 letti fu costruito a Colón nel Marzo 1882. Sei mesi più tardi, il 17 Settembre 1882, fu inaugurato ad Ancon Hill, sul versante del Pacifico, l’Ospedale Centrale di Panama, il precursore dell’Ancon Hospital. A causa della carenza di informazioni mediche sul contagio portato dalle zanzare nella trasmissione della febbre gialla, i Francesi e le suore commisero una serie di errori madornali che costarono numerose vite umane ed infinite sofferenze. I giardini dell’ospedale contenevano una grande quantità di piante e fiori; per proteggere le foglie dalle formiche che se ne cibavano, furono realizzate attorno alle aiole delle canalette colme d’acqua. Analogamente, sotto le spalliere dei letti furono piazzati dei recipienti pieni d’acqua per tenere lontani gli insetti. Entrambi questi rimedi costituivano un eccellente ambiente di riproduzione per la Stegomyia Fasciata e la Zanzara Anofele, portatrici rispettivamente della febbre gialla e della malaria. Molti pazienti che venivano ricoverati all’ospedale per altri motivi, spesso erano contagiati dopo il loro arrivo. Si giunse al punto che la gente, nei limiti del possibile, evitava di farsi ricoverare perché “portava sfortuna”. Dopo aver predisposto tutti i piani per l’escavazione, la Couvreux & Hersent decise di abbandonare il progetto e il 31 dicembre 1882 scrisse a de Lesseps chiedendogli la risoluzione del contratto. Questa decisione gettò la Compagnia Universale nella più profonda confusione, finchè venne nominato direttore generale Jules Dingler. Questi era un ingegnere di provata abilità, reputazione ed esperienza. Non temeva il rischio della febbre gialla e, assieme alla sua famiglia, arrivò a Colon il 1° marzo 1883, accompagnato da Charles de Lesseps. I lavori di escavazione del Taglio di Culebra stavano frattanto procedendo ed era previsto che terminassero nel maggio 1885, ma l’instabilità del terreno ed i continui smottamenti creavano problemi sempre più gravi. Agli ingressi dell’Atlantico e del Pacifico le draghe proseguivano il lavoro di escavazione. I macchinari provenienti da Francia, Stati Uniti e Belgio dovevano continuamente essere modificati ed usati per tentativi, ma nella maggior parte dei casi si rivelavano troppo leggeri e sottodimensionati rispetto alle necessità operative. Un crescente accumularsi di attrezzature fuori uso lungo il percorso del canale testimoniava gli errori commessi in passato e che ancora si continuavano a commettere.Nel settembre 1883 erano impiegati negli scavi circa diecimila uomini e si raggiunse la punta massima nel 1884 con diciannovemila. Gli operai provenivano dall’area dei Caraibi, principalmente dalla Giamaica. Quando tutto sembrava procedere senza particolari intoppi, una grave tragedia colpì la famiglia Dingler: la figlia Louise morì di febbre gialla e, come se non bastasse, anche il fidanzato della ragazza, che era venuto con i Dingler dalla Francia, contrasse la malattia e morì. Dingler non si arrese, concentrandosi sempre più nel lavoro. In giugno si recò in Francia con la moglie per discutere alcuni problemi relativi alle opere in corso; ritornarono nell’istmo in ottobre, accompagnati da Philippe Bunau-Varilla, un giovane ingegnere capace ed energico che avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella storia di Panama e del Canale. Bunau-Varilla fu assegnato al gruppo di ingegneri che lavoravano alla costruzione della profonda trincea tra Culebra ed il Pacifico, uno dei punti più delicati dei lavori, che si svolgevano con l’utilizzo contemporaneo di draghe ed escavatori. Una nuova terribile tragedia si abbattè su Dingler: la moglie morì di colera soltanto un anno dopo la figlia ed il suo fidanzato. Un Dingler completamente annientato rimase sui cantieri fino a giugno, quando fece ritorno in Francia; non avrebbe mai più messo piede sull’istmo, dove aveva perduto le persone più care. In sostituzione di Dingler fu nominato direttore generale Maurice Hutin, che restò in carica solo un mese e dovette far ritorno in Francia per motivi di salute. La direzione passò allora al ventiseienne Bunau-Varilla, che seppe risollevare il morale dei lavoratori ed imprimere un’accelerazione alle opere di escavazione lungo il percorso del canale. Ma purtroppo i macchinari e l’organizzazione del lavoro erano ancora inadeguati. A Culebra, sul versante del Pacifico, il materiale di risulta era trasportato con vagoncini da decauville spinti a mano. Ciascuno dei cinque escavatori che operavano sul versante dell’Atlantico era in grado di rimuovere 300 metri cubi di terra e roccia al giorno, ma la mancanza di treni che trasportassero i materiali alle discariche ne riduceva sensibilmente la loro potenzialità operativa. Le attrezzature si dimostravano ancora inadatte allo scopo richiesto: decisamente sottodimensionate e troppo leggere; inoltre c’era un continuo avvicendamento di operai. La gestione dei detriti provenienti dagli scavi era assolutamente inefficiente: le discariche erano troppo vicine all’area di lavoro e, nel periodo delle piogge, i materiali che vi erano accumulati franavano riempiendo nuovamente il letto del canale. I fossi di drenaggio costruiti parallelamente allo scavo aiutavano a ridurre il problema delle frane, che tuttavia rimaneva gravissimo. Più la trincea diventava profonda e più aumentavano gli smottamenti. Per cercare di alleviare questo problema, si provò a rendere le scarpate meno ripide realizzando dei terrazzi, ma ciò aumentò ulteriormente il volume dei materiali di risulta che già non si riusciva a smaltire; e quando il terreno franava nel canale, l’argilla, di natura particolarmente collosa, aderiva così tenacemente alle benne degli scavatori che spesso doveva essere raschiata via a mano. Gli scavatori francesi a noria si rivelarono inadatti e presto andarono fuori uso, danneggiati dai massi e dalle rocce. Un’impresa che operava sulla collina occidentale aveva ingaggiato un numero così rilevante di appaltatori che l’altura fu battezzata “Collina degli Appaltatori”, ma fino al mese di Luglio 1885 era stato scavato solo circa un decimo del totale stimato. Infine, la mancata risoluzione del problema delle frane stava ponendo una seria ipoteca sul buon fine del progetto di un canale a livello del mare. Intanto il tributo in vite umane cresceva costantemente e raggiunse il picco massimo nel 1885. Le epidemie di febbre gialla che una volta avevano cicli di due o tre anni, ora erano diventate una costante. La malaria continuava a mietere ancora più vite della febbre gialla. Dal momento che la maggior parte dei malati evitava, se possibile, gli ospedali perché ormai era chiaro che costituivano un veicolo di contagio, molte morti non furono neppure registrate. Nel gennaio 1886 arrivò un nuovo direttore generale, Leon Boyer, in sostituzione di Bunau-Varilla. Poco dopo anche Bunau-Varilla contrasse la febbre gialla, ma non morì. Ancora gravemente ammalato, fece ritorno in Francia per curarsi. Ben presto Boyer comunicò ai suoi superiori il proprio convincimento che sarebbe stato impossibile costruire il canale a livello del mare nei tempi e con i limiti di spesa previsti, raccomandando di portare avanti il progetto di Bunau-Varilla, che prevedeva un lago artificiale ed un canale a chiuse. A lavori terminati e una volta entrato in funzione, il canale avrebbe potuto essere gradualmente approfondito fino al livello del mare. Ma in maggio, anch’egli morì di febbre gialla. La direzione dei lavori fu provvisoriamente affidata al suo assistente Nouailhac-Pioch finchè, nel Luglio 1886, venne nominato un nuovo direttore generale, l’ingegnere Marc Jacquier, il sesto dal 1883, che rimase in carica fino al crac del 1888. Nel 1886, il tratto tra Matachin e Culebra, che rappresentava l’area di escavazione più complessa, era un cantiere ininterrotto. L’organizzazione dei lavori nell’istmo era migliorata, ma i rapporti col management della Compagnia Universale in Francia diventavano sempre più tesi. Ora i macchinari erano adeguati e le discariche dei materiali ben distribuite, anche se non ancora validamente protette dalle frane. Nonostante la situazione dei lavori fosse divenuta più fluida, la mancanza di progressi a Culebra preoccupava non poco i direttori della Compagnia a Parigi. Allora, Charles de Lesseps propose a Bunau-Varilla la creazione di una società “ad hoc” per portare a termine lo scavo a Culebra. Nel luglio 1886 venne costituita la Artigue, Sonderegger et Cie. e Bunau-Varilla decise di assumersi in prima persona la supervisione dei lavori sul campo. Come avrebbero fatto gli ingegneri americani più tardi, si trasferì in un alloggio sul Taglio di Culebra, in modo da poter seguire da vicino il progredire degli scavi. Circa sei mesi più tardi, i lavori a Culebra avevano raggiunto il loro picco massimo: ventisei escavatori erano impegnati nello scavo sempre più profondo della trincea, ma dovevano anche trasportare i materiali di risulta alle discariche, dal momento che la Ferrovia di Panama non era ancora attrezzata per trainare i pesanti vagoni carichi di rocce, terriccio e fango. Stava diventando sempre più evidente a tutti, fuorché a Ferdinand de Lesseps, che l’ipotesi di un canale a livello del mare era assolutamente irrealizzabile e l’unica alternativa percorribile sarebbe stata quella di un canale a chiuse. Nonostante le pressioni provenienti da ogni parte, de Lesseps difendeva caparbiamente la sua tesi, ma alla fine dovette capitolare. Come ovvia conseguenza, lo studio di questa variante di progetto provocò un ulteriore ritardo di nove mesi. Nell’ottobre 1887 il Comitato Superiore Consultivo pubblicò il suo rapporto. Eminenti ingegneri francesi concordarono sulla possibilità di costruire un canale sopra il livello del mare attraverso l’istmo di Panama. Il progetto avrebbe dovuto permettere il transito delle navi e, allo stesso tempo, consentire in futuro il dragaggio del canale per portarlo al livello del mare. Alla fine de Lesseps, sebbene riluttante, si dichiarò d’accordo. Lo studio di Bunau-Varilla prevedeva la creazione di dieci bacini nei quali sarebbero state collocate delle draghe galleggianti; i bacini sarebbero stati collegati da una serie di dieci chiuse ed il livello più elevato che avrebbe raggiunto il canale sarebbe stato di 52 metri. Il 15 gennaio 1888 iniziarono i lavori per la realizzazione delle chiuse, sotto la direzione di Gustav Eiffel. La profondità media della trincea del Taglio di Culebra, che nel 1886 era solo di 90 centimetri, fu portata a tre metri nel 1887 ed a sei metri nel 1888, fino ad arrivare a 72 metri quando vennero sospesi i lavori. Sotto la conduzione dell’Artigue, Sonderegger et Cie., l’opera stava procedendo abbastanza speditamente. Alcuni tratti del canale erano quasi completati, la Ferrovia di Panama era stata spostata lontano dalla trincea, le prime porte delle chiuse erano quasi pronte per essere installate ed erano stati avviati i lavori preliminari per la costruzione di una diga che regolasse il flusso delle acque del Rio Chagres. Senza alcun preavviso, ed in maniera del tutto inaspettata, le banche ritirarono le linee di credito ed il management a Parigi dovette prendere atto della totale assenza di risorse economiche. Una pubblica sottoscrizione sollecitata da de Lesseps andò deserta. Gli azionisti, nella loro ultima riunione del gennaio 1889, decretarono il fallimento della Compagnia Universale. Fu una conclusione ignominiosa per una così grande opera. Alcuni lavori marginali proseguirono ancora per qualche mese, ma il 15 maggio 1889 cessò ogni attività sull’istmo. La liquidazione dell’azienda fu completata solo cinque anni più tardi. In Francia montavano le pressioni popolari sul governo per quello che venne definito “L’Affaire Panama” e molti dirigenti della Compagnia, tra cui Ferdinand e Charles de Lesseps, finirono sotto processo, accusati di frode e cattiva amministrazione. L’età avanzata e le precarie condizioni di salute risparmiarono al vecchio de Lesseps l’onta di comparire in tribunale, ma entrambi vennero condannati a cinque anni di reclusione. Peraltro, l’artefice del successo di Suez non scontò mai la pena, essendo la stessa andata in prescrizione. Charles, in un secondo processo per corruzione, fu riconosciuto colpevole e condannato ad un anno di prigione, ma i mesi già passati in carcere gli vennero decurtati. Seriamente ammalato, scontò il resto della pena in ospedale. Frattanto le condizioni mentali di Ferdinand de Lesseps si erano notevolmente degradate, tanto che non si rendeva quasi conto di quello che stava succedendo attorno a lui e scontò la pena chiuso in casa, circondato dai suoi familiari; morì ad 89 anni il 7 dicembre 1894. Charles visse fino al 1923, abbastanza per vedere ultimato il Canale di Panama, riabilitato il nome di suo padre e sostanzialmente prosciolte le sue imputazioni. Il fallimento francese può essere attribuito a molte ragioni, ma il motivo principale è sicuramente l’ostinazione di de Lesseps nel sostenere fino all’ultimo il progetto di un canale a livello del mare. Però bisogna anche tener conto delle colpe degli altri, per non essersi opposti ai suoi piani e per non aver mai affrontato con decisione il problema con lui, cercando di dissuaderlo dal proseguire sulla strada intrapresa. Il suo stesso carisma divenne un punto di debolezza e la gente finì col crederlo matto. Wyse tornò a Bogotà con la Concessione originaria, che sarebbe dovuta spirare nel 1893, e negoziò una proroga di dieci anni. Il 20 ottobre 1894 fu costituita la Compagnie Nouvelle du Canal de Panama con un capitale di soli 12.000.000 di dollari, del tutto insufficiente ad affrontare qualsiasi lavoro di una qualche rilevanza. Ciò nonostante la Compagnie Nouvelle nutriva la speranza di riuscire a suscitare l’interesse degli investitori, che avrebbero dovuto fornire i fondi necessari per portare a termine la costruzione del canale sotto i colori della Francia. Non si era ancora manifestata alcuna intenzione di vendere i diritti: l’obiettivo era chiudere le operazioni con successo e, possibilmente, recuperare le perdite accumulate dagli investitori originari. Partito dalla Francia il 9 dicembre 1894, il primo gruppo di ingegneri e di tecnici arrivò a Panama per riprendere gli scavi al Taglio di Culebra. Era fondamentale andare avanti e non importava prendere la decisione definitiva sul tipo di canale, se a chiuse o a livello del mare. Nel 1897, il numero di operai era passato dagli iniziali 700 ad oltre 4.000. La Compagnie Nouvelle istituì un comitato tecnico di alto livello per ricontrollare sia gli studi del progetto che il lavoro già fatto e dare corpo alla migliore soluzione per completare l’opera. Il comitato arrivò nell’istmo nel febbraio 1896 ed incominciò subito a lavorare in questo senso. Il nuovo progetto venne presentato il 16 novembre 1898. Molte sue soluzioni erano simili a quelli del canale che fu inaugurato dagli Americani nel 1914. Si trattava di una via d’acqua a chiuse, con due bacini ad altezza crescente che avrebbero consentito il sollevamento delle navi ed il loro passaggio attraverso lo spartiacque continentale. I bacini delle chiuse, con porte a due battenti, sarebbero stati lunghi 225 metri e profondi circa 9. Ogni coppia di bacini avrebbe avuto una larghezza rispettivamente di 25 e di 18 metri. Sarebbero state necessarie otto serie di dighe: due a Bohio Soldado e due ad Obispo sul versante Atlantico; una a Paraiso, due a Pedro Miguel e una a Miraflores sul versante Pacifico. I laghi artificiali sarebbero stati formati da due dighe costruite sul Rio Chagres a Bohio e ad Alhajuela, che avrebbero entrambe consentito il controllo delle piene e la produzione di energia elettrica. I direttori della Compagnie Nouvelle erano convinti che il canale sarebbe stato in qualche modo completato, ma si scontrarono ben presto con la realtà della situazione. Durante e dopo l’aspro scandalo che aveva coinvolto la vecchia società, gli investitori avevano perduto ogni fiducia nel progetto. Questo significò il mancato ottenimento dei fondi previsti dal lancio del prestito obbligazionario e neppure il Governo francese diede alcun supporto economico al progetto. Con il 50% del capitale iniziale già volatilizzatosi, la Compagnie Nouvelle aveva solo due scelte: abbandonare il progetto o venderlo. Gli amministratori della Società optarono per quest’ultima soluzione e decisero di accettare la migliore offerta, che era quella fatta dagli Stati Uniti. Non era un segreto che questo Paese era interessato al canale e, con il rapporto della commissione tecnica nelle mani, i massimi esponenti del consiglio d’amministrazione furono ricevuti dal Presidente William McKinley il 2 dicembre 1889. Il passaggio di proprietà avvenne dopo cinque anni, ma il contratto fu firmato subito.
  7. Marco, io ho la spilla Betasom ma non il fiocco. Se è possibile applicarlo alla spilla, mi basterebbe avere il fiocco, altrimenti chiederei una spilla M.M. con il fiocco. E' possibile avere una spilla Betasom con fiocco per Chersino? Grazie. A presto.
  8. I, you, he, she, it, we, you, they.
  9. ... o il voi (di mussoliniana memoria) a tutti.
  10. E' una domanda che mi sono posto anch'io, ma Chersino mi ha confermato questo modo di dialogare "fuori ordinanza". Allora ho pensato - ma è solo una mia idea - che l'ammiraglio Parona desse del Lei a Bruno Mussolini per controbattere in maniera sottile all'uso del Tu col quale gli si rivolgeva in maniera a dir poco irriguardosa il giovane rampollo Mussolini.
  11. Rivedo la nobile figura di Capo Ghezzi che, solo un anno e mezzo fa, seguiva instancabile la visita della Base di Betasom e dei bunker dei sommergibili tedeschi a Bordeaux, silenzioso ma col pensiero rivolto a coloro che furono i suoi compagni di tante missioni sul Cappellini ed al "suo" valoroso comandante Salvatore Todaro. Queste immagini resteranno per sempre indelebili nella mia mente. Onore a Te, Capo Ghezzi e un affettuoso abbraccio ad Ileana.
  12. Ti mando i dati via mail. Per quanto riguarda la partecipazione di Chersino, penso che non sia possibile. Allo stato attuale continua ad avere dei problemi al ginocchio destro, che gli rende molto difficoltoso camminare anche con il bastone e stare in piedi. Per muoversi a Venezia non è proprio la condizione ideale. Ho parlato anche con la figlia che non ritiene, al momento, che il padre possa partecipare. Se dovesse migliorare in quest'ultimo mese (ma ne dubito), tanto da consentirgli di venire a Venezia, te lo farò sapere, sperando che per lui ed un membro della famiglia si possa trovare il posto. A presto!
  13. Salve, approfitto subito dell'ampliamento del numero di partecipanti ammessi per chiedere di inserire come ospite mia figlia. Grazie. Non appena avuta la conferma invierò gli estremi del documento.
  14. Nell’anno accademico 1961-62 ero Allievo ufficiale di complemento presso l’Accademia Navale di Livorno, nella sezione Capitanerie di Porto. Eravamo un gruppo molto ristretto: solamente diciotto allievi e gli otto mesi di corso, caratterizzati da una ferrea disciplina, da un severo ciclo di studi e da un’intensa attività ginnico-sportiva, erano stati per noi allievi gli elementi aggreganti di qualcosa di più di una profonda amicizia, una sorta di affratellamento. Massimo Iaschi era uno di noi, un ragazzo dai lineamenti nobili ed una fervida intelligenza; fu uno dei pochi volontari che, sottraendo tempo prezioso allo studio, seppur in vista degli esami di fine corso, si dettero un gran da fare per realizzare il libro del Mak π 100 del Complemento. Sulla manica destra del maglione della divisa da casa e su quella della divisa ordinaria portava cucito lo stemma di “Orfano di guerra”. Un giorno, in uno dei rari momenti di pausa delle attività degli allievi, mi raccontò l’episodio che segnò per sempre la sua vita. Il padre di Massimo, capitano di corvetta Alfredo Iaschi, comandava il sommergibile Capitano Tarantini di base a Betasom. Il 15 Dicembre 1940, al termine della sua seconda missione in Atlantico, il Tarantini stava accingendosi ad imboccare l’estuario della Gironda per rientrare a Bordeaux. La mamma di Massimo, giunta a Bordeaux dopo mille peripezie di viaggio nell’Europa sconvolta dai bombardamenti, attendeva in albergo l’arrivo del Tarantini alla Base. Era ansiosa di riabbracciare il marito e di comunicargli che era in attesa di un bambino. Avrebbero trascorso insieme a Bordeaux la breve licenza prima che il battello riprendesse il mare per una nuova missione in Atlantico. Ma purtroppo l’attesa fu vana, perché un sommergibile inglese postosi sulla scia del Tarantini, lo colpì con un siluro esattamente a poppa distruggendola e provocando l’affondamento immediato del nostro sommergibile che si adagiò su un basso fondale. Si salvò solo il personale di guardia in torretta sbalzato in mare dall’esplosione e Massimo non conobbe mai suo padre, rimasto imprigionato nella camera di manovra. Probabilmente, come altri membri dell’equipaggio che non si trovavano nella zona poppiera, era ancora vivo perché i palombari italiani e tedeschi giunti sul posto per tentare di soccorrere i sopravvissuti, purtroppo senza ottenere alcun risultato a causa delle proibitive condizioni del mare e delle fortissime correnti di marea, udirono per due giorni battere disperatamente sulle lamiere dello scafo, poi più nulla. Il Comandante dei Corsi di complemento capitano di fregata Mario Cassissa saluta i neo Aspiranti delle Capitanerie di Porto che stanno per lasciare l’Accademia Navale al termine dell’anno accademico. Massimo Iaschi stringe la mano al Comandante. Alla sua sinistra, lo scrivente.
  15. max42

    Nuovo Successo Per Nostro Presidente

    Grazie Andrea per questa bella biografia dell'ammiraglio Luigi Fincati. Peccato che, per ovvi motivi di diritti d'autore, sia disponibile inj rete solo la prima pagina. Vedrò di procurarmi in edicola questo numero di STORIA MILITARE. L'esordio su questa testata è stato davvero felice, d'altra parte non è la prima volta che ti cimenti su argomenti storici della nostra Marina Militare, a partire dalla tua tesi di laurea sulla Magistratura Navale Veneziana. Complimenti! Permettimi di ricordarti che "Non chi comincia ma quel che persevera", quindi mi auguro che tu voglia continuare a regalarci dei tuoi saggi su questo filone storico. A presto!
  16. Presente con un ospite. Ci fermiamo anche a pranzo. Purtroppo credo che sia in dubbio la partecipazione di Chersino, attualmente immobilizzato su una poltrona per problemi al ginocchio della gamba destra. Speriamo in una sua pronta ripresa, ma Venezia non è l'ideale per chi ha difficoltà deambulatorie. Tanti auguri Chersino!!!
  17. max42

    La Sciabola Di Mountbatten

    Peccato non esserci conosciuti personalmente; speriamo di poterlo fare ad un prossimo incontro. Complimenti per la ricerca che hai fatto. Molto curiosa la storia dello scambio di sciabole. Ricordo bene anche l'intervento del contrammiraglio Greco che più che delle domande ha fatto delle interessanti puntualizzazioni sull'argomento che si stava trattando in quel momento.
  18. Vorrei complimentarmi con te e con gli organizzatori del convegno sulla figura e l'attività del Comandante Giorgio Verità Poeta per la perfetta riuscita dell'incontro e per il pranzo più che decoroso che abbiamo avuto modo di consumare su una suggestiva terrazza sull'Adige ospiti del Circolo Ufficiali di Verona. Un grazie alla famiglia Verità Poeta per aver preso questa iniziativa e per la squisita ospitalità che ci è stata riservata ed a tutti gli oratori che con i loro interventi di alta professionalità, ma allo stesso tempo alla portata anche di chi - come me - non è addentro alla scienza della crittografia hanno reso estremamente interessanti tutti gli argomenti trattati nel corso della giornata. Unico neo la pressochè totale assenza degli iscritti al nostro Forum; mi riferisco in particolare a coloro che risiedono nel raggio di qualche decina di Km. da Verona. Sarebbe stato un ulteriore momento di aggregazione e di approfondimento delle proprie conoscenze su un tema normalmente assai poco trattato, quale è stata la crittografia negli anni che hanno preceduto la Seconda guerra mondiale e sull'influenza che essa ha avuto nello svolgimento dei fatti accaduti nel corso del conflitto. Grazie ancora, Andrea!
  19. Mi sono prenotato assieme a mia moglie per partecioare al convegno che, visti gli argomenti trattati - generalmente poco conosciuti - si preaanuncia davvero interessante. Vorrei ricordare che è previsto un intervento anche del nostro presidente Andrea Tirondola, alias GM Andrea (che per apprezzabile modestia non si è citato tra i relatori). Vorrei auspicare che questo convegno costituisse una sorta di mini-raduno di Betasom, in attesa di quello "vero" che spero si terrà nei prossimi mesi. Un paio di informazioni di servizio per chi intendesse partecipare: nonostante sulla locandina non sia prevista la prenotazione presso il Palazzo Verità Poeta, consiglio di contattarli al numero telefonico in essa riportato, perchè mi è stato detto che stanno ricevendo numerose adesioni e la capacità della sala si aggira sui 250 posti a sedere. Nè il Palazzo Verità Poeta, nè il Circolo Ufficiali sono dotati di parcheggio, che è invece possibile al parcheggio multipiano di Piazza Cittadella, distante meno di 300 m. dal Palazzo Verità Poeta. Arrivederci a presto, allora!
  20. Evviva il Pietro Venuti, ultimo "delfino d'acciaio" della nostra Marina! Un augurio di lunga vita a questa meravigliosa unità di cui tutti noi siamo orgogliosi e di una sempre serena navigazione al Comandante Galeandro ed ai suoi uomini.
  21. Buongiorno a tutti gli amici Comandanti di Betasom. Sia io che il Com.te Chersino abbiamo preso una licenza di qualche mese a causa della mia entrata in bacino di carenaggio (come l'ha definita il Com.te Lazer_one per importanti lavori di refitting conclusisi felicemente). Dopo un lungo soggiorno in montagna per riacquistare la navigabilità, eccomi ora pronto a solcare anche i mari più procellosi. Anche il Com.te Chersino ha avuto qualche problemino alla pompa del motore, ma si è anche lui prontamente rimesso in condizione di alta efficienza operativa. Ringrazio anche a nome di Chersino tutti i Comandanti che mi hanno augurato una pronta uscita dal bacino di carenaggio e che hanno espresso il desiderio di conoscere qualche nuova avventura di Chersino. Posso anticiparvi che si fara' vivo al piu' presto. Con l'occasione vi comunico che sono riuscito a mettermi in contatto con Vittorio Emanuele Della Bella, autore dell'intervista al reduce Giovanni Volpato e che abbiamo convenuto di fare incontrare Chersino e Volpato nella seconda metà di settembre per far riaffiorare qualche episodio della vita sui sommergibili e a Betasom più in generale. Seguiranno messaggi dettagliati sull'incontro. A risentirci presto e un caro saluto a tutti! Max42
  22. max42

    Una Bella Gita

    Sei stato un facile profeta a postare "già mi aspetto le richieste per fare qualcosa di simile ..." . Era da tempo che volevo chiederti se riuscivi ad organizzare una visita "seria" a qualche nave militare che faccia scalo a Ravenna o Ancona (la VESPUCCI sarebbe il top dei desiderata, ma adesso è ai grandi lavori e poi chissà quando verrà in Adriatico), così da consentire ai soci di Emilia Romagna, Marche e zone limitrofe di passare una giornata interessante e in buona compagnia, con inevitabile brindisi a base di Spalletti. Cosa ne pensi?
  23. Ho il piacere di frequentare Chersino andandolo a trovare di tanto in tanto per farmi raccontare un po' di anedddoti, di fatti e di episodi di vita vissuta durante il periodo in cui, marinaio di leva arrivato a Betasom con la prima missione del sommergibile MALASPINA, grazie alle sue conoscenze di meccanica automobilistica ed al fatto che prima di essere arruolato lavorava come autista di piazza nella sua isola natale di Cherso, venne sbarcato per diventare l'autista dell'Ammiraglio Parona e successivamente degli altri due Comandanti superiori della base e ciò fino alla data fatidica dell'8 settembre 1943, quando venne fatto prigioniero dai Tedeschi essendosi rifiutato di collaborare e internato per due lunghi anni in diversi campi di concentramento. I suoi racconti sono sempre interessanti, anche se non sempre collocati nell'esatto spazio temporale in cui sono avvenuti ... ma questo mese compirà 94 anni! Allora è più che giustificata qualche inesattezza. Sto cercando di mettere un po' d'ordine nella serie di eventi che, con la loquacità di un fiume inarrestabile, mi ha raccontato e continua a raccontarmi e, quando mi pare che sia tutto a posto glieli faccio postare in una sorta di rubrica che, insieme, abbiamo intitolato "Chersino racconta". Di materiale a disposizione ce n'è tanto, anche perchè ha conservato una memoria e una lucidità che hanno del prodigioso. Lunga vita e onori a te, Comandante Chersino!!!
  24. Lo scrivente, nickname "max42" richiede con il presente post l'accesso alla biblioteca digitale. Dichiaro di aver letto e compreso il regolamento e di accettarlo nella sua interezza senza riserve. max 42
  25. max42

    Xvi Raduno "smg Venuti" - I Rapporti Da Spezia

    Mi ha fatto molto piacere incontrarti nuovamente a questo Raduno dopo esserci conosciuti a quello di Bordeaux, quando, dispersi dal gruppo, cercavamo disperatamente di capire dove diavolo erano andati a finire tutti gli altri. Avvistatili sulla chiusa del bacino a livello costante li abbiamo raggiunti di corsa arrivando giusto in tempo a partecipare alla cerimonia sul ponte Chaban Delmas. Ricordi? Peccato che questa volta non c'era la tua gentile Signora. Approfitto di questa reply per unirmi anch'io al ringraziamento a Marco-Totiano per la perfetta organizzazione e per la sua "stoica" partecipazione, incurante dell'influenza che lo affliggeva. Naturalmente il mio ringraziamento va anche a tutti coloro che hanno collaborato con Marco, primo fra tutti Antonio-Lazer_One. Solo una piccola precisazione: il nome di Chersino è Andrea Fucci, non Cappellini. In più di un'occasione mi ha ribadito di avere una sorta di venerazione per tuo nonno, che lo ha sempre tattato come un figlio. Comunque Chersino è una fonte inesauribile di ricordi sul mondo di BETASOM, che quanto prima verranno postati sul forum. E' stato bello vedere lui e Capo Ghezzi confabulare a lungo, probabilmente ricordando uomini e situazioni che hanno segnato per sempre la loro giovinezza. All'arrivo al Muggiano, quando l'ho presentato sia a Capo Ghezzi che alla Signora Todaro, li ha abbracciati emozionatissimo e, solo qualche minuto più tardi, quando è riuscito a riprendere il controllo, mi ha confidato di aver provato in quel momento una sensazione indescrivibile, che gli ha fatto rivivere nello spazio di un istante il film dei tre anni trascorsi a BETASOM. Arrivederci quindi, a Dio piacendo, al prossimo raduno.
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