Proprio agli sgoccioli di questo intenso anno decido di aprire un nuovo topic per sincero capriccio poetico :s10: sulla scia de "Il mare nelle canzoni italiane": il filo rosso è con certezza il mare, ma molto probabilmente anche un'affermazione di Montale: "So che l'arte della parola è anch'essa musica, sebbene abbia poco a che fare con le leggi dell'acustica". :s02:
Gli esponenti più importanti della poesia italiana hanno prodotto opere e componimenti significativi: i nomi degli autori si rincorrono senza troppa difficoltà in un elenco fluido: Carducci, Pascoli, d'Annunzio, Saba, Ungaretti, Montale, Pavese e altri ancora.
L'intenzione e le idee c'erano già da qualche mese, ma ammetto che l'ampiezza del materiale a disposizione e l'impegno di organizzarlo in modo serio mi hanno fatto tentennare, così, dopo vari pensa e ripensa, mi butto oggi nel vasto mare facendomi forte del fatto che non devo elaborare una tesi di laurea e che posso contare sui contributi di tanti C.ti: molti di voi hanno una poesia nel cuore.
Intanto inizio io con qualche goccia.
RIASSUMENDO
Carducci G., San Martino
Pascoli G., Dalla spiaggia, in Myricae Tristezze
Pascoli G., La baia tranquilla, in Myricae Tristezze
Pascoli G., La sirena, in Myricae Tramonti
Pascoli G., Il naufrago, in Nuovi poemetti
d'Annunzio G., L'onda, in Alcyone
Saba U., In riva al mare
Saba U., Canzonetta
Ungaretti G., Più non muggisce, non sussurra il mare
Montale E., Maestrale
Montale E., Meriggiare pallido e assorto
Montale E., Antico, sono ubriacato dalla voce
Pavese C., Di salmastro e di terra, in La terra e la morte
Leopardi G., Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea, in I Canti
Leopardi G., L'infinto
Leopardi G., A Silvia
Leopardi G., Aspasia
Leopardi G., Ad Angelo Mai
Bellati A., ...A sud est
Quasimodo S., Le morte chitarre
Quasimodo S., S'ode ancora il mare
Montale E., Su una lettera non scritta
Montale E., Serenata indiana
Autore sconosciuto, poesia in dialetto genovese
Montale E., L'anguilla
Montale E., Clivo
Foscolo U., A Zacinto
Foscolo U., Dei Sepolcri
Alighieri D., Canto V e Canto XXVI
Carducci G., San Martino
La nebbia agli irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar.
Pascoli G., Dalla spiaggia, in Myricae Tristezze
C'è sopra il mare tutto abbonacciato
il tremolare quasi d'una maglia:
in fondo in fondo un ermo colonnato,
nivee colonne d'un candor che abbaglia:
una rovina bianca e solitaria,
là dove azzurra è l'acqua come l'aria:
il mare nella calma dell'estate
ne canta tra le sue larghe sorsate.
O bianco tempio che credei vedere
nel chiaro giorno, dove sei vanito?
Due barche stanno immobilmente nere,
due barche in panna in mezzo all'infinito.
E le due barche sembrano due bare
smarrite in mezzo all'infinito mare;
e piano il mare scivola alla riva
e ne sospira nella calma estiva.
Pascoli G., La baia tranquilla, in Myricae Tristezze
Getta l'ancora, amor mio:
non un'onda in questa baia.
Quale assiduo sciacquìo
fanno l'acque tra la ghiaia!
Vien dal lido solatìo,
vien di là dalla giuncaia,
lungo vien come un addio,
un cantar di marinaia.
Tra le vetrici e gli ontani
vedi un fiume luccicare;
uno stormo di gabbiani
nel turchino biancheggiare;
e sul poggio, più lontani,
i cipressi neri stare.
Mare ! Mare!
dolce là, dal poggio azzurro,
il tuo urlo e il tuo sussurro.
Pascoli G., La sirena, in Myricae Tramonti
La sera, fra il sussurrìo lento
dell'acqua che succhia la rena,
dal mare nebbioso un lamento
si leva: il tuo canto, o Sirena.
E sembra che salga, che salga,
poi rompa in un gemito grave.
E l'onda sospira tra l'alga,
e passa una larva di nave:
un'ombra di nave che sfuma
nel grigio, ove muore quel grido;
che porta con sé, nella bruma,
dei cuori che tornano al lido:
al lido che fugge, che scese
già nella caligine, via;
che porta via tutto, le chiese
che suonano l'avemaria,
le case che su per la balza
nel grigio traspaiono appena,
e l'ombra del fumo che s'alza
tra forse il brusìo della cena.
Pascoli G., Il naufrago, in Nuovi poemetti
Il mare, al buio, fu cattivo. Urlava
sotto gli schiocchi della folgore! Ora
qua e là brilla in rosa la sua bava.
Intorno a mucchi d'alga ora si dora
la bava sua lungi da lui. S'effonde
l'alito salso alla novella aurora.
Vengono e vanno in un sussurro l'onde.
Sembra che l'una dopo l'altra salga
per veder meglio. E chiede una, risponde
l'altra, spiando tra quei mucchi d'alga...
"Chi è? Non so. Chi sei? Che fai? Più nulla.
Dorme? Non so. Sì: non si muove". E il mare
perennemente avanti lui si culla.
Noi gli occhi aperti ti baciamo ignare.
Che guardi? Il vento ti spezzò la nave?
Il vento vano che, sì, è, né pare?
E tu chi sei? Noi, quasi miti schiave,
moviamo insieme, noi moriamo insieme
costì con un rammarichìo soave...
Siamo onde, onda che canta, onda che geme...
Tu guardi triste. E dunque tua forse era
la voce che parea maledicesse
nell'alta notte in mezzo alla bufera!
Non siamo onde superbe, onde sommesse.
Onde, e non più. L'acqua del mare è tanta!
Siamo in un attimo, e non mai le stesse.
Ora io son quella che già s'è franta.
Ed io già quella ch'ora là si frange.
L'onda che geme ora è lassù, che canta;
l'onda che ride, ai piedi tuoi già piange.
Noi siamo quello che sei tu: non siamo.
L'ombre del moto siamo. E ci son onde
anche tra voi, figli del rosso Adamo?
Non sono. È il vento ch'agita, confonde,
mesce, alza, abbassa; è il vento che ci schiaccia
contro gli scogli e rotola alle sponde.
Pace! Pace! È tornata la bonaccia.
Pace! È tornata la serenità.
Tu dormi, e par che in sogno apra le braccia.
Onde! Onde! Onda che viene, onda che va...
d'Annunzio G., L'onda, in Alcyone
Nella cala tranquilla
scintilla,
intesto di scaglia
come l'antica
lorica
del catafratto,
il Mare.
Sembra trascolorare.
S'argenta? S'oscura?
A un tratto
come colpo dismaglia
l'arme, la forza
del vento l'intacca.
Non dura.
Nasce l'onda fiacca,
súbito s'ammorza.
Il vento rinforza.
Altra onda nasce,
si perde,
come agnello che pasce
pel verde:
un fiocco di spuma
che balza!
Ma il vento riviene,
rincalza, ridonda.
Altra onda s'alza,
nel suo nascimento
più lene
che ventre virginale!
Palpita, sale,
si gonfia, s'incurva,
s'alluma, propende.
Il dorso ampio splende
come cristallo;
la cima leggiera
s'aruffa
come criniera
nivea di cavallo.
Il vento la scavezza.
L'onda si spezza,
precipita nel cavo
del solco sonora;
spumeggia, biancheggia,
s'infiora, odora,
travolge la cuora,
trae l'alga e l'ulva;
s'allunga,
rotola, galoppa;
intoppa
in altra cui 'l vento
diè tempra diversa;
l'avversa,
l'assalta, la sormonta,
vi si mesce, s'accresce.
Di spruzzi, di sprazzi,
di fiocchi, d'iridi
ferve nella risacca;
par che di crisopazzi
scintilli
e di berilli
viridi a sacca.
O sua favella!
Sciacqua, sciaborda,
scroscia, schiocca, schianta,
romba, ride, canta,
accorda, discorda,
tutte accoglie e fonde
le dissonanze acute
nelle sue volute
profonde,
libera e bella,
numerosa e folle,
possente e molle,
creatura viva
che gode
del suo mistero
fugace.
E per la riva l'ode
la sua sorella scalza
dal passo leggero
e dalle gambe lisce,
Aretusa rapace
che rapisce le frutta
ond'ha colmo suo grembo.
Súbito le balza
il cor, le raggia
il viso d'oro.
Lascia ella il lembo,
s'inclina
al richiamo canoro;
e la selvaggia
rapina,
l'acerbo suo tesoro
oblía nella melode.
E anch'ella si gode
come l'onda, l'asciutta
fura, quasi che tutta
la freschezza marina
a nembo
entro le giunga!
Musa, cantai la lode
della mia Strofe Lunga.
Saba U., In riva al mare
Eran le sei del pomeriggio, un giorno
chiaro festivo. Dietro al faro, in quelle
parti ove s'ode beatamente il suono
d'una squilla, la voce d'un fanciullo
che gioca in pace intorno alle carcasse
di vecchie navi, presso all'ampio mare
solo seduto; io giunsi, se non erro,
a un culmine del mio dolore umano.
Tra i sassi che prendevo per lanciare
nell'onda (ed una galleggiante trave
era il bersaglio), un coccio ho rinvenuto,
un bel coccio marrone, un tempo gaia
utile forma nella cucinetta,
con le finestre aperte al sole e al verde
della collina. E fino a questo un uomo
può assomigliarsi, angosciosamente.
Passò una barca con la vela gialla,
che di giallo tingeva il mare sotto;
e il silenzio era estremo. Io della morte
non desiderio provai, ma vergogna
di non averla ancora unica eletta,
d'amare più di lei io qualche cosa
che sulla superficie della terra
si muove, e illude col soave viso.
Saba U., Canzonetta
Ero solo in riva al mare,
all'azzurro mar natio,
e pensavo te amor mio
te lontano a villeggiar.
Era il vespro, era nel mare
presso a scender l'astro d'oro;
d'onda in onda un rivol d'oro
si vedeva folgorar.
Di tra i monti in ciel lo spicchio
della bianca luna nacque;
si vedeva in un sull'acque
il suo argento tremolar
Ungaretti G.
Più non muggisce, non sussurra il mare,
Il mare.
Senza i sogni, incolore campo è il mare,
Il mare.
Fa pietà anche il mare,
Il mare.
Muovono nuvole irriflesse il mare,
Il mare.
A fumi tristi cedé il letto il mare,
Il mare.
Morto è anche lui, vedi, il mare.
Il mare.
Montale E., Maestrale
S'è rifatta la calma
nell'aria: tra gli scogli parlotta la maretta.
Sulla costa quietata,nei broli, qualche palma
a pena svetta.
Una carezza disfiora
la linea del mare e la scompiglia
un attimo, soffio lieve che vi s'infrange e ancora
il cammino ripiglia.
Lameggia nella chiaria
la vasta distesa, s'increspa, indi si spiana beata
e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia
vita turbata.
O mio tronco che additi
in questa ebrietudine tarda,
ogni rinato aspetto coi germogli fioriti
sulle tue mani, guarda:
sotto l'azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
nè sosta mai: perchè tutte le immagini portano scritto
"più in là!"
Montale E., Meriggiare pallido e assorto
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Montale E., Antico, sono ubriacato dalla voce
Antico, sono ubriacato dalla voce
ch'esce dalle tue bocche quando si schiudono
come verdi campane e si ributtano
indietro e si disciolgono.
La casa delle mie estati lontane,
t'era accanto, lo sai,
lá nel paese dove il sole cuoce
e annuvolano l'aria le zanzare.
Come allora oggi in tua presenza impietro,
mare, ma non piú degno
mi credo del solenne ammonimento
del tuo respiro. Tu m'hai detto primo
che il piccino fermento
del mio cuore non era che un momento
del tuo; che mi era in fondo
la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
e insieme fisso:
e svuotarmi cosí d'ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie
le inutili macerie del tuo abisso.
Pavese C., Di salmastro e di terra, in La terra e la morte
Di salmastro e di terra
è il tuo sguardo. Un giorno
hai stillato di mare.
Ci sono state piante
al tuo fianco, calde,
sanno ancora di te.
L'agave e l'oleandro.
Tutto chiudi negli occhi.
Di salmastro e di terra
hai le vene, il fiato.
Bava di vento caldo,
ombre di solleone
tutto chiudi in te.
Sei la voce roca
della campagna, il grido
della quaglia nascosta,
il tepore del sasso.
La campagna è fatica,
la campagna è dolore.
Con la notte il gesto
del contadino tace.
Sei la grande fatica
e la notte che sazia.
Come la roccia e l'erba,
come terra, sei chiusa;
ti sbatti come il mare.
La parola non c'è
che ti può possedere
o fermare. Cogli
come la terra gli urti,
e ne fai vita, fiato
che carezza, silenzio.
Sei riarsa come il mare,
come un frutto di scoglio,
e non dici parole
e nessuno ti parla.