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xtgold

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Risposte pubblicato da xtgold

  1. Carissimmi Comandanti,

    sotto un sole cocente si è svolta ieri 25 maggio la manifestazione aerea che ha presentato il meglio dell'aeronautica europea a tutt'oggi conosciuta;allego alcune fotografie che documentano l'evento.

    Ogni foto dovrebbe, dico dovrebbe avere il nome giusto dell'evento ma nella confusione potrei aver sbagliato qualcosa.

    Buon divertimento.

    ad majora

    xtgold

    :s10: :s01: :s07: :s20:

     

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    Ecco altre foto dell'evento.

     

     

     

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  2. Grazie C.te Brin

    della segnalazione. L'evento sarà peceduto venerdì 16 maggio dal "Convegno per gli studenti delle scuole superiori" con la partecipazione del Dott. Paolo Varriale studioso di aeronautica e dal Col. pil. Roberto di Marco C.te del V° stormo di Cervia.

    Il 5 Luglio p.v. si terrà un concerto della Banda dell'Aeronautica Militare, in Piazza Baracca, mentre il 6 luglio ci sarà una manifestazione aerea all'aeroporto lughese di Villa S. Martino.

    Tutto ciò rientra nelle celebrazioni per i 120 anni della nascita dell'Eroe e per i 90 anni della sua morte.

    per la manifestazione aerea vedere il sito:

     

    http://www.eliexpo.it/

    ad majora

    xtgold

    :s41: :s20: :s10: :s02: :s68:

  3. Egregi C.ti,

    ecco alcune risposte alle vostre domande;

    non è possibile visitare ufficialmente l'isola perchè tutt'oraè base dei Lagunari Serenissima (Caserma Miraglia);

    Che io sappia, prima della Grande Guerra era una base della R. Marina dove si occuppavano di prove siluri per pi diventare Stazione Idrovolanti nella 1a GM e oltre.

    Quello che gradirei sapere è se durante la 2a GM sia stata una base per i "Maiali" in quanto ho delle foto di un recupero di tali apparati.

    Ho visitato anche i mezzi anfibi AAV7 e inoltre ci hanno spiegato il funzionamenti di armi individuali di difesa e attacco.

    Ad majora

    xtgold

    Le foto scattate sono molto grandi (2000x1000) da 6,1 Mpixel; ho provato a ridurle, forse troppo?

  4. Carissimi Comandanti,

    ho avuto il piacere di effettuare una visita all'isola di S. Andrea a Venezia già stazione Idrovolanti della 1a GM e ora base dei lagunari "Serenissima". Nella 2a GM è stata una base dei barchini, uomini Gamma? Sembra che negli anni 50 abbiano recuperato dei maiali affondati.

    ad majora

    xtgold

    ecco alcune foto.

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  5. Egregi Comandanti,

    leggendo questo post, mi sono ricordato che La Rivista Marittima AGOSTO/SETTEMBRE 2004 riporta notizie sul <<SARCHIAPONE>> perchè in quel numero feci pubblicare un articolo su Miraglia scritto dallo storico lughese Enio Iezzi.

    Con calma ho scansionato l'articolo sul Sarchiapone e tramite il sistema OCR l'ho trasformato in documento Word.

    Scusate gli eventuali errori ditraduzione sfuggiti alla mia lettura.

    E' un articolo che vale la pena leggere perchè dimostra le capacità inventive etecniche di "noi" marinai.

    Vi seguo sempre anche se non interagisco spesso.

    ad majora

    xtgold

    :s20: :s20: :s20:

     

    Tra coloro che oggi hanno qualche ca¬pello grigio, molti ricordano ancora una storiella raccontata da Walter Chiari negli anni Sessanta, in cui un povero viaggiato¬re cercava disperatamente di indovinare la datrici di cui misterioso animale denomi¬nato «Sarchiapone» appartenente al vici¬no di scompartimento, tenuto dentro una strana cappelliera. Alla fine, sconfitto e infuriato, rinunciava, lasciando lo scom¬partimento libero, mentre si scopriva che il « Sarchiapone» non esisteva affatto.

    Il termine « Sarchiapone» è stato quindi assunto da tutta una generazione, come scherzoso sinonimo di mistero incomprensibile.

    Tuttavia, per chi ha speso la propria vita in Marina, questo termine ha anche una diversa connotazione, dato che indicava in gergo navale, un progetto molto segreto e molto promettente. Tutto incominciò da un'intuizione dell'allora capi-tano di fregata Calzeroni, all'epoca desti¬nato al Centro Addestramento Aeronava¬le di Taranto. In presenza di una massa metallica immersa, come appunto quella di un sommergibile, il campo magnetico

    avrebbe dovuto subire una deflessione.

    Se si fosse stati in grado di valutarla, si sarebbe potuto migliorare significativa¬mente il raggio di scoperta delle unità an¬ti-sommergibili. Il principio era già noto e sfruttato dai MAD (appunto Magnetic Anomaly Detector) degli aerei da pattu¬gliamento marittimo. Questo sistema, tuttavia (ed è una grande differenza) sa¬rebbe stato basato non sulla misurazione «passiva» del campo magnetico terrestre, ma sull'impiego di un trasmettitore radar, misurando le variazioni sul segnale rice¬vuto. In definitiva, com'è noto ai molti che navigano, la «spazzata» di un radar è spesso sufficiente a provocare lo sfarfal¬lio nei tubi al neon in plancia, grazie alla differenza di potenziale che si genera in occasione del passaggio delle onde elettromagnetiche.

    Calzeroni si basava sul fatto che in condizioni di normale umidità, in prossimità della superficie marina si trovano un gran numero di ioni liberi, il cui orienta¬mento (spin) è legato alla presenza del campo magnetico terrestre. La massa ferromagnetica di un sommergibile avrebbe provocato negli ioni un differen¬te orientamento. In presenza del passag¬gio del fronte dell'onda elettromagnetica emessa dal radar gli ioni si sarebbero orientati diversamente, per poi ritornare immediatamente dopo nella posizione precedente. Questa deviazione avrebbe assorbito energia, che sarebbe poi stata riemessa all'atto del riorientamento. Il ricevitore del radar avrebbe dovuto essere

    in grado di registrare la debolissima energia emessa in tale fase, che sarebbe stata differente nel caso che l'orientamento iniziale fosse stato quello dovuto al cam¬po magnetico terrestre oppure alla pre¬senza del sommergibile. L'idea non era del tutto nuova. Negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale i giapponesi avevano tentato di sfruttare l'esistenza di ponti radio tra le isole dell'arcipelago al¬lo scopo di scoprire il transito di navi e sommergibili attraverso i passaggi obbli¬gati. La fluttuazione del segnale legato alla variazione del campo magnetico, a causa della temporanea presenza di una massa metallica, avrebbe dovuto fungere da allerta per la difesa costiera.

    La differenza sostanziale tra il concetto giapponese e quello italiano riguardava il fatto che il sistema ideato da Calzeroni prevedeva di misurare la debolissima energia emessa dagli ioni eccitati, invece che le fluttuazioni di un segnale radio.

    Trattandosi di misurare differenze mol¬to limitate, e quindi di segnali estrema¬mente deboli, questo sistema avrebbe do¬vuto avere una potenza in trasmissione molto elevata, e avere un fascio molto stretto, in modo da poter conseguire po¬tenze molto alte nel settore d'interesse.

    L'analisi del segnali rappresentava si¬curamente la sfida maggiore, che fu af¬frontata con grande inventiva dai proget¬tisti, specie se si pensa alla realtà dell'e¬lettronica disponibile trent'anni fa.

    L'idea trovò l'appoggio dello Stato Maggiore della Marina, anche grazie alla vera e propria «campagna promozionale» del vulcanico Calzeroni. L'industria italiana venne coinvolta e fu realizzato un radar congiuntamente dalla SMA e dalla Galileo. II sistema venne battezzato SPQ-5A e nel 1973 se ne imbarcò un esemplare sull'Alpino, sistemandolo sul cielo della plancia, subito dietro e più in alto dell'antenna del radar del tiro Orion-lOX della direzione tiro prodiera. Il radar si presentava con una grande antenna a disco di circa 3 metri di diametro, e un fee¬der molto pronunciato. Il progetto era considerato estremamente segreto e solo pochi ne conoscevano i dettagli, al punto che l'SPQ-5 divenne immediatamente noto nella Squadra Navale sotto il nomi¬gnolo di «Sarchiapone», per il mistero esasperato che lo circondava.

    Qualcosa tuttavia dovette trapelare se il Jane's Fighting Ships qualche anno do¬po, nel descrivere le differenze tra Alpino e Carabiniere, indicava la presenza della grossa antenna come «MAD aerial», pur senza identificarlo con una sigla.

    Per l'Alpino incominciò allora una vita estremamente intensa, che lo vide impiegato per mesi nell'ambito di campagne di valutazione dall'Artico fino ai Caraibi. Per contro il Carabiniere, pur essendo anch'esso fortemente utilizzato (nave di nuova concezione e nuova costruzione in una Marina che andava rapidamente invecchiando) non andò mai incontro ad un simile impegno. L'SPQ-5A operava in banda X, con una rispettabile potenza di quasi 2 MW. Il fattore chiave del suo funzionamento, tuttavia, era basato sulla par¬ticolarità del metodo di doppia focalizza¬zione del fascio. Nei radar tradizionali le onde elettromagnetiche emesse dal feeder,posto al centro della parabola, vengono focalizzate in un fascio di ampiezza desiderata grazie alla specifica geometria dell’antenna (paraboloide, cosecante, inversa, ecc.) Nell’SPQ-5°, invece il fascio veniva inviato prima su di un riflettore conico, posto vicino al feeder e poi invia¬to sul disco. Il risultato era quello di ot¬tenere un fascio estremamente stretto, pressoché aghiforme, con un'apertura di soli 1° 30', eliminando virtualmente ogni lobo secondario, e ottenendo così un'elevatissima densità di potenza.

    Durante le estese campagne di valuta¬zione a cui venne sottoposto il sistema emersero però, del tutto inaspettate, altre importanti caratteristiche.

    L'SPQ-5A si dimostrò presto in grado di scoprire bersagli di superficie a distan¬ze assolutamente impensabili. Si trattava del cosiddetto «condotto radar» a cui si fa talvolta riferimento nella letteratura spe¬cializzata. In presenza di determinate condizioni (specialmente umidità elevata, dell'ordine dell' 80%-95%) si viene a formare una sorta di condotto in prossi¬mità della superficie marina, dove le on¬de elettromagnetiche viaggiano seguendo la curvatura terrestre, arrivando così ben oltre l'orizzonte. Si realizza così qualco¬sa di relativamente simile al normale fe¬nomeno di propagazione delle onde radio ad alta frequenza che «rimbalzano» tra superficie e ionosfera, coprendo lunghis¬sime distanze. Un fenomeno simile acca¬de anche per le onde ottiche, noto da se¬coli sotto il nome di «Fata Morgana», e consente, in particolari situazioni, di ve¬dere l'immagine di oggetti che si trovano molto al di là dell'orizzonte.

    Per tornare al caso della propagazione radar, questo fenomeno è utilizzato quoti¬dianamente dai sommergibili, che godo¬no comunque di un apprezzabile orizzon¬te radar (ben oltre il semplice orizzonte geometrico) anche se le loro antenne ope¬rano bassissime, quasi a contatto con la superficie. In definitiva la normale propa¬gazione sferica (dipendente dalla quarta potenza del raggio) veniva sostituita da una diversa propagazione, con un tetto verticale che consentiva di canalizzare l'emissione, riducendo enormemente l'at¬tenuazione. Si realizzava una sorta di «guida d'onda aperta» a causa delle diffe¬rente permeabilità magnetica dell'aria umida vicino alla superficie marina, e di quella più secca esistente in quota. L'al¬tezza di tale condotto è fortemente varia¬bile in funzione delle condizioni meteoro¬logiche, e oscilla abitualmente tra 5 e 30 metri. Spesso ci si riferisce a questo feno¬meno come «propagazione anomala». In realtà si tratta di una propagazione del tut¬to normale (ovvero rispondente alle leggi fisiche), ma non adeguatamente sfruttata, in assenza di adeguati strumenti.

    Fu così che l'Alpino, nel corso di alcu¬ne esercitazioni divenute leggendarie, fu in grado di scoprire gli aerei della Ken¬nedy nel momento stesso in cui decolla¬vano dalla portaerei, rimanendo a oltre 350 miglia di distanza. Dato che la mas¬sima taratura dello schermo PPI era limi¬tata a 200 miglia, si dovette ricorrere al¬l'indicatore «A/R» che arrivava a 400 miglia. In un'altra occasione L'Alpino mentre si trovava presso Ustica, fu in grado di seguire il gruppo navale «avver¬sario» in uscita da Tolone !

    Il «Sarchiapone» non era inserito nel normale sistema di difesa aerea (che non avrebbe comunque potuto gestire vettori distanti oltre 300 miglia), ma l’operatore passava i dati dei bersagli con un semplice collegamento in fonia. Un altro vantaggio operativo era legato come si è detto,all’assoluta mancanza di lobi secondari, il che rendeva estremamente difficile, se non quasi impossibile, l'intercettazione del segnale da parte dei sistemi di guerra elettronica imbar¬cati sulle altre navi. Difatti se 1'impul¬so, ancora estrema¬mente stretto nono¬stante il lungo tra¬gitto, investiva una parte della nave do¬ve non si trovavano gli intercettatori della guerra elettro¬nica, la nave “ber¬saglio” non aveva modo di sapere di essere stata inqua¬drata dal «Sarchia¬pone». La cosa era ulteriormente rafforzata dal fatto che il condotto ra¬dar si estendeva a pochi metri di quo¬ta, mentre spesso gli intercettatori della guerra elettro¬nica erano posizio¬nati sull'albero, al di sopra del condot¬to. La campagna nel Mare Artico, svolta¬si nel 1975 e quella nei Caraibi del 1976 dimostrarono la ca pacità del « Sarchiapone» di operare anche con un campo di temperature e di umidità estremamente vario, nel duplice ruolo di scoperta anti-sommergibile (quello originario), e di scoperta di superficie oltre l'orizzonte. Vennero individuati dei sommergibili immersia 50-60 metri di profondità. Per questo scopo gli operatori dovevano esaminare i dati raccolti con l'aiuto di un registratore Ampex, valutando segnali estremamente deboli (10-19 W. ovvero uu decimo di un miliardesimo di miliardesimi di Watt), a fronte di potenze di emissione di circa 2 MW. La potenza in gioco era comunque tale da «imbiancare» gli schermi delle unità vicine, oltre che, naturalmente quelli dell'Alpino.

    La US Navy, in particolare, si dimo¬strò estremamente interessata al progetto, tanto che per l'attività l'Italia ricevette in cambio un congruo aiuto da parte del programma di assistenza militare MDAP. Questa almeno era la voce (impossibile da verificare appieno) che circolava al¬l'epoca, grazie all'arrivo di due sommergibili classe « GuppyIII» (Romei e Piomarta), e un buon numero di missili Tartar e di si¬luri leggeri, che porta¬rono un po' di ossigeno alla nostra esausta Marina in attesa dell'entra¬ta in linea delle nuove costruzioni previste dal¬la «Legge Navale» (1975-1985). Il sistema, nonostante le prestazio¬ni davvero stupefacenti, non era ovviamente scevro di problemi. Il trasmettitore e il ricevitore si trovavano direttamente sull'antenna, per non dover realizzare guide d'onda lunghe, tali da trasportare una simile potenza, cosa che rendeva l'antenna stessa oltremodo pe¬sante. L'antenna era stata realizzata con asservimenti simili a quelli dei radar del tiro, anzi le Officine Galileo avevano im¬piegato i medesimi motori idraulici im¬piegati per le direzioni tiro dei cannoni da 127 mm utilizzate sul cacciatorpedi¬niere San Giorgio, dato che però pesava alcune tonnellate, presentava sensibili problemi di vibrazioni e rumorosità.

    La tecnica d'impiego del « Sarchiapo¬ne» prevedeva di effettuare una scansione di ricerca «TV», con una spazzata oriz¬zontale di 120°, un «gradino» verticale di mezzo grado, e una spazzata di ritorno di 120°. Questi movimenti provocavano preoccupanti oscillazioni sul tetto della Centrale Operativa, che non era stato cer¬to progettato e costruito per sopportate tali sollecitazioni. Il moto ondoso rende¬va la cosa ancora più critica, al punto che ogni due o tre mesi i tecnici della delle Officine Galileo dove¬vano effettuare inter¬venti di manutenzione, arrivando a sostituire gli ingranaggi e i cusci¬netti che apparivano fortemente danneggiati, ogni sette-otto mesi. L'elevatissima potenza e la frequenza del «Sar¬chiapone», inoltre, fa¬cevano sì che qualsiasi essere vivente (mari¬naio o gabbiano poco importa) fosse stato in¬vestito dallo stretto fa¬scio del radar alla distanza di uno-due km, avrebbe subito conseguenze fatali, cosa che richiedeva quindi un'estrema at¬tenzione nell'impiego del radar.

    Un altro problema sorse dall'impiego del liquido di refrigerazione della corta guida d'onda, dato che veniva utilizzato l'esafluoruro di zolfo. Questo prodotto era estremamente tossico, ma all'epoca vi era poca sensibilità sugli aspetti anti¬infortunistici, e qualcuno dei pochi e selezionati giovani sottufficiali a qui era stata affidata la manutenzione e la condotta del Sarchiapone, ebbe la sgradita sorpresa di subirne gli effetti, con l’indebolimento della dentatura. Questi uomini vivevano una situazione “romanzesca», ed erano tenuti ad osser¬vare un assoluto (quanto comprensibile) riserbo sul programma. Quando 1'Alpino si trovava in porti esteri, questi operatori potevano uscire in franchigia soltanto «sotto scorta» per evitare compromissio¬ni. Il principale problema che però dovet¬te affrontare il «Sarchiapone» riguardò la necessità di «saper interpretare» i dati che forniva. Tra gli ecogoniometristi è normale che il contatto acustico venga investigato sfrut¬tando l'esperienza del¬l'operatore e svariate tecniche di analisi del segnale, in modo da po¬terlo adeguatamente classificare. In campo radar questo non è cer¬tamente il metodo più seguito, ma i segnali del «Sarchiapone», con le incredibili portate offer¬te e, di conseguenza, la presenza di falsi contatti o contatti «non interessanti», necessitavano di dover di¬scriminare attraverso correlazioni basate sulla conoscenza della situazione tattica, sull'esperienza dell'operatore e sull'analisi del segnale.

    Per l'impiego anti-sommergibile, re¬quisito originario del «Sarchiapone», l'impercettibile deflessione del fascio ra¬dar provocata dalla massa ferrosa immer¬sa provocava spesso echi poco nitidi, a malapena distinguibili, la cui esistenza veniva analizzata ed evidenziata dalla let¬tura differita dei nastri Ampex, che dava un'immagine tri-dimensionale della zona esplorata. Si trattava di un'attività estre¬mamente complessa, a maggior ragione quando si consideri la tecnologia disponi¬bile all'epoca. L'SPQ-5 dell'Alpino ven¬ne impiegato anche nel vano tentativo di scoprire la posizione del relitto del DC-9 inabissatosi presso Ustica (anno1980).

    A partire dal 1980, e fino agli inizi degli, anni Novanta, il «Sarchiapone» venne imbarcato anche sulla nave da esperienze Quarto, nella variante SPQ-SB, che presentava il ricevitore montato in posizione leggermente sollevata. L'antenna dell'SPQ-SB presentava anche una fascia per evitare i co¬siddetti « spill-over», ovvero i lobi secondari, che avrebbero potuto influenzare negativa¬mente il sensibile rice¬vitore. Il Quarto dispo¬neva anche di Un calco¬latore HP 9845 dedicato al calcolo di previsione delle portate con un software sviluppato dal Naval Ocean Sy¬stems Center (NOSC) San Diego per la US Navy e denominato IREPS (Integrated Refractive Effects Prediction System). II sistema comprendeva anche una centralina meteo con sensori remoti. Il tutto era stato integrato e adattato dalla SMA, per poter fornire l’indispensabile sostegno predittivo al Sarchiapone.

    Anche il Quarto svolse un’intensa campagna di prove, mentre l’Alpino ritornava appieno della Squadra Navale (l’SPQ-5° venne definitivamente sbarcato solo nel 1987). In un secondo tempo sul Quarto venne installata un’altra versione, SPQ-4 affettuosamente chiamata “Bastardone”, dato che era stata realizzata ac¬coppiando l'antenna del radar del tiro Orion IOX, la guida d'onda e i motori di brandeggio del SPS-702, il ricevitore del¬l'SPQ-5, e la consolle del SPQ-2. Il «Ba¬stardone» o BST-1 venne sistemato nell'area prodiera, approfittando delle di¬mensioni e dei pesi molto più contenuti.

    La campagna di prove diede risultati interessanti, anche se ovviamente inferio¬ri a quelli del «Sarchiapone» originario, a causa della minor potenza di picco (180 kW) e della minor sensibilità in ricezione (95 dB, contro 112 dB del SPQ-5A, o 120 dB del SPQ-5B).

    La principale applicazione a cui si pen¬sò, fu quella di sfruttare la portata oltre l'orizzonte per consentire di ingaggiare navi avversarie con i missili «Teseo», senza necessariamente dover sfruttare la presenza di un elicottero. Questo impiego avrebbe creato ulteriori vantaggi operati¬vi, grazie alla particolare discrezione del radar, che non avrebbe messo in allarme gli avversari, consentendo così al missile «Teseo» di arrivare sul bersaglio pratica¬mente senza alcun preavviso. Sulla prora del Quarto venne anche sperimentata un'altra variante del «Bastardone», deno¬minata BST-2, con un'antenna a scansio¬ne elettronica, simile (in scala ridotta) a quella del radar tridimensionale SPS-39, ma si rivelò un parziale insuccesso. Sul Quarto era stato installato anche un nor¬male radar SPS-702 (o SPQ-2) il cui se¬gnale poteva essere smistato verso l'antenna del «Bastardone» o verso la norma¬le antenna, in modo da confrontare i risul¬tati nelle diverse condizioni d'impiego. È interessante valutare la tabella con le portate massime (espresse in miglia marine) ottenute dai diversi radar. (Vds. Tabella in alto). Durante un'esperienza l'SPQ-5B del Quarto fu invece in grado di seguire l'Audace dall'uscita delle ostruzioni alla Spezia fino a Trapani (!).

    Da notare che gli addetti alla guerra elettronica del caccia, pur informati dell'attività, e a conoscenza della frequenza del «Sarchiapone», persero il contatto al¬l'altezza dell'Isola d'Elba. Difatti l'effetto di condotto superficiale (talvolta definito anche «effetto pellicolare» per la ridotta dimensione del condotto) faceva sì che l'emissione del «Sarchiapone» battesse lo scafo, mentre le antenne della guerra elet¬tronica si trovavano sul cielo della plan¬cia. La disponibilità di operatori altamente motivati, ben addestrati, e un crescente data-base, consentirono anche di arrivare a determinare l'esatto nome dell'unità scoperta dal «Sarchiapone». Il radar infat¬ti emetteva delle onde di forma perfetta¬mente quadra, con un fronte d'onda verti¬cale, che incontravano le migliaia di micro-dipoli di cui era fisicamente composta la «nave-bersaglio». Ogni singola nave differisce da un'altra, sia pur gemella, per tutte quelle impercettibili differenze di al¬lestimento, quali potrebbero essere il posi¬zionamento di singole draglie, ecc. La ri¬emissione o risonanza dell'energia elettro-nica si componeva così in uno spettro dove si potevano apprezzare specifici picchi,corrispondenti a date frequenze, tipiche di ciascuna unità. Si tratta di un fenomeno noto nel campo dell'acustica, dove un dia¬pason investito da un «suono bianco» risponde entrando in risonanza ed emettendo la propria tonalità.

    Verso il 1978 il «Sarchiapone» venne anche destinato ad alcune stazioni radar costiere, nell'ambito di un ambizioso progetto che avrebbe dovuto permettere di tenere sotto controllo gran parte del Mediterraneo Centrale.

    La prima e forse più importante instal¬lazione fu realizzata vicino alla Spezia, in località Castellana. Il personale destinato a questo programma utilizzava un enig¬matico recapito postale: « Maristat UPS Castellana», dove UPS stava per Ufficio Programmi Speciali.

    A Calzeroni, nel frattempo promosso contrammiraglio, venne affiancato il co¬mandante Paolo Compiani, che diede nuovo impulso al programma.

    Un altro impianto, installato a Piave Vecchia (Venezia) offriva la copertura dell'Adriatico fino a Foggia, consentendo di distinguere addirittura Ai aerei d'adde¬stramento che decollavano dall'aeroporto militare della città pugliese. Questo ven¬ne poi trasferito in Sicilia, a Capo Passe¬ro, in località Cozzo Spadaro, da dove poteva agevolmente controllare il traffico che si svolgeva lungo le coste libiche.

    Un terzo impianto, infine, venne posi¬zionato a Taranto San Vito, presso il Cen¬tro di Addestramento Aeronavale.

    In pratica la copertura assicurata dalle stazioni costiere, che trasmettevano i dati raccolti ad un centro di coordinamento presso Roma (Stazione 08), era tale da permettere il controllo dell'intera area d' interesse nazionale.

    Nell'ambito delle valutazioni prelimi¬nari la Marina fu confortata anche dai ri¬sultati di un curioso esperimento. Nel complesso dell'Accademia Navale venne installata un'antenna direzionale alimen¬tata da un trasmettitore a bassissima po¬tenza (2 mW, ricavato da un normale an¬tifurto per auto) e posizionata a sei metri di quota sul livello del mare. L'antenna parabolica ricevente venne posizionata a Genova, a circa 100 miglia di distanza. II sistema funzionò e`re;~iamente per sva¬riate settimane, nonostante le bassissime potenze in gioco e, soprattutto, i circuiti realizzati in modo arti,(ianale. I risultati vennero presentati nell'ambito di un con¬gresso dell'AGARD. Tuttavia furono proprio le installazioni costiere, e in par¬ticolare quella della Castellana, a decreta¬re la fine del «Sarchiapone».

    Lo sfruttamento del condotto radar era infatti ottimale quando l'antenna si trova¬va molto bassa sul mare, appunto all'inter¬no del condotto. Soluzioni diverse rende¬vano molto più aleatorio il conseguimento delle condizioni necessarie a beneficiare appieno della particolare tipologia di pro¬pagazione. La stazione della Castellana in¬vece si trova sulla sommità di una costa alta, a circa 500 metri di quota, cosa che consente un'ampia visibilità, ideale sia per i turisti incantati dal bellissimo panorama ligure, che per i radar destinati a sorveglia¬re le rotte d'accesso al Golfo della Spezia, ma assolutamente inadatta a sfruttare con continuità l'effetto pellicolare.

    Si trattava, per usare un paragone di facile comprensione, dello stesso effetto per cui una nave di superficie non riesce a battere con il suo sonar a scafo un battello che navighi sotto lo «strato», senza ricorrere al posizionamento del VDS ad una quota idonea.

    In alcune (rare) occasioni la Castellana ottenne eccellenti risultati, che però si al¬ternarono a numerosi momenti di grande insoddisfazione. Invece che insistere con lo studio per lo sfruttamento del «condot¬to radar» si preferì orientare la valutazio¬ne alla scoperta antisommergibile, che però, specie per le condizioni dell'istalla¬zione, diede risultati poco coerenti. Per tale impiego era necessaria un'enorme potenza, che poteva essere ottenuta sol¬tanto grazie alla propagazione nel con¬dotto, venendo invece eccessivamente «diluita» con la propagazione sferica.

    Questa discontinuità, unitamente al tradizionale «spirito conservatore» tipico di tutte le Marine, portò a ridurre gli in¬vestimenti e, in un secondo tempo, verso il 1986-'87 ad abbandonare del tutto la sperimentazione.Torniamo alla metà degli anni Settanta. I risultati ottenuti dall'Alpino furono tali da convincere lo Stato Maggiore della Marina a prevederne l'imbarco anche su altre unità. Fu così che i cacciatorpediniere Audace e Ardito vennero modificati durante i lavori di fine-garanzia, e venne creata una struttura sul cielo della plancia destinata a sostenere l'antenna dell'SPQ-5. Con la «fame di spazio» caratteristica delle unità navali, tuttavia il cosiddetto «Locale apparati SPQ-5» (come recitava la targhetta sulla porta) venne comunque destinato ad altri scopi, in attesa di un'in¬stallazione che non sarebbe mai avvenu¬ta. In un secondo tempo la postazione venne impiegata per accogliere un ingan¬natore della guerra elettronica, mentre con l'effettuazione del cosiddetto «am¬modernamento di mezza vita», il suo po¬sto venne preso dal radar di scoperta ae¬ronavale SPS-774. L'Ardito, tuttavia, im¬barcò per qualche tempo 1'antenna del « Sarchiapone», anche se con uno scopo completamente diverso da quello per cui era stata originariamente progettata. Gra¬zie agli elevati guadagni che consentiva, era stato deciso, infatti, di impiegarla nel¬I'ambito del progetto «Sirio», come ap¬parato ricevente in banda UHF per le te¬lecomunicazioni satellitari. Fu così che 1'antenna del «Sarchiapone» fece il giro del mondo negli anni 1979-'80.

    Una nuova versione del « Sarchiapone» venne chiamata Co.Ra. (Condotto Radar, o anche scherzosamente Compiani Radar, visto I'impulso dato da questi al pro¬gramma) e ne fu prevista l'installazione sui nuovi DDG (inizialmente conosciuti come «Super-Audace», poi come classe «Animoso» e infine con l'attuale nome di «De La Penne»). I primi disegni rappre¬sentavano un radar a scomparsa alloggia¬to a prora estrema, in modo da poter sfruttare appieno l'effetto pellicolare, le cui sembianze ricordavano abbastanza da vicino l'SPQ-4 sperimentato sul Quarto. In un secondo tempo questa installazione venne sostituita da due piccole antenne poste in prossimità delle ali di plancia (appunto i cosiddetti radar Co.Ra.).

    Tuttavia anche i DDG vennero poi co¬struiti senza la presenza di questi apparati.

    Nel periodo 1986-1988 il Sagittario sperimentò un'altra versione del Co.Ra. con un'antenna fortemente direzionale realizzata dalla SMA e posta sul cielo delle plancia. La modalità operativa pre¬vedeva di effettuare solo una o due spaz¬zate, in modo da evitare eventuali inter¬cettazioni da parte dei sistemi di guerra elettronica avversari. L'operatore avrebbe poi dovuto effettuare in un secondo tem¬po un'indagine, analizzando il segnale e correlando i dati ottenuti, cosa che richiedeva una notevole esperienza, assolu¬tamente non comu¬ne. Come trasmetti¬tore era stato im¬piegato quello del SPS-702, che dove¬va indirizzare la propria emissione verso l'antenna del Co.Ra. o verso quella del normale appa¬rato radar, in funzione delle esigenze.

    Esistevano tuttavia alcune limitazioni in¬trinseche al fatto che la PRF non sarebbe stata ottimizzata per il Co.Ra., ma sareb¬be rimasta quella del normale radar.

    Il sistema Co.Ra. venne successiva¬mente adottato dalle quattro fregate classe «Lupo» ed era facilmente identi¬ficabile per la presenza di un vistoso ra¬dome semisferico di color bianco sul cielo della plancia. Il radome era essen¬ziale. Difatti l'antenna, di circa 2 metri, era sta realizzata con materiali molto sottili, in modo da mantenere i pesi leg¬seri e da ridurre le inerzie in gioco. Una simile struttura, tuttavia, non avrebbe potuto resistere alle sollecitazioni del vento, e dovette quindi essere racchiusa da una cupola. Questo radome non aveva uno spessore costante, in modo di as¬sicurare la medesima impedenza anche sotto rollio, cosa fondamentale viste le prestazioni estreme che erano richieste. Lo scopo principale del Co.Ra. era di assicurare la designazione dei bersagli oltre l'orizzonte per i missili Teseo, per¬mettendo inoltre la teleguida TG2 senza dover necessariamente impiegare l'eli¬cottero, con tutti i rischi connessi.

    II Co.Ra, anche noto come SPS-702A, tuttavia venne penalizzato dalla scarsa capacità di prevedere le portate del siste¬ma. Era stato previsto un sistema piutto¬sto complesso, denominato Pro.Co.Ra., che richiedeva di lanciare un pallone sonda per avere il profilo temperatura/umi¬dità al variare della quota, a cui aggiun¬gere il valore ditemperatura del¬l'acqua di mare, edi conseguenza determinare la permeabilità elettro¬magnetica. Indiret¬tamente queste condizioni vengono valutate anche per i radar «normali»quando, in presenza di nuvole (e, di conseguenza, di una differente di¬stribuzione di tem¬perature dovuta al¬l'ombra da esse proiettata) si mani¬festa un numero maggiore di falsi contatti (i cosiddetti « angels»), dovuti alla riflessione ver¬so la sorgente diuna minima energia per la variazione di impedenza incontrata dal fronte d'onda (cosiddetta «legge di Gordon» ). I risultati, tuttavia, furono piut¬tosto insoddisfacenti e, soprattutto, mancavano di affidabilità, dato che apparente¬mente non si riusciva a determinare con sufficiente affidabilità se vi fossero o me¬no le condizioni per la propagazione a

    condotto superficiale. Mentre le fregate classe «Lupo» sono state ritirate dal servizio, in attesa di essere cedute all'estero, i complessi Co.Ra. sono stati sbarcati e andranno ad integrare la nuova rete radar costiera.

     

     

    La Marina Militare, tuttavia, non è stata l'unica a perseguire un simile program¬ma. La Marina Sovietica fu quella che tentò macgiormente di sfruttare il feno¬meno del condotto radar superficiale. i sommergibili lanciamissili delle classi « Echo-II» e «Juliet» erano equipaggiati con missili antinave «SS-N-3A Shad¬dock» (P-35 Progress, secondo la deno¬minazione sovietica) e «SS-N-l2 Sand¬box» (P-500 Bazalt) a lunga portata (ri¬spettivamente 460 e 550 km). Questi mis¬sili supersonici dovevano scambiare informazioni con la piattaforma di lancio, che nel frattempo doveva rimanere emer¬sa. Il controllo era assicurato da un radar a scomparsa Front Door/Front Piece. Le modalità d'impiego di questo radar erano piuttosto simili a quelle del Co.Ra. e la li¬mitata altezza della vela del sommergibile comportava necessariamente il posizionamento del radar medesimo nel condot¬to di propagazione superficiale.

    Questa scelta era ancora più evidente nel caso degli incrociatori porta-aeromo¬bili della classe «Kiev». A1 fine di con¬trollare i missili «SS-N-12 Sandbox», queste grandi unità navali utilizzavano una variante dello stesso radar Front Door/Front Piece (anche nota col nome di Trap Door), con l'antenna a scomparsa situata in un apposito spazio a prora estrema. Se per i sommergibili poteva sussistere il dubbio, essendoci delle limi¬

    tazioni intrinseche nella struttura della vela, per i grandi incrociatori della classe «Kiev» non potevano esserci altre inter¬pretazioni: l'antenna a scomparsa del ra¬dar di guida Trap Door era stata sicura¬mente realizzata in posizione tale da con¬sentire di sfruttare la propagazione del condotto radar superficiale.

     

     

    Una nota interessante può anche derivarre dall'analisi del sistema di difesa costie¬ra che era stato proposto all'Iraq verso la metà degli anni Ottanta. In quegli anni 1'Occidente considerava 1'Iraq come un naturale baluardo contro 1'inteoralismo islamico dell'Iran e pertanto forniva gene¬rosamente armamenti e supporto politico a Saddam Hussein. In questo scenario.

    condiviso da tutto I'Occidente, L'Oto Melara presentò all'Iraq uno studio per un sistema di difesa costiera integrato. Tra gli apparati proposti vi erano anche dei radar mobili concettualmente simili al Co.Ra. che avrebbero dovuto consentire alle bat¬terie semoventi di missili Otomat di in¬-a-giare i bersagli al di là dell'orizzonte. senza dover necessariamente utilizzare aerei o elicotteri che avrebbero corso il ri¬schio di essere abbattuti dalla caccia av¬versaria. Poi com'è noto arrivò 1'embar¬Qo e il progetto svanì. Con il senno di poi non si può che esserne lieti. In caso con¬trario le forze navali della Coalizione avrebbero dovuto affrontare una minaccia molto seria durante la prima (1991) e la seconda (2003) Guerra del Golfo.

     

     

    Oggi Stati Uniti, Gran Bretagna, Cana¬da e Australia hanno in fase di implemen¬tazione reti radar costiere con copertureoltre l'orizzonte. Si basano su tecnologie completamente diverse da quelle del «Sarchiapone», difatti sono radar in ban¬da HF (in grado di sfruttare la riflessione della ionosfera), con un parco di antenne distribuito molto lungo. Si tratta dell'O¬verseer dell'Alenia Mai-coni Systems, dei Jindalee Operational Network della Lockheed Martin e del SWR-503 della Raytheon. Queste soluzioni permettono di sorvegliare aree molto distanti, mantenen¬do fattori di discriminazione adeguati per poter distinguere i singoli bersagli. o per poter apprezzare, come nel caso del radar australiano Jindalee, i velivoli in fase di decollo e atterraggio sull'aeroporto di Dili (Timor Est), nonostante la distanza.

    L’ esperienza del «Sarchiapone» è stata per molti versi assolutamcntc unica e irri¬petibile. È stata una sfida tecnologica che la Marina Militare ha affrontato, ottenen¬do risultati sbalorditivi. O-i, in tempi di tecnologie avanzate, ma anche di elevate <nriVidità formali». non sarebbe più pro¬babilmcnte possibile ripetere una simile iniziativa con le risorse disponibili.

    II coraggio e l'inventiva di due ufficia¬li di Marina, l’Ammiraglio Calzeroni e l’Ammiraglio Compiani, hanno larga¬mente supplito alle indubbie limitazioni economiche del Paese.

    Tra coloro che hanno avuto a che fare con il «Sarchiapone» e i suoi numerosi derivati, molti sostengono che si trattasse di un progetto incredibilmente avanzato, con prestazioni sorprendenti, ancora oggi insuperabili. Solitamente questi attribui¬scono la fine del programma ad incom¬prensioni, relazioni interpersonali, e a in¬convenienti tecnici facilmente superabili, ma non superati.

    Altri ancora parlano invece di un siste¬ma decisamente innovativo, ma tecnica¬mente inaffidabile al punto da risultare scarsamente utilizzabile. Sicuramente la necessità di disporre di operatori estrema¬mente ben addestrati per questo specifico apparato ha costituito un freno al suo nor¬male impiego da parte di unità della Squa¬dra. È probabilmente impossibile dare un giudizio incontrovertibile. Ormai resta so¬lo il ricordo di una vera e propria epopea che ha coinvolto un minuscolo segmento della nostra Marina in tempi così lontani da poterne ormai parlare serenamente.

    MASSIMO ANNATI

     

    Un ultimo appello: se qualche antenna sopravvive ancora, sia pur se arrugginita. magari in un magazzino o abbandonata alle intemperie, potrebbe essere interes¬sante ritrovarla e restaurarla per inserirla in ambito museale, in ricordo del periodo epico e irripetibile della sperimentazione di questo misterioso « Sarchiapone».

  6. Egregio Dir e cari Comandanti,

    entrando saltuariamente nel forum causa problemi di salute, ormai risolti, non mi sono accorto del tentativo di attacco al sito, comunque va un ringraziamento a chi tempestivamente ha ripristinato il tutto; resta il problema di quelle persone che esperte di informatica usano la loro bravura per danneggiare la proprietà altrui. Si può far monitorare il sito dalla polizia postale?

    Spero di ricominciare presto la mia attività.

    ad majora

    xtgold :s14: :s14: :s14: :s02: :s02: :s02:

  7. Egregio C.te Lugher

    foto dell'archivio storico non ci sono (è vietato) l'esterno è comunemente il castello di Vincennes raggiungibile con la linea 1 del metrò ma niente di interessante a parte la chiesa non visitabile ora.

    Ho trovato invece molta documentazione sui piloti di marina francesi in Italia (Venezia- Brindisi) nella 1gm. Mi riprometto di ritornare in ottobre per visitare l'archivio storico dell'aviazione dove sono gli archivi fotografici dell'aria fin dai primi tentativi di volo e spero di trovare anche foto di nostri pionieri del volo.

    ad majora

    xtgold

    :s10: :s01: :s02:

  8. Congratulazioni a tutti i Decorati e Promossi

    perchè danno continuità al forum con la loro presenza costante e piena di notizie storiche e attuali.

    Assente dal forum dal 26 dicembre scorso fino all'epifania per full immersion parigina compreso archivio storico della marina francese per ricerche su piloti navali francesi a Venezia 1a GM.

    Ne approfitto per augurare a tutti un prosperoso Anno Nuovo.

    ad majora

    xtgold

     

    :s20: :s20: :s20:

  9. egregi C.Ti

    vorrei aggiungere due parole di merito per Seicolpi e Steven; sono due ragazzi "perbene" come si dice, educati, che hanno ricevuto gli elogi dei presenti e che hanno mostrato l'eleganza della presenza di Betasom alle manifestazioni culturali :s20: :s20: :s20: . Con disivoltura e signorilità il nostro amico Steven, di pura razza triestina ha tranquillamente "sorseggiato" cinque bicchierini della sua ottima grappa accompagnato dai presenti, me compreso. Gli aneddoti storici dell'amm. Musti, tecnico di elettronica negli elicotteri a Catania e di Gianni Bianchi l'autoredei libri, ci hanno fatto compagnia fino all 23.30. Vi confermo la prossima uscita della riedizione del libro "Cento uomini contro due flotte" (si parla di metà gennaio),

    mentre stà lavorando sulle biografie di Licio Visentini e C. Fecia di Cossato. Ottimi motivi per incrementare questi avvenimenti di cultura storica.

    ad majora

    xtgold

    :s01: :s01: :s01: :s02: :s02: :s02:

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