Vai al contenuto
  • Utenti

    • Totiano

      Totiano 0

      Membro Consiglio Direttivo - MS*
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Alagi

      Alagi 0

      Membro Onorario In Memoria
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Iscandar

      Iscandar 0

      Capo di 1a classe
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Odisseo

      Odisseo 0

      Secondo Capo
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • brin

      brin 0

      Capo di 1a classe
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Marco U-78 Scirè

      Marco U-78 Scirè 0

      Membro Onorario
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • danilo43

      danilo43 0

      Tenente di Vascello - MS*
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • malaparte

      malaparte 0

      Moderatore Area Tematica - S*
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • malaspina

      malaspina 0

      Moderatore di Sezione - MS*
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • lazer_one

      lazer_one 0

      Membro Consiglio Direttivo - MS*
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Alfabravo 59

      Alfabravo 59 0

      Capo di 1a Classe - MS*
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Massimiliano Naressi

      Massimiliano Naressi 0

      Sottocapo - S *
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Red

      Red 0

      Capo di 1a Classe - MS*
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Von Faust

      Von Faust 0

      Moderatore Area Tematica - MS*
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • serservel

      serservel 0

      Tenente di Vascello
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • GM Andrea

      GM Andrea 0

      Membro Consiglio Direttivo - MS*
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Lefa

      Lefa 0

      Capo di 1a classe
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • old_fly37

      old_fly37 0

      Membro Onorario
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • marat

      marat 0

      Capo di 1a classe
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • R.Hunter

      R.Hunter 0

      Membro Onorario
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Charlie Bravo

      Charlie Bravo 0

      Capo di 1a classe
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • sertore

      sertore 0

      Tenente di Vascello
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • canarb

      canarb 0

      Sottotenente di Vascello
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Keltos

      Keltos 0

      Sottotenente di Vascello
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • pugio

      pugio 0

      Capo di 1a classe
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Djmitri

      Djmitri 0

      Moderatore di Sezione
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Drakken

      Drakken 0

      Moderatore di Sezione
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Bubbe

      Bubbe 0

      Capo di 1a classe
      Iscritto
      Ultima Attività:
    • Regia Marina

      Regia Marina 0

      Sottocapo - MS *
      Iscritto
      Ultima Attività:

Thresher593

Comune di 2a classe - MS *
  • Numero contenuti

    24
  • Iscritto

  • Ultima visita

Su Thresher593

  • Compleanno 13/05/1958

Contact Methods

  • Website URL
    http://
  • ICQ
    0

Profile Information

  • Gender
    Male

Previous Fields

  • Indirizzo Skype
    thresherssn593
  • Indirizzo Email Pubblico
    thresher593@gmail.com

Thresher593's Achievements

  1. Thresher593

    Fincantieri e Qatar

    Totiano, parlane in privato anche con me (eh eh eh...). Pure io sono interessato a sapere dove caspita troveranno tutto il personale necessario per formare gli equipaggi di quella che, insomma, è una vera flotta, mica due barchette da pesca... 🙂
  2. Thresher593

    La Marina Argentina pensa al futuro

    Sbaglierò nell'essere troppo pessimista, ma temo che l'Argentina non abbia, e non avrà, le risorse economiche per potersi permettere un'Arma subacquea degna di questo nome. Non si tratta solo di averle per acquistare una o più unità moderne (che in ogni caso costano moltissimo), ma di mettere anche a disposizione soldi, capacità cantieristiche, maestranze e tutto quanto serve per mantenerle in efficienza. A questo proposito, personalmente resto convinto che la tragedia del San Juan sia strettamente legata proprio alla qualità dei complessi lavori di refitting dell'unità portati avanti dalla cantieristica nazionale. L'idea di mettere fuori servizio le unità attuali e di acquistarne una o più usate per mantenere un minimo di addestramento dei sommergibilisti è chiaramente una soluzione-ponte in attesa di tempi migliori. Il problema è che non vedo proprio all'orizzonte, per l'economia Argentina, "tempi migliori" tali da consentire spese folli per rinnovare la componente subacquea (in realtà, più o meno le stesse considerazioni si potrebbero fare in parte anche per quella di superficie). La dico chiara per come la vedo: a mio parere, l'Argentina sta andando incontro alla progressiva depauperazione e quindi alla futura e totale sparizione della propria Arma subacquea. E probabilmente lo stesso succederà ad altri paesi dell'area latino-americana.
  3. A dire il vero so che agli australiani l'idea di una componente nucleare subacquea frullava in testa già da un po' di anni. Camberra avrebbe voluto nucleare già la generazione post-Collins (se ne parlava, se ne parlava...), poi ha pensato bene, per ridurre i rischi, di rimandare a quella ancora successiva.
  4. La domanda è più che sensata, e in effetti me la sono posta anch'io, senza trovare alcuna risposta plausibile. L'unico incidente di cui si ha notizia riguardo a un Daphné "estero" è la bizzarra collisione che, il 20 agosto 1970, coinvolse il sudafricano Maria van Riebeck e il similare francese Galateé. Quest'ultimo ebbe la peggio (6 morti e 6 feriti), mentre l'unità sudafricana (la "speronante"!) non subì quasi danni. Mi pare poi di ricordare un incidente non grave occorso a un battello portoghese, ma non sono certissimo. In ogni caso, è possibile che per quanto riguarda le Marine minori che ebbero in servizio i Daphné non ne sappiamo molto semplicemente perché si leccavano le loro ferite minori in silenzio, senza clamori. O forse di incidenti ne subirono realmente di meno perché utilizzavano i loro battelli con parsimonia sottoponendoli a minori stress e magari in condizioni più "rilassate". Ma mi rendo conto che la mia è solo teoria e che, oltretutto, tale teoria...fa acqua!
  5. Fenomenologia del Minerve Il Minerve, 7a unità francese della classe Daphné, scomparve il mattino di sabato 27 gennaio 1968 a Sud-Sud-Est del settore denominato "T-65", situato a Sud di Cape Sicié, nell'estremo Sud della Francia. Il battello si trovava in mare da qualche giorno per una serie di esercitazioni, l'ultima delle quali doveva svolgersi in collaborazione con un aereo anti-sommergibili Breguet BR 1150 Atlantic appartenente alla base aeronavale di Nîmes-Garons. L'ultimo scambio di messaggi tra il Minerve e il velivolo avvenne alle 07.55 e fu trascritto come segue: Atlantic: "Prevedo di annullare la calibrazione del radar alle ore 08.00". Minerve: "Ho compreso che volete annullare la calibrazione del radar. Rispondete". Atlantic: "Affermativo". Dopo questo sintetico dialogo, nulla fu più ricevuto dal sottomarino e durante l'inchiesta venne sottolineato che nessuno dei due interlocutori aveva rispettato la procedura standard di cessazione delle comunicazioni radio, cosa che fu inizialmente attribuita al cattivo stato del mare nella zona, sulla quale insisteva un forte vento di Mistral che aveva forse disturbato o compromesso le capacità di comunicare del Minerve. Tuttavia, come vedremo tra poco, la ragione della brusca interruzione delle comunicazioni potrebbe anche essere un’altra. Prima di scomparire per sempre, è dunque accertato che il Minerve stava navigando a una quota che rendeva comunque possibili le trasmissioni radio, quindi era in superficie o, più probabilmente, a quota snorkel, anche se mancano prove documentali di quale delle due condizioni sia stata quella reale. La sparizione del sottomarino fu ufficialmente dichiarata solo 21 ore dopo, cioè in seguito allo scadere dell'ora prevista per il suo arrivo alla base di Missiessy. Le operazioni di ricerca, però, vennero intraprese circa due-tre ore prima. Già la mattina stessa vennero ritrovati una grande chiazza di gasolio e alcuni rottami, che però furono giudicati come non appartenenti al battello. Dopo l'inizio delle ricerche, la Marina fu informata che diverse stazioni sismologiche (quelle dI Isola, di Serre-Ponçon, di Chaudanne e di Caradache, tutte situate nella Alpi francesi, nonché quella di Monaco, sulla costa mediterranea) avevano registrato nella zona, a circa 700 metri di profondità, un evento subacqueo compatibile con l'implosione violenta di un "recipiente" (sic) contenente almeno 600 metri cubi d'aria. L'evento avvenne alle ore 7 59’ 23”, con un'approssimazione di pochissimi secondi. Prendendo per buono questo dato, si rileva che il Minerve raggiunse e superò la quota di collasso appena circa 5 minuti dopo aver abbandonato la superficie o la quota snorkel, il che indica che l'evento che provocò il suo affondamento dovette essere repentino e alquanto violento. Questa circostanza potrebbe anche spiegare la brusca interruzione delle comunicazioni tra il battello e il velivolo. Se si trattò della perdita di assetto dovuta all'effetto dei timoni di profondità (per avaria o errore umano), la discesa fu dunque estremamente rapida, tale da non poter essere in alcun modo contrastata in tempo. Se invece si trattò di allagamento, questo dovette essere imponente, quindi anche in questo caso senza possibilità di rimedio. Tutto ciò, beninteso, anche considerando che, vista l'imminenza di un'esercitazione, l'equipaggio si trovava quasi certamente ai posti di combattimento o stava per entrare in tale condizione, quindi era in una situazione in cui gli uomini sono di solito particolarmente vigili e pronti alle emergenze. È necessario ricordare che dopo i numerosi incidenti che interessarono l’intera vita operativa della classe Daphné, la Marine Nationale, similmente a quanto fece l’US Navy con il programma “Subsafe” studiato dopo la perdita del Thresher nell’aprile 1963, diede il via a un vasto riesame delle caratteristiche dei Daphné e delle azioni correttive da adottare dopo la valutazione delle criticità emerse, alcune potenzialmente molto insidiose. Durante tale esame, fu stabilito che un’unità di tale classe, alla quota di 300 metri (massima profondità operativa prevista), e utilizzando tutti i gruppi d’aria disponibili alla pressione massima di esercizio, poteva contrastare un allagamento derivante da una falla del diametro massimo di 60 mm, sempre che il personale fosse ben addestrato, che avesse reagito con prontezza e che la falla fosse stata dunque neutralizzata nel più breve tempo possibile. Significativamente, il diametro di 60 millimetri citato corrispondeva a quello degli orifizi del circuito di refrigerazione con acqua di mare dei motori elettrici di propulsione, cioè un sistema che simulazioni precedenti e successive avevano dimostrato essere uno dei punti deboli caratteristico dei battelli tipo Daphné. Un altro punto debole fu identificato nella tenuta dei condotti del circuito di scarico dello snorkel, un inconveniente la cui origine dipendeva dal loro assottigliamento dovuto a fenomeni di corrosione del metallo per l’effetto combinato dei gas di scarico e dell’acqua di mare. In un test effettuato nel 1969 durante il secondo “gran carenaggio” del Doris, uno dei gemelli del Minerve, una sezione curvilinea del condotto di scarico snorkel chiamata “collo di cigno” implose a una pressione di 40 bars, corrispondenti a una quota di circa 400 metri, valore di gran lunga inferiore ai 600 metri che costituivano la profondità di rottura dei Daphné, progettati per una quota operativa massima di 300 metri con coefficiente di sicurezza pari a 2. Va da sé che una simile debolezza poteva rivelarsi fatale in molte circostanze, per esempio durante un combattimento, con il battello immerso a quota anche maggiore di 300 metri per sfuggire alle cariche di profondità. Senza contare che anche le esplosioni di tali cariche avrebbero potuto sottoporre il condotto a uno stress non previsto. In altre parole, il comandante di un Daphné avrebbe fatto meglio a non fare troppo affidamento sul margine di riserva costituito dal coefficiente 2 previsto in fase di progetto. Dopo tale scoperta, su tutte le unità della classe fu disposta, in occasione del “gran carenaggio” periodico, la sostituzione del “collo di cigno” con un altro modificato. Tuttavia, è significativo (e inquietante) ricordare che ancora nel 1980 (cioè 12 anni dopo la perdita del Minerve e 10 dopo quella dell’Eurydice, scomparso con tutto l’equipaggio nella stessa area e ritrovato completamente smembrato sul fondale) si verificò sul Flore, a una profondità di 310 metri, non già l’implosione del “collo di cigno”, ma della sezione di condotto immediatamente precedente. Dopo quell’evento, fu deciso di irrobustire la totalità dei condotti dello snorkel. In considerazione di tutte le evidenze accumulate, fu disposta per i Daphné una nutrita serie di modifiche e di prescrizioni precauzionali da adottarsi tuttavia esclusivamente in tempo di pace. Per esempio, si istituì il divieto di lasciare costantemente in condizioni di “aperto” tutte le installazioni di uso intermittente per la refrigerazione dei dispositivi mediante acqua di mare a quote superiori ai 100 metri. Inoltre, vennero introdotte limitazioni all’utilizzo del condizionamento dell’aria a quote maggiori di 150 metri e della refrigerazione dei motori elettrici a più di 200. In linea generale, si volle limitare ai casi strettamente indispensabili l’uso degli impianti refrigeranti ad acqua di mare, con l’effetto di limitare sensibilmente le prestazioni in velocità dei battelli a quote maggiori di 200 metri. Altre misure precauzionali adottate furono l’obbligo, per le immersioni oltre i 200 metri, di disporre tassativamente di entrambi i motori elettrici efficienti e di entrambe le linee d’asse, di una pressione nei gruppi d’aria di almeno 220 bars, di una capacità delle batterie non inferiore al 40% e della piena disponibilità della pressione d’esercizio nei circuiti idraulici destinati ai torchi dei timoni. Inoltre, fu imposto il divieto di utilizzare il lancia-rumenta a profondità maggiori di 50 metri (e solo in presenza di un ufficiale) e del dispositivo di svuotamento delle casse nere oltre i 100 metri, nonché il divieto di utilizzare, oltre tale profondità, anche il dispositivo di lancio delle contromisure anti-siluro. Infine, a differenza di quanto avveniva in precedenza, fu disposta la presenza obbligatoria di un ufficiale nel cosiddetto “Poste Centrale” che, secondo la terminologia in uso nella Marine Nationale, equivaleva alla camera di manovra, che sui Daphne era collocata in un locale contiguo, ma separato da una porta, rispetto alla “Centrale d’Operation”, cioè quella destinata al comando vero e proprio dell’unità. In tutti i battelli successivi ai Daphnè i due locali vennero unificati. Un’altra serie di misure venne presa per scongiurare il rischio che i battelli assumessero assetti troppo accentuati, particolarmente pericolosi alle alte velocità subacquee, dovuti ad avarie ai timoni di profondità. Fu prevista l’introduzione di particolari “fermi” che dovevano evitare che i timoni poppieri assumessero angolazioni maggiori di 15° durante la navigazione a velocità superiore ai 10 nodi. Tale accorgimento, che comportava anche sensibili modifiche all’autopilota, benché sperimentato, fu accolto con perplessità dallo Stato Maggiore e fece nascere una controversia tra il personale “operativo”, che lo riteneva eccessivamente limitante per il libero arbitrio dei comandanti, e quello “tecnico”, per cui di fatto non venne mai implementato. Lo stesso avvenne per un’altra modifica ai timoni poppieri. Si rilevò che in caso di avaria ai torchi, i timoni, privati di forza motrice, tendevano a “fluttuare” liberamente sull’asse del perno, che non era posto esattamente a metà dei timoni stessi. Ciò li portava a inclinarsi a un valore tale da far assumere al battello un assetto negativo che ovviamente non poteva essere contrastato. Il rimedio escogitato prevedeva di “alleggerire” i timoni riempiendo la loro struttura di una schiuma poliuretanica di peso specifico inferiore a quello dell’acqua in modo da limitare il loro "peso" sulla parte a maggiore sbalzo. L’espediente era stato mutuato dai timoni dei grandi battelli nucleari della classe Le Redoutable allora in costruzione, ma si rivelò praticamente inutile, in quanto la struttura dei timoni, che non era previsto fosse stagna, alla lunga permetteva all’acqua di mare di penetrare all’interno e di contaminare la schiuma, che si trasformava in una specie di spugna e in pochi mesi perdeva completamente le sue proprietà. Un'altra modifica, in questo caso adottata, fu di migliorare l’ergonomia del “Poste Centrale” e del locale dove si trovavano i comandi dei motori elettrici (i cui disgiuntori, da quel momento, fu possibile telecomandare anche dal Poste Centrale per rimediare a eventuali ordini errati), che furono riorganizzati in modo da impedire che il personale scivolasse dalla propria postazione nel caso il battello avesse assunto assetti fortemente negativi o positivi, un'evenienza che, il 19 febbraio 1971, aveva quasi portato alla perdita completa del Flore, rimasto vittima di un copioso allagamento dallo snorkel. Assunto un angolo di assetto positivo di ben 47 gradi, il Flore era sprofondato di poppa e l’equipaggio, persa la propria posizione ai comandi, con gli uomini precipitati gli uni sugli altri, era riuscito a mettere in atto le opportune manovre solo con un pericoloso ritardo e con notevoli difficoltà e rischi. Praticamente, la manovra risolutiva che salvo il battello fu il provvidenziale rilascio d’emergenza, da parte di un membro dell’equipaggio, del piombo di zavorra, che alleggerì lo scafo di 8 tonnellate. Di conseguenza, anche tale manovra fu resa più agevole con l’abbandono del singolo comando manuale di rilascio del piombo in favore di due comandi elettro-pneumatici, ubicati il primo sulla paratia del Poste Centrale e l’altro su quella che divideva il quadrato ufficiali dalla Centrale Operations. Dopo ripetute "missioni di esplorazione" (avvenute nel 1968, nel 1969 e nel 1970), le ricerche del relitto del Minerve infine cessarono. La commissione d'inchiesta prese ovviamente in considerazione ogni ipotesi (collisione con altra imbarcazione, esplosione interna, avaria alla propulsione, avaria ai timoni, vie d'acqua, incendio) senza tuttavia giungere ad alcuna conclusione definitiva, del resto ben difficile da ottenere in mancanza di un relitto da esaminare. Quindi, come talvolta avviene in questi casi, si ripiegò, ovviamente per esclusione, sul cosiddetto "fattore umano", senza peraltro avere alcun elemento concreto (o almeno, nessun elemento concreto rivelato) che suggerisse un'ipotesi del genere. L’atteggiamento di considerevole riservatezza può forse essere spiegato dal fatto che i battelli tipo Daphné avevano conseguito un buon successo d’esportazione, ma dovevano comunque contrastare la concorrenza degli Oberon britannici e, soprattutto, dei Typ 209 tedeschi. Insomma, è logico ritenere che la Francia volesse cercare di tenere il più possibile nascoste ad altri potenziali acquirenti le criticità che affliggevano i suoi sottomarini. A questo proposito, è oltremodo significativo ricordare che poco dopo la sciagura del Minerve il capo dello Stato francese, generale Charles De Gaulle, effettuò il 7 febbraio 1968 una visita alla base di Tolone. Dopo una cerimonia commemorativa a favore dei sommergibilisti scomparsi col Minerve, De Gaulle s'imbarco sul gemello Eurydice per un'immersione , evidentemente per testimoniare della completa fiducia che la Francia riponeva nelle sue unità subacquee. Tuttavia, la mini-crociera beneaugurante dell'illustre ospite (meno di un'ora e mezza, e a quota non superiore ai 50 metri) non portò affatto fortuna all'Eurydice che, manco a dirlo, scomparve con tutto l'equipaggio poco più di due anni dopo, il 4 marzo 1970. In conclusione, in mancanza di qualsivoglia elemento probante (che si spera verrà reperito in caso di ritrovamento del relitto durante l’annunciata nuova campagna di ricerche), ogni ipotesi sugli eventi che portarono alla perdita del Minerve può considerarsi largamente speculativa. Tuttavia, e ciò sia detto senza la velleità di formulare ricostruzioni “maliziose”, è possibile e anche sensato che una o più ipotesi di lavoro possano essere suggerite dall’analisi dettagliata delle modifiche più o meno importanti che vennero adottate sui Daphné in conseguenza dei numerosi incidenti dei quali rimasero vittime gran parte degli esemplari di questa classe di battelli, particolarmente afflitta da eventi estremamente pericolosi e talvolta tragici.
  6. Thresher593

    A Bordo Del Ssk Cinese Tipo 039

    Dal periscopio e dalla pulsanteria di azionamento sulle consoles inquadrate direi che i cinesi sono parecchio (ma parecchio!) indietro in tante cose. Però non credo che la versione dei Song che appare nel video corrisponda alle ultime disponibili. Mi rifiuto di pensare che i battelli per l'export possano essere proposti con una tecnologià così arretrata e che vi siano Paesi disposti a comprarli.
  7. thresher593 presente a tutto, senza ospiti!
  8. Non conosco i dettagli del contratto, ma data la sua esiguità (solo 15 milioni di dollari), presumo sia un semplice "rimborso spese" che serve a coprire i soli costi di partecipazione alla gara. Questa è una procedura abbastanza usuale per gli americani, che spesso affidano contratti "di studio" a tutti i partecipanti potenzialmente qualificati per un determinato programma. In altre parole, credo che la strada per vincere davvero il mega-contratto per le nuove fregate sia ancora lunghissima e, ovviamente, disseminata di ostacoli. Se pensiamo a quanto l'amministrazione Trump tenga in considerazione il concetto di "buy american", temo che sarà davvero dura...
  9. Thresher593

    Disperso Un Battello Argentino

    Penso anch'io che le condimeteo abbiano giocato un ruolo determinante sulla decisione di procedere in immersione. Oltretutto, forse con quel mare tentare di riparare l'avaria navigando in superficie sarebbe stato difficoltoso o addirittura impossibile. Povera gente...
  10. Thresher593

    Disperso Un Battello Argentino

    Riporto senza traduzione da sito "Infobae" (3 marzo 2018), a cura del giornalista Andrés Klipphan Exclusivo: el sumario interno de la Armada que reconoció "graves anomalías" en el submarino ARA San Juan antes de zarparLa investigación interna asegura que el submarino desaparecido fue erróneamente autorizado a zarpar pese a las deficiencias técnicas y operativas que presentaba. Quiénes son los señalados por la fatídica decisión "El señor Comandante de Adiestramiento y Alistamiento de la Armada, Contraalmirante Luis Enrique López Mazzeo y el señor Comandante de la Fuerza de Submarinos, Capitán de Navío Claudio Javier Villamide, revisten la condición de presuntos infractores por arriesgar la integridad física de sus subordinados, sin necesidad evidente, y por actuar con negligencia/imprudencia notoria y grave al no impedir que el Submarino ARA San Juan navegase con posterioridad a las severas anomalías detectadas –tanto en la inspección N°10/16 'S'; como en la previa navegación del SUSJ (ARA San Juan) para 'Control de Mar' efectuada entre los días 1 y 19 de julio de 2017, circunstancias conocidas por los involucrados- y no superadas, sin evidenciarse medidas de control y supervisión ante el eventual peligro para la tripulación y la Unidad Naval, causando además, presumiblemente, por esa falta de control y supervisión de ambas autoridades navales, la pérdida de contacto definitiva con el Submarino ARA San Juan". Así de contundente es el sumario realizado por la Armada sobre las responsabilidades que podrían caberles a los oficiales superiores que estaban a cargo de la navegación y las tareas encomendadas al submarino desaparecido el 15 de noviembre pasado con sus 44 tripulantes a bordo. La "Disposición concluyente del sumario" –tal su nombre-, de 15 carillas, con el membrete del Estado Mayor General de la Armada y refrendado por el entonces titular de esa fuerza, Almirante Marcelo Eduardo Hipólito Srur, confirma cada uno de los datos publicados por Infobae y que indicaban que el ARA San Juan zarpó de la Base Naval de Mar del Plata con deficiencias técnicas y operativas que lo limitaban, por ejemplo, a no descender a más de 100 metros de profundidad cuando, en un estado normal, podría realizar una inmersión de hasta 350 metros. Si la jueza federal de Caleta Olivia, Marta Yáñez, que investiga la desaparición del buque militar, llega a las mismas conclusiones que el oficial sumariante a cargo de la pesquisa interna de la Armada, la situación procesal de López Mazzeo y Villamide podría terminar de complicarse. Hasta ahora, el expediente no tiene imputados, y el personal que declaró, como los dos tripulantes que desembarcaron del ARA San Juan en Ushuaia, Juan Gabriel Viana y Humberto René Vilte, admitieron que el submarino había tenido desperfectos en sus itinerarios previos. Esto incluía un problema en el snorkel, por donde ingresaba agua; que algunos paneles de baterías habían quedado fuera de servicio por esta situación y que la nave perdía aceite. También aseguraron que el buque "tuvo un fallo grave previo a la desaparición". En su exposición ante la magistrada, los tripulantes afirmaron que durante la navegación de Mar del Plata a Ushuaia "hubo fallas en la válvula cabeza del snorkel, más precisamente en los dos electrodos de popa que no podían ser reparados en inmersión". Repreguntados sobre este punto por Yáñez, los suboficiales reconocieron que "desconocían si se habían reparado en Ushuaia"; además reportaron haber "escuchado un ruido seguido de dos golpes fuertes y una vibración que recién al llegar a puerto se supo que se había producido por el desprendimiento de una tapa forro a la altura de la batería de proa". Por último le dijeron a la jueza que "el día 5 en el Puerto de Ushuaia tuvieron una falla en una bobina de un interruptor de potencia de las baterías que debió ser reparada antes de zarpar por lo cual la estadía se alargó un día más". "Negligencia en el servicio". La Disposición concluyente del sumario interno de la Armada Argentina, que toma estado público por primera vez, y al que accedió Infobae por fuentes oficiales de manera exclusiva, está fechado el 7 de diciembre de 2017, es decir 22 días después de la desaparición del submarino. Cinco días después de que Srur avalase la auditoría, el 12 de diciembre, Aguad dispuso el pase a disponibilidad de siete oficiales, entre ellos Luis Enrique López Mazzeo y Claudio Villamide, los oficiales señalados por el Oficial Auditor Instructor designado por el entonces jefe de la Armada para investigar "las responsabilidades emergentes vinculadas a la pérdida de contacto con el Submarino ARA San Juan". La documentación requerida por el auditor fue solicitada al Inspector General de la Armada, Contraalmirante Eduardo Alfredo Pérez Bachi, a través del "oficio DGAJ, RM4 N° 291/17 'C'". De manera inmediata, Pérez Bachi, recabó toda la información, más de 100 hojas y planillas que revelaban lo que hasta ese momento el ministerio de Defensa desconocía, las deficiencias del ARA San Juan para navegar. La misma documentación aseguraba que estas fallas técnicas no suponían un desenlace fatal durante las misiones asignadas al buque de guerra, entre ellas avistar a las naves y aeronaves de guerra británicas que se desenvolvían en cercanías de las Islas Malvinas, escenario del conflicto bélico entre Inglaterra y la Argentina en 1982. Pérez Bachi es un oficial reconocido dentro de la Marina. Tanto es así que el año pasado, durante la conmemoración del aniversario 35 de aquel 2 de abril en que desembarcaron las tropas argentinas en Malvinas, y durante el acto que se realizó en el Edificio Libertad, el Contraalmirante se dirigió a los presentes solicitando "un recuerdo" para los ex combatientes, los héroes caídos durante el hundimiento del Crucero General Belgrano, y destacando "el rol de la Armada" que "trascendió al cubrir el mar, la isla, el espacio aéreo y submarino". Por entonces, López Mazzeo ya había sido cuestionado públicamente por la magistrada de Caleta Olivia Yáñez, a cargo de la causa, por la reticencia a aportar información sobre las comunicaciones del submarino con la base naval y el reporte de averías en las baterías, además de la logística dispuesta para la aplicación del SAR, por sus siglas en inglés "search and rescue" o "búsqueda y rescate". El mismo vocero de la Armada, Enrique Balbi, les había respondido a los periodistas reunidos en la escalinata del Edificio Libertad a la espera de los entonces famosos partes oficiales, que algunas preguntas no se podían responder porque existía secreto de Estado. Fue entonces que el ministro Aguad los desautorizó asegurando que tal secreto no existía y ordenó entregar de forma inmediata la documentación requerida por Marta Yáñez. Entre esos documentos se encuentra la auditoría interna que en el "Punto 2" de su resolución pide: "Suspéndase del servicio" a López Mazzeo y Villamide por "arriesgar a la tropa" y "negligencia en el servicio". A lo largo de la quincena de carillas la Disposición concluyente de la auditoría da cuenta de cada una de las irregularidades que presentaba el ARA San Juan y que no fueron corregidas (cada una de ellas ampliamente detalladas en varias investigaciones de Infobae). A estos cuestionamientos, la auditoría agrega como agravantes las comunicaciones que se mantuvieron entre el comando de submarinos y el ARA San Juan horas antes de su desaparición y que daban cuenta de las dificultades que este mantenía para navegar y salir a "hacer snorkel", es decir recambiar el oxígeno, con un océano embravecido como el de esos días donde las olas llegaban a siete metros de altura. Las comunicaciones volcadas en el documento son 18 y corresponden a los días 14 y 15 de noviembre. Es decir las del día en que se terminó perdiendo contacto y el anterior. La mayoría de ellas cierra con una lapidaria frase que dice: "se desconoce contenido" de la comunicación. En cambio, algunas de ellas son relevantes y, si bien trascendieron algunos de sus contenidos, ahora, los documentos oficiales sumados a la causa no dejan margen de dudas: – El 15/11, a las 01:31 el Comando de Fuerza Submarina (COFS) -que estaba a cargo de Villamide- le ordenó al ARA San Juan, por los evidentes problemas que este presentaba en su navegación, cambiar su rumbo e ir en "derrota directa a MDP (Mar del Plata) a discreción/inmersión-superficie según factibilidad". Como se sabe, la nave de guerra nunca llegó a destino y al día de hoy se desconoce su ubicación. – A las seis de la mañana desde el submarino se emitió un informe de situación que decía: "Ingreso de agua de mar por sistema de ventilación al tanque de baterías N° 3 ocasionó cortocircuito y principio de incendio en el balcón de barra de baterías. Baterías de proa fuera de servicio, al momento en inmersión propulsando con circuito dividido. Sin novedades de personal. Mantendré informado". – Cuarenta minutos después, el ARA San Juan informa que, tal como ya se le había solicitado, cambiará su rumbo hacia la Base naval de Mar del Plata. -A las 08:20 el Comando de Fuerza de Submarinos le trasmite al ARA San Juan gacetillas de prensa con noticias de actualidad varias. – A las 08:52, el Comando de la Fuerza de Submarinos, es decir Villamide, le comunica al Comando de Adiestramiento y Alistamiento (COAA), por entonces a cargo de López Mazzeo lo siguiente: "Ingreso de agua de mar por sistema de ventilación al tanque de baterías N° 3 ocasionó cortocircuito y principio de incendio en el balcón de barra de baterías. Baterías de proa fuera de servicio, al momento en inmersión propulsando con circuito dividido. Sin novedades de personal. Mantendré informado". Es decir que se retransmitió el mensaje sobre el principio de incendio (que al comienzo la Armada negó en sus primeras conferencias de prensa). – A las 13:43, después de varias comunicaciones satelitales exitosas establecidas por el SUSJ con posteriores conexiones fallidas al sistema Eureka, el Comando de la Fuerza de Submarinos, le pide al ARA San Juan "Verificar dirección IP de servidor principal EUREKA". (El Visualizador Eureka es un planificador de misiones y un asistente compilador de información necesaria para la toma de decisiones, que reviste de secreto militar, por eso no se pueden brindar más detalles). – La de las 13:43 del 15 de noviembre de 2017 fue la última comunicación transcripta por el auditor en su informe. Párrafo seguido, su comentario es más que elocuente y no deja lugar a segundas interpretaciones: "Estas comunicaciones develan la existencia de anomalías por ingreso de agua al ARA San Juan que son similares a las que ya habían acontecido en la navegación efectuada entre el 1 y 19 de julio del corriente año, de las cuales ya tenían conocimiento el señor comandante de la Fuerza de Submarinos (por Villamide), quien a su vez le reportó al señor comandante de Adiestramiento y Alistamiento de la Armada (en fecha 5 de septiembre de 2017), sin evidenciarse medidas de control y supervisión ante el eventual peligro para la tripulación y la Unidad Naval, causando además, presumiblemente, por esta falta de control y supervisión de ambas autoridades navales, la pérdida de contacto definitivo con el ARA San Juan". Sobran comentarios. Sí vale destacar que los desplazados comandantes López Mazzeo y Villamide ya presentaron abogados en la causa judicial. El primero de ellos es el que se muestra más activo. Presentó la recusación de todos los que intervinieron en la disposición interna que hoy publica Infobae de manera exclusiva. Tanto del Almirante Srur, es decir el ex jefe de la fuerza que la firmó, como de los auditores e inspectores que hicieron las auditorías y analizaron la documentación.
  11. Thresher593

    Disperso Un Battello Argentino

    Scusa l'imprecisione "metallurgica", caro Totiano, dovuta al fatto che sono sì un curioso, ma non certo uno del mestiere! E' in effetti possibile che il San Juan fosse stato declassato quanto a profondità operativa, però di una Marina che parla di "lavori di mezza vita" per un battello che all'inizio di quei lavori aveva già sul groppone quasi 25 anni di onorata carriera e che fa effettuare interventi così importanti e e radicali a un cantiere poco esperto e anche un po' "arrugginito" nel fare certe cose, mi fido pochino per istinto. Come giornalista sono portato a ragionare sui fatti accertati, ma non ti nascondo che sono forti la tentazione e l'istinto che mi portano a pensare che quei ragazzi siano stati mandati allo sbaraglio a rischiare la vita su un battello poco sicuro. Senza contare l'orrida ipotesi che sotto ci sia anche qualche odioso episodio di corruzione nella fornitura delle nuove batterie che forse (lo accerterà la magistratura, ma mi auguro proprio che non ci sia nulla di vero) sono le vere responsabili della perdita del San Juan.
  12. Thresher593

    Disperso Un Battello Argentino

    La tragedia che ha visto svanire nel nulla il sottomarino argentino San Juan e i suoi 44 membri dell’equipaggio s’è arricchita di un nuovo capitolo. A dare il suo contributo alla comprensione dei fatti è intervenuto un personaggio di primo piano, noto però solo agli addetti ai lavori e a pochi altri. Si tratta del dottor Bruce Rule, un esperto di analisi acustiche che per 42 anni è stato capo-analista presso l’Office of Naval Intelligence (ONI), cioè i servizi d’informazione della Marina americana. Il dottor Rule ha analizzato l’”evento” acustico registrato il 15 novembre scorso nell’Atlantico del Sud che si suppone sia stato prodotto dall’esplosione-implosione del sottomarino. Riassumo qui di seguito le sue conclusioni, che aprono la strada a scenari inquietanti: 1) l’evento in questione, verificatosi alle 1358Z (GMT) del 15 novembre 2017 nel punto con coordinate geografiche 46° 10’ S-59° 42’W, è stato prodotto dall’implosione dello scafo resistente del sottomarino San Juan a una profondità di circa 1275 piedi (circa 388 metri), alla quale la pressione del mare è pari a circa 570 psi (libbre per piede quadrato), cioè 39,3 bar; 2) l’implosione ha generato un’energia cinetica equivalente a quella prodotta dalla detonazione di circa 12.500 libbre (circa 5.700 kg) di tritolo; 3) la frequenza dell’evento è stata di 4,4 hertz; 4) la velocità della colonna d’acqua penetrata nello scafo del sottomarino dopo l’implosione è stata pari a circa 1800 miglia terrestri orarie, cioè circa 2.900 km/h; 5) lo scafo del San Juan è collassato in circa 40 millisecondi, (1/25 di secondo), pari a circa la metà del tempo minimo richiesto ai sensi umani per il riconoscimento cognitivo di un evento; 5) i resti del San Juan sono affondati verticalmente a una velocità stimata compresa tra i 10 e i 13 nodi; 6) l’impatto di tali resti sul fondo dell’oceano non ha prodotto ulteriori eventi acustici rilevabili a lungo raggio; 7) qualora il relitto sia ritrovato e venga deciso di recuperarne delle parti, si suggerisce di concentrare le analisi sul sistema di batterie del sottomarino. Che cosa significa tutto ciò e quali sono gli “scenari inquietanti” ai quali accennavo? Intanto, è opportuno sottolineare che il dottor Rule ha parlato testualmente di “implosione”, e non di “esplosione”. Ciò indica che il San Juan, come avevo già ipotizzato in un mio post precedente sulla mia pagina Facebook, è stato distrutto dalla pressione del mare circostante, e non dalla forza di un’esplosione interna. Ossia, al momento dell’implosione lo scafo era sostanzialmente integro e non in comunicazione col mare se non, forse, per qualche infiltrazione d’importanza non determinante. La velocità dell’evento acustico è stata fulminea (circa 1/25 di secondo), al pari della velocità dell’acqua che è entrata nello scafo (circa 2900 km/h). Ne consegue che l’equipaggio non è annegato né soffocato, ma è stato annientato all’istante praticamente senza alcuna sofferenza, se non quella psicologica derivante dalla precedente consapevolezza di ciò che sarebbe inevitabilmente accaduto una volta superata la profondità massima che lo scafo poteva sopportare. Anche queste sono ipotesi che avevo già formulato nel post citato. Ma il dato davvero significativo è quello della profondità alla quale, secondo il dottor Rule, lo scafo del San Juan avrebbe ceduto, cioè circa 388 metri. Ebbene, i conti non tornano! Lo scafo dei sottomarini classe TR 1700 alla quale il San Juan appartiene è progettato per operare a una quota di 270 metri (300 metri, secondo altre fonti, ma la non concordanza dei dati è probabilmente dovuta al fatto che si tratta di informazioni classificate che nessuna Marina è disposta a rivelare per evidenti motivi) con un coefficiente di sicurezza pari presumibilmente a 2. Il coefficiente di sicurezza è quel numero utile a determinare la profondità di collasso, cioè quella massima sopportabile prima che uno scafo ceda. Un sottomarino progettato per una quota operativa di 270 metri con coefficiente di sicurezza 2 resisterà fino a 540 metri di profondità (270x2), uno con 300 metri di quota operativa resisterà fino a 600 metri (300x2) e così via. Anche ipotizzando per il San Juan un coefficiente di sicurezza di progetto più prudenziale, pari a solo 1,5 (valori inferiori sono possibili, ma improbabili), si avrebbero, rispettivamente, una profondità di collasso di 405 oppure di 450 metri, comunque superiori a 388 metri ai quali lo scafo ha ceduto. Che cosa suggerisce tutto ciò? Che il San Juan è collassato a una profondità sensibilmente più modesta rispetto a quella che avrebbe dovuto sopportare, che si può comunque considerare calcolata per difetto. In altre parole, fatta salva la possibilità di un errore nei calcoli del dottor Rule, è inammissibile e inconcepibile che un sottomarino costruito per sopportare una profondità massima di 405 metri (nell’ipotesi più conservativa) vada in pezzi raggiunti i 388 metri. A questo punto, è opportuno concentrarsi sui lunghi e complessi lavori di ammodernamento che il San Juan aveva subito tra il 2008 e il 2014. Tali lavori erano stati eseguiti dai cantieri argentini Cinar (Complejo Industrial y Naval Argentino) di Buenos Aires, azienda statale risultante dalla fusione tra i due cantieri Domecq Garcia e Tandanor. I Domecq Garcia sono i cantieri che avevano iniziato, sotto la supervisione tedesca, la costruzione dei 4 gemelli del San Juan e del Santa Cruz (che furono entrambi realizzati in Germania), cioè il Santa Fe e il Santiago del Estero, mai completati (e i cui scafi sono tuttora sugli scali da più di un ventennio in attesa di decisioni su cosa farne) al pari di altre due unità che non vennero nemmeno iniziate. Le quattro unità sarebbero state, in assoluto, le prime mai realizzate in Argentina. In altre parole, nessun sottomarino costruito in Argentina ha mai realmente navigato. Dopo la privatizzazione e la successiva dissoluzione dei cantieri, ormai in bancarotta per la grave crisi economica che il Paese sudamericano ha subito negli anni 90, il governo Kirchner decise di riorganizzare la cantieristica nazionale cercando di recuperare le competenze e parte delle maestranze qualificate necessarie alla realizzazione e alla manutenzione di unità complesse come quelle subacquee. Nel frattempo, per il refitting del Santa Cruz, il gemello del San Juan che aveva necessità di importanti interventi di adeguamento e manutenzione, la Marina argentina fu costretta a ricorrere all’aiuto del Brasile (un Paese che, in Sudamerica, quanto a competenze nel settore può certamente dire la sua). Il Santa Cruz fu sottoposto quindi, tra il 1999 e il 2001, a grandi lavori di modernizzazione presso l’Arsenal de Marinha di Rio de Janeiro. Riorganizzati i cantieri nazionali, simili lavori vennero programmati anche per il San Juan, ma vennero effettuati direttamente in Argentina dal 2008 al 2014. Va sottolineato, a riprova delle difficoltà incontrate nei cantieri nazionali, che sul Santa Cruz i brasiliani impiegarono per i lavori circa tre anni, mentre per interventi simili sul San Juan servì, in Argentina, un periodo pressoché doppio. Furono sbarcati e revisionati completamente o sostituiti i quattro motori diesel, il motore elettrico di propulsione e i 960 elementi delle batterie, pesanti complessivamente circa 550 tonnellate. Oltre all’imbarco di nuovi sensori acustici e di un sistema di combattimento aggiornato, furono sostituiti circa 9 km di tubolature di vario genere e oltre 25 km di cavi elettrici, mentre furono smontate e revisionate le quasi 1300 valvole necessarie ai vari servizi di bordo. Lo scafo dei sottomarini classe TR 1700 è realizzato in acciaio HY 80. Si tratta di un acciaio speciale a basso tenore di carbonio (utilizzato anche per i sottomarini italiani classe Sauro) che vanta una caratteristica preziosa per un sottomarino: è piuttosto elastico, ma molto resistente, con un elevato limite di snervamento (High Yeld, cioè HY) pari a 80.000 libbre per pollice quadrato. Tuttavia, tale materiale richiede particolari tecniche di saldatura. Per permettere lo sbarco degli elementi di grandi dimensioni che non potevano passare dai due portelli d’imbarco esistenti a bordo, durante i lavori fu necessario tagliare letteralmente in due lo scafo del San Juan che venne poi nuovamente saldato. Come si può facilmente immaginare trattandosi di unità subacquee che in servizio sopportano sollecitazioni importanti, e in presenza dell’acciaio HY 80 già menzionato, questa è un’operazione estremamente delicata che richiede un’attenzione particolare, apparecchiature e procedure adeguate e maestranze decisamente molto qualificate che devono essere costantemente addestrate per mantenerne inalterate le capacità. In altre parole, nel mondo non sono poi molti i cantieri in grado di eseguire tali attività in piena sicurezza e il fatto che i lavori sul San Juan siano stati affidati a cantieri interessati da vicende aziendali travagliate, che per anni non hanno operato nel settore e in un Paese afflitto oltretutto da una lunga e devastante crisi economica è da considerare un’area di rischio da non sottovalutare. Certamente non potranno essere sottovalutate dagli inquirenti che dovranno investigare sulle cause della sciagura. Un’altra area di rischio ben conosciuta da chi si occupa di sottomarini è costituita dalla cosiddette “camolature” (o “vaiolature”), cioè i fenomeni di corrosione puntiforme, dette anche “pitting” con terminologia anglosassone, che possono assottigliare lo spessore dell’acciaio e quindi indebolirne la resistenza. Il “pitting” è un fenomeno molto insidioso ed è particolarmente favorito, guarda caso, dall’acqua di mare, che costituisce l’ambiente ideale per il suo sviluppo a causa dell’elevata concentrazione di ioni di cloruro di sodio e di altri sali. Durante le soste in cantiere di un sottomarino, i tecnici prestano particolare attenzione alla ricerca del “pitting” e, dove necessario, intervengono apponendo sullo scafo dei “fazzoletti” di lamiera adeguatamente saldati che servono a ricostituire lo spessore originario e a ripristinare le caratteristiche di resistenza di progetto. È superfluo sottolineare che fenomeni di “pitting” non identificati e non opportunamente contrastati costituiscono un pericolo potenzialmente mortale per uno scafo destinato a sopportare pressioni elevatissime. Nel 2005, durante la mia visita alla base di Mar del Plata, mi resi conto, imbarcandomi sul San Juan, che lo scafo, oltre a un paio di “bugne” e a una buona quantità dei caratteristici “denti di cane“, presentava evidenti “rugosità” soprattutto nella zona prodiera, forse dovute proprio a fenomeni di “pitting”. Del resto, si trattava di un’unità che all’epoca aveva già vent’anni di servizio sulla chiglia. E ora, due parole sul dottor Bruce Rule. Non l’ho mai incontrato di persona, ma qualche anno fa scambiai alcune e-mail con lui dopo aver letto un suo libro, “Why the USS Scorpion (SSN 589) was lost: the death of a submarine in the North Atlantic”, relativo alla perdita del sottomarino nucleare americano Scorpion, disperso al largo delle Azzorre nel maggio 1968 con 99 uomini a bordo. Un’opera che non esito a definire di livello tecnico eccezionale, al pari del suo autore, uno specialista dalla competenza fuori discussione. Bruce Rule, che all’epoca era analista presso i servizi d’informazione della Marina americana, fu ascoltato dalla commissione d’inchiesta creata per investigare sul disastro e riferì delle conclusioni alle quali era giunto dopo l’analisi delle numerose tracce acustiche rilevate durante la distruzione dello Scorpion. Tali conclusioni, avvalorate anche dai pareri riferiti alla commissione d’inchiesta dal SAG (Structural Analysis Group, un team di esperti riunito per tentare di determinare cos’era accaduto), furono che sullo Scorpion s’era verificata un’esplosione nel compartimento delle batterie, di potenza insufficiente a lesionare lo scafo, ma sufficiente a impedire all’equipaggio di mantenere il controllo della quota. Senza più governo, lo Scorpion era sceso lentamente per circa 22 minuti nelle profondità oceaniche per poi implodere a una quota di 1530 metri. I suoi rottami, ritrovati e fotografati, sono sparsi ancora oggi sul fondo dell’oceano a una profondità di oltre 3mila metri. Le conclusioni del dottor Rule e del SAG non furono prese in sufficiente considerazione dalla commissione d’inchiesta che, pur senza riuscire a determinare ufficialmente e con precisione che cosa aveva causato la tragedia, optò per l’ipotesi che il sottomarino fosse rimasto vittima di un suo siluro, attivatosi accidentalmente nella camera di lancio. Una teoria che diede il via a numerose speculazioni, anche di stampo “complottista”, ma che non risulta suffragata dai rilievi fotografici del relitto, né dalle precise deduzioni del dottor Rule che, sollecitato oggi a dare il suo parere tecnico sulla sparizione del San Juan, ha evidentemente trovato delle analogie tra questa sciagura e quella del 1968. Con Bruce Rule parlai a suo tempo anche di un’altra tragedia avventa cinque anni prima di quanto accadde allo Scorpion, quella del Thresher, un’altra unità nucleare americana riguardo alla quale lo stesso Rule ebbe a dire qualcosa che stravolse completamente le “verità” ufficiali della Marina americana e della sua immancabile commissione d’inchiesta. Questa, però, è un’altra (bruttissima) storia. Concludo sottolineando che l’onnipotente industria cinematografica americana ha prodotto nel tempo pellicole praticamente su ogni grave sciagura che ha funestato l’umanità in mare, dal Titanic all’Indianapolis, e in cielo, dall’Apollo 13 allo shuttle “Challenger”. Ma nessuno, né a Hollywood, né altrove, ha finora realizzato un film che provi a raccontare che cosa può essere realmente accaduto allo Scorpion e al Thresher, se non altro in omaggio alle 228 persone che vi persero la vita e che attendono ancora che la verità sulla loro fine sia rivelata. I motivi di questa strana “ignavia” cinematografica li lascio all’immaginazione di chi ha avuto la pazienza di seguirmi fin qui.
  13. Thresher593 conferma partecipazione (con moglie al seguito) a entrambe le giornate al completo. Mezzo meccanico gentilmente fornito da SMG BARACCA. Spalletti: 6 bottiglie Pregasi fornire (oltre a quelle già note per le foresterie Marina) eventuali altre limitazioni "cane" per le visite in programma
  14. Thresher593

    Vedetta Atlantica

    Caro Totiano, ho terminato da qualche giorno la lettura di "Vedetta Atlantica" e non posso fare a meno di esprimerti i miei complimenti per un lavoro davvero ben fatto sotto tutti i punti di vista. E' un vero miracolo che tu sia riuscito a condensare in così poche pagine le vicende della nostra base atlantica e dei suoi sommergibili e devo dirti che mi sono commosso fino alle lacrime nel leggere di come andavano le cose laggiù a Betasom. La cosa singolare è che molti di quei fatti li conoscevo perfettamente sia per aver letto altre cose sull'argomento, sia perché me ne sono occupato durante i miei 16 anni ad "Aria alla Rapida!...", ma tu hai saputo renderli così bene e con tale intensità che la commozione è giunta tanto violenta quanto inaspettata, rinnovandosi man mano che le pagine scorrevano. E insieme a quella, è arrivata anche una buona dose di strana nostalgia per episodi che in fondo non ho mai vissuto di persona e per i quali la nostalgia non avrebbe in realtà molto senso. Ma tant'è: quando chi scrive lo fa col cuore, probabilmente riesce a toccare anche il cuore di chi legge. Grazie per le emozioni che mi hai dato. Sono state il più bel regalo del mio Natale 2011. Ciao e buone cose thresher593
×
×
  • Crea Nuovo...