Salute,
come promesso trascrivo parte dell'imponente resoconto (solo un paio di pagine, per il momento) della disgrazia dell'F 14, la seguente è la parte relativa al recupero del battello.
E' la mattina successiva all'affondamento ma giàdalle ore 22,50 della notte precedente non si odono più segnali provenire dall'interno del sommergibile:
Verso le le ore 6 del mattino successivo, appena chiaro, il palombaro De Vescovi si immergeva per controllare la posizione del sommergibile e per chiamare, con colpi di martello contro lo scafo, l'equipaggio all'interno. Come purtroppo era da prevedere, non si ebbe nessuna risposta. Intanto il mare era rapidamente abbonacciato e lo stesso palombaro aveva iniziato la manovra di ammanigliare il paranco del pontone al maniglione poppiero del sommergibile. Giàalle ore 08,30 De Vescovi, agendo con capacitàe prontezza ammirevoli, compiva l’operazione. Mentre un rimorchiatore teneva ben teso il cavo d’acciaio sulla prora del battello, iniziò, alle ore 10,15, l’operazione di sollevamento. Si riteneva che così il sommergibile potesse affiorare, mantenendo l’inclinazione primitiva. Ciò avrebbe dovuto impedire l’invasione di altri accumulatori da parte dell’acqua di mare, penetrata nelle sentine. Senonché, quando alle ore 11,00 fu fatto scendere di nuovo il palombaro per controllare come si presentasse il sommergibile, questi riferì che il battello aveva la tendenza ad assumere assetto orizzontale, e che ciò doveva attribuirsi almeno in parte al peso della catena dell’Aquila (filata precedentemente per occhio), che passava trasversalmente sopra la coperta, immediatamente a poppavia della torretta.
Fu deciso pertanto di sostituire al rimorchiatore il pontone G.A.145, da 30 T, che nel frattempo era giunto da Pola. Mentre si ammanigliava il paranco di questo alla prora del sommergibile, si procedeva a liberare il battello dalla catena e dall’ancora dell’Aquila; operazione risultata abbastanza ardua, essendosi l’ancora impigliata, per due volte, in sporgenze della sovrastruttura del sommergibile.
Verso le ore 14 si ricominciò il sollevamento, che procedette un po’ lentamente, perché si era dovuto riprendere, per ben tre volte (data la profonditàdi lavoro), il paranco del pontone da 30 T.
Alle 18,00 tutta la coperta del sommergibile era emersa ma non è più in alcuno l’ansia febbrile di accorrere ad aprire i porteli per liberare i compagni ormai muti da tante ore. Un grande silenzio si diffonde tutto intorno e succede al rumore degli argani ed alla fervente laboriosa opera.
Alle 18,40 vengono aperti i portelli ed una nube di gas di cloro che da essi si sprigiona conferma le più pessimistiche previsioni.
Il capitano medico Guerrieri, che si offerse volontario, scese per primo nell’interno del portello di prora indossando la sua maschera antigas, che però non funzionava, e, pur restando mezzo asfissiato, riuscì a portare in coperta la salma del sottocapo torpediniere Bruno Uicich, che si trovava al fondo della scaletta presso il portello. Data la certezza che non poteva esservi più nessuno in vita, vennero richiusi i boccaporti.
Gli equipaggi si scopersero, e le bandiere delle navi scesero a mezz’asta. Il sommergibile, sospeso dai pontoni, venne rimorchiato a Pola per l’immissione in bacino; nella mattinata dell’8 il battello fu messo a secco e subito iniziò l’estrazione delle salme, dopo aver ventilato l’interno e neutralizzato, con mezzi adatti, i gas nocivi.
La morte dell’equipaggio fu quindi provocata dalla mancanza di ossigeno e dall’alta percentuale di anidride carbonica, dopo circa 12 ore dall’affondamento: dobbiamo però considerare anche l’influenza dei gas di cloro che, per quanto in lieve proporzione, certamente contribuirono a peggiorare le condizioni dell’aria ambiente.
La produzione di questi può essere verificata in due modi:
a) nella sottobatteria di poppa (locali 6 – 7) dove, per elettrolisi, si è verificato un importante sviluppo di gas che, dopo aver saturato l’acqua, sono certamente penetrati, attraverso la perdita della porta stagna e i passaggi dei cavie trasmissioni a paratia, prima nel locale motori elettrici poi, lentamente (spinti dall’invasione dell’acqua) nel locale motori termici e nella camera di manovra;
b) nella sottobatteria di prora (locali 1 – 2) dove, per l’aumentare dell’acqua nelle sentine, sono rimasti sommersi gli elementi più bassi; pur essendo difficile precisare quando tale circostanza possa essersi verificata, si deve notare che la salma del sottocapo radiotelegrafista, trovata presso l’apparato di segnalazione Fessenden (locale 2), presentava le tipiche caratteristiche di una morte improvvisa, dovuta cioè non a una lenta soffocazione ma all’azione di gas tossici.
Durante le operazioni di sollevamento del sommergibile, per il completo allagamento degli elementi delle tre file inferiori della sottobatteria di prora, si è verificato un imponente sviluppo di cloro gassoso: questo spiega come all’apertura del boccaporto prodiero si sia notata la presenza di una nube di tale gas. Il fatto che le salme estratte dal sommergibile emanassero fortissime esalazioni cloriche e presentassero tracce indubbie dell’azione di cloro si può spiegare con la loro permanenza, durata più ore, in un ambiente contenente forti quantitàdi tale gas, e con il fatto che esse fossero parzialmente bagnate da acqua saturata di acido cloridrico.
La “Relazione Igienico-Sanitaria†dell’Ospedale Marina di Pola nella descrizione delle condizioni della salma del sottocapo Uicich conferma quanto detto sopra, infatti:
il volto era pallido e l’espressione tranquilla. Non aveva schiuma alla bocca, aveva le labbra, le congiuntive e le unghie cianotiche. I globi oculari erano afflosciati. La rigiditàmuscolare era appena iniziata nella mandibola e negli arti superiori.
Alle ore 10 del giorno 8 (in bacino a Pola) furono estratti i cadaveri di quattro allievi fuochisti e motoristi dai locali allagati di poppa. Questi si presentavano con la faccia e la testa gonfie, di colorito azzurrognolo, con gli occhi protusi; i loro arti erano pallidi, con la pelle anserina; le mani contratte.
Alle ore 10,30, si procedette all’estrazione delle altre 22 salme: nella maggior parte presentavano il viso leggermente cianotico, con gonfiore delle labbra, le membra erano rattrappite e rigide; le mani ed i piedi di colore biancastro; la pelle rugosa; presentavano inoltre macchie ipostatiche di colore rosso scuro.
Il cadavere del sottocapo Torpediniere Ulcich Giordano fu trasportato nella camera mortuaria dell’ospedale alle ore 4 del giorno 8, gli altri 26 alle ore 16 dello stesso giorno.
L’enorme eco suscitata dal disastro in tutta Italia è rispecchiata dall’attenzione assicuratole dalla stampa quotidiana. Scrisse il Corriere della Sera:
“I ventisette caduti giacevano stamane nella camera ardente dell’Ospedale militare. In mezzo il capitano Wiel, in alta tenuta, con l’elsa della sciabola tra le mani. Vicino a lui il giovane guardiamarina Fasulo; poi gli altri compagni di sacrificio. Ogni bara aveva i suoi fiori; le mani pietose dei marinai avevano disposto omaggi sulle salme.
Nel pomeriggio le salme furono chiuse in casse di zinco e trasportate in un altro locale dove, vegliate da marinai sommergibilisti rimarranno fino alle 17,00 dell’indomani, quando saranno svolti i funerali.â€Â
Intanto il capitano di vascello Del Greco, per incarico dell’Ammiraglio Foschini eseguì un’accurata verifica a bordo dell’F14, non appena completata la bonifica del battello:
1° il locale accumulatori di poppa era completamente allagato.
2° La porta stagna A, che divide in due detto compartimento, era aperta.
3° Era chiusa la porta stagna B, di comunicazione tra il suddetto locale e quello dei motori elettrici.
4° Porta stagna D di comunicazione con la camera di manovra, chiusa.
5° Camera di manovra S, camera ufficiali A, camera di lancio 1, tutte in comunicazione tra di loro ed allagate a circa 60 cm. Di altezza.
6° Controportello di torretta chiuso. Aria in torretta sufficientemente respirabile.
7° Timone verticale tutto a sinistra.
8° Timone orizzontale di prora tutto in alto
9° Timone orizzontale di poppa, alla via.
10° Motori elettrici sul ferma.
Il comandante Del Greco fa seguire alcune osservazioni che entrano nel vivo delle questioni tecniche, relative alla possibilitàdi galleggiamento del sommergibile dopo l’urto, eccone il testo:
“Se fosse stata chiusa la porta stagna A, (della quale più sopra è cenno al comma 2°) è da ritenersi che il sommergibile avrebbe continuato a galleggiare con oltre venti tonnellate di spinta positiva. Tale porta avrebbe dovuto essere chiusa, giusto quanto prescrive il Regolamento sul Naviglio Subacqueo, e tanto più doveva essere chiusa perché a poppavia di detta porta non vi era, e non vi doveva essere, nessuno.â€Â
Se il comandante Wiel (che pure era a pochi metri di distanza) se ne fosse accorto al momento dell’immersione, o anche dopo, il suo duro rimprovero avrebbe salvato la vita a tutti ed in primis anche a colui che non si era curato di serrare quel portello.
Per concludere alcune rare immagini (chiedo scusa in anticipo se non saranno visibili)