Buonasera Comandanti, mi piacerebbe trattare un argomento che da tempo attira molto la mia curiosità, un pò frivolo se vogliamo, ma che sdrammatizza un tantino i temi anche drammatici che purtroppo quasi quotidianamente vengono trattati, e nella speranza possa creare interesse e sana curiosità anche in qualcuno di voi; ebbene, vedendo e rivedendo (anche più volte) la nutrita collezione di film di guerra che conservo gelosamente, mi balzava all'occhio un particolare spesso da molti trascurato che mi interessava in quanto amante di meccanismi segnatempo più comunemente denominati.....orologi; com'era possibile combattere con l'orologio al polso? Quali marchi contraddistinguevano i vari corpi armati? Quali caratteristiche dovevano avere i vari segnatempo? Chi costruiva per chi, e perchè?
Fu da allora che in ogni fotogramma nel quale si intravedesse un orologio avvenivano i rituali fermo-immagine con relativo e sgranatissimo zoom del particolare fino ad accertare che si trattasse di un Hamilton se si parlava di Esercito americano, di Breitling se di Aeronautica o se del mitico e intramontabile (se non intoccabile....) Panerai se si parlasse di Marina Militare Italiana, cercando di cogliere l'eventuale gaffe del regista relativamente ad un orologio o ad una forza armata dell'epoca: bene, tranne qualche rara eccezione, posso dire che tantissimi non hanno trascurato questo se pur piccolo ma non altrettanto importante particolare, rispettando quello che in quel dato periodo era l'orologio; non vi dico quella che fu la sorpresa nel cogliere al polso di Sylvester Stallone nel film Cobra un quanto mai dozzinale ma storico Franchi-Menotti della M.M.I. conservato in teca di uno dei tanti Planet Hollywood di Orlando; vi riporto pertanto qualche articolo tra i più interessanti trovati rovistando qua e la: buona lettura!
L’evoluzione delle tattiche e delle tecniche belliche rese consigliabile,
per il soldato di fine Ottocento, la dotazione del segnatempo per poter
ottenere la maggior efficacia possibile, come ad esempio nella direzione
del tiro di artiglieria e nel calcolo dei tempi di volo dei proiettili(Fonti “Stili di vita/Finizio)
Orologi militari da Napoleone alla II guerra mondiale
Tra i vari aspetti che hanno contraddistinto l’evoluzione dell’orologio moderno vi è, senza dubbio, l’utilizzo militare. Fu, infatti, Napoleone Bonaparte, fra il XVIII e il XIX secolo, a comprendere, per primo, quale importanza potesse avere l’elemento temporale nella definizione e nella realizzazione delle strategie di combattimento.
Prima di Napoleone l’utilizzo militare dei segnatempo era limitato, esclusivamente, all’uso in marina.
Napoleone introdusse l’utilizzo dell’orologio nelle tattiche militari dotando i propri ufficiali di una pendoletta chiamata, appunto, “officier”, per consentire alle proprie armate di regolare, in modo preciso e sincronizzato, i movimenti sul campo di battaglia.
L’evoluzione delle tattiche e delle tecniche militari rese consigliabile, per il soldato di fine Ottocento, la dotazione del segnatempo per poter ottenere la maggior efficacia bellica possibile.
Per limitarsi a ricordare i principali utilizzi dell’orologio sul campo di battaglia, è sufficiente rammentare l’uso, dello stesso, per la direzione del tiro di artiglieria e per il calcolo dei tempi di volo dei proiettili.
Il primo conflitto mondiale vide gli orologi come parti attive dei combattimenti anche se, gli stessi, non erano, allora, sufficientemente affidabili, robusti e resistenti per un utilizzo “estremo”. È dunque il periodo fra le due guerre a contraddistinguere l’evoluzione dell’orologio in ottica militare: le casse, divenute impermeabili, erano, ora, dotate di
chiusura a vite della corona e del fondello; i quadranti erano spesso semplici e lineari e contraddistinti da grafiche essenziali (quadranti neri con indici luminescenti); i movimenti erano, spesso, di elevata qualità, forniti dalle principali case orologiere (Omega, Zenith, Longines, Rolex, Glashutte, Lange & Sohne, Hamilton ecc.) e dotati di sistema di protezione del bilanciere incabloc; infine, elemento fondamentale, il cinturino conferì al segnatempo la possibilità di essere indossato e consultato immediatamente.
L’orologio assume, nella seconda guerra mondiale, un’importanza bellica reale rendendo sempre più precisa ed efficace la tecnica di combattimento.
Come in molti casi, i corsi e i ricorsi storici hanno portato, ai giorni nostri, alla scomparsa dell’orologio “specificamente militare”; oggi, infatti, il segnatempo è uno strumento di utilizzo comune, posseduto da ogni individuo.
Marche e modelli storici
Uno dei primi modelli significativi, in ambito militare, fu un cronometro di Girard-Perregaux prodotto per la marina militare tedesca, nel 1880. L’esemplare in questione non era altro che l’adattamento, da polso, di un orologio da tasca mediante l’utilizzo di un cinturino in cuoio.
L’orologio, di grandi dimensioni, recava, a protezione del quadrante, un vetro che, a sua volta, era dotato di griglia in metallo per prevenire rotture indesiderate.
Case importanti come Glashutte, Hanhart, Tutima, Iwc ecc. si cimentarono nella produzione di cronometri da aviatore, rendendone reale l’utilizzo in ambito bellico.
È nel 1939 che il Reichs Luftfahrt Ministerium (Ente ministeriale per l’equipaggiamento della Luftwaffe) affida a Urofa-Ufag l’incarico di progettare e realizzare un orologio preciso e affidabile per equipaggiare i propri Luftwaffenkommando.
Nel tracciare una breve storia dell’orologeria militare si può soffermare l’attenzione sul Breguet type XX. Commissionato nel 1945 dall’aeronautica militare francese, il modello in argomento era un cronografo da aviatore, con funzione “retour en vol” (la famosa funzione quasi impercettibile all’occhio umano che conosciamo ormai tutti), che permette all’utilizzatore di azzerare la lancetta dei secondi cronografici con una sola pressione del pulsante posto a ore 4. Di fondamentale importanza, per l’evoluzione del segnatempo militare, fu l’esperienza fornita da Omega che, sin dal 1917, fornì orologi alle forze armate di Gran Bretagna e Stati Uniti d’America.
I modelli forniti, al tempo, non erano veri e propri orologi militari, ma segnatempo adattati per l’utilizzo presso le forze armate; gli esemplari prodotti erano, perciò, contraddistinti da cassa rotonda, quadrante in smalto con grandi numeri ricoperti da sostanza al fosforo ed equipaggiati con griglia di protezione per il vetro.
Nel 1933, la maison di Bienne entrò a far parte dei fornitori della Regia aeronautica italiana, assistendo i reparti di volo in numerosi “raid”.
Anche Rolex, nel corso degli anni, ha equipaggiato vari reparti militari. Si va dai classici esemplari prodotti
per i Royal marines Frogman, a quelli più esotici realizzati specificamente per forze armate orientali (es. Saudi Arabian air force, Sultanate of Oman armed forces).
In tutti gli esemplari troviamo cassa Oyster e corona serrata a vite (caratteristica ancora oggi immancabile nei Rolex di nostra conoscenza), per garantire sempre elevati gradi di impermeabilità effettiva, oltre lunette girevoli per il conteggio di tempi o per l’indicazione di un secondo o terzo fuso orario.
Resta, infine, il mito subacqueo italiano: come non menzionare, in questa breve rassegna di orologi militari, la storia e la gloria rappresentate dalle Officine Panerai Firenze.
Nate, appunto, a Firenze nel 1860, le Officine Panerai costituiscono una pietra miliare in ambito militare orologiero ; i leggendari incursori della X flottiglia Mas erano completamente equipaggiati con strumenti Panerai (bussole, profondimetri, orologi, torce ecc.).
L’enorme successo ottenuto dalle Officine Panerai ai giorni nostri, dopo l’acquisizione nel 1999 da parte del gruppo Richemont, ha sensibilmente accresciuto l’interesse collezionistico dei modelli militari dell’epoca.
I Radiomir e i Luminor (poi vietati e successivamente reintrodotti con opportune modifiche sul quantitativo radioattivo), originali, sono divenuti dei veri e propri “must” in ambito collezionistico militare; da ricordare infatti la cassa ritrovata negli abissi vicina al relitto di non ricordo quale nave con all’interno una partita di Radiomir destinati alle truppe che fu opportunamente smaltita in quanto pericolosa.
Cronografi Militari Inglesi
Per la Gran Bretagna la supremazia sui mari ha sempre rappresentato una questione di vita o di morte: dal mare giungevano le derrate alimentari e le materie prime necessarie ad un paese tecnologicamente avanzate e sul mare la Royal Navy esercitava il controllo su un impero coloniale vastissimo. Era quindi di vitale importanza poter determinare il punto nave con ragionevole precisione. Per la longitudine non vi erano problemi ma la latitudine necessitava di cronometri di notevole precisione e robustezza che all‘epoca non esistevano. Ecco il motivo del Longitude Act con cui l‘8 luglio 1714 il governo inglese bandiva un concorso con in palio ben 20.000 sterline (circa 1.400.000 Euro di oggi) destinato a trovare un metodo di determinazione della longitudine con un‘approssimazione non superiore a 0,5°. John Harrison, autodidatta figlio di un falegname, riuscì nell‘impresa e nel 1735, dopo anni di indefesso lavoro, di successi ma anche di delusioni e incomprensioni, presentò alle autorità il suo orologio H1. Da qui si dipana l‘affascinante storia dei cronografi militari inglesi, lungo quasi tre secoli segnati da due guerre mondiali,
dalla guerra fredda e dagli attuali conflitti nell‘area medio-orientale che vendono coinvolte le forze NATO. Utilizzando una vasta bibliografia, servendosi della collaborazione di autorevoli esperti internazionali e senza disdegnare il contributo di collezionisti e case d‘asta specializzate, Knirim ha messo insieme un volume di taglio enciclopedico che descrive l‘evoluzione degli orologi militari inglesi dalle lontanissime origini di cui abbiamo detto fino ai giorni nostri. Tra le parti più interessanti del libro desidero segnalare quella dedicata agli orologi subacquei HS C15 con meccanica Longines
per gli incursori britannici, unità costituita per espressa volontà di Churchill all‘indomani dell‘affondamento della HMS Valiant nel porto di Alessandria da parte di Luigi Durand de la Penne a cavallo del suo „maiale“.
Sfogliando l‘ultimo capitolo di questo affascinante volume notiamo che, oltre ai singoli paesi del Commonwealth (Canada, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Rodesia e India), vi sono anche, sorprendentemente,perché nel titolo non se ne fa menzione, ampie sezioni dedicate a USA, Francia e Giappone. Particolarmente interessante la parte dedicata agli orologi americani che, prodotti in milioni di pezzi,andarono ad equipaggiare le forze armate alleate su tutti i fronti di guerra, in terra, in mare e nel cielo e contribuirono alla vittoria degli Alleati nella seconda guerra mondiale. Una chicca di indubbia rarità rappresentano le pagine dedicate ai segnatempo del Sol Levante, oscuri progenitori degli onnipresenti Seiko dei giorni nostri. Resta il rammarico per l‘assenza di un capitolo dedicato all‘Italia, lacuna che si spera qualcuno un giorno colmerà.