Trascrivo la recensione pubblicata sulla Rivista Marittima di aprile 2016 dall'amm. Ezio Ferrante
Noi (gli Italiani e la Regia Marina), Loro (i sudditi della Duplice Monarchia asburgica e la kaiserliche und königliche Kriegsmarine, ergo l’imperial regia marina austro-ungarica) è la storia navale della Grande Guerra che ci propone la feconda coppia di autori Cernuschi — Tirondola, dopo il recente libro, sempre edito dall’Ufficio Storico, «Mediterraneo e Oltre» (2014). Il testo in parola, contrariamente al mare magnum dell’infinita narrativa del Primo conflitto mondiale sul mare, basata essenzialmente sullo sviluppo cronologico delle operazioni ovvero incentrata sul ruolo e le gesta dei personaggi più famosi, procede, in maniera certo più originale e incisiva, per «partiti contrapposti», organizzati cioè su singoli temi di rilievo (evoluzione, organizzazione, comunicazioni e intelligence, logistica e personale, dottrina iniziale e, infine, la prova del fuoco), a cui sono dedicati i singoli capitoli. Un dittico dunque in cui si pongono sistematicamente a confronto le due marine, a lungo «alleate» sotto il segno della Triplice e ora «avversarie» in guerra. Senza dimenticare peraltro il supporto dato dai rispettivi alleati, indubbiamente secondario rispetto alle forze navali e aeree messe in campo dagli attori principali nell’Adriatico globalizzato della Grande Guerra. Francesi e inglesi sin dall’inizio, in esito alla Convenzione di Parigi del 10 maggio 1915, poi gli «associati » americani e persino australiani nel corso della guerra, per la Regia Marina — e per fortuna che i Giapponesi se ne rimangono nella loro base operativa di Malta! — quindi i temibili sommergibili tedeschi per la K(u)K kriegsmarine. In termini geostrategici, il dominio dell’ Adriatico, aveva affermato Thaon di Revel, «è tenuto da chi ne possiede la sponda orientale e le molte isole che la fronteggiano». Per l’Italia l’Adriatico diventa così una zona di operazioni di importanza vitale, mentre per gli Alleati viene considerato solo un teatro operativo secondario, dato che «il conflitto in Adriatico fu solo uno degli aspetti della guerra sul mare, confronto dominato dal contrasto anglo-tedesco», il cui antagonismo navale alle origini della guerra e le cui vicende nei teatri operativi bellici vengono tratteggiate nel capitolo «Uno sguardo d’insieme». La geografia dunque e la natura dell’avversario dettarono, come sottolineano gli Autori, la curva di evoluzione della guerra navale italiana tra il 1915 e il 1918. Con le flotte di grandi navi ormeggiate nei porti che giocavano il ruolo del fleet in being, idealmente pronte alla «battaglia navale decisiva» per la conquista del «command of the sea» di mahaniana memoria, in una sorta di Tsushima o Jutland adriatica, come avrebbe voluto il Duca degli Abruzzi, il confronto italo-austriaco sarà dominato dalla meno eclatante (ma alla lunga ben più redditizia in termini di risultati) «guerriglia navale», intessuta da Revel, in maniera paziente ma pervicace, per prevenire e rintuzzare le possibile offese nemiche «sul mare e dal mare», affidandola a mezzi leggeri, sottili e insidiosi, corroborata dalla «strategia della battaglia in porto», sempre nel contesto dei molteplici compiti affidati alla Regia Marina in guerra. Dalla difesa costiera del litorale nazionale, la protezione del fianco destro del Regio Esercito, del traffico marittimo mercantile nelle zone del Mediterraneo assegnate all’Italia alla tutela delle linee di rifornimento dei corpi di spedizione italiani all’estero (Libia, Albania e poi Macedonia) e al blocco strategico dell’Adriatico, con lo sbarramento di Otranto, sia mobile che parzialmente fisso, con cui gli Italiani e gli alleati volevano letteralmente «chiudere» l’Adriatico, isolandolo dal Mediterraneo. La cui efficacia però gli Autori ridimensionano, definendola «un’impresa di rilievo ancorché inefficace e con risultati, in ogni caso, modesti» (visto che, pur nella sua potente struttura definitiva, provocò la perdita di un solo sommergibile tedesco!). Nella lunga filiera di personaggi e vicende che ci sfilano davanti, quello che si apprezza di più è il «taglio» che definirei «cartesiano », cioè chiaro e distinto, che permette al lettore di questa «storia contrapposta» di realizzare di primo acchito, nei vari settori in esame, i rapporti
di forza e le strategie poste in essere dai due contendenti. Ricchissima infine l’iconografia con immagini spesso inedite (ben ottanta) e cartine esplicative (undici) e ottima, direi, la «trovata» di trasformare le tradizionali didascalie in vere e proprie «finestre», attraverso le quali possiamo seguire una vera e propria storia «a latere», sia dei principali personaggi che, soprattutto, di quella strategia di mezzi che si battono, sotto le insegne della Regia Marina, sul fronte aero-navale e terrestre.